CAPITOLO IX

All’aria aperta si cresce bene

La terra è dove sono le nostre radici.
I bambini devono imparare a sentire e vivere in armonia con la Terra.
Maria Montessori

I bambini che possono conoscere e vivere il mondo naturale crescono più sereni ed equilibrati. A dirlo sono studi e ricerche, ma è una conclusione a cui si può arrivare anche con il comune buon senso. Godersi il sole, osservare il cielo, fare una capriola nell’erba… I bambini hanno bisogno di muoversi e giocare all’aria aperta, di scoprire e assaporare quella parte di mondo che non è fatta di asfalto, auto, parcheggi, condomini. Oggi, per le famiglie che abitano in città, non è facile offrire ai figli l’opportunità di trascorrere del tempo all’aria aperta. Eppure sarebbe davvero importante per lo sviluppo dei piccoli. Ecco perché ne parliamo ed ecco perché ora cercheremo insieme delle soluzioni a misura di famiglia e… a costo zero.

Natura, perché è importante

Vado in mezzo alla natura per calmarmi e curarmi,
e per accordare ancora una volta i miei sensi.
John Burroughs
Sto di nuovo bene, mi sono ripreso nei venti freddi
e nelle acque cristalline di montagna.
John Mur

La pedagogista italiana Maria Montessori nella prima metà del secolo scorso già sottolineava il legame particolare tra infanzia e natura e le potenzialità educative di tale legame: “Nel nostro tempo e nell’ambiente civile della nostra società, i bambini vivono molto lontani dalla natura ed hanno poche occasioni di entrare in intimo contatto con essa o di averne diretta esperienza; invece il bambino ha bisogno di vivere naturalmente, di ‘vivere’ la natura e non soltanto di conoscerla, studiandola o ammirandola”1.


Un appello oggi ancor più urgente ed attuale, dato che la cementificazione degli spazi urbani si è mangiata giardini, prati, cortili, e la routine quotidiana delle famiglie di città prevede lunghe ore trascorse al chiuso (scuola, casa, palestra, supermercato, ecc.) e frequenti spostamenti in auto. Per la maggior parte dei bambini del duemila rotolare nell’erba, sporcarsi di terra, cogliere un fiore, giocare a prendersi in un cortile, non è la normalità, ma rappresenta un intrattenimento speciale (per alcuni più fortunati relativamente frequente, per alcuni decisamente raro). A noi sembra normale, perché questa è la nostra quotidianità, ma se guardiamo nella storia si tratta di una situazione inedita di cui non possiamo prevedere gli effetti a lungo termine.


Richard Louv, presidente di Children&Nature Network, organizzazione statunitense che si occupa di studiare, proteggere e migliorare la relazione dei bambini con la natura, considera: “Come può essere cambiato in così poco tempo qualcosa che è rimasto immutato per secoli? Alcuni studiosi si pongono la domanda, molti altri hanno la tendenza ad accantonarla.

Questo perché non ci sono motivazioni commerciali che spingano a fare indagini”2.


Eppure cresce il numero degli esperti che sottolineano l’importanza di stare all’aria aperta per uno sviluppo sano a livello fisico e psicologico. Per quanto riguarda il fisico, la prima conseguenza della vita sedentaria dei nostri piccoli è già emergenza: ci riferiamo ai problemi di sovrappeso e obesità infantile che in Italia interessano ormai un bambino su tre, con serie conseguenze in termini di salute. Ma non è tutto. Louv ha coniato la definizione “disturbo da deficit di natura” e sottolinea che proprio la natura, il contatto con l’ambiente naturale, viene considerato un’efficace terapia per combattere lo stress. Risale al 1971, infatti, il primo programma di studi in “terapia orticolturale” inaugurato dall’Università del Kansas.


Le proprietà curative della natura per i ragazzi che hanno alle spalle esperienze di vita molto dure sono spesso sottovalutate. Non vediamo e, con ogni probabilità, non vedremo mai una pubblicità dedicata alle terapie della natura, mentre abbiamo e avremo sempre sotto gli occhi quelle sugli ultimi ritrovati dell’industria farmaceutica in fatto di antidepressivi. Ma i genitori, gli educatori e gli operatori sanitari devono essere consapevoli che la natura può costituire un potente antidoto contro lo stress emotivo e fisico. E questo è vero soprattutto al giorno d’oggi.3

E se la natura può curare, ovvero migliorare le condizioni di chi attraversa un momento di difficoltà, ancor più preziosa si rivela la sua efficacia in termini di prevenzione del malessere o, più in generale, per favorire una crescita sana e serena:


La natura cura, ispira, stimola la creatività attraverso l’uso di tutti i sensi. (…) Una notevole diminuzione dello stress, una migliore salute fisica, un più profondo senso dello spirito, una maggior creatività, una disposizione al gioco, persino una vita più sicura… queste sono le ricompense che attendono una famiglia quando invita la natura a entrare nella vita dei propri bambini.4


Una riflessione condivisa dalle esperte Anna Oliverio Ferraris, docente di psicologia dello sviluppo, e Albertina Oliverio, docente di filosofia della scienza, che nel libro A piedi nudi nel verde scrivono:


È proprio vero che i bambini non sentono più l’esigenza dei giochi all’aperto? I fattori culturali e ambientali sono veramente più determinanti di quelli biologici? Ed è vero che i bambini possono crescere ugualmente bene senza i tradizionali giochi spontanei insieme agli altri bambini?5


Nei Paesi dell’Europa settentrionale sono nate diverse iniziative per offrire ai bambini l’occasione di vivere a contatto con la natura. In Norvegia, grazie a un progetto promosso a livello nazionale, nei parchi pubblici si possono trovare piccole cataste di legna: sono destinate a bambini e ragazzini perché possano costruire capanne, casette, fortini. In Germania sono diffusi gli asili nel bosco (kindergarten, letteralmente giardini per i bambini, un modello educativo nato in Danimarca negli anni cinquanta) dove i bambini da 3 a 6 anni trascorrono la giornata all’aria aperta, in tutte le stagioni (anche se piove, fa freddo, c’è vento)6.


Infine, una riflessione significativa.


Se fin da piccoli non si frequenta il mondo naturale, una volta diventati adulti si è in grado di prendersi cura dell’ambiente?7


Il filosofo nativo americano Luther Orso in Piedi (Standing Bear) (1868-1939), scriveva: “Il cuore di ogni essere umano che si allontana dalla natura si inasprisce. I Dakota sapevano che la mancanza di profondo rispetto per gli esseri viventi e per tutto ciò che cresce, conduce in fretta alla mancanza di rispetto per gli uomini”.

La meraviglia della natura

L’esistenza si apre di meraviglia in meraviglia.
Lao-Tzu
Chi contempla la bellezza della Terra
trova riserve di energia che dureranno finché vive.
Rachel Carson

Nuvole dalle forme più strane che si rincorrono nel cielo sospinte dal vento. I caldi raggi del sole. Una notte piena di stelle. Il rombo di tuono del temporale. Che meraviglia la natura, che spettacolo. E che meraviglia poter riscoprire tutta questa magia grazie allo sguardo stupito dei nostri bambini. Sì, perché la maggior parte degli adulti non si stupisce più, non la nota nemmeno la grandezza di certi spettacoli naturali. Un po’ ci siamo abituati, un po’ siamo sempre di corsa. Chi ha tempo per sedersi in un prato a osservare una formica laboriosa o per scoprire a cosa assomigliano le nuvole di passaggio, per contare quanti secondi trascorrono tra il tuono e il fulmine? Ecco, i genitori hanno questa opportunità. Preziosa. Possono sedersi su una panchina del parco o meglio ancora nell’erba e fermarsi. Fermarsi proprio. Fisicamente e anche mentalmente. Rilassarsi. E grazie alla vicinanza del proprio figlio, guardarsi intorno con uno sguardo nuovo, più attento, più curioso. E il bambino… be’, il bambino ha tutto un mondo da scoprire. Il fascino misterioso della luna, le stelle da contare indovinando quale è più vicina e quale più lontana, la potenza del sole. E poi c’è la natura delle creature piccine: api che ronzano di fiore in fiore, farfalle dalle ali colorate, fiori che schiudono le corolle verso il sole. Per ogni particolare ci sono mille domande da fare, perché per un bambino è tutto nuovo, da scoprire, da imparare. Altro che giochi educativi! Trascorrete insieme un po’ di tempo in un prato, in un bosco (un mondo magico!), davanti a un corso d’acqua… I genitori spiegano tutto quello che sanno spiegare, e magari ecco che torna in mente qualche storia da raccontare, una favola (ce ne sono di molto conosciute con gli animali per protagonisti), una leggenda.


Con i bambini più grandi, gli spunti per approfondire il funzionamento del mondo naturale permettono di imparare senza noia, di capire meglio, di osservare in prima persona. E una volta cresciuti, questi bambini, una volta adulti, la natura vorranno proteggerla, perché hanno imparato a conoscerla e ad amarla in quei pomeriggi di sole, seduti sull’erba, con mamma e papà.

Giocare all’aria aperta

I bambini amano scatenarsi. Corrono per un po’, cadono nell’erba,
rotolano per terra, si rialzano, girano su se stessi con le braccia aperte;
perdono l’equilibrio e barcollando cercano di recuperarlo.
Rolf Patermann

Giocare all’aria aperta. Fino a un certo punto del secolo scorso era normale ma oggi per chi abita in città non lo è più. I risultati delle ricerche parlano chiaro: i bambini italiani trascorrono al chiuso una parte molto rilevante della loro giornata. E a conti fatti, della loro stessa infanzia. Ma in questo modo si perde tutta una gamma di esperienze, semplici, ma fondamentali per lo sviluppo. Correre e giocare dentro casa, non è come correre e giocare e saltare e fare capriole in un prato. Stare all’aria aperta, respirare odori, colori, sensazioni…


C’è chi teorizza wild zones consapevolmente create, zone dove bambini e ragazzi possono fare libera esperienza di una natura per quanto possibile selvatica. Arrampicarsi sugli alberi. Sporcarsi le mani. Costruire capanne di salici. Correre. Inseguirsi. Nascondersi. Giocare a guardie e ladri. Esercitare, in poche parole, i diritti dei bambini.8


Il gioco all’aperto, oltre a integrare tutti i sensi e stimolare le abilità motorie, è un potente antidoto contro i problemi di sovrappeso. Nella “piramide dell’attività motoria” elaborata dalla Società Italiana di Pediatria, il movimento e gli spostamenti a piedi e in bici sono posti alla base, con l’indicazione di praticarli ogni giorno.

Giocare con gli altri
In realtà non ci stiamo staccando solo dalla natura.
Ci stiamo infatti separando fisicamente anche gli uni dagli altri
in misura sempre crescente.
Richard Louv

Giocare all’aperto in genere garantisce anche il vantaggio di giocare in compagnia. Al parco giochi, nel giardino condominiale, in cortile, se c’è un bambino che gioca è molto probabile che altri bambini della zona si uniscano a lui. Mentre in casa si vive una situazione di isolamento, fuori si creano occasioni di incontro e socializzazione che al bambino fanno bene. In compagnia si cresce, perché si ha modo di allenarsi nell’arte delle relazioni sociali: si impara ad aspettare il proprio turno, a confrontarsi, a fare proposte ed accettare quelle dei compagni di gioco, a volte si litiga e così si ha l’occasione di esercitarsi nella gestione dei conflitti. E tutto questo in un contesto incustodito, senza la guida diretta di un adulto (come accade a scuola o nei corsi sportivi dove sono presenti insegnanti, istruttori, allenatori), per cui il bambino è più libero di esprimersi e allo stesso tempo è stimolato a trovare soluzioni e risolvere problemi, in modo autonomo. E in compagnia… ci si diverte di più!

Natura, sì ma come?

Ora, abbiamo parlato dei benefici derivanti dal contatto con l’ambiente naturale, ma come si concilia tutto questo con la vita in città? Se una famiglia abita al sesto piano di un condominio senza giardino, come può garantire al bambino del buon tempo trascorso all’aria aperta? E soprattutto, come può riuscirci a costo zero?


Per fortuna, la risposta è incoraggiante. Non è necessario organizzare settimane bianche o trasferte in amene località turistiche per prendere confidenza con la natura. La natura a cui ci si riferisce in questo capitolo è quella low cost del parco cittadino, del cortile a casa dei nonni, degli spazi verdi nei dintorni.


Ai bambini basta davvero poco. Purché li si lasci liberi di giocare, inventare, muoversi e divertirsi. I bambini all’aperto corrono e saltano, rotolano e fanno capriole, oppure si fermano, si guardano intorno, studiano l’ambiente in cerca di idee. E i giochi che nascono in questa situazione sono i più vari: preparano minestre con acqua e sassolini o magiche bevande con erba spremuta in un poco d’acqua, improvvisano spade e fucili con legnetti trovati a terra e radunano cuscini di foglie secche per costruirsi una tana. L’importante è lasciarli fare, sperimentare e, se capita, sporcarsi un po’, senza timore di venire rimproverati… questo per i bambini è scoprire la natura.


Ed è natura, in un certo senso, anche fare una bella passeggiata al parco quando piove, muniti di stivali da pioggia per saltare dentro alle pozzanghere, o quando nevica per assaggiare la neve prima che tocchi il suolo. Bisognerebbe proprio prenderselo come impegno: uscire di casa anche quando non è bel tempo. Una nevicata, ad esempio, essendo un evento fuori dal comune (per chi non abita in zone montane) andrebbe colta al volo; è vero che la neve depositata a bordo strada nelle città diventa presto brutta e sporca, ma quando i fiocchi cadono dal cielo conservano tutta la loro magia…

Uscire quando fa freddo

Uscire di casa quando fa freddo non fa ammalare. La rassicurazione arriva dagli esperti, il freddo in sé non è un fattore favorente le infezioni respiratorie: raffreddori ed influenze non sono più frequenti nei Paesi dove le temperature sono più rigide.


Sotto accusa, piuttosto, è il tempo trascorso in ambienti chiusi, dove starnuti e colpi di tosse favoriscono il diffondersi dei virus. Gli esperti dell’Ospedale Pediatrico Bambino Gesù di Roma spiegano: “Molto meglio coprirsi bene, con un abbigliamento adeguato, e uscire un po’ di casa che non restare chiusi in un ambiente bello caldo in cui i virus prolificano e si diffondono con maggiore facilità”9.

A costo zero!

Vediamo insieme le opportunità di stare all’aria aperta e avere un contatto con l’ambiente naturale tutto l’anno, senza spendere denaro per spostarsi in località di villeggiatura.


Il giardino. Per i fortunati che dispongono di un giardino, l’aria aperta e la natura sono a portata di mano tutti i giorni. Da sfruttare al massimo, con tutte le condizioni atmosferiche, anche in inverno. Il freddo non fa ammalare, come si temeva un tempo; se il bambino è ben coperto può giocare fuori tranquillamente. Oltre a giocare, i bambini che crescono con un giardino a disposizione possono dedicarsi al giardinaggio e magari all’orto con mamma e papà.


Il giardino condominiale. Per chi abita in un condominio che dispone di spazi verdi, c’è la possibilità di giocare all’aperto, magari stando attenti a non fare troppo rumore, ma muovendosi in libertà (non è una buona idea urlare sotto le finestre dei vicini, ma correre e saltare si può), stando seduti nell’erba, osservando gli insetti, raccogliendo sassolini… Se gli spazi comuni non sono ben tenuti, perché ci sono condòmini che lasciano rifiuti e cartacce e/o proprietari di cani che non provvedono alla rimozione dei bisogni dei loro animali, è prioritario risolvere la situazione, segnalando che ci sono bambini che giocano nel prato, sensibilizzando gli altri residenti e infine, se necessario, coinvolgendo l’amministratore di condominio. Se possibile, non rinunciate a priori ad utilizzare questi spazi. Vedere un bambino che gioca negli spazi comuni può invogliare anche altre famiglie a far scendere i propri figli, e gli anziani a trascorrere un po’ di tempo fuori per godersi la compagnia.


Il cortile. Vale il discorso fatto per il giardino: i bambini che abitano nello stabile hanno diritto di usufruire di questo spazio comune per giocare e muoversi. Se ci sono dei vicini che non apprezzano, è bene informarsi e leggere il regolamento condominiale, se necessario discutendo di eventuali criticità con l’amministratore e coinvolgendo gli altri condòmini. Se il cortile, come spesso accade, è diventato un grande parcheggio, chiedete che venga restituito un poco di spazio ai piccoli condòmini. La zona-bambini potrà essere delimitata con una siepe, o con qualche cespuglio, per evitare che le auto invadano gli spazi destinati al gioco e al relax all’aria aperta.


Il parco giochi. Un classico: un punto di riferimento per le famiglie con bambini, dove trovare spazi e strutture per il gioco libero e il movimento. Se nel vostro quartiere il parco giochi non è ben tenuto, segnalate la situazione agli uffici comunali. Se non è sufficiente, coinvolgete gli altri genitori del quartiere, organizzate una raccolta firme… La città è anche la città dei vostri bambini. I piccoli hanno diritto a spazi adeguati, sicuri, puliti dove crescere.

Il parco. Parchi, percorsi ciclo-pedonali, aree verdi… Un’occasione per tutta la famiglia per trascorrere del tempo insieme, passeggiando, andando in bicicletta, giocando, godendosi il verde e la natura. Da sfruttare il più possibile, quando mamma e papà non sono al lavoro!


L’orto urbano. Ecco una realtà che negli ultimi anni sta interessando un numero crescente di città dal nord al sud Italia. Le amministrazioni che avviano un progetto di orti urbani, mettono a disposizione dei cittadini (in genere gratuitamente) degli appezzamenti di terreno, da coltivare senza fine di lucro. Per sapere se nella propria città sono state intraprese delle iniziative di questo genere è necessario informarsi presso gli uffici comunali. Se la risposta fosse negativa, si potrebbe scrivere una lettera al sindaco e agli assessori competenti per proporre di prendere in considerazione l’idea!

Andare a scuola a piedi

Tra le occasioni di stare all’aria aperta gli esperti annoverano ormai da anni la possibilità di andare e tornare da scuola a piedi. Sembra banale, ma non lo è. Anzi, in Italia sono la minoranza i bambini della scuola primaria che si recano a scuola a piedi o in bicicletta. Un vero peccato, dato che i passi compiuti sul tragitto casa-scuola aiutano il bambino a conoscere meglio il territorio in cui abita, offrono l’occasione per scambiare due chiacchiere con il genitore che lo accompagna o, se più grandicello, con qualche compagno che condivide con lui un tratto di strada, insegnano a muoversi con prudenza ed attenzione (attraversare sulle strisce, camminare sul marciapiedi), riducono smog e traffico (meno auto dei genitori nei dintorni della struttura scolastica) a beneficio di tutto il quartiere e, aspetto da non sottovalutare, fanno bene alla salute. Uno studio10 ha dimostrato che camminare da casa a scuola e viceversa può dar risultati superiori, dal punto di vista fisico, di due ore alla settimana di ginnastica in palestra!


Ma non è tutto, sembra che i benefici riguardino anche la sfera emotiva, come spiega il pedagogista Daniele Novara:


Inoltre, se è risaputo che ansia e stress (non importa quale ne sia la causa: insicurezza, paura dei compagni o degli insegnanti) sono nemici delle buone prestazioni scolastiche, uno studio texano pubblicato sulla rivista americana Pediatrics ha verificato che le attitivà, come quella dell’andare a scuola a piedi, stimolando i processi neurochimici che aumentano la secrezione di determinati ormoni (come le endorfine) inibendone altri (ad esempio il cortisolo, uno degli ormoni dello stress), è estremamente efficace nel ridurre gli effetti negativi di questi stati psichici.11


Abbandonare l’auto, almeno qualche volta, per attendere il proprio bimbo fuori dalla scuola offre la possibilità di accoglierlo con calma (senza il pensiero e l’urgenza dell’auto ferma in sosta vietata o in seconda fila) e camminare insieme verso casa in tutta tranquillità. È un tempo che si dilata quello del tragitto percorso a piedi. Il bambino racconta la sua giornata scolastica, il genitore ascolta e, magari, racconta a sua volta. Insieme progettano cosa fare una volta arrivati a casa, quale merenda preparare. E intanto ci si guarda intorno, e osservando nascono domande, si notano particolari del quartiere che dal finestrino dell’auto in movimento non era possibile cogliere. Un dono per il bambino e un dono anche per il genitore, come scrive12 il pediatra Andrea Satta:


Nella mano di un bambino che strattona la mano che lo protegge e saltellando percorre un marciapiede, facendo magari mille domande, io leggo un sale felice della vita.

Alla conquista del quartiere

Camminare è la soluzione, semplice e alla portata di tutti, per combattere il traffico, l’inquinamento, la sedentarietà. E, come sottolinea13 Sonia Bozzi, redattrice di “Uppa”, per migliorare le nostre città e di conseguenza la qualità di vita nostra e dei nostri bambini:


(…) la città, intesa come luogo di aggregazione e di convivenza solidale, in cui si è liberi di muoversi, di respirare, di comunicare senza impedimenti e ostacoli è un luogo di democrazia. Se le città diventano degli spazi occupati soltanto dalle automobili, in cui è pericoloso e sgradevole spostarsi a piedi, le persone che le abitano smettono di abitarle nel senso vero del termine, non possono più darle il senso di un luogo connotato dalle sue relazioni, dai suoi edifici, dai suoi spazi di gioco, d’incontro, di integrazione. I sociologi parlano delle città definendole “non luoghi”, spazi privi di personalità e di memoria in cui gli abitanti sono estranei gli uni agli altri, stranieri nella propria città.


È muovendosi a piedi che si conosce il territorio, che si scoprono luoghi, situazioni, dettagli che altrimenti non sarebbe possibile notare. E tra i dettagli che si notano, possono esserci anche aspetti negativi, trascuratezze, barriere architettoniche, problemi da risolvere o segnalare alle autorità competenti.

Camminando si “vive” di più il proprio quartiere.

Il piedibus e il bicibus

Piedibus è il simpatico termine con cui si indica la carovana di bambini che vanno a scuola in gruppo, accompagnati da due adulti (un adulto in testa al gruppo e uno che chiude la fila). Il piedibus, come un vero autobus di linea, segue un percorso prestabilito, raccoglie passeggeri ad ogni fermata (bambini che via via si aggiungono al gruppo) e raggiunge la scuola. Dal 2003 ad oggi questo progetto ha conquistato decine di città italiane trasformando in un’opportunità di socializzazione e divertimento il percorso casa-scuola di tanti bambini.


Il pediatra Alessandro Volta, in un articolo dal taglio scherzoso, intitolato Una ricetta… per tutti i bambini, prescrive bicibus o piedibus, da assumere almeno due volte al giorno per ridurre il rischio di sovrappeso e di obesità e quindi prevenire nell’età adulta le principali patologie cardiovascolari. E aggiunge: “Il prodotto non agisce soltanto sull’apparato locomotore (ossa-muscoli-articolazioni) e su quello circolatorio e respiratorio, ma interviene positivamente sullo sviluppo del sistema nervoso favorendo la stimolazione degli organi di senso, dei riflessi e dell’attenzione. A lungo termine, l’uso costante del Bici-Bus, provoca un incremento marcato dell’autonomia e il soggetto si mostra maggiormente responsabile del proprio corpo; il movimento può trasformarsi in esperienza e stimolo che promuove la crescita globale del soggetto”14.


Segnaliamo anche altri due progetti legati a questa consuetudine. Il consiglio nazionale delle Ricerche-Istituto di Scienze e Tecnologie della Cognizione propone da anni un progetto intitolato “A scuola ci andiamo da soli” per i bambini dai 6 agli 11 anni15.


La proposta di Legambiente Scuola e Formazione è intitolata “Vado a scuola con gli amici… in bus a piedi e in bici” e consiste nell’organizzazione di una giornata di sensibilizzazione che vede la chiusura al traffico della strada e l’organizzazione di attività ludiche e azioni dimostrative nei pressi dell’Istituto scolastico, per “riconquistare anche solo per un giorno, l’area antistante la scuola”16.


Infine, una realtà dedicata alla consuetudine di andare a scuola in bicicletta: sul sito www.biketoschoolroma.it si trovano suggerimenti applicabili in ogni città.

L’esperienza di un papà-sindaco

In alcune città il Piedibus è nato per iniziativa dei genitori, in altre su proposta della scuola, in altre ancora degli amministratori. Quest’ultimo è il caso di Malegno, in provincia di Brescia, come racconta il sindaco (che è papà di due bimbe) Paolo Erba: “Il Piedibus a Malegno è nato nel 2010 sulla spinta dell’amministrazione comunale ma dopo un buon periodo di condivisione del progetto con la scuola (gli insegnanti devono essere protagonisti e supportivi) e con le famiglie. Importantissimo è stato il ruolo delle associazioni, soprattutto gli Alpini, grazie alle quali abbiamo trovato molti volontari accompagnatori. Era vitale il lavoro di rete perché all’epoca si trattava di una proposta abbastanza sconosciuta, quindi andava ben compresa, anche per superare eventuali dubbi e paure (I bambini sono sicuri? Chi risponde? Quale assicurazione? Arriverà in tempo a scuola?). Nel nostro caso è stato molto importante il sostegno dell’Azienda Sanitaria Locale, che ha sostenuto e spiegato il benessere legato alla salute derivante dalla pratica del Piedibus.


Condiviso il progetto, è importante che ci sia una figura di riferimento che per il primo anno (poi le cose vanno avanti in maniera più autonoma) contatti le persone, organizzi i turni, risponda alle esigenze, prenda le decisioni, sia un riferimento per i genitori.


Coinvolgere le famiglie è stata la parte meno complessa, c’erano molti genitori disponibili. È importante avere a disposizione anche un buon numero di nonni, che sono più ‘liberi’ (tante volte il genitore deve gestire molti cambi di turno nel corso dell’anno). Si può far leva sul fatto che il Piedibus è tutto sommato divertente, sia per gli adulti sia per gli accompagnatori. Per quanto riguarda invece le difficoltà incontrate: bisogna essere plastici, per gestire le richieste dei genitori e degli accompagnatori. Va chiarito molto bene il tema assicurazioni, di solito la scuola ha assicurato i bambini per il tragitto casa-scuola, mentre il Comune deve pensare ad assicurare gli accompagnatori”.

A piedi… si risparmia!

Le famiglie che percorrono a piedi il tragitto casa-asilo e casa-scuola, oltre a favorire il benessere psicofisico di grandi e piccoli, risparmiano… il carburante. Ovviamente non tutti possono farlo, c’è chi abita lontano dalla scuola, chi deve gestire orari lavorativi e scolastici difficili da combinare, per cui deve proprio usare l’auto, ma chi ha la possibilità di lasciare a casa il mezzo o utilizzarlo con minor frequenza, alla fine del mese nota un risparmio anche considerevole alla voce carburante.


Talora servono un po’ di creatività e di coraggio per modificare abitudini consolidate, ma i genitori che hanno deciso di provarci (magari riscoprendo la bicicletta e i mezzi pubblici), garantiscono che ne vale la pena.

Voci di mamma e papà

Ai miei figli non servono mai giochi strutturati quando siamo all’aria aperta. Ciò che amano fare e fanno sempre è correre e arrampicarsi, è il loro corpo che glielo “chiede” e loro lo assecondano. Usano la bicicletta e con gli amici giocano con gioia a pallone!

Giada, mamma di Federico, 5 anni, Elia, 2 anni



Ci sono molte ragioni per cui abbiamo deciso di rimanere in Messico anziché tornare in Italia. Una di queste – per quanto possa sembrare irrilevante e un po’ sciocca – è l’enorme abbondanza di spazi aperti. Abbiamo la fortuna di vivere in un quartiere con annesso un grande parco pubblico, con strada ad accesso limitato. Per me, mamma sola tutto il giorno e lontana dalla famiglia, con un bambino che è un vero terremoto, poter godere di tanto verde e di tanto spazio in cui correre è stata una salvezza. Vedere i tantissimi bambini del quartiere (tanti, come non se ne vedono più in Italia) giocare ancora in strada con la corda, dipingere animali sull’asfalto, disegnare le caselle del “campanon” (come lo chiamiamo noi in Veneto) riesce a commuovermi e a farmi sentire di nuovo bambina cresciuta negli anni ’80. Da noi ormai si è perso lo spirito del cortile, luogo per eccellenza dove si costruiscono amicizie, si litiga, ci si picchia per poi chiedersi scusa, si rompe un vetro col pallone per poi scappare spaventati, dandosi la colpa a vicenda, litigando ancora e di nuovo far pace. Il cortile, il parco, sono una palestra di vita che si sta estinguendo.


Riccardo adora giocare al giardiniere e i signori che, tutti i lunedì, tagliano l’erba del parco lo lasciano giocare inteneriti, fingendo di aver bisogno del suo aiuto. Gli abbiamo comprato una tagliaerba giocattolo e un rastrello. Non credo di dire una sciocchezza se penso che dal punto di vista motorio, sia più avanti di molti bambini per il semplice fatto che può correre e giocare liberamente per tutto l’anno. Credetemi, non è poco.

Elena, mamma di Riccardo, 2 anni e 9 mesi



In cortile o ai giardini, basta che ci sia un po’ di verde… I miei giocano a nascondino, guardia e ladri, strega tocca colore, oppure le femmine con i passeggini e bambole se ci sono le amichette.

Emanuela, mamma di Gabriele, 10 anni, Rebecca, 6, Giorgia, 4,

Vittoria, 2, Simone, un anno.



Noi frequentiamo moltissimo i parchi gioco. Leonardo gioca spesso con la terra e l’acqua. Con i suoi amici sono un giorno ricercatori di fossili, un altro giorno ammazzano le bestie delle fogne e altre volte ancora giocano alla famiglia. Il piccolo ha già le ginocchia sbucciate e segue continuamente il fratello con la tipica camminata di chi sta imparando.

Irene, mamma di Leonardo, 5 anni, Cristiano, un anno



Viviamo in campagna. I nostri figli si sono già sbucciati le ginocchia e graffiato il corpo per salire sugli alberi, hanno assaggiato la neve che si scioglie dai tetti delle case diroccate, sono già scesi giù dalle stradine sterrate con la bicicletta e i tricicli, hanno avuto spine nei piedi perché hanno camminato a piedi nudi, si sono punti con le ortiche e hanno mangiato le ciliegie dagli alberi. Fanno i capricci, urlano, litigano e dicono anche parolacce (ebbene sì e io sclero!)… ma quando, incavolata nera, urlo “Andate fuoriii”, loro continuano a litigare finché di punto in bianco la casa diroccata diventa un rifugio e si mettono a giocare a nascondino. Sono felici, molto felici perché la terra scarica le tensioni, la terra sporca il corpo ma pulisce l’anima. Grazie a queste esperienze ho potuto aprire un baby parking completamente green. Giochiamo con il fango facendo l’orto didattico, impariamo i numeri contando i cerchi dei tronchi tagliati, facciamo teatro con le tende degli indiani e psicomotricità saltando i fili d’erba. I bimbi sanno riconoscere le pietre lisce sulle quali non bisogna saltare da quelle ruvide sulle quali si può stare. Riconoscono gli odori del bosco, dipingono con le foglie, con la terra e con le pietre…

Federica, mamma di Matteo, 7 anni, Lorenzo, 4, Pietro, 3, Michele, 10 mesi



La cosa che più ama fare è correre all’aria aperta. Lo porto al parco e per lui non c’è niente di più divertente che correre, correre e correre.

Sara, mamma di Alberto, 3 anni



Due giochi tra i prediletti della mia bambina: in questo periodo primaverile saltare nelle pozzanghere di fango con gli stivaletti e lanciare i sassolini nelle pozzanghere, così “fanno il bagnetto” e “sono profumati” (parole sue). Non occorre andare molto lontano, le bastano le pozzanghere di pioggia davanti a casa…

Chiara, mamma di Greta, 2 anni



Abito in una piccola borgata della provincia di Torino. Ho sempre vissuto qui, nella casa che era della mia nonna paterna. Nel paesino poco distante fortunatamente ci sono tutte le scuole dell’obbligo e fin da piccola sono sempre scesa a piedi per raggiungerle. Il primo breve tratto è un sentiero antico che si collega alla strada principale. Prima scendevo con mia nonna, strada facendo si aggiungevano altre amiche che aspettavano fuori casa. Solo se pioveva molto forte allora qualche papà passava a prenderci. Poi alle medie scendevo da sola, con un’altra bimba che abitava poco sotto casa mia; ci incontravamo a un bivio, così si allungava un poco, ma era una gioia fare la strada insieme. Anche dopo, per le superiori, per raggiungere la fermata del pullman che porta alla vicina cittadina, da casa mia sono sempre scesa a piedi. Questa scelta per me è stata la migliore in assoluto, mi ha fatto crescere molto sana, in forma ed allenata alle camminate. Quindi ho deciso di portare la mia bimba più grande all’asilo a piedi. Un’altra nonna scende già con le sue nipoti, e ci uniremo a loro per fare la strada insieme. Un mini piedibus di borgata, al quale probabilmente si unirà qualcuno strada facendo. L’assetto che ho pensato, visto che ho anche un bimbo più piccolo, sarà il piccolo in manduca e la grande a piedi. Se vedrò che al ritorno sarò un po’ stanca, al massimo porterò il passeggino leggero. Se inizierò a lavorare, mi auguro di avere orari compatibili con l’asilo, in ogni caso io mi sposto con gli autobus, quindi sempre a piedi si va.

Paola, mamma di Lucia, 3 anni, Walter, 15 mesi



Io e mio marito Stefano accompagniamo ogni giorno Francesco a scuola a piedi (e, ovviamente, anche all’uscita torniamo a piedi). L’anno prossimo Francesco andrà in quinta elementare e così abbiamo fatto anche quando andava alla scuola materna. Abitiamo a Cagliari e la scuola dista circa 750 metri da casa nostra. Per noi è un momento importante della giornata e per questo ce lo vogliamo godere tutti insieme. Nel tragitto casa-scuola chiacchieriamo su ciò che presumibilmente Francesco farà quel giorno a scuola, ripassiamo giocando a qualcosa, parliamo dei compagni, gli facciamo le raccomandazioni di prammatica, non mancano i rituali giocosi (sappiamo che incontreremo certe persone, qualcuno a passeggio con il cane, l’amico che va al lavoro, altri bambini diretti verso altre scuole, io e Francesco che andiamo avanti e Stefano che arriva da dietro e finge di incontrarci per caso, ecc.). Andiamo a piedi anche quando piove, ognuno con il suo ombrello, tranne il papà che non ama l’ombrello e preferisce bagnarsi.

Annalisa, mamma di Francesco, 10 anni



Noi a scuola andiamo sempre a piedi! La mattina lo porta Giacomo, mio marito, al ritorno lo prendo io, ma sempre a piedi. Il primo anno di asilo abbiamo usato il passeggino, comodo per ripararci dalla pioggia e per non arrivare troppo tardi, soprattutto quando andava col babbo. Ora camminiamo, salutando la fruttivendola, il barbiere, il proprietario del bar, la fornaia… Abbiamo la fortuna di vivere in un quartiere ancora a misura d’uomo, con piccoli negozi e persone che ci conoscono da quando Giulio è nato. Lungo il tragitto si parla, si osserva il mondo circostante… Giulio è molto attento a tutto, fin da quando era piccino. Non gli sfugge nulla! Quando era piccolo notava le girandole appese alle finestre, ora siamo nella fase “telecamere”: le scova tutte, sia esterne che interne ai palazzi! Poi… cantiamo! Cantiamo tanto, soprattutto al ritorno da scuola e dai giardini (dove ci fermiamo dopo la scuola). Ho imparato le canzoni che cantano a scuola, molto carine e pure commoventi (tipo quella del Piccolo Principe) e camminiamo mano nella mano cantando a voce alta, incuranti della gente che a volte ci guarda un po’ perplessa! Ma è così bello…

Graziella, mamma di Giulio, 5 anni



Nel 2008, a fine anno scolastico, nella scuola dei miei figli è partito il progetto Pedibus, e a me non è sembrato vero che finalmente ci fosse questa possibilità per i bambini di andare a scuola con un po’ di autonomia in più. Quindi abbiamo cominciato a partecipare, e mi sono offerta per fare la mamma pediautista. A ottobre, con l’anno scolastico nuovo, l’esperienza è cominciata ufficialmente a pieno ritmo e io ho continuato a fare la pediautista, anche se nel frattempo era nata la mia terza figlia. Quindi al mattino la routine era: sveglia mia e dei bambini più grandi, colazione, denti e vestizione, e poi indossavo la fascia e prendevo la neonata dal letto ancora addormentata, me la mettevo addosso e uscivo con i figli. Ho sempre fatto il Pedibus con la bimba indossata, quando ero di turno, per me era un modo per stare vicino ai miei figli e far loro capire che non li trascuravo nonostante la sorellina. Ora Marta va a scuola e partecipa in prima persona al Pedibus, e io come mamma continuo a fare la pediautista.

Manuela, mamma di Mario, 16 anni, Giovanni, 15 anni, Marta, 7 anni


La scuola è a poco più di un chilometro da casa e abbiamo deciso subito che avremmo rinunciato ad andare in macchina. Quando il clima lo consente, la bicicletta si è rivelata un ottimo mezzo per arrivare a destinazione in poco tempo, in modo salutare e, perché no, anche divertendoci. Il caschetto è d’ordinanza e l’unico problema è, spesso, il peso delle cartelle. Si può ovviare però con la bici della mamma, cestino davanti e portapacchi dietro per due “posti zaino” assicurati. In caso di pioggia o freddo eccessivo, di solito lasciamo la bici in garage e optiamo per l’altrettanto divertente piedibus.

Anna, mamma di Davide, 11 anni, Riccardo, 9 anni



Pietro e Federico, tutte le mattine, prendono i loro caschetti e salgono sulla bici della mamma, ognuno sul suo seggiolino. Inizia così la nostra giornata, in qualsiasi stagione dell’anno. Federico, il più piccolino, appena sale sul nostro piccolo grande mezzo di trasporto, inizia a suonare il campanello, per ricordare a tutti, nel caso non si notasse, che quella bici porta un carico davvero prezioso. Il nostro non è solo un modo alternativo per muoverci tra le vie della città, ma molto di più. In bicicletta possiamo osservare il cielo, cogliere le diverse sfumature della luce del mattino, ascoltare i suoni della città, percepirne gli odori e, nel frattempo, parlare tra di noi: un risveglio più dolce di quello che avremmo chiusi nell’anonimo abitacolo di un’automobile in mezzo al traffico. La bicicletta, inoltre, ha un altro grande vantaggio, che non può essere tralasciato: non ha bisogno di carburante, e spostarsi non costa davvero nulla. La nostra bici si muove solo grazie alla forza della mamma, che è gratuita e non si esaurisce mai, poiché proviene da una fonte inesauribile: l’amore per i suoi bimbi.

Manuela, mamma di Pietro, 4 anni, Federico, 2 anni

Bebè a costo zero crescono
Bebè a costo zero crescono
Giorgia Cozza
Meno oggetti e più affetti per crescere felici dalla prima infanzia alle soglie dell’adolescenza.Una guida al consumo critico, con consigli pratici per crescere bambini sereni, imparando a distinguere tra vere esigenze e bisogni indotti dal consumismo. Per un figlio, solo il meglio. Ma cos’è il meglio per un bambino?Giorgia Cozza risponde alla domanda che era stata il punto di partenza di Bebè a costo zero, la guida al consumo critico per futuri e neogenitori.Ora, in Bebè a costo zero crescono l’attenzione si sposta sui bambini più grandi, a partire dai 2 anni di età, fino alle soglie dell’adolescenza, perché se accogliere un bimbo a costo pressoché zero è possibile, è possibile anche crescerlo serenamente senza affrontare continue spese. L’ebook di questo libro è certificato dalla Fondazione Libri Italiani Accessibili (LIA) come accessibili da parte di persone cieche e ipovedenti. Conosci l’autore Giorgia Cozza è una mamma-giornalista, specializzata nel settore materno-infantile, autrice di libri per bambini e numerosi manuali per genitori, divenuti un importante punto di riferimento per tante famiglie in Italia e all’estero.È stata relatrice in numerosi congressi per genitori e operatori del settore e ospite di trasmissioni televisive per rispondere a quesiti legati all’accudimento dei bimbi e a uno stile genitoriale ecocompatibile.