CAPITOLO II

Alimentazione in famiglia

Sono dell’idea che il tempo che si dedica a fare la spesa,
a cucinare e a stare insieme a tavola sia ben speso,
e che rappresenti un investimento oculato ai fini del benessere di tutta la famiglia.
Jesper Juul
Il cibo è la chance per cambiare, per imparare a dare il giusto nutrimento
al nostro corpo, il nostro tempio, l’unico che abbiamo in questa vita
per evolverci e diventare esseri umani migliori.
Paola Maugeri

Cominciamo il nostro viaggio, tra i capitoli di spesa che ogni famiglia si trova ad affrontare, con l’alimentazione. Partiamo da qui, dalla tavola, perché il cibo è il primo passo per prenderci cura della salute dei nostri bambini. Si dice che “siamo quello che mangiamo”, e in effetti il cibo è veramente importante perché non è solo carburante per quella splendida macchina che è il nostro corpo, ma le scelte alimentari possono favorire il benessere psicofisico e ridurre il rischio di sviluppare numerose patologie nell’infanzia e in età adulta.


Quando facciamo la spesa, quando cuciniamo, quando ci sediamo a tavola con i nostri bambini stiamo vivendo una parte importante del nostro essere genitori. Ci preoccupiamo di dar loro da mangiare, prepariamo per loro quattro o cinque pasti al giorno, ogni giorno, per anni. La ripetizione, la quotidianità, la consuetudine fanno sì che quasi non ci badiamo più, ma occuparci della sua alimentazione è un aspetto fondamentale nell’accudimento di un figlio. Quel cibo sulla tavola, frutto del nostro lavoro e della nostra fatica, è un quotidiano rassicurante messaggio d’amore: ti voglio bene, ecco il cibo che ti nutre e ti fa crescere.


Tutto ha inizio proprio così, con un gesto d’amore che nutre corpo e spirito, quando al seno della mamma ogni bambino trova nutrimento, affetto e rassicurazione. Sull’alimentazione non possiamo certo risparmiare. O meglio, non possiamo rinunciare alla qualità dei prodotti alimentari per ridurre le nostre spese mensili. Ma, e qui arriva la buona notizia, anche in cucina, come in tutti gli altri aspetti della crescita di un figlio, fare meglio con meno si può… e con ottimi risultati.


Nelle pagine che seguono troverete quattro proposte per mangiare bene e spendere meno: acquistare più ingredienti e meno alimenti industriali, ridurre il consumo di carne, eliminare gli sprechi riciclando avanzi e scarti e non comprare cibo spazzatura.

Le famiglie che ci hanno provato garantiscono che il bilancio è positivo:

- meno prodotti industriali

- meno carne

- meno sprechi

- meno cibo spazzatura

= più salute!

Una faccenda di salute

Tra i compiti dei genitori c’è anche quello di insegnare ai figli (prima di tutto con l’esempio) a mangiare in modo sano. È un compito importante, perché dalle abitudini alimentari dipende in buona parte la nostra salute. Secondo gli esperti una dieta corretta è in grado di ridurre del 30-40% il rischio di sviluppare un tumore1.


Al contrario, un’alimentazione molto ricca di proteine, calorie, zuccheri semplici, cibi raffinati è tra le cause delle cosiddette “malattie del benessere” che sono in costante crescita nei Paesi occidentali: obesità, diabete, ipertensione, infarto, aterosclerosi (una forma di arteriosclerosi che interessa le arterie di grande e medio calibro), osteoporosi, ipertrofia prostatica e diversi tipi di tumore.


Uno stile alimentare corretto negli anni dell’infanzia è un’assicurazione sulla salute, valida nell’immediato e a lungo termine. Un dono prezioso!

Comprare più ingredienti e meno prodotti “finiti”

Scoprite cosa vogliono i consumatori e dateglielo a piene mani.
Vendete di più, conservate il posto di lavoro!
In che modo gli operatori di marketing mettono spesso in pratica
queste “regole” sugli alimenti?
Il nostro sistema limbico ama zucchero, grassi e sale.
Perciò ideate prodotti che ne procurino.
Magari aggiungete ingredienti a basso costo per aumentare i margini di profitto.
Michael Moss

Il primo passo per mangiare sano e spendere meno riguarda il momento della spesa. Il suggerimento è di limitare l’acquisto di prodotti industriali finiti e privilegiare alimenti base.


Un esempio classico: le merendine confezionate costano più degli ingredienti per cucinare una torta e, ovviamente, nutrono molto meno e sono meno sane. Gli esempi sono numerosi e riguardano i dolci, ma anche i primi e i secondi piatti. La cotoletta di carne o di pesce già impanata è più costosa e meno sana di carne e pesce freschi da impanare a casa, con uova e pan grattato. Lo stesso discorso vale per gli gnocchi, la pizza, la focaccia, le polpette fatte in casa…


Questo stile di consumo corrisponde anche alle raccomandazioni degli esperti che suggeriscono di privilegiare alimenti meno elaborati, il più possibile freschi e genuini. La lavorazione industriale riduce infatti le qualità degli alimenti e introduce conservanti, aromi, coloranti. Molti cibi confezionati – anche detti “trasformati” con una definizione significativa – sono il risultato di complicate formule chimiche, per calcolare il giusto dosaggio di additivi, sale, grassi e zucchero (sale e zucchero sono quasi onnipresenti) e le grandi aziende del settore si avvalgono di squadre specializzate composte (non da cuochi, come si potrebbe pensare), ma da chimici, psicologi e tecnici alimentari2.


Certo, facendo da sé si trascorre più tempo in cucina, e questa proposta potrebbe suscitare qualche diffidenza da parte dei tanti genitori sempre a corto di tempo, ma anche di chi ha uno o più bambini che reclamano attenzione. Di fatto però molte famiglie hanno scoperto che il coinvolgimento dei bambini in cucina rappresenta un’ottima soluzione per trascorrere del tempo insieme a loro (fondamentale per i bambini di ogni età), insegnare qualcosa di utile (ad aiutare mamma e papà e a cucinare), avvicinarli al mondo del cibo e di conseguenza invogliarli ad assaggiare le portate che vengono servite in tavola.


Insomma, dedicare più tempo ai fornelli può trasformarsi in un’opportunità per dedicare più tempo anche ai propri figli.

Additivi chimici e iperattività infantile

Secondo alcuni studiosi esisterebbe una correlazione tra gli additivi alimentari e la sindrome da deficit di attenzione e iperattività infantile (ADHD). In particolare, una ricerca inglese del 2004 che ha coinvolto più di 1800 bambini, ha evidenziato un legame tra alcuni additivi alimentari (presenti in numerose merendine, caramelle, bibite e succhi di frutta industriali) e difficoltà di concentrazione3.

Leggere le etichette

Leggere sempre l’etichetta. Se già non lo è, dovrebbe diventare un’abitudine. È lì, in quell’elenco di ingredienti e caratteristiche, il vero volto di ogni prodotto: l’etichetta ci dà quelle informazioni indispensabili per capire se abbiamo tra le mani un buon alimento, di qualità, oppure un prodotto che ha perso buona parte delle caratteristiche originarie in seguito a un consistente processo di lavorazione industriale. Insomma, l’etichetta dovrebbe diventare la nostra “bussola”, il motore dei nostri acquisti, che spesso sono invece affidati al nome del prodotto, alla foto sulla confezione e alla fretta.


È vero, fermarsi a leggere ogni etichetta prima di scegliere il prodotto da mettere nel carrello richiede un po’ di tempo in più. C’è da dire, però, che si tratta di tempo speso bene, dato che è speso per tutelare la salute nostra e della nostra famiglia.


Tra l’altro, una volta individuati i prodotti migliori, in termini di qualità, non è necessario ripetere l’operazione ad ogni spesa: semplicemente, ricorderemo quale prodotto è risultato il migliore sullo scaffale (confrontando le caratteristiche elencate in etichetta) e lo metteremo nel carrello.


Ma come orientarci per giudicare la bontà di un prodotto leggendo gli ingredienti? Il primo, semplice suggerimento è di guardare quanto è lungo l’elenco4. Più ingredienti sono presenti e meno naturale e genuino sarà l’alimento. Vedrete che farsi un’idea, anche senza conoscere il significato di ogni sigla riportata in etichetta, risulterà piuttosto immediato.


Vediamo un esempio pratico. Di seguito trovate la lista degli ingredienti di tre confezioni di biscotti savoiardi di marche diverse. Le foto sulle confezioni ci mostrano dei prodotti praticamente uguali e potremmo pensare che, in fondo, un savoiardo è solo un savoiardo. Ma, se andiamo a leggere, la differenza c’è.


- Prima confezione: uova, zucchero, farina di grano tenero di tipo 00, fecola di patate.


- Seconda confezione: farina di frumento, zucchero, uova fresche (26%), sciroppo di glucosio, agenti lievitanti (carbonato acido di ammonio, carbonato acido di sodio, difosfato disodico), aromi naturali.


- Terza confezione: farina di grano tenero, zucchero, uova (26%), fecola di patate, agenti lievitanti (carbonato acido di ammonio), proteine del latte, aromi, sale. Può contenere tracce di frutta a guscio e soia.

Abbiamo tra le mani tre savoiardi, ma stiamo per mangiare alimenti diversi.


La prima scrematura quindi si può basare sul numero di ingredienti. Se la confezione di una certa marca riporta una lista lunghissima si può passare direttamente a controllare un’altra etichetta, finché si individua un prodotto più genuino.


Un passo ulteriore è quello di imparare a riconoscere le sigle degli additivi (antiossidanti, coloranti, emulsionanti, stabilizzanti, addensanti e gelificanti, esaltatori di sapidità, conservanti, dolcificanti) destinati a migliorare il gusto del prodotto (dato che il gusto originale è andato perduto nel corso della complessa lavorazione industriale) o necessari per dare la consistenza voluta a un alimento molto lavorato.


Per aiutare i consumatori la Commissione Europea5 ha redatto un utile vademecum intitolato Come leggere le etichette, che contiene tutte le indicazioni necessarie per interpretare ogni informazione presente sull’etichetta di un alimento6. Segnalo inoltre l’opuscolo Etichettatura degli alimenti. Cosa dobbiamo sapere, preparato dal Ministero della Salute7.


Infine, l’etichetta ci racconta dove è stato prodotto il nostro cibo (se è stato prodotto all’estero, indica anche chi lo ha importato in Italia) e quindi quanta strada ha percorso per arrivare sugli scaffali del negozio. Un’informazione utile per chi desidera privilegiare prodotti provenienti dal proprio Paese e, in caso di prodotti italiani, da una filiera la più corta possibile8.

Autoproduzione in cucina

Facciamo un altro passo. Oltre a non utilizzare cibi pronti o alimenti preconfezionati, ci sono famiglie che si sono cimentate con l’autoproduzione. Un esperimento che si può portare avanti a vari livelli, da quello classico delle confetture e della passata di pomodoro, alla produzione casalinga di pane, gelato, dado per il brodo, e addirittura olio, farina, formaggi… Ebbene sì, buona parte del cibo che siamo soliti mangiare potrebbe essere prodotto in casa. È un argomento interessante. Chi fosse incuriosito potrebbe cimentarsi con uno o due alimenti, ad esempio il pane (visto il consumo quotidiano sarebbe un bel risparmio) e/o il dado per il brodo, dato che il procedimento non è difficile. È bello sapere che anche in cucina esiste la possibilità di sperimentare nuove soluzioni fino ad arrivare, volendo, a ridurre la nostra spesa a pochi ingredienti.


Alcune letture per chi desidera approfondire l’argomento.


Conserve naturali fatte in casa di Silvia Strozzi, Macro Edizioni, 2014. Istruzioni e consigli per realizzare marmellate, verdure e funghi sott’olio, sughi, salse.


Tutta la bontà del pane di Sara Papa, Gribaudo, 2010. Per chi è ai primi tentativi: istruzioni per scegliere gli ingredienti, fare un impasto perfetto e cuocere il pane nel forno. L’autrice spiega anche come fare il lievito madre, la pasta fillo, la pizza. Con tante ricette per realizzare pani classici, pani aromatizzati, grissini, pani ripieni.


Il pane fatto in casa di Christine Ingram e Jennie Shapter, Dix Editore, 2010. La particolarità di questo volume sono le ricette di tanti Paesi (la ciabatta italiana, la baguette francese, il pane di grano portoghese, ecc.).


Cucinare il pane con fantasia di Silvia Strozzi, Macro Edizioni, 2014. Istruzioni per preparare pane, torte salate, focacce e pizze. E tante ricette che hanno il pane (e il pane avanzato) come ingrediente principale.


Facciamo il pane. Manuale pratico con oltre 50 ricette per imparare a fare il pane con il lievito naturale di Annalisa De Luca, Terra Nuova edizioni, 2011. Istruzioni per preparare il pane a lievitazione naturale, utilizzando la pasta madre o la cosiddetta lievitazione acida. Oltre alle ricette classiche a base di frumento, l’autrice insegna a preparare il pane con altri cereali (segale, grano saraceno, orzo, mais, riso), pani speciali, focacce e il pane senza glutine e pani dolci (panettone, cornetti alle noci, pan brioche, stollen).


Autoproduzione in cucina. Fai da te tutto quello che di solito acquisti per risparmiare e mangiare bene di Lisa Casali, Gribaudo, 2013. Una guida per produrre in casa ogni tipo di alimento: farina, oli aromatizzati, barrette di cereali, formaggi, conserve, bevande, gelati, tofu, seitan, e tanti altri. Con le istruzioni per conservarli a lungo senza utilizzare additivi.

In cucina con i bambini

Il cibo è il modo più immediato per scoprire il mondo.
Analia Setton
La vita di una casa ruota soprattutto intorno ai fornelli e ai suoi profumi.
Anzi, più ce ne allontaniamo con cibi congelati e spuntini plastificati,
più si rafforza la convinzione che il fare insieme in cucina
sia un’esperienza di valore.
Sara Honegger

Spesso il tempo per stare ai fornelli manca o deve essere ritagliato a fatica, mentre i bambini si lamentano perché vorrebbero l’attenzione del genitore. Ebbene, cucinare insieme ai bambini è un modo per cambiare completamente prospettiva: non si tratta più di preparare il pasto nonostante i bambini, barcamenandosi tra le loro richieste e la pasta da scolare, ma di preparare il pasto con i bambini. Sembra poco, ma cambia tutto! E si può fare anche con bambini molto piccoli.


È molto più pratico coinvolgere uno o più bimbi affidandogli un compito che li terrà occupati mentre prepariamo insieme il pasto che cercare di cucinare e allo stesso tempo intrattenere dei bambini che ci chiamano e continuano a chiedere quando sarà pronto! Quindi… laviamo le mani, grembiulino per tutti e si comincia.


- Invitiamo il bimbo a raggiungerci in cucina e spieghiamogli quale piatto dobbiamo preparare.


- Chiediamo il suo aiuto e indichiamo in modo chiaro e semplice cosa deve fare.


- Pulire le verdure, mescolare, impastare, preparare polpette, lavare la frutta (in piedi su una sedia anche i più piccini riescono ad arrivare al lavandino). Diamogli il tempo per svolgere l’incarico che gli è stato affidato e non rimproveriamolo se non riesce ad eseguirlo alla perfezione; piuttosto sottolineiamo sempre l’importanza del suo contributo.


- Quando è pronto sediamoci a tavola tutti insieme e… buon appetito! I piatti preparati in compagnia sono sempre più gustosi.


Bambini di due o tre anni possono già aiutare la mamma a preparare l’impasto per torte, biscotti e pizze. Per loro è una grandissima soddisfazione infornare la loro piccola pizza o i loro biscotti, e a qualunque ricetta abbiano collaborato saranno orgogliosi e contenti di essere stati d’aiuto alla mamma o al papà!


Se non è possibile coinvolgere il bambino nella preparazione del pasto, possiamo invitarlo ad apparecchiare. Ricordiamo che ai bambini piace aiutare. Inoltre cucinare permette loro di cimentarsi con gesti “da grande” e soprattutto permette loro di stare insieme ai genitori (che è la cosa che desiderano di più!). Mentre si cucina insieme si chiacchiera, ci si racconta la giornata, si assaggiano alimenti diversi, crescono la voglia e il piacere di sedersi a tavola per gustare dei piatti che sono frutto della collaborazione in famiglia. Come scrive Sara Honegger, esperta di alimentazione naturale:


Impastare, lavare, travasare, tagliare, cuocere, assaggiare (…). La cucina era un laboratorio caldo, vitale, e attraverso il cibo e la sua preparazione passavano fra di noi il piacere di sperimentare e di chiacchierare facendo qualcosa con le mani, la soddisfazione di vedere a tavola ciò che avevamo cucinato, la fatica del riordino, momento di chiusura dell’esperienza del giorno9.

Un gioco bellissimo anche per i più piccoli

Per il bambino aiutare in cucina è un gioco bellissimo, prima di tutto perché si fa insieme ai genitori, e poi perché mescolare, impastare, versare sono tutte attività che ai piccoli piacciono molto e che li aiutano a sviluppare tante competenze.

Se il bimbo è molto piccolo, per cui non è possibile coinvolgerlo direttamente nella preparazione del pasto, può essere una buona idea invitarlo comunque in cucina e lasciare che giochi svuotando un cassetto o un’anta della credenza, organizzati a misura di bimbo, quindi con mestoli di legno, pattine, accessori che possa maneggiare senza farsi male.

Ci sono bambini che si divertono per molti minuti giocando con i coperchi, svuotando un cassetto, accatastando o trasportando da un punto all’altro della cucina pentole o scodelline.

Un bel gioco è anche quello di infilare in una borsa o in una insalatiera le patate o le mele o i cucchiai, per poi tirarli fuori e riporli in un altro contenitore. I bambini imparano il concetto di dentro e di fuori, di pieno e di vuoto, prendono confidenza con la cucina e stanno vicini alla mamma (che così può tenere d’occhio il piccolo e cucinare tranquilla).

Per bambini più grandicelli, che affiancano volentieri il genitore in cucina, ci sono anche dei bei libri di ricette. È uscito di recente il Manuale del piccolo chef di Maija Koski e Mikka Järvinen (Il pensiero scientifico, 2015), con l’introduzione della pediatra Laura Reali, e tante ricette presentate per essere cucinate insieme ai bambini.

Così si assaggia più volentieri

Maneggiare gli alimenti, prendere confidenza con le verdure, lavarle, affettarle, impastarle con altri ingredienti… In questo modo i bambini vivono il cibo più direttamente, lo conoscono, sanno cosa c’è nel loro piatto e hanno contribuito alla creazione della pietanza che viene servita a tavola. La resistenza verso le novità è minore, e il bambino è più curioso di scoprire il sapore di quel piatto che ha preparato insieme a mamma e papà.

Chiare, fresche dolci acque… del rubinetto!

Le bevande: ecco una voce su cui è possibile un ampio margine di risparmio. Per dissetarsi e per una corretta idratazione a tutte le età (tranne nei primi sei mesi di vita, quando il latte materno sazia e disseta), la soluzione ideale è l’acqua naturale.


Tutte le bevande gassate e zuccherate che vengono pubblicizzate e sono spesso presenti sulla tavola degli italiani, non soltanto non sono necessarie ma, come vedremo nel paragrafo dedicato ai cibi che fanno male, sarebbero da evitare.


Quindi… acqua. E, economia nell’economia, preferiamo l’acqua del rubinetto, sempre a disposizione e a basso impatto ambientale.


Innanzitutto perché l’acqua del rubinetto è buona e salutare, tanto quanto (e a volte più di) quella in bottiglia. In molti Comuni è acqua minerale proveniente da sorgenti della zona, proprio come l’acqua di marche famose, per cui è assurdo spendere per un bene che già si possiede.


Se l’acqua del rubinetto ha un forte odore di cloro potrebbe essere sufficiente lasciarla “riposare” per alcune ore in una caraffa (senza coperchio) riposta in frigorifero.


Se volete conoscere le caratteristiche (residuo fisso di sali minerali, pH, alcalinità e durezza) dell’acqua della vostra zona è possibile chiedere informazioni alla locale azienda sanitaria.


L’acqua del rubinetto offre inoltre buone garanzie in termini di sicurezza, come spiega Marinella Correggia, esperta di tematiche ecologiche ed economia alternativa:

L’acqua dell’acquedotto è controllata tutti i giorni nelle grandi città, e settimanalmente nelle altre; quando i limiti di legge non sono rispettati, scatta la non potabilità. L’acqua di bottiglia, invece, viene controllata dalle autorità pubbliche “ogni tanto” e possono passare anni (le leggi sono molto permissive). La plastica non fa certo bene al contenuto, soprattutto quando viene lasciata magari a lungo sotto il sole, e la durata di scadenza è troppo lunga: i Nas si trovano a sequestrare non poche confezioni di acque minerali e bibite in cattivo stato di conservazione10.


Il secondo punto di forza dell’acqua di casa nostra è la sostenibilità ambientale, poiché non richiede trasporto (pensiamo all’inquinamento e al traffico legato ai camion che trasportano bottiglie di acqua su distanze spesso enormi) e non produce rifiuti (bottiglie di vetro e plastica) da smaltire dopo un uso brevissimo (il tempo di un pasto!).


Infine, l’acqua del rubinetto è economica11 ed estremamente pratica. Soprattutto per chi ha bambini piccoli è una bella comodità non dover più trasportare dal supermercato a casa pesanti confezioni di acqua.

Succhi, spremute e frullati

Stabilito che l’acqua, e possibilmente l’acqua del rubinetto, è la nostra prima scelta in termini di bevande, per la colazione, lo spuntino di metà mattina e la merenda, sono ottimi i succhi, le spremute e i frullati.


Ma anziché acquistare bibite industriali alla frutta, molto spesso ricche di zucchero e conservanti e povere (se non poverissime) di frutta, il suggerimento è di utilizzare la frutta fresca, di stagione, per preparare spremute, succhi fai da te, frullati e, se avete una centrifuga, centrifrugati12.


È una scelta salutare, poiché abbiamo la certezza degli ingredienti, e anche economica, se pensiamo, ad esempio, a quante spremute possiamo fare con un chilo di arance. Inoltre, succhi e frullati fatti in casa sono un modo divertente e vario per aumentare il consumo di frutta da parte dei bambini.

Succhi di frutta fai da te

Preparare una spremuta di agrumi o un frullato di frutta è semplice e immediato. Il discorso si fa un po’ più complesso (ma non troppo!) se vogliamo cimentarci con i succhi di frutta. Vediamo insieme come si procede per preparare alcune bottiglie di succo di frutta fresco.


Laviamo e sbucciamo la frutta (matura), tagliamola in piccoli pezzi e togliamo i semi. Mettiamo la frutta a bollire in una pentola d’acqua (circa un litro d’acqua per un chilo di frutta), fino a quando i pezzi di frutta saranno molto morbidi. Aggiungiamo zucchero di canna integrale (a seconda della frutta circa 50-100 grammi o più se volete un succo più dolce)13 oppure miele, mescoliamo bene e poi frulliamo per ottenere un composto cremoso. Travasiamo il composto in bottiglie di vetro sterilizzate (si possono usare le bottiglie della passata di pomodoro, riempiendo fino a due centimetri dal bordo) e chiudiamo molto bene con il coperchio. Il succo riposto in frigorifero è pronto da consumare.


Se volete predisporre una piccola scorta mettete le bottiglie di succo, chiuse ermeticamente, in una pentola d’acqua e fatele bollire per circa 30 minuti. Riponetele poi in un luogo asciutto, dove si conserveranno per diversi mesi (fino a un anno).

Succhi industriali, occhio all’etichetta

Se decidete di acquistare bibite industriali alla frutta, il consiglio è di leggere sempre le etichette per controllare le percentuali di frutta e la presenza di zucchero e altri ingredienti. Ad esempio, se il nome sulla confezione è “nettare”, significa che la percentuale di frutta può aggirarsi attorno al 50% e per la restante parte la bevanda è costituita da acqua e zuccheri. Se il prodotto è definito “bibita o bevanda a base di frutta”, la percentuale di frutta contenuta si riduce ulteriormente (addirittura al 10%!). La frutta è invece l’unico ingrediente se acquistiamo un succo (da verificare, leggendo l’etichetta, l’eventuale aggiunta di zucchero), ma la frutta può essere naturale o ricostituita (ovvero ottenuta da succo in polvere) o, ancora, surgelata.

Meno sprechi in cucina!

Ecco una soluzione per risparmiare che definirei entusiasmante. Non ci è richiesto alcun impegno o rinuncia particolare né dobbiamo comprare qualcosa di speciale o di diverso. Il risparmio nasce dal fatto di consumare bene, tutto il cibo che già compriamo! Ovvero, dal fatto di non sprecare14. Possiamo risparmiare cifre anche importanti organizzando al meglio la spesa, recuperando i nostri avanzi e poi imparando a sfruttare appieno gli alimenti che abbiamo a disposizione, cucinando anche quelle parti che fino ad oggi abbiamo scartato.


Potrebbe sembrare banale, o scontato, ma non lo è. Basti pensare che in Italia, ogni anno, finiscono nella spazzatura cinque milioni di tonnellate di prodotti alimentari, più di 100 chili a persona. Per un totale di più di otto miliardi di euro di cibo… buttati in pattumiera15.


Secondo la FAO più di un terzo del cibo prodotto ogni anno a livello mondiale viene sprecato16. Un dato significativo: nei paesi industrializzati vengono gettati circa 220 milioni di tonnellate di cibo all’anno, una quantità che potrebbe risolvere una parte consistente del problema della fame nel mondo.

Si calcola che mediamente le famiglie italiane gettino via circa trenta euro di cibo al mese17. Non è poco, anche se quasi non ce ne rendiamo conto perché avviene un po’ alla volta: oggi un frutto troppo maturo, ieri la pasta avanzata e quello yogurt scaduto, domani il pane che è diventato secco…

Un costo anche ambientale

Oltre che sul portafogli, il cibo sprecato pesa anche sull’ambiente. E pesa in modo determinante in termini di consumo di risorse (consumiamo suolo agricolo e acqua per produrre cibo che non mangeremo), inquinamento (legato alla trasformazione industriale e al trasporto), smaltimento di rifiuti. Per farci un’idea delle dimensioni del fenomeno, segnalo alcuni dati del rapporto Food wastage footprint. Impacts on natural resources18, realizzato dal Dipartimento di gestione ambientale e delle risorse naturali della FAO nel 2013: la coltivazione del cibo sprecato occupa il 30% della superficie agricola disponibile a livello mondiale; consuma circa 250 km cubi di acqua (un volume d’acqua che corrisponde al flusso annuale del fiume Volga o a tre volte il lago di Ginevra); comporta l’emissione di 3,3 miliardi di tonnellate di Co2 equivalente.


Ora, naturalmente questi dati non si riferiscono esclusivamente ai prodotti alimentari che abbiamo comprato ma non abbiamo consumato: buona parte dello spreco avviene durante la produzione agricola (510 milioni di tonnellate), segue lo spreco nelle fasi immediatamente successive alla raccolta (355 tonnellate), ma al terzo posto ecco lo spreco del consumatore, a livello domestico e del settore ristorazione (345 tonnellate). Seguono in quantità nettamente inferiore gli sprechi avvenuti durante la trasformazione industriale e la distribuzione.

Le tre mosse antispreco

Ridurre fino ad azzerare il cibo che viene buttato è possibile in tre semplici mosse.


Il primo passo è il più immediato: calibrare meglio i nostri acquisti, quando si fa la spesa non lasciarsi tentare da offerte e promozioni se non siamo sicuri che consumeremo tutti i prodotti acquistati (a questo proposito: controllare sempre le date di scadenza). Una volta a casa, riporre gli alimenti in modo tale che quelli più “vecchi” siano a portata di mano per poterli consumare per primi, tenere d’occhio le date di scadenza degli alimenti conservati in frigorifero e/o nella dispensa.


Il secondo passo è semplice ma richiede un po’ di buona volontà: si tratta infatti di trovare delle ricette ad hoc per recuperare gli avanzi. Per gli ortaggi e i legumi le soluzioni sono tante: zuppe, minestroni, passati, torte salate. Pasta e riso avanzati possono trasformarsi in gustosi tortini, i formaggi si possono recuperare con un bel risotto ai formaggi, torte salate, pizze. Per chi non è un maestro dei fornelli, ecco un suggerimento pratico: quando notate che c’è un alimento in scadenza consultate l’indice degli ingredienti in un libro di ricette, o digitate il nome del cibo in un motore di ricerca e scegliete una ricetta per recuperarlo.


Un po’ alla volta, amplierete il vostro patrimonio di ricette personali e riuscirete a recuperare sempre più alimenti in modo fantasioso e gustoso.


Il terzo passo ci permette praticamente di azzerare gli alimenti che vanno a finire nella spazzatura: cucinare anche quelle parti, come bucce, gambi e foglie che generalmente vengono considerati scarti, pur essendo spesso molto gustose e ricche di nutrienti. Con quest’ultimo passo non solo avremo la soddisfazione di non gettare via del cibo, ma otterremo anche un notevole risparmio economico.

Cucinare con gli avanzi

Cucinare usando gli avanzi e gli scarti, oltre che un modo per non sprecare e una fonte di risparmio, rappresenta un’interessante opportunità per ampliare la rosa di piatti che solitamente consumiamo in famiglia. Un esempio classico è quello del pane secco, le cui possibilità di riciclo sono così numerose che potremmo davvero non buttar più via neppure una briciola. Panini e ciabatte possono certo essere recuperati per ottenere crostini per la zuppa e pane grattugiato, ma vi sono moltissime altre ricette che vedono il pane protagonista per preparare primi piatti, piatti unici e persino dolci. Nel sito nonsprecare.it trovate ben diciotto modi per recuperare il pane raffermo!19

La libreria delle ricette “riciclose”

Di seguito trovate alcuni titoli per imparare a cucinare ricette gustose, dagli antipasti al dolce, usando avanzi e scarti.


Riciclare in cucina. L’arte di utilizzare con gusto scarti e avanzi di Giuliana Lomazzi, 2013, Terra Nuova Edizioni. Più di 80 ricette per cucinare usando gli avanzi del giorno prima e trasformare in modo creativo gli scarti vegetali (baccelli, foglie, gambi, torsoli, ecc.)


La cucina a impatto (quasi) zero. Scarti, avanzi e gustose ricette di Lisa Casali e Tommaso Fara, 2010, Gribaudo. Il testo offre suggerimenti per rispettare l’ambiente mentre cuciniamo, partendo dalla scelta degli ingredienti per finire con i metodi di cottura. E per aiutare il lettore a mettere in pratica i princìpi della cucina sostenibile, il volume comprende varie ricette che utilizzano parti di alimenti che in genere eliminiamo (bucce, lische di pesce, semi di zucca).


Cucinare senza sprechi. Contro lo spreco alimentare: azioni e ricette di Andrea Segrè, Ponte alle Grazie, 2015. Tanti suggerimenti per ridurre gli sprechi e ricette per cucinare le parti di scarto e il cibo che normalmente butteremmo come il latte cagliato o l’insalata appassita.

Ricette “riciclose” nel web

Ed ecco i riferimenti di alcuni blog dedicati a questo argomento e di siti di cucina dove possiamo trovare numerose ricette per cucinare gli avanzi.


http://lacucinadelriciclo.blogspot.it/

https://cucinaeco.wordpress.com/

http://www.buttalapasta.it/s/ricette-avanzi/

http://www.giallozafferano.it/ricerca-ricette/avanzi/


Due ricette per riciclare il pane raffermo

Ecco due ricette per chi vuole cimentarsi con la cucina riciclosa, cominciando da qualcosa di molto facile e rapido: il pane secco che si trasforma in gnocchi da condire a piacere e in una torta.


Gli gnocchi di pane (per 4 persone). Ingredienti: 250 grammi di pane raffermo, 1 uovo, 50 grammi circa di farina, latte20. Tagliate a dadini (di circa un centimetro) o spezzettate il pane raffermo e mettetelo a bagno nel latte per farlo ammorbidire. Se necessario strizzate, poi unite la farina e l’uovo e mescolate. Quando l’impasto è ben amalgamato, prendetene un cucchiaio alla volta e formate gli gnocchi con le dita. (Se non volete lavorare i singoli gnocchi a mano, potete dividere l’impasto in filoni dello spessore di un paio di centimetri e poi, con un coltello, tagliare i filoni a tocchetti, in modo da ottenere gli gnocchi). Appoggiate gli gnocchi sopra un panno o un vassoio coperto da un velo di farina. Cuocete in acqua salata e condite a piacere.


La torta di pane al cioccolato21. Ingredienti: 400 grammi circa di pane secco, latte (quanto basta per ammorbidire il pane, da 500 ml a 1 litro), 5-7 cucchiai di zucchero integrale di canna, 3-4 cucchiai di cacao amaro. Tagliate il pane a tocchetti e lasciatelo in ammollo nel latte, per una notte, in frigorifero. Oppure, se volete accelerare i tempi, potete usare latte caldo per ammorbidire il pane e poi schiacciarlo con un forchettone o un cucchiaio di legno per ottenere un composto il più possibile omogeneo (volendo ci si può aiutare con il frullatore). Aggiungete il cacao e lo zucchero e mescolate bene. Se si vuole, all’impasto si possono aggiungere a scelta dei piccolissimi pezzetti di cioccolato.


Mettiamo l’impasto nella tortiera imburrata e/o infarinata e cuociamo a 180° per 45-50 minuti circa.


Mangiare meno carne

Mangiamo troppa carne. Succede nei Paesi industrializzati e succede anche in Italia. Ma la carne occupa una sezione elevata della piramide alimentare, il che vuol dire che si dovrebbe consumare non più di due o tre volte alla settimana. La Società Italiana di Pediatria parla di “massimo tre porzioni” di carne alla settimana22 e suggerisce:


I princìpi della Piramide alimentare transculturale per l’età pediatrica, promossa dalla Società Italiana di Pediatria, sono quelli della dieta mediterranea, integrata da cibi multietnici: elevata assunzione di verdura, legumi, frutta, noci e cerali integrali; consumo di pesce medio alto; elevata assunzione di acidi grassi insaturi (olio di oliva); basso intake di acidi saturi grassi e di prodotti caseari; ridotta assunzione di carne, soprattutto rossa, apporto moderato di sale e attività fisica quotidiana (almeno un’ora al giorno).

Limitare il consumo di carne è una scelta di salute, poiché una dieta ricca di proteine animali, e in particolare di carni rosse, è associata a un maggior rischio di patologie quali diabete, infarto, problemi cardiovascolari, obesità e cancro (in particolare tumori dell’apparato gastrointestinali, al seno, alla prostata e all’endometrio)23.


Se la raccomandazione del World Cancer Research Fund è di non consumare più di 300 grammi di carne rossa alla settimana, l’Harvard School of Medicine dà un’indicazione ancora più restrittiva: 160 grammi.


Senza pesare ogni porzione di carne che arriva sulla tavola, credo possiamo tenere in considerazione il suggerimento di limitarci a due (o tre) porzioni alla settimana.


Questo per preservare la salute nostra e dei nostri bambini. In più, la carne è un alimento decisamente costoso. Ancora una volta, possiamo fare meglio con meno: meno carne, minori spese, più benessere!

Una questione etica e ambientale
“C’è un collegamento fra i 625 milioni di animali mangiati dagli italiani
e gli 826 milioni di persone affamate nel mondo?”
“Sì”.
Marinella Correggia

Ridurre la carne presente nella propria dieta è prima di tutto una scelta di salute, scelta a cui corrispondono però ricadute importanti a livello globale.


Una parte consistente dei terreni agricoli del pianeta (e delle foreste trasformate in terreni agricoli) viene coltivata non per produrre cibo destinato a sfamare esseri umani, ma per nutrire bestiame che diventerà bistecche e hamburger.


In pratica, i bimbi dei paesi poveri muoiono di fame, mentre coltiviamo cereali per le nostre future bistecche.


Molti esperti indicano nella dieta vegetariana la soluzione al problema della fame nel mondo.


La questione etica è strettamente connessa a quella ambientale, poiché il mercato della carne consuma quantità enormi di risorse (terreno coltivabile, acqua, energia) ed è una delle prime cause di inquinamento. Come ben riassume Marinella Correggia:


È stato calcolato che se tutti i terrestri fossero vegetariani, ci sarebbe cibo per almeno 12 miliardi di persone; o meglio ancora si potrebbe coltivare in modo molto meno intensivo e sfamare i sei miliardi senza distruggere la natura.24


Se siete vegetariani o vegani conoscete già l’argomento. Chi invece è solito mangiare carne forse sarà contento di sapere che la sua eventuale scelta di ridurne il consumo avrà ricadute importanti ben oltre le mura domestiche.


Un’ultima riflessione riguarda il trattamento riservato agli animali negli allevamenti intensivi. Non c’è bisogno di essere vegetariani o animalisti per condannare la crudeltà che diventa norma in nome del guadagno economico. Va bene produrre carne, ma non così. Il detto dice: c’è un limite a tutto… Questo è uno dei campi in cui i limiti sono stati ampiamente oltrepassati25.

Per chi acquista carne, il suggerimento è di premiare le aziende biologiche e gli allevatori che garantiscono condizioni di vita dignitose ai propri animali. Questo vale anche per gli allevamenti di galline ovaiole, dove gli animali vengono sfruttati per produrre non carne, ma uova. È importante acquistare uova che vengono prodotte da allevamenti all’aperto, meglio ancora se biologici; da evitare invece le uova che provengono da allevamenti in gabbia o a terra, dove le galline vengono tenute in condizioni spesso spaventose (dieci-venti animali per metro quadrato, in gabbia o a terra in capannoni con luci artificiali sempre accese).


Per sapere da che allevamento provengono le uova è sufficiente leggere il codice alfanumerico sulla confezione: il primo numero del codice (seguito dalla sigla del Paese di produzione) indica il tipo di allevamento: 3 in gabbia, 2 a terra, 1 all’aperto, 0 all’aperto biologico.

E chi non mangia carne

Le famiglie che hanno scelto una dieta vegetariana sono numerose e sono in aumento anche i genitori che seguono un’alimentazione vegana. La loro testimonianza è che crescere bambini senza carne, curando la loro dieta perché fornisca un corretto ed equilibrato apporto di nutrienti, si può e senza particolare fatica. Per chi desidera approfondire l’argomento non resta che documentarsi: sull’argomento sono stati pubblicati numerosi manuali. Segnalo ad esempio due saggi scritti da pediatri: VegPyramid Junior. La dieta vegetariana per i bambini e gli adolescenti di Leonardo Pinelli, Ilaria Fasan e Luciana Baroni (Sonda, 2012), e Figli vegetariani di Luciano Proietti (Sonda, 2014).

Cibo spazzatura? No, grazie!

Immaginiamo di andare ad acquistare un telefonino nuovo. Esaminiamo i vari modelli sugli scaffali, poi il commesso ci indica la sezione telefonini-spazzatura, telefonini che, pur somigliando agli altri, non permettono di telefonare, fatta eccezione per qualche rara chiamata di pochi secondi, ma costano come gli altri e alla lunga fanno male alla salute. Cambiamo scenario e ci spostiamo in una concessionaria per acquistare un’auto nuova, il venditore ci propone un’auto-spazzatura che può percorrere solo pochi chilometri, ma consuma più carburante delle auto normali e alla lunga… fa male alla salute. Credo che la definizione “spazzatura” ci respingerebbe all’istante, anzi, una simile proposta risulterebbe offensiva: chi mai vorrebbe acquistare un prodotto di scarsa o scarsissima qualità?


Con il cibo, però, lo facciamo. Il cibo spazzatura viene acquistato con serenità, perché è gustoso e attraente, e pazienza se non nutre (è cibo, ma poverissimo di nutrienti); in più è ricco di calorie e ingredienti che fanno male alla salute, come zuccheri raffinati, grassi, edulcoranti, conservanti, aromi e coloranti. Eppure il cibo, che è la nostra fonte di sopravvivenza, è ben più importante ed essenziale di qualunque accessorio. Il cibo spazzatura (patatine fritte, snack, merendine, bibite zuccherate e gassate, prodotti da fast-food, ecc.), ricchissimo di calorie, è tra le prime cause di sovrappeso e obesità; il suo consumo è associato a un generale peggioramento nelle condizioni di salute poiché aumenta il rischio di diabete, malattie cardiovascolari e dell’apparato digerente. Gli zuccheri semplici contenuti nelle bevande zuccherate sono associate a un maggior rischio di ipertensione sin dall’infanzia26. Ma non è tutto. Secondo alcuni studi questi prodotti possono interferire anche con il benessere mentale e si ipotizza infatti che una dieta ricca di grassi e zuccheri possa favorire il declino cognitivo e l’Alzheimer27.

Insomma, c’è di che perdere l’appetito.


Piccola parentesi personale. A me piacciono le patatine fritte. Se vado a una festa e le trovo nel buffet, in genere me ne servo una porzione. D’altronde, la maggior parte dei cibi spazzatura sono fatti proprio bene. Bene in termini di gusto e di croccantezza, di sale in superficie o di dolcezza… Quando li assaggi poi è difficile fermarsi e quasi tutti i bambini ne sono attratti. Forse dobbiamo insistere quando si tratta di fargli gustare un piatto di spinaci, ma difficilmente protesteranno davanti a qualche snack.


Ma una cosa è mangiare un po’ di patatine a una festa (ora parliamo di patatine, ma il discorso vale per qualunque cibo spazzatura), e altra cosa è metterle nel carrello della spesa e tenerle in dispensa. Non più eccezione, quindi, ma regola.


Il cibo spazzatura è – come dice il nome – spazzatura. Non può far parte della dieta di un bambino (neppure di un adulto, ma abbiamo almeno il dovere di tutelare i piccoli). Non offre niente in termini nutritivi e se consumato di frequente danneggia la salute. La soluzione però è semplice, assolutamente alla portata di chiunque: non comprarlo.


Se non investiamo il nostro denaro in cibo che fa male, non saremo neppure tentati di mangiarlo.

Perché ci piace tanto?

Ma per quale motivo i cibi spazzatura piacciono tanto? Perché le aziende alimentari investono cifre enormi per “ingegnerizzare” dei prodotti che, grazie al giusto mix di zuccheri, grassi e sale, risultino irresistibili. Insomma, dietro allo snack o alla confezione di patatine ci sono fior di studi, e il segreto è nella combinazione di nutrienti, ma anche nelle consistenze e nei sapori forti (che tra l’altro disabituano il palato ai sapori naturali dei cibi). Prendiamo ancora come esempio le patatine fritte del pacchetto: sono croccanti ma si sciolgono in bocca, non dobbiamo praticamente masticare e questo fa sì che al cervello non arrivi il segnale di sazietà, nonostante l’ingente introduzione di calorie, finché non ne abbiamo mangiate davvero molte (tutto il pacchetto?). Il giornalista Michael Moss, nel suo libro Grassi dolci salati. Come l’industria alimentare ci ha ingannato e continua a farlo, spiega che i tecnici al servizio delle aziende alimentari calcolano il “bliss point” ovvero il punto di beatitudine, dato “dall’esatta quantità di zucchero, grassi o sale che spedirà i consumatori al settimo cielo”. Il risultato? Ci sono studi scientifici che hanno messo in evidenza come determinati cibi attivino le stesse aree cerebrali legate alla dipendenza28.

Educare con l’esempio

I bambini ci ascoltano, certo, ma imparano molto più dai nostri gesti quotidiani che dalle nostre parole. In ogni momento della giornata noi insegniamo ai nostri bambini come si vive, come si affrontano le diverse situazioni, come ci si relaziona con gli altri. Questo è vero anche a tavola, il che spiega perché non ha molto senso che i genitori consumino cibo spazzatura e lo vietino ai bambini.


Per essere chiari, non darlo ai bambini è corretto, ma a livello educativo sarebbe più efficace se anche gli adulti evitassero o riducesssero il consumo di bevande e alimenti “che fanno male”. Per un bambino è difficile capire il motivo per cui lui non può bere una bevanda gassata e zuccherata e il genitore sì: se fa male alla salute, perché mamma e papà la bevono? I cibi dannosi sono un privilegio degli adulti? Sono qualcosa di speciale e quindi di particolarmente desiderabile? Ancora una volta il “non acquisto” garantisce al bambino un messaggio più chiaro, diretto e coerente.

Sovrappeso e obesità, un problema emergente

L’alimentazione è uno strumento molto potente a nostra disposizione per prenderci cura della salute dei nostri figli. Una dieta sana ed equilibrata (ricca di prodotti genuini, frutta e verdura di stagione), associata a una giusta dose di movimento, è la condizione indispensabile per proteggere i bambini dai problemi di sovrappeso infantile per cui l’Italia purtroppo si colloca ai primi posti in Europa. I dati del 2014 segnalano che il 20,9% dei bambini italiani è in sovrappeso e il 9,8% è obeso29, con conseguenze nel breve e nel lungo termine30 dato che sovrappeso e obesità sono associati a un aumento del rischio di sviluppare patologie quali ipertensione, diabete, steatosi epatica, danni alla retina, cardiopatie e demenza senile31.


I dati dell’Organizzazione Mondiale della Sanità mostrano che sovrappeso e obesità sono responsabili di circa l’80% dei casi di diabete di tipo 2, del 35% delle cardiopatie ischemiche e del 55% della malattia ipertensiva dell’adulto32.


Inoltre, i bambini che diventano obesi prima degli undici anni tendono a rimanere obesi per il resto della vita33, con tutti i problemi di salute che ne conseguono.


Nei Paesi ricchi il sovrappeso infantile sta diventando un’emergenza sanitaria: è insensato che i nostri bambini stiano male perché mangiano troppo (e male) e non fanno abbastanza movimento, mentre tanti bambini nei Paesi poveri stanno male perché non hanno da mangiare.

I bambini sanno autoregolarsi
Nella nostra cultura i bambini vengono immediatamente privati
della responsabilità del proprio appetito e della propria digestione. Ma perché?
La regola è sempre la stessa anche in campo alimentare:
se gli adulti non si intromettono, i bambini imparano più in fretta
a fare le cose giuste. Rilassatevi cari genitori!
Gustate il pranzo, godete la compagnia della vostra famiglia.
Un’educazione migliore non esiste.
Jesper Juul

Il primo passo per prevenire problemi di sovrappeso è portare in tavola alimenti sani e genuini, tanta frutta e tanta verdura, evitando il più possibile alimenti confezionati, ricchi di grassi e zuccheri. Il secondo passo è lasciare che i bambini si autoregolino per quanto riguarda le quantità di cibo. Non è raro che parenti e amici insistano affinché bambini “magrolini” mangino più di quanto vorrebbero. In realtà i bambini, se lasciati liberi sin da piccoli (sin dallo svezzamento) di ascoltarsi, sono in grado di autoregolarsi sulla base dei segnali di fame e sazietà che il loro corpo non manca di inviare. Offrite ai bambini cibi sani e lasciate che mangino “il giusto” (il giusto per loro). Quando sono sazi, significa che hanno mangiato abbastanza.

Un passo in più…

Porre fine alla fame nel mondo non è un sogno ma qualcosa che tutti insieme possiamo realizzare nell’arco di questa generazione.
Tutti noi abbiamo un ruolo da giocare, anche attraverso l’impegno a cambiare semplici azioni e decisioni quotidiane.
Eduardo Rojas-Briales, Commissario Generale delle Nazioni Unite per Expo 2015

Sara Honegger scrive: “Ciò che mettiamo sulla tavola è solo l’ultimo atto di una lunga catena di azioni che coinvolgono, spesso brutalmente, altri individui, altre specie animali, altre terre”34.


Ogni alimento ha un costo in termini ambientali, umani e animali. Quando facciamo la spesa possiamo influire su questo costo, ad esempio scegliendo prodotti locali, che non hanno percorso centinaia o migliaia di chilometri per arrivare sugli scaffali del supermercato, oppure consumando meno carne, o ancora premiando con la nostra fiducia le aziende alimentari che lavorano bene, ovvero nel rispetto dei lavoratori, degli animali, dell’ambiente. Val la pena documentarsi a proposito di ingredienti e provenienze, leggere le etichette, riflettere su marche e prodotti.


In fondo, i prodotti che compriamo e compreremo più spesso nella nostra vita sono quelli alimentari; quanto cibo acquistiamo ogni settimana, ogni mese, ogni anno?

Nutrire, un gesto d’amore

Chiudiamo questo capitolo dedicato al cibo con un’ultima riflessione. Fare la spesa e cucinare sono gesti quotidiani che richiedono molto del nostro tempo e delle nostre energie; si fanno quasi senza pensarci. Però nutrire i nostri bambini, cucinare con loro e per loro, è un bellissimo gesto d’amore. È il modo in cui ricordiamo loro più volte in un giorno, ogni giorno, che gli vogliamo bene. Come quando erano piccolissimi e li abbiamo nutriti stringendoli al cuore. E quando li abbiamo accompagnati alla scoperta dei cibi solidi, un assaggio alla volta, con emozione e pazienza.


Intorno alla tavola i nostri figli crescono e con l’aumento degli impegni, e quindi del tempo trascorso fuori casa, quello dei pasti diventa spesso uno dei pochi momenti dedicati alla famiglia, in cui ritrovarsi, sedersi vicini senza fretta, chiacchierare e gustare insieme il cibo quotidiano. Se già non siamo soliti farlo, diamo importanza a questo appuntamento. Fermiamoci un poco, rallentiamo, rilassiamoci. Il mondo corre e gli impegni sono tanti, ma seduti intorno alla nostra tavola con le persone che amiamo assaporiamo il cibo e l’affetto che ci lega…

Voci di mamma e papà

Io e mio marito abbiamo sempre seguito una dieta sana, varia, ricca di frutta e verdura, quindi già nella mia pancia i bimbi hanno “assaggiato” un po’ di tutto. Ora a tavola mangiano qualunque cosa, ho insegnato loro ad assaggiare prima di rifiutare a priori un cibo e lo fanno, pur avendo le loro preferenze. Frutta e verdure fresche non mancano mai, il primo frutto che ha assaggiato Giulia a sei mesi è stato il pompelmo e lo gradisce ancora adesso, mangia l’insalata dal mio piatto ed entrambi hanno una passione smisurata per i cetrioli sconditi!


Pur non essendo vegetariana, cerco di limitare il consumo di carne e cucino spesso legumi sotto forma di minestre, polpette, purè; faccio il seitan in casa e quando ho tempo il pane. Compro solo pesce fresco e lo cucino alla griglia o lesso, a seconda del tipo, qualche volta fritto (i calamari). Non acquisto merendine confezionate, preferisco fare torte e biscotti con i bambini, che si divertono molto ad aiutarmi.


D’altro canto non vieto loro nulla, se capita che trovino a disposizione una merendina a casa di altri e vogliano mangiarla, li lascio fare, voglio che abbiano un rapporto sereno con tutto il cibo e non li forzo se non hanno voglia di mangiare. Per merenda, se non ho preparato qualcosa io, mangiano yogurt e ogni tanto compro i succhi di frutta al 100% senza zucchero.

La nostra dieta è varia e solo alcune volte comprende anche cibi non proprio sanissimi, come i fritti e il cioccolato; forse per questo i bambini non li richiedono, ma li considerano uno strappo alla regola, tanto che quando hanno fame fuori pasto mi chiedono pane, cracker o carote crude! È importante fornire una corretta educazione alimentare e abituare i bambini a godere dei sapori naturali dei cibi. In questo modo si danno loro le basi per mangiare bene autonomamente in futuro.

Marianna, mamma di Tommaso, 4 anni, Giulia, 2 anni



Dopo attente ricerche io e mio marito abbiamo scelto di intraprendere con il nostro piccolo un’alimentazione complementare a richiesta. Verso i 6 mesi e mezzo abbiamo cominciato a metterlo a tavola con noi, proponendogli tutto ciò che anche noi mangiavamo. Questo ha portato a una parziale modifica – in meglio – della nostra alimentazione. Meno sale, meno soffritti, tanta cucina al vapore e un’alimentazione più varia con tanti tipi di cereali, legumi e verdure. Intanto il nostro piccolo sperimenta l’amore per il cibo e per mangiare insieme e tutti ci guadagnano in salute!

Beatrice, mamma di Giorgio, 9 mesi



Con mio marito cerchiamo il più possibile di dar loro cibi semplici e non troppo elaborati. Dolci, caramelle, lecca lecca non entrano in casa. Solo ora che Letizia è più grande e sente gli amici parlare di caramelle, le nomina. La fatica più grande è arginare i parenti…

Marta, mamma di Letizia, 3 anni, Gabriele, 13 mesi



Li coinvolgo spessissimo nella preparazione di pizza e torte. La grande è ormai un’esperta anche nell’uso della frusta elettrica (ovviamente con la mia supervisione), il piccolo adora maneggiare la pasta della pizza e spesso si prepara da solo la sua pizzetta personale. È un bellissimo modo per passare il tempo assieme!

Silvia, mamma di Agnese, 4 anni, Paolo, 2 anni



La piccola è un’ottima “pulisci cucchiai” delle torte e impasta pane, pizze e biscotti, ma spesso anche i grandi aiutano se ci sono delle ricette particolari o hanno voglia di pasticciare. A dirla tutta però non sempre propongo di aiutarmi; a volte per fare in fretta e quando so di non avere scorte di pazienza disponibili faccio “in segreto”…

Sara, mamma di Daniele, 9 anni, Mattia, 8 anni, Annalisa, 3 anni



Dalla nascita fino al sesto-settimo mese ho allattato in modo esclusivo a richiesta, poi ho iniziato l’autosvezzamento, mettendo davanti al piccolo pezzi dello stesso cibo che stavamo mangiando noi. Da quando è nato è sempre stato con noi a tavola, quindi non era una novità mangiare tutti insieme: molto spesso lui prendeva la tetta e io la forchetta! Noi mangiamo però in modo abbastanza sano, con cotture al forno e al vapore, cercando di variare molto, usando il biologico e la filiera corta, introducendo anche alimenti diversi (ad esempio diversi cereali e il seitan). Io cucino praticamente tutto: dolci, pane, yogurt, e compro pochissime cose già fatte. Evito il cibo spazzatura o inutile (caramelle, coca cola e affini): è rarissimo che entri in casa nostra. Ma quando Giondalar va a una festa non gli impedisco di mangiarlo, una volta ogni tanto non penso sia dannoso e spero che avendo avuto la possibilità di assaggiare non rischi di vedere questi alimenti come qualcosa di proibito da prendere di nascosto. E in ogni caso ritengo che l’esempio “casalingo” sia molto forte.

Sin da quando era piccino “cucina” con me: tocca con mano gli ingredienti, li assaggia, conosce già quali spezie gli piacciono e quali no. Se gli dico “dài facciamo il pane?” molla qualsiasi gioco o attività e salta sulla sedia per guardarmi, poi infila le mani nella farina e la assaggia, segue tutti i passi fino all’uscita del pane che si mangia caldo con la marmellata!

Federica, mamma di Giondalar, 2 anni



Ale mi aiuta a dividere per colore le verdure del minestrone così “studiamo” anche la teoria dei colori primari e complementari. Ora abbiamo Franz che ci “aiuta” a fare il pane e la pizza e con le sue manine cicciotte schiaccia la pasta del pane. Insieme danno le forme più strane… Altro che didò!

Maria Cristina, mamma di Ale, 4 anni, e Franz, 2 anni



Mi fa un po’ di disastri ma si diverte un sacco. Gli dò un pochino d’impasto, lui ha i suoi attrezzi, le sue formine, le sue teglie… Io le mie. A volte ruba le mie ma fa niente. Poi inforniamo. A lui piace e trovo sia un ottimo gioco di manipolazione. L’unica cosa che non facciamo insieme sono le torte con impasto semiliquido perché temo il delirio totale.

Francesca, mamma di Ludovico, 2 anni


Giovanni mi ha sempre aiutato, tanto che quando aveva quattro anni per carnevale l’ho vestito da cuoco. Diego vorrebbe intervenire, ma non mi fido a tenerlo sulla sedia perché è spericolato, così spadella a terra con mestoli e lavainsalata! Ritengo sia istruttivo per la manipolazione e per fargli amare il cibo, e chi se ne importa se sporcano.

Gabriella, mamma di Giovanni, 7 anni, Diego, 17 mesi



Quando Clara ha compiuto i fatidici sei mesi, dopo la frutta grattugiata, rifiutata in pieno, sono passata alle classiche pappe e pappette. Altri rifiuti e nervosismi per lei e per me. Lì mi sono fermata, convinta che il momento del pasto e il rapporto col cibo in generale non dovessero e non potessero in alcun modo essere fonte di stress, né per noi né per la piccola. La decisione è stata radicale: via le tabelle di inserimento dei cibi con pesi al decimo di grammo e orari ferrei e ritorno all’allattamento esclusivo con grande gioia e relax per tutti.


Il passo successivo, dopo essermi informata leggendo i libri illuminanti di Lucio Piermarini e alcuni siti, è stato l’autosvezzamento. Che nella nostra famiglia si è tradotto così: tutti a tavola alla stessa ora e a tutti la stessa cosa nel piatto. Il risultato è stato meraviglioso! Un aspetto che mi ha interessato molto di questo approccio è stato che inevitabilmente si deve curare l’alimentazione di tutta la famiglia.


Devo dire che da sempre noi curiamo molto l’alimentazione, scegliendo solo prodotti biologici, che in alcuni casi coltiviamo nel nostro orto, quindi questo aspetto non è stato per nulla difficile. Ah, Clara e suo papà sono vegetariani, io sono vegana, e la cosa non ci ha minimamente ostacolato.


Lei ora mangia qualsiasi cosa arrivi nel suo piatto (se le piace ovviamente, carne e pesce esclusi), è in ottima forma e ha un rapporto con il cibo fantastico. Si autoregola quando non sta bene, ovvero sceglie lei che cosa le fa bene se per esempio ha avuto problemi di intestino, oppure digiuna in prossimità o durante le malattie. Sembra intuire che cosa le fa bene e che cosa no.


Merendine, bibite gassate e altre porcherie sono bandite dalla nostra casa, da quella dei nonni, e da quella di molti dei nostri amici. Quando andiamo al bar per un aperitivo chiediamo che non portino al nostro tavolo patatine, salatini, eccetera, e preveniamo la richiesta di Clara di condividere quello che prendiamo noi scegliendo bibite o succhi che possono andare bene anche per lei o molto spesso portandoci da casa gallette di mais o di riso di cui lei è ghiotta.


È ancora presto per spiegarle i motivi per cui non mangiamo la carne, semplicemente non la trova a tavola; quando andrà all’asilo, o le occasioni “non controllate” si moltiplicheranno, affronteremo l’argomento, sperando però che condivida le nostre posizioni.

Valentina, mamma di Clara, 2 anni



I miei ragazzi mi aiutano a lavare e tagliare le verdure, e visto che a loro non piacciono cotte se le mangiano lì per lì!

Dora, mamma di Ale, 13 anni, Massi, 11 anni



A colazione raramente ci sono i biscotti: in passato li compravo regolarmente, ma ho smesso perché ne mangiavano in quantità industriali ed era diventata una schiavitù. E anche perché la lista degli ingredienti non mi sembrava adatta a un uso quotidiano! Ora le alternative sono uova oppure pane, burro e marmellata/miele. In particolari occasioni capita anche il barattolo della celeberrima crema spalmabile alla nocciola… Dura talmente poco che mi passa all’istante la voglia di ricomprarla!


Per il pranzo e la cena la regola che cerco di seguire è: poca carne. Anni fa ho letto un libro che consiglio a tutti, Se niente importa, e adesso nei confronti della carne ho un atteggiamento diverso, anche se mi piace ancora molto.


La seconda regola è: non buttare via niente. Quindi anche il pane raffermo viene utilizzato per bruschette o fette tostate a colazione.


Purtroppo non riesco ancora a introdurre pasta né riso integrali, sono l’unica della famiglia a mangiarli volentieri. Spero di riuscirci prima o poi.

Mariella, mamma di Francesca, 12 anni, Giovanni, 10, Chiara, 7,

Giuseppe, 4, Marco, 18 mesi



I miei bambini aiutano con gli impasti di pane e gnocchi. Ricordo tutta la mia infanzia a cucinare con mamma: pasta, lasagne, sughi e dolci erano all’ordine del giorno. La mia passione e bravura (se si può dire) nascono da lì!

Elena, mamma di Federico, 2 anni, Michele, 6 mesi



Per ovviare alla richiesta di cibi spazzatura, evitiamo di proporre cibi zuccherati o salati, d’altronde questi elementi sono già presenti nei vari alimenti. Non abbiamo mai comprato prodotti per l’infanzia o già pronti.


Come merenda proponiamo frutta di stagione, sola o con lo yogurt, ad esempio yogurt con l’anguria frullata, la banana schiacciata, la prugna e la mela cotta.


Ogni tanto il gelato artigianale o il pane fatto in casa. Come bevanda offriamo l’acqua e a volte un centrifugato di frutta o una spremuta.


Speriamo di riuscire a trasmettere il messaggio per cui il consumo di cibi “spazzatura” deve rimanere un’eccezione. Azioni per il futuro? L’esempio della famiglia crediamo sia fondamentale, poi alcune idee: sensibilizzare i nonni e gli amici, parlarne con i genitori degli amici dei figli, informarsi presso gli asili, coinvolgere i bambini nella preparazione dei cibi stimolando curiosità e autonomia. E in caso di feste proporre cibi più saporiti di quelli consumati abitualmente, come una pizza fatta in casa megafarcita che è comunque meglio di tante proposte pre-fabbricate.

Chiara e Andrea, mamma e papà di Alessio, 9 mesi



Soprattutto d’inverno e nelle giornate piovose facciamo biscotti, torte, muffin, pane, grissini… Daniele ama fare i biscotti al cioccolato con le formine, e le piadine. Anna è nata per la pasta madre, mette l’acqua, mescola, mette a “nanna” l’impasto a lievitare nel forno spento…

Margherita, mamma di Daniele, 4 anni e Anna, 16 mesi

Bebè a costo zero crescono
Bebè a costo zero crescono
Giorgia Cozza
Meno oggetti e più affetti per crescere felici dalla prima infanzia alle soglie dell’adolescenza.Una guida al consumo critico, con consigli pratici per crescere bambini sereni, imparando a distinguere tra vere esigenze e bisogni indotti dal consumismo. Per un figlio, solo il meglio. Ma cos’è il meglio per un bambino?Giorgia Cozza risponde alla domanda che era stata il punto di partenza di Bebè a costo zero, la guida al consumo critico per futuri e neogenitori.Ora, in Bebè a costo zero crescono l’attenzione si sposta sui bambini più grandi, a partire dai 2 anni di età, fino alle soglie dell’adolescenza, perché se accogliere un bimbo a costo pressoché zero è possibile, è possibile anche crescerlo serenamente senza affrontare continue spese. L’ebook di questo libro è certificato dalla Fondazione Libri Italiani Accessibili (LIA) come accessibili da parte di persone cieche e ipovedenti. Conosci l’autore Giorgia Cozza è una mamma-giornalista, specializzata nel settore materno-infantile, autrice di libri per bambini e numerosi manuali per genitori, divenuti un importante punto di riferimento per tante famiglie in Italia e all’estero.È stata relatrice in numerosi congressi per genitori e operatori del settore e ospite di trasmissioni televisive per rispondere a quesiti legati all’accudimento dei bimbi e a uno stile genitoriale ecocompatibile.