CAPITOLO III

Abbigliamento per bambini che crescono

Maglie, tute, felpe, pantaloni, negli anni dell’infanzia i bambini crescono rapidamente e il guardaroba deve essere rinnovato di frequente. Ecco perché sarebbe un buon risultato riuscire a non investire cifre notevoli per il look del nostro bambino, senza per questo rinunciare alla qualità di capi e tessuti. Vediamo insieme alcune possibili soluzioni per gestire questo aspetto.

Quali vestiti per i bambini?

Parlando di abbigliamento per bambini, sorge spontanea una prima considerazione. Ovvero, quali sono gli abiti giusti negli anni dell’infanzia? Dato che l’occupazione principale dei bambini è il gioco, i loro vestiti dovranno essere il più possibile pratici, semplici, comodi. Per correre e saltare in giardino o al parco giochi, per scivolare e dondolare sull’altalena, per fare capriole, ma anche – quando si è in casa – per giocare seduti sul pavimento con le costruzioni, le bambole, le macchinine, è importante indossare un abbigliamento che permetta di muoversi in libertà. E allora ben vengano tute da ginnastica, magliette e felpe, pantaloni morbidi (per i piccoli meglio senza bottoni o cerniere e con l’elastico in vita si riesce anche ad andare in bagno da soli!). Abiti semplici, non troppo eleganti o elaborati, aiutano i bambini a diventare più indipendenti, poiché per loro diventa più facile “allenarsi” a vestirsi e svestirsi da soli; una competenza che, una volta acquisita, li renderà molto fieri di sé.


Detto questo, ogni genitore ha i suoi gusti e seguirà le proprie preferenze, però diciamo che in linea generale semplicità e praticità sono buoni, o meglio ottimi, requisiti per i capi destinati ai bambini. Abitini graziosi, pantaloni o gonnelline eleganti, indossati in occasione di feste o ricorrenze particolari, possono invece contribuire all’atmosfera festosa e sottolineare la particolarità di certe situazioni (cerimonie, anniversari o giornate speciali come il Natale).

Alla scuola dell’infanzia

Quando il bimbo inizia la scuola dell’infanzia resta valido, per le ore trascorse fuori casa, il suggerimento di prediligere capi pratici e facili da indossare e togliere in autonomia. Se all’asilo non si usa il grembiule, tute e felpe permettono al bambino di colorare, creare con la pasta da modellare, incollare, dipingere, pranzare alla mensa scolastica, senza il timore di sporcarsi o rovinare i vestiti.

Alla scuola primaria

I bambini che frequentano la scuola primaria trascorrono più tempo sui banchi che giocando, ma la praticità resta una scelta valida per potersi divertire durante la ricreazione, correndo e saltando nel cortile della scuola (fortunati gli alunni che ne frequentano una dove è permesso muoversi con una certa libertà in occasione dell’intervallo e della pausa dopo pranzo), ma anche per stare comodi nelle ore di lezione e per andare in bagno senza il timore di non riuscire a slacciare bottoni e aprire/chiudere cerniere.

I bambini hanno bisogno di vestirsi alla moda?

Può capitare, quando sono più grandicelli, che alcuni bambini facciano delle osservazioni a proposito dell’abbigliamento dei compagni. È un po’ triste che un bambino dia così importanza ai vestiti da notare come sono abbigliati gli amici, fare confronti o addirittura muovere critiche, ma questa situazione può essere l’occasione per affrontare l’argomento con lui. Se dovesse riferire di essere stato preso in giro perché non veste in un certo modo o “alla moda”, o se dovesse raccontare che un suo compagno è stato deriso per questo motivo, potremo spiegargli che ogni persona si veste come gli piace seguendo il proprio gusto e la propria fantasia. Un vestito è bello perché piace a noi, non perché è uguale o simile o della stessa marca di quello che indossano altre persone. Non solo. Questa può essere l’occasione per sottolineare che l’abbigliamento non è un buon metro per giudicare le persone… Tante riflessioni che possono rivelarsi utili subito, ma anche per gli anni dell’adolescenza e oltre.

Scarpe per piedini che crescono

Per le calzature vale lo stesso discorso. Una scarpa è bella perché ci piace, perché è di buona qualità, perché è robusta e/o rifinita con cura. Non perché c’è un marchio in bella mostra. I bambini non faranno fatica a comprendere che ha poco senso scegliere scarpe di una marca famosa, se possiamo acquistare un modello che ci piace altrettanto o addirittura di più, e magari costa di meno perché ha un “nome” meno conosciuto.


Un discorso valido in generale, ma forse a maggior ragione quando si parla di bambini che crescono velocemente: le calzature passano di misura in pochi mesi, a volte vengono sfruttate solo per una stagione. Teniamone conto quando valutiamo il rapporto qualità-prezzo per i nostri acquisti.

Bambine: lasciamole crescere

I genitori delle bambine forse lo avranno già notato. Nei reparti di abbigliamento per bambini capita spesso che le proposte destinate alle femmine si rivelino capi da donna in miniatura. Quando la moda confonde le carte in tavola chiedendo alle bambine di crescere troppo in fretta, al di là dei gusti e delle preferenze personali, per cui ogni famiglia decide il proprio stile, sorge spontanea una riflessione. Da dove viene tutta questa fretta? E dove ci porterà? Che senso ha, a nove anni vestirsi come a sedici (o più)? Le bambine hanno bisogno di abiti pratici per correre e giocare, esattamente come i maschi. Devono poter saltare, dondolare, sedersi per terra, sul tappeto di casa o nel prato del parco, senza la preoccupazione di sporcarsi o sgualcire il vestito e senza dover fare attenzione a sedersi compostamente perché la gonna è corta.


Poi, lo abbiamo già detto, ogni famiglia valuta quello che ritiene il meglio per la propria bambina; ricordiamoci però che l’infanzia è una soltanto ed è terribilmente breve!


Inquietanti, infine, le campagne pubblicitarie di biancheria intima e costumini da bagno per preadolescenti che hanno fatto discutere sia per i prodotti lanciati sul mercato (reggiseni imbottiti, costumi con push-up!) sia per le pose ammiccanti ed equivoche fatte assumere alle baby modelle1. Tra le spese decisamente evitabili direi che possiamo inserire senza ripensamenti reggiseni imbottiti e completini intimi per bambine…


E a proposito di bambine, una riflessione dello psicologo Paolo Crepet:


Bambine sempre più precoci, infanzia invasa da pubblicità allusiva, tecnologie che facilitano l’ingresso in mondi imbarazzanti. Sembra che le bambine non possano più essere tali per tutti gli anni dell’infanzia, ma debbano subito diventare precocissime buyers, acquirenti compulsive di moda, musica, vacanze.2


E ancora, Paolo Landi, nel suo Manuale per l’allevamento di un piccolo consumatore, scrive:


Che male c’è a far provare a nostra figlia le calze di seta della mamma, a truccarla, ad abituarla all’appuntamento col parrucchiere al sabato, a far scegliere a lei come vestirsi, a ingioiellarla con anelli, collane e orecchini? Sono piccoli accorgimenti che faranno di una dodicenne un feticcio da agitare davanti agli occhi insaziabili di stilisti, procacciatori di modelle, presentatori televisivi, agenti cinematografici, giurati di concorsi, navigatori in Internet.3

Chiudiamo inserendo alla voce “non necessari per crescere felici” (e camminare bene!) le scarpe con il tacco (ebbene sì, non un tacco dodici, ma un tacco) per bambine che calzano scarpe numero 28…

Abiti, non tanti ma buoni

Nei primi anni di vita i bambini crescono rapidamente (chi più, chi meno) ma per tutti il guardaroba va rinnovato piuttosto di frequente.


Se non si vogliono investire grosse cifre, conviene limitare la quantità degli acquisti in modo da avere sempre a disposizione alcuni cambi e senza riempire l’armadio con decine di magliette, felpe, pantaloni che rischiano di non essere sfruttati; difatti i bambini non solo crescono in fretta, ma tendenzialmente indossano più spesso i capi che preferiscono e lasciano in fondo al cassetto quelli che amano meno4.


Se gli armadi non sono stracolmi, risulta anche più semplice organizzare ripiani e cassetti e tenerli in ordine. Soprattutto se desideriamo insegnare al nostro bambino a riporre i propri panni puliti nell’armadio, un guardaroba essenziale e un armadio ben organizzato saranno di aiuto.


Per quanto riguarda invece i prezzi dei vari capi di abbigliamento, ormai in tutti gli ipermercati è possibile acquistare graziosi abitini a prezzi non esagerati e di discreta-buona qualità. In particolare alcune catene di supermercati (ad esempio Lidl, Coop, Auchan e altri) propongono capi a prezzi contenuti che hanno ottenuto la certificazione Ecolabel o il marchio OEKO, certificazioni che provano l’assenza di sostanze nocive.


Meglio evitare, invece, capi di vestiario prodotti in Paesi dove i lavoratori sono poco tutelati e destinati a punti vendita che non offrono sufficienti garanzie in termini di sicurezza: costano poco, è vero, ma la qualità spesso è davvero scarsa e non di rado magliette e pantaloni non durano neppure una stagione.


Marchi che certificano la qualità

Nel campo dell’abbigliamento ci sono tre marchi ormai decisamente conosciuti che possono aiutarci negli acquisti.


Ecolabel” è il marchio europeo che certifica la sostenibilità di tutto il processo produttivo per gli abiti, ma anche per altri prodotti quali detersivi, elettrodomestici, materassi, ecc. Obiettivo della certificazione è quello di ridurre l’impatto della produzione sull’ambiente, e per ottenerlo le aziende devono rispettare degli standard che riguardano i prodotti chimici utilizzati nel ciclo produttivo, le emissioni e lo scarico nelle acque reflue di composti nocivi per l’ambiente. Ecolabel prende in considerazione anche le condizioni dei lavoratori e quindi gli aspetti etici e sociali del processo produttivo. Infine, verifica l’assenza di sostanze potenzialmente nocive per la salute nelle fibre tessili. Il sito per chi vuole approfondire l’argomento è www.ecolabel.it


Oeko-Tex” è una certificazione a carattere volontario che nasce da un’esperienza congiunta austro-tedesca, e riguarda solo il settore tessile. Questo marchio prende in considerazione il prodotto finale, quindi l’abito, e si concentra sulla ricerca di sostanze potenzialmente pericolose per la pelle e per la salute, verificando ogni sostanza e classificandone la tossicità. Oeko-Tex suddivide gli indumenti in quattro classi: abiti, biancheria per la culla, pupazzi in tessuto destinati ai bambini al di sotto dei tre anni; abiti che entrano in contatto con la pelle; abiti che non entrano in contatto con la pelle (o hanno solo una piccola parte a contatto con la pelle); tessuti utilizzati come materiale decorativo (tende, tovaglie, ecc.). Per saperne di più, si può visitare il sito www.oeko-tex.com


Gots-Global Organic Textile Standard” è il più importante standard internazionale per la certificazione del tessile biologico. Introdotta nel 2006, la certificazione Gots in Italia viene rilasciata da Icea (Istituto per la certificazione etica e ambientale) e prende in considerazione le materie prime, l’intero processo produttivo, il rispetto dell’ambiente e dei diritti dei lavoratori. Per informazioni visitare il sito dell’Istituto Certificazione Etica e Ambientale www.icea.info/it5


Da bambino a bambino, il circolo virtuoso della moda

È la soluzione consigliata per i bebè, ma resta valida anche negli anni dell’infanzia. Passare i vestiti da una famiglia all’altra, ereditare felpe e pantaloni da cuginetti o amici permette di risparmiare sulle spese, allungare la vita di capi di vestiario non più indossati, consumare meno risorse e produrre meno rifiuti. Insomma, una mossa vincente a più livelli.


Ai bambini piccoli e grandi in genere piace indossare qualcosa che è appartenuto a un cugino o a un amichetto più grandi a cui sono affezionati. Per i genitori è una bella comodità poter contare su una scorta, piccola o grande, di abiti a costo zero. Quando gli abiti ricevuti sono grandi conviene preparare una o più scatole con un’etichetta esterna che riporta misure e fascia di età, in modo da poter attingere al bisogno. Chi può contare su giacche, cappotti, abiti dei figli di amici e parenti, non deve sostenere spese importanti al cambio di stagione: è sufficiente che acquisti quei capi che dovessero mancare o quell’abito che è tanto piaciuto al bambino o al genitore stesso.


Per i bambini in età scolare il discorso non cambia. È vero che crescendo il bambino matura gusti propri e può non apprezzare determinati capi (a qualcuno piacciono i pantaloni stretti, a qualcuno i pantaloni larghi, c’è il bambino che non ama le magliette con il collo alto e quello che odia i maglioni pesanti), ma quando si hanno a disposizione più abiti “ereditati” si può anche lasciare che il bambino scelga i suoi preferiti, ad esempio, per andare a scuola. Per giocare in casa, invece, si possono indossare tute e pantaloni più vecchiotti o che piacciono meno.


Per le famiglie attente al discorso ambientale questa soluzione, oltre ad essere economicamente vantaggiosa, è anche ecologica poiché, allungando la vita degli oggetti, contribuisce al benessere del pianeta.


Un’ultima osservazione riguarda la salute: il fatto che gli abiti ereditati siano già stati lavati diverse volte garantisce l’assenza di eventuali residui tossici dovuti alla lavorazione industriale.

Il mercato dell’usato

I genitori che non hanno parenti, né amici con figli un po’ più grandi dei loro e quindi non possono contare sul riciclo da mamma a mamma, possono prendere in considerazione l’acquisto di abiti usati. In rete si trovano numerosi gruppi di mamme che scambiano/acquistano/vendono capi di abbigliamento e accessori per bambini. I capi messi in vendita in genere sono in buono-ottimo stato e i prezzi sono contenuti. Alcuni gruppi sono nazionali per cui bisogna mettere in conto le spese di spedizione, ma altri sono locali e le mamme iscritte abitano nella stessa provincia per cui la consegna viene fatta a mano (e si ha anche l’occasione per conoscere altre mamme).


Un’altra soluzione è quella dei negozi dell’usato: ci sono alcune catene che propongono abbigliamento e prodotti per l’infanzia con punti vendita in varie città italiane. I bambini crescono rapidamente e in molti casi gli abiti messi in vendita sono praticamente nuovi, indossati solo una o pochissime volte. Acquistare capi usati permette di risparmiare e fare una scelta eco-compatibile (poiché allunga la vita degli oggetti) senza per questo rinunciare alla qualità o a un guardaroba grazioso.


Un’ulteriore possibilità per fare buoni affari – acquistando ciò che serve, ma anche liberandosi di ciò che non si usa più – sono le fiere periodiche, come quella milanese detta “Il bagagliaio”, che si svolge a cadenza mensile presso il Parco Esposizioni di Novero, o l’appuntamento in quel di Napoli con la Fiera del Baratto.

Una scelta ecosostenibile

Riciclare gli abiti di parenti e amici e/o acquistare vestitini da altre mamme è una scelta vantaggiosa a livello economico, ma molte famiglie apprezzano questa soluzione anche perché permette di allungare la vita degli indumenti, risparmiare risorse, inquinare meno e produrre meno rifiuti.


Come sottolinea Daniela Lucchetti, sindacalista, esperta di lavoro, diritti umani, globalizzazione e fair trade in un testo dedicato a questo argomento:

A ben vedere per ridurre ancora la nostra impronta ecologica, cioè il peso dei nostri consumi sulla biosfera, possiamo anche scegliere l’usato, capi e accessori di seconda mano e riciclati, puntando alla riduzione dei consumi e alla loro riqualificazione.


Non è sempre necessario mettere mano al portafoglio per vestirci in maniera consapevole. Possiamo scegliere di non consumare, di consumare meno, di consumare insieme ad altri.6

Vestiti fai da te

Confezionare abiti fai da te per i propri bambini, soprattutto finché sono piccoli, è un’opportunità interessante. Un tempo era la norma: mamme, nonne, zie in genere avevano confidenza con ago e filo e sapevano lavorare a maglia. Negli ultimi decenni del secolo scorso questa abilità si è un po’ persa, complici i cambiamenti sociali e forse anche i prezzi abbordabili di alcune linee di abbigliamento per cui non sembrava più così utile e necessario autoprodurre maglioni o capi di vestiario. Con la crisi finanziaria, e la generale rivalutazione del fai da te, molte donne hanno riscoperto la passione per il cucito e per il lavoro a maglia e cresce il numero delle mamme che, pur senza competenze sartoriali, si sono cimentate con la creazione di capi semplici. Confezionare un pantaloncino in cotone con elastico in vita o una semplice maglietta a mezze maniche, ad esempio, non è particolarmente difficile. In commercio si possono trovare manuali ad hoc e online sono nati blog e gruppi che si occupano proprio di questo e mettono a disposizione cartamodelli e istruzioni. Donne che non avevano avuto l’occasione di apprendere l’arte del cucito da bambine, hanno scoperto così – una volta diventate mamme – la soddisfazione di confezionare da sé abiti per i propri piccini.


L’obiettivo non è (o nella maggior parte dei casi non è) occuparsi di tutto il guardaroba; nondimeno confezionare alcuni pantaloni (magari da usare in casa o al parco giochi) o, per chi lavora a maglia, qualche maglioncino, sciarpe e cappelli, permette di risparmiare sugli acquisti. Oltre al fatto che per un bambino dà soddisfazione indossare qualcosa che è stato confezionato con amore dalla mamma: si tratta di capi unici con un valore speciale!


E per chi ama il riciclo, c’è una possibilità ulteriore: utilizzare come materia prima il tessuto di magliette e felpe che i genitori non indossano più. In questo caso possiamo proprio parlare di abiti a costo zero!

Tessuti, meglio naturali

Anche quello che indossiamo può avere effetti sulla nostra salute, e sul mondo che ci circonda. Per questo è importante conoscere gli “ingredienti” dei nostri vestiti.
Deborah Lucchetti

Nell’acquisto di un abito destinato al nostro bambino, oltre a valutare il rapporto qualità-prezzo e l’apprezzamento da parte del bimbo stesso, sarebbe opportuno prendere in considerazione la composizione dell’indumento, ovvero il tessuto con cui è stato confezionato.


Soprattutto se si tratta di indumenti a contatto con la pelle, è buona cosa privilegiare i tessuti naturali. Alle magliette con applicazioni in materiale sintetico o con stampe di plastica, meglio preferire maglie con disegni ricamati. Colori vivaci e applicazioni corrispondono infatti a una maggior lavorazione industriale (e quindi a un maggior inquinamento): più il vestito è neutro, anche nel colore, e maggiori garanzie di naturalità offre.


Potremmo chiederci se è davvero necessario fare attenzione anche a questi aspetti, se oltre a preoccuparci degli ingredienti del cibo che mangiamo, ora dobbiamo studiare anche quelli degli abiti. Questo però è l’unico modo per evitare che la pelle del bambino entri in contatto con eventuali sostanze potenzialmente tossiche. Deborah Lucchetti spiega:


Secondo l’associazione Tessile e Salute il problema è davvero serio. Sembra assodato che i capi di abbigliamento e gli accessori in essi contenuti siano tra le cause più frequenti di dermatiti irritative e dermatiti da contatto, proprio a causa dell’utilizzo di sostanze chimiche e coloranti durante le fasi di manifattura e assemblaggio; in particolare coloranti, metalli, gomma e colle ma anche candeggianti ottici e biocidi.7


L’argomento è quanto mai attuale: nella primavera del 2008, in Italia, furono ritirati dal mercato alcuni pigiami per bambini poiché contenevano sostanze dannose.


Un’altra autrice esperta dell’argomento, Rita Dalla Rosa, suggerisce di evitare tinte forti, colori scuri e carichi, “specie il blu, il rosso e il viola, perché sono quelli che più facilmente rilasciano residui sensibilizzanti. Pollice verso anche per le applicazioni plastificate, spesso fatte con l’impiego di ftalati, o le stampe dorate e argentate, che quasi sempre contengono metalli pesanti”8.

Un aiuto per i consumatori arriva, come abbiamo visto, dai marchi volontari che certificano la “salute” degli abiti.


Sostanze come i coloranti azoici che rilasciano pericolose ammine sono state vietate entro una certa soglia per prodotti a diretto contatto con la pelle, nei Paesi che hanno recepito la normativa europea; inoltre i marchi volontari più diffusi nel settore come Ecolabel e Oeko–text standard 100 hanno, a seconda dei casi, vietato o posto valori limite all’uso di coloranti cancerogeni e coloranti dispersi potenzialmente sensibilizzanti e hanno inoltre posto limiti alla presenza del cromo esavalente e della formaldeide. Il problema risiede quindi nell’effettivo rispetto degli standard di prodotti importati da Paesi che hanno leggi meno restrittive o assenti.9


In conclusione, vale la pena dare sempre un’occhiata alle etichette ed è sufficiente un minuto per controllare la composizione di un capo e scoprire se i tessuti sono certificati. Segnalo infine il consiglio pratico offerto da Rita Dalla Rosa che suggerisce di “toccare, annusare, far scorrere tra le mani e stropicciare il pigiamino o la maglietta che stiamo acquistando per nostro figlio, per verificarne il grado di morbidezza. (…) abbandoniamo la pessima abitudine di dare per scontato che un capo nuovo sia per forza di cose rigido ‘tanto poi si ammorbidisce’. Certo che dopo qualche lavaggio si ammorbidisce, ma vuol dire che in partenza era troppo carico di sostanze apprettanti o conservanti! E questo, in genere, non è indice di una lavorazione attenta a non lasciare residui chimici”10.


Una volta acquistato il capo, è sempre buona norma lavarlo prima di indossarlo, sia per motivi igienici, sia perché con il lavaggio si eliminano o si riducono eventuali sostanze tossiche. La formaldeide, ad esempio, tende a ridursi di lavaggio in lavaggio e per questo motivo non è presente negli abiti usati11. Un altro punto di vantaggio per gli abiti ereditati da cuginetti e amici.

Un passo in più

Quando acquistiamo un capo di abbigliamento, così come quando acquistiamo un qualunque altro bene, portiamo a casa un oggetto che ha una storia. Un prodotto che è stato confezionato da uno o più lavoratori e che ha un costo ambientale, in termini di risorse e, spesso, di inquinamento.


Non sempre viene spontaneo pensare a tutti questi aspetti quando si fa un acquisto, ma se tutti ci abituassimo a prenderli in considerazione la salute del Pianeta e le condizioni dei lavoratori potrebbero pian piano migliorare.


Aprire gli occhi, conoscere la realtà delle cose è il primo passo verso un nuovo stato di cittadinanza globale. Per cominciare a osservare i nostri vestiti con un altro sguardo, non più solo come capi funzionali ai nostri bisogni o come meri oggetto del desiderio ma anche come prodotti imbevuti di storie, di lavoro e risorse naturali, da leggere e interpretare per passare da ignari sostenitori dei meccanismi di ingiustizia globale a soggetti attivi nella riconversione dei modi di produzione e di consumo.12

Il costo ambientale dei nostri vestiti

Senza avere l’ambizione di trattare un argomento così complesso nello spazio di un paragrafo, segnalo un paio di esempi, che possono servire come spunto di riflessione a proposito dell’impatto ambientale dei nostri abiti.


Produrre il cotone necessario alla fabbricazione di una maglietta media di 250 grammi richiede 80 grammi di fertilizzante, 3 grammi di principio attivo nei pesticidi e da 2 a 7.000 litri di acqua, oltre 30 vasche da bagno piene. Per una maglietta.13


È stato calcolato che per produrre, tingere e rifinire con il look “vissuto” un paio di jeans, vengono impiegati oltre 13mila litri di acqua, di cui più di 800 se ne vanno solo per coltivare i circa 7 etti di cotone di cui è fatto. (…) siamo tutti impazziti. L’ossessione per la moda sta devastando il pianeta.14

Abiti ecologici

In commercio si trovano anche linee d’abbigliamento “ecologico”: rivolgendosi a negozi specializzati o acquistando online direttamente dai siti delle aziende si possono scegliere capi realizzati in cotone biologico e non sottoposti a colorazioni (le tinte sono quelle naturali del cotone, panna, beige, marroncino, verde chiaro) o colorati utilizzando soltanto sostanze vegetali e minerali. E ancora, per chi ha voglia di fare qualche ricerca usando il web, ci sono aziende italiane che si sono distinte per aver confezionato capi di abbigliamento con materie prime certificate e limitando il più possibile l’impatto ambientale del processo produttivo. È il caso ad esempio degli eco-jeans Life-Gate, prodotti in Italia utilizzando cotone europeo biologico coltivato senza pesticidi, con una lavorazione che rispetta l’ambiente e la salute degli operai tessili15.

Moda usa e getta?

E a proposito di moda, chiuderei questo capitolo con una riflessione tratta dal Manuale pratico di ecologia quotidiana di Marinella Correggia. Per noi occidentali nati nell’era dell’usa e getta la rapidità con cui si rinnovano le proposte della moda è la norma; in effetti però non è stato sempre così e tuttora non lo è in altre culture.


L’Occidente, invece, è come se non avesse ancora trovato l’abito giusto. E così, cambia moda ogni anno, anzi ogni stagione: nuovo taglio, nuovi tessuti, nuovo colore. Grandi vantaggi per gli stilisti e i venditori. Grandi svantaggi per l’ambiente, i lavoratori e i consumatori. Invece di produrre begli abiti comodi di lunga durata, la moda punta sull’usa e getta. Un abito, una camicia, un pantalone fatti per durare l’espace d’un matin non devono essere resistenti e di qualità: così l’acquirente potrà o dovrà gettarli via l’anno successivo.


A ogni stagione che Dio manda in terra, si usano fibre, colori, sostanze chimiche per produrre una nuova valanga di vestiti. E una valanga parallela si mette in moto: dai magazzini e dagli armadi svuotati, abiti nuovi o poco messi diventano rifiuti da sistemare (magari mandandoli sulle bancarelle africane, asiatiche e latinoamericane, a far concorrenza imbattibile ai sarti e all’industria tessile locale, obbligandoli a chiudere: un problema nei problemi).16

Voci di mamma e papà

Ho la fortuna di avere una cognata che mi passa i vestiti, una vicina, delle amiche e anche un’educatrice del nido. Non ho mai capito perché mi chiedono se mi offendo… mi offenderei se li buttassero. Sono proprio contenta e anche Letizia è contenta di indossare vestiti usati da amici e cugini.

Marta, mamma di Letizia, 3 anni, Gabriele, 13 mesi



Devo dire che sono molto fiera di come viene gestito da noi l’abbigliamento dei bambini. Tra me e mia sorella abbiamo cinque bambine (tutte femmine!). Per la prima figlia ho comprato di tutto e di più (ma non solo per quanto riguarda l’abbigliamento), tanto che ci ho vestito comodamente anche la seconda. Poi tutto il malloppone è passato a mia sorella, per la sua prima figlia, e successivamente è ritornato a me, per la mia terza. Ora siamo al quinto giro, tutto sta passando di nuovo a mia sorella per la sua seconda bimba. E sono davvero soddisfatta nel vedere che i vestiti, dopo dieci anni di onorato sevizio praticamente ininterrotto, vengono dismessi perché troppo sfruttati.

Giovanna, mamma di Sofia, 10 anni, Silvia, 8 anni, Anita, 4 anni



Ho sempre avuto una certa reticenza allo scambio d’abiti, devo essere sincera. Poi, però, un amico mi ha passato gli abiti dei suoi figli e mi sono stupita di quanti bei vestiti, praticamente nuovi, potessi riutilizzare per mio figlio.


Se devo comprare abiti nuovi, cerco di acquistare capi a poco prezzo (ma in fibre naturali, soprattutto cotone), al mercato o in grosse catene di abbigliamento. Bado alla comodità perché i bambini devono giocare e sentirsi a loro agio nei vestiti. Qualche volta, per le occasioni speciali, ci concediamo un bel completino firmato, ma è proprio l’eccezione.

Sara, mamma di Alberto, 3 anni



Mia figlia non ha ancora tre anni, ma è un colosso. Ha già il numero 27-28 di piede e porta vestiti per 4-5 anni (per alcune marche francesi anche 6 anni). Non mi piace dover spendere 15 o 20 euro per una magliettina che dopo un giorno di nido rischia di diventare inutilizzabile. Non ho amiche mamme o parenti vicine per cui mi sono dovuta arrangiare da me: poche cose, utili, a volte anche di una taglia in più e occhio ai mercatini degli scambi e agli annunci su ebay. Solo per le scarpe ho investito di più (trovandomi a volte con scarpine messe due volte!), perché il piedino cresce troppo velocemente e il bisogno della scarpina nuova non aspetta i saldi.


Nei periodi di saldi compro agli outlet (si fanno veri affari se non si guarda al capo della collezione corrente) anche per l’anno successivo. Ho fatto le tessere fedeltà nei negozi per bambini: permettono di avere degli sconti anche quando non ci sono i saldi.


Mi “arrabbio” quando la zia arriva con una maglietta firmata perché con la stessa cifra invece di un capo poteva portarne due o tre.


Sono attenta alla qualità (solo cotone 100% o comunque fibre naturali, poche tinte forti, facilità di lavaggio) e alla comodità: quindi vai di pantacollant, short, tute e magliette. Vestitini pochi, anche perché alla fine le occasioni per usarli non ci sono, almeno fino ad ora.

Valeria, mamma di Rebecca, 3 anni



Le mie bimbe hanno sei anni di differenza. Con la prima tutto nuovo, per carità che non ci fosse qualche microbo che andasse a toccare il mio amore! E certo, come se quello che compriamo fosse pulito… Tra Gaia e Stella ci sono sì sei anni, ma sai cosa vuol dire riciclare tutto? Ho riciclato dai body messi in ospedale appena nata (ok la prima tutina nuova, ma il body non si vede) ai tutoni per l’inverno. Ora ho talmente tanta roba per l’autunno e l’inverno prossimi che sono in crisi con gli armadi! Non ho posto per tutte quelle cose! Che dire… riciclare secondo me è romantico (che emozioni rivedere certe cose di nuovo indossate) e super super super economico!

Barbara, mamma di Gaia, 7 anni, Stella, 14 mesi



Con la prima bimba ho iniziato riusando gli abitini del cuginetto di due anni più grande e ho continuato con la seconda bimba che oltre a quelli del cugino sfrutta quelli della sorellona. Inoltre mia madre aveva conservato alcune cosette di quando ero piccolina e abbiamo recuperato anche quelle. Una cosa che mi diverto a fare quando smetto degli abiti miei e di mio marito è riusarli creando qualcosa di nuovo per le bimbe. Per esempio con le maniche delle camicie ho realizzato dei pantaloni taglia 2-3 anni, veloci da fare e che tutti ci invidiano, chiedendomi dove li ho trovati! Man mano che crescono passo i vestitini ad amiche e parenti in modo da non riempirmi l’armadio e ricambiare il prestito!

Daria, mamma di Alice, 7 anni, Elena, 4 anni, Lorenzo, 14 mesi



Alla nascita della mia prima figlia ho ricevuto pacchi di vestitini in prestito (vale a dire: da restituire!). Questo si è tradotto nel terrore di rovinare/perdere/confondere i vestitini in prestito con i miei, … e non li ho usati! In più erano quasi tutti vestiti che non avrei messo neanche se fossero stati regalati: a cominciare dai body (ho usato pannolini lavabili: i bottoncini sono un intralcio!), idem per le tutine di ciniglia (troppo calde, preferisco il cotone bio), giacche e pantaloni di jeans (durissimi!), vestiti di velluto rigido con applicazioni, cuciture, bottoni grossi e borchie così ingombranti che sembrava di sdraiare mia figlia su dei sassi. Senza contare le etichette interne in biancheria e magliette: la prima cosa che faccio è tagliarle via, ma nei vestiti prestati non si può.


Insomma nel mio caso ho preferito comprare pochi pezzi, ma fatti come dicevo io: cotone bio, morbido, senza orpelli ingombranti… E pannolini lavabili che ora userò di nuovo con la seconda bimba in arrivo a giorni.

Sara, mamma di Alma, 4 anni, in dolce attesa della seconda bimba



Ho la fortuna di avere molte amiche mamme con bimbe poco più grandi delle mie, così abbiamo sempre a disposizione una vasta gamma di vestiti per tutte le stagioni. Sono un’amante del riciclo, quindi quando mi offrono abiti di seconda o terza mano accetto di buon grado. A mia volta, rigiro i vestiti ancora in buono stato ad altre amiche con bimbe più piccole. Così ci ritroviamo foto dei nostri bimbi con gli stessi vestiti nel corso degli anni!

Sono anche solita acquistare durante i saldi per l’anno successivo, facendo ottimi affari. Non mi interessano le marche, seguo il mio gusto.

Annalisa, mamma di Emma, 3 anni, Arianna, 9 mesi



La nostra casa è diventata un piccolo centro di smistamento di abiti usati per bambini: ho sette nipoti dai 3 ai 7 anni e molte mie amiche hanno partorito nello stesso periodo in cui è nata Amelia. Arrivano buste e scatoloni in continuazione che io e le altre mamme ci dividiamo. È divertente e molto economico.

Roberta, mamma di Amelia, 2 anni

Bebè a costo zero crescono
Bebè a costo zero crescono
Giorgia Cozza
Meno oggetti e più affetti per crescere felici dalla prima infanzia alle soglie dell’adolescenza.Una guida al consumo critico, con consigli pratici per crescere bambini sereni, imparando a distinguere tra vere esigenze e bisogni indotti dal consumismo. Per un figlio, solo il meglio. Ma cos’è il meglio per un bambino?Giorgia Cozza risponde alla domanda che era stata il punto di partenza di Bebè a costo zero, la guida al consumo critico per futuri e neogenitori.Ora, in Bebè a costo zero crescono l’attenzione si sposta sui bambini più grandi, a partire dai 2 anni di età, fino alle soglie dell’adolescenza, perché se accogliere un bimbo a costo pressoché zero è possibile, è possibile anche crescerlo serenamente senza affrontare continue spese. L’ebook di questo libro è certificato dalla Fondazione Libri Italiani Accessibili (LIA) come accessibili da parte di persone cieche e ipovedenti. Conosci l’autore Giorgia Cozza è una mamma-giornalista, specializzata nel settore materno-infantile, autrice di libri per bambini e numerosi manuali per genitori, divenuti un importante punto di riferimento per tante famiglie in Italia e all’estero.È stata relatrice in numerosi congressi per genitori e operatori del settore e ospite di trasmissioni televisive per rispondere a quesiti legati all’accudimento dei bimbi e a uno stile genitoriale ecocompatibile.