Voci di mamma e papà
Ai miei figli non servono mai giochi strutturati quando siamo all’aria aperta. Ciò che amano fare e fanno sempre è correre e arrampicarsi, è il loro corpo che glielo “chiede” e loro lo assecondano. Usano la bicicletta e con gli amici giocano con gioia a pallone!
Giada, mamma di Federico, 5 anni, Elia, 2 anni
Ci sono molte ragioni per cui abbiamo deciso di rimanere in Messico anziché tornare in Italia. Una di queste – per quanto possa sembrare irrilevante e un po’ sciocca – è l’enorme abbondanza di spazi aperti. Abbiamo la fortuna di vivere in un quartiere con annesso un grande parco pubblico, con strada ad accesso limitato. Per me, mamma sola tutto il giorno e lontana dalla famiglia, con un bambino che è un vero terremoto, poter godere di tanto verde e di tanto spazio in cui correre è stata una salvezza. Vedere i tantissimi bambini del quartiere (tanti, come non se ne vedono più in Italia) giocare ancora in strada con la corda, dipingere animali sull’asfalto, disegnare le caselle del “campanon” (come lo chiamiamo noi in Veneto) riesce a commuovermi e a farmi sentire di nuovo bambina cresciuta negli anni ’80. Da noi ormai si è perso lo spirito del cortile, luogo per eccellenza dove si costruiscono amicizie, si litiga, ci si picchia per poi chiedersi scusa, si rompe un vetro col pallone per poi scappare spaventati, dandosi la colpa a vicenda, litigando ancora e di nuovo far pace. Il cortile, il parco, sono una palestra di vita che si sta estinguendo.
Riccardo adora giocare al giardiniere e i signori che, tutti i lunedì, tagliano l’erba del parco lo lasciano giocare inteneriti, fingendo di aver bisogno del suo aiuto. Gli abbiamo comprato una tagliaerba giocattolo e un rastrello. Non credo di dire una sciocchezza se penso che dal punto di vista motorio, sia più avanti di molti bambini per il semplice fatto che può correre e giocare liberamente per tutto l’anno. Credetemi, non è poco.
Elena, mamma di Riccardo, 2 anni e 9 mesi
In cortile o ai giardini, basta che ci sia un po’ di verde… I miei giocano a nascondino, guardia e ladri, strega tocca colore, oppure le femmine con i passeggini e bambole se ci sono le amichette.
Emanuela, mamma di Gabriele, 10 anni, Rebecca, 6, Giorgia, 4,
Vittoria, 2, Simone, un anno.
Noi frequentiamo moltissimo i parchi gioco. Leonardo gioca spesso con la terra e l’acqua. Con i suoi amici sono un giorno ricercatori di fossili, un altro giorno ammazzano le bestie delle fogne e altre volte ancora giocano alla famiglia. Il piccolo ha già le ginocchia sbucciate e segue continuamente il fratello con la tipica camminata di chi sta imparando.
Irene, mamma di Leonardo, 5 anni, Cristiano, un anno
Viviamo in campagna. I nostri figli si sono già sbucciati le ginocchia e graffiato il corpo per salire sugli alberi, hanno assaggiato la neve che si scioglie dai tetti delle case diroccate, sono già scesi giù dalle stradine sterrate con la bicicletta e i tricicli, hanno avuto spine nei piedi perché hanno camminato a piedi nudi, si sono punti con le ortiche e hanno mangiato le ciliegie dagli alberi. Fanno i capricci, urlano, litigano e dicono anche parolacce (ebbene sì e io sclero!)… ma quando, incavolata nera, urlo “Andate fuoriii”, loro continuano a litigare finché di punto in bianco la casa diroccata diventa un rifugio e si mettono a giocare a nascondino. Sono felici, molto felici perché la terra scarica le tensioni, la terra sporca il corpo ma pulisce l’anima. Grazie a queste esperienze ho potuto aprire un baby parking completamente green. Giochiamo con il fango facendo l’orto didattico, impariamo i numeri contando i cerchi dei tronchi tagliati, facciamo teatro con le tende degli indiani e psicomotricità saltando i fili d’erba. I bimbi sanno riconoscere le pietre lisce sulle quali non bisogna saltare da quelle ruvide sulle quali si può stare. Riconoscono gli odori del bosco, dipingono con le foglie, con la terra e con le pietre…
Federica, mamma di Matteo, 7 anni, Lorenzo, 4, Pietro, 3, Michele, 10 mesi
La cosa che più ama fare è correre all’aria aperta. Lo porto al parco e per lui non c’è niente di più divertente che correre, correre e correre.
Sara, mamma di Alberto, 3 anni
Due giochi tra i prediletti della mia bambina: in questo periodo primaverile saltare nelle pozzanghere di fango con gli stivaletti e lanciare i sassolini nelle pozzanghere, così “fanno il bagnetto” e “sono profumati” (parole sue). Non occorre andare molto lontano, le bastano le pozzanghere di pioggia davanti a casa…
Chiara, mamma di Greta, 2 anni
Abito in una piccola borgata della provincia di Torino. Ho sempre vissuto qui, nella casa che era della mia nonna paterna. Nel paesino poco distante fortunatamente ci sono tutte le scuole dell’obbligo e fin da piccola sono sempre scesa a piedi per raggiungerle. Il primo breve tratto è un sentiero antico che si collega alla strada principale. Prima scendevo con mia nonna, strada facendo si aggiungevano altre amiche che aspettavano fuori casa. Solo se pioveva molto forte allora qualche papà passava a prenderci. Poi alle medie scendevo da sola, con un’altra bimba che abitava poco sotto casa mia; ci incontravamo a un bivio, così si allungava un poco, ma era una gioia fare la strada insieme. Anche dopo, per le superiori, per raggiungere la fermata del pullman che porta alla vicina cittadina, da casa mia sono sempre scesa a piedi. Questa scelta per me è stata la migliore in assoluto, mi ha fatto crescere molto sana, in forma ed allenata alle camminate. Quindi ho deciso di portare la mia bimba più grande all’asilo a piedi. Un’altra nonna scende già con le sue nipoti, e ci uniremo a loro per fare la strada insieme. Un mini piedibus di borgata, al quale probabilmente si unirà qualcuno strada facendo. L’assetto che ho pensato, visto che ho anche un bimbo più piccolo, sarà il piccolo in manduca e la grande a piedi. Se vedrò che al ritorno sarò un po’ stanca, al massimo porterò il passeggino leggero. Se inizierò a lavorare, mi auguro di avere orari compatibili con l’asilo, in ogni caso io mi sposto con gli autobus, quindi sempre a piedi si va.
Paola, mamma di Lucia, 3 anni, Walter, 15 mesi
Io e mio marito Stefano accompagniamo ogni giorno Francesco a scuola a piedi (e, ovviamente, anche all’uscita torniamo a piedi). L’anno prossimo Francesco andrà in quinta elementare e così abbiamo fatto anche quando andava alla scuola materna. Abitiamo a Cagliari e la scuola dista circa 750 metri da casa nostra. Per noi è un momento importante della giornata e per questo ce lo vogliamo godere tutti insieme. Nel tragitto casa-scuola chiacchieriamo su ciò che presumibilmente Francesco farà quel giorno a scuola, ripassiamo giocando a qualcosa, parliamo dei compagni, gli facciamo le raccomandazioni di prammatica, non mancano i rituali giocosi (sappiamo che incontreremo certe persone, qualcuno a passeggio con il cane, l’amico che va al lavoro, altri bambini diretti verso altre scuole, io e Francesco che andiamo avanti e Stefano che arriva da dietro e finge di incontrarci per caso, ecc.). Andiamo a piedi anche quando piove, ognuno con il suo ombrello, tranne il papà che non ama l’ombrello e preferisce bagnarsi.
Annalisa, mamma di Francesco, 10 anni
Noi a scuola andiamo sempre a piedi! La mattina lo porta Giacomo, mio marito, al ritorno lo prendo io, ma sempre a piedi. Il primo anno di asilo abbiamo usato il passeggino, comodo per ripararci dalla pioggia e per non arrivare troppo tardi, soprattutto quando andava col babbo. Ora camminiamo, salutando la fruttivendola, il barbiere, il proprietario del bar, la fornaia… Abbiamo la fortuna di vivere in un quartiere ancora a misura d’uomo, con piccoli negozi e persone che ci conoscono da quando Giulio è nato. Lungo il tragitto si parla, si osserva il mondo circostante… Giulio è molto attento a tutto, fin da quando era piccino. Non gli sfugge nulla! Quando era piccolo notava le girandole appese alle finestre, ora siamo nella fase “telecamere”: le scova tutte, sia esterne che interne ai palazzi! Poi… cantiamo! Cantiamo tanto, soprattutto al ritorno da scuola e dai giardini (dove ci fermiamo dopo la scuola). Ho imparato le canzoni che cantano a scuola, molto carine e pure commoventi (tipo quella del Piccolo Principe) e camminiamo mano nella mano cantando a voce alta, incuranti della gente che a volte ci guarda un po’ perplessa! Ma è così bello…
Graziella, mamma di Giulio, 5 anni
Nel 2008, a fine anno scolastico, nella scuola dei miei figli è partito il progetto Pedibus, e a me non è sembrato vero che finalmente ci fosse questa possibilità per i bambini di andare a scuola con un po’ di autonomia in più. Quindi abbiamo cominciato a partecipare, e mi sono offerta per fare la mamma pediautista. A ottobre, con l’anno scolastico nuovo, l’esperienza è cominciata ufficialmente a pieno ritmo e io ho continuato a fare la pediautista, anche se nel frattempo era nata la mia terza figlia. Quindi al mattino la routine era: sveglia mia e dei bambini più grandi, colazione, denti e vestizione, e poi indossavo la fascia e prendevo la neonata dal letto ancora addormentata, me la mettevo addosso e uscivo con i figli. Ho sempre fatto il Pedibus con la bimba indossata, quando ero di turno, per me era un modo per stare vicino ai miei figli e far loro capire che non li trascuravo nonostante la sorellina. Ora Marta va a scuola e partecipa in prima persona al Pedibus, e io come mamma continuo a fare la pediautista.
Manuela, mamma di Mario, 16 anni, Giovanni, 15 anni, Marta, 7 anni
La scuola è a poco più di un chilometro da casa e abbiamo deciso subito che avremmo rinunciato ad andare in macchina. Quando il clima lo consente, la bicicletta si è rivelata un ottimo mezzo per arrivare a destinazione in poco tempo, in modo salutare e, perché no, anche divertendoci. Il caschetto è d’ordinanza e l’unico problema è, spesso, il peso delle cartelle. Si può ovviare però con la bici della mamma, cestino davanti e portapacchi dietro per due “posti zaino” assicurati. In caso di pioggia o freddo eccessivo, di solito lasciamo la bici in garage e optiamo per l’altrettanto divertente piedibus.
Anna, mamma di Davide, 11 anni, Riccardo, 9 anni
Pietro e Federico, tutte le mattine, prendono i loro caschetti e salgono sulla bici della mamma, ognuno sul suo seggiolino. Inizia così la nostra giornata, in qualsiasi stagione dell’anno. Federico, il più piccolino, appena sale sul nostro piccolo grande mezzo di trasporto, inizia a suonare il campanello, per ricordare a tutti, nel caso non si notasse, che quella bici porta un carico davvero prezioso. Il nostro non è solo un modo alternativo per muoverci tra le vie della città, ma molto di più. In bicicletta possiamo osservare il cielo, cogliere le diverse sfumature della luce del mattino, ascoltare i suoni della città, percepirne gli odori e, nel frattempo, parlare tra di noi: un risveglio più dolce di quello che avremmo chiusi nell’anonimo abitacolo di un’automobile in mezzo al traffico. La bicicletta, inoltre, ha un altro grande vantaggio, che non può essere tralasciato: non ha bisogno di carburante, e spostarsi non costa davvero nulla. La nostra bici si muove solo grazie alla forza della mamma, che è gratuita e non si esaurisce mai, poiché proviene da una fonte inesauribile: l’amore per i suoi bimbi.
Manuela, mamma di Pietro, 4 anni, Federico, 2 anni