CAPITOLO VIII

Tecnologia, videogiochi e cellulari

Grazie alle Macchine Perfette, tutto era perfetto.
Bastava schiacciare un bottone per vivere un momento perfetto,
mangiare un dolce perfetto, avere un amico perfetto…
E dunque, a quale scopo chiedere alle stelle cadenti di esaudire i desideri?
Fu così che gli abitanti della Valle dei Mulini smisero di sognare.
La Valle dei Mulini1

Ecco un capitolo dai costi decisamente importanti. La tecnologia con tutti i suoi prodotti – pc, tablet, smartphone, console – rappresenta una delle voci di spesa più alte per molte famiglie italiane. E con “alte”, si intende “veramente alte”: centinaia di euro investiti in accessori tecnologici per videogiocare, comunicare virtualmente e non, navigare.

Tecnologia, una grande opportunità

Tecnologia, una grande opportunità. No, di più. In molti casi una magnifica opportunità.


La tecnologia è uno strumento dalle grandi potenzialità, che può rivelarsi un valido supporto a livello professionale e personale. Grazie alla tecnologia possiamo lavorare, cercare informazioni e fare acquisti in internet, mantenerci in contatto con amici e colleghi, condividere foto e documenti e molte altre cose ancora.


Sì, insomma, tutte cose da adulti.


Da fare con altri adulti.


Credo che possiamo tranquillamente affermare, senza essere tacciati di estremismo, che lavorare, documentarsi, fare acquisti online, chattare… non sono azioni da bambini.


Quindi, la buona notizia è che i bambini non hanno bisogno di accessori tecnologici. Sono bambini, hanno bisogno di giocare, di amici, di coccole, di fiabe, di stare all’aria aperta, di correre, di essere amati.


La tecnologia è una grande opportunità. Per gli adulti. Ma con il mondo dei bambini, il vero mondo dei bambini, quello fatto di manine impiastricciate, giravolte e capriole, abbracci nel lettone, scarabocchi e torri di mattoncini, tabelline e sogni ad occhi aperti, la tecnologia centra poco. O niente, anche. Utopia? No, perché?


Non stiamo dicendo che i bambini devono crescere senza conoscere pc, tablet o cellulari; sono strumenti presenti in ogni casa, fanno parte della nostra quotidianità. Che problema c’è se i bambini conoscono questi accessori? Nessuno. Ma il fatto che i genitori li usino, dal momento che – essendo adulti – questi accessori possono essere loro utili, non significa affatto che debbano usarli anche i bambini. O desiderarli. I nostri bambini conoscono molto bene anche le automobili, i forni, le lavatrici. Ma non per questo guidano l’auto, infornano l’arrosto o fanno il bucato. Non lo fanno e in genere neppure desiderano farlo. Perché sono cose da grandi. Cose che fanno la mamma e il papà.


Detto questo, ci sono molti genitori che hanno deciso di far videogiocare con il tablet e lo smarthpone i loro bambini o di far loro guardare video sul pc. Bene, è una scelta. Insindacabile, come tutte le scelte fatte dai genitori. Ma non è la risposta a una necessità dei bambini.


Ci fermiamo qui. Siccome il punto di partenza e di arrivo delle nostre riflessioni sono le esigenze dei bambini, l’obiettivo di queste pagine è individuare i loro veri bisogni, quello che serve per aiutarli a crescere sani, sereni ed equilibrati.


Crescere senza pc, tablet e cellulare si può. Anche se la cultura del momento ci spinge in un’altra direzione e definisce “retrogrado” chi non si adegua alla credenza comune. La voce “spesa per accessori tecnologici”, se destinati ai bambini al di sotto dei dieci anni, può benissimo restare a zero. Senza che questo interferisca negativamente con la loro crescita. Anzi, è proprio l’opposto. Da diversi anni ormai, gli esperti mettono in guardia da un uso precoce dei dispositivi elettronici e ne segnalano i rischi. Nei paragrafi che seguono, riportiamo alcuni voci autorevoli, perché ogni famiglia possa valutare rischi e benefici, e come sempre, compiere scelte informate e consapevoli.

Nativi digitali?

Nativi digitali, generazione touch… oggi ci sono varie definizioni per sottolineare il rapporto tra bambini e tecnologia, definizioni che, però, si prestano ad essere equivocate. I bambini del duemila nascono sì, in un ambiente tecnologico, che permette loro di entrare presto in confidenza con determinati strumenti, ma questo non corrisponde a una qualche trasformazione nella struttura e nel funzionamento della mente e quindi del loro sviluppo fisiologico. I bambini del duemila vengono alla luce con gli stessi bisogni atavici e le stesse caratteristiche innate dei loro precedessori, ovvero di generazioni e generazioni di bambini di ogni secolo e paese. Nascono “cuccioli” (sono piccoli mammiferi), bisognosi di contatto, rassicurazione, affetto e poi, come i cuccioli, imparano pian piano giocando, muovendosi, sperimentando e osservando la realtà che li circonda.


Il fatto che un bambino di due anni sia in grado di far funzionare un tablet o di giocare con un’app creata ad hoc per bimbi piccoli non significa affatto che abbia doti o competenze tecnologiche innate. Significa soltanto che toccare uno schermo con le dita è un gesto molto semplice che non richiede particolari ragionamenti o abilità motorie2. Vedendolo fare ai genitori, i bambini – che sono buoni osservatori, curiosi e intelligenti, questo sì, per natura – ripetono il gesto.


Per intenderci, sono ormai numerosi gli studi che hanno evidenziato le capacità digitali di varie specie animali. In primis le scimmie, come era prevedibile, ma anche rettili e pinguini sono in grado di utilizzare il touchscreen. Orango e scimpanzè dello zoo di Houston, hanno dimostrato di sapersi gestire piuttosto bene con l’iPad, i macachi del Marwell Zoological Park nel Regno Unito usano il pc per rilassarsi, mentre un esemplare di bonomo dello Iowa ha comunicato con i ricercatori grazie a uno schermo touchscreen con quattrocento lessigrammi, cioè simboli visuali associati a parole. Un team di esperti dell’università di Vienna si è concentrato sulle tartarughe addestrandole a premere con il naso dei cerchi blu su un computer dotato di touchscreen per ottenere fragole e funghi. E per finire, abbiamo i pinguini che giocano con il tablet: accade al Long Beach Aquarium of the Pacific di Los Angeles, due giovani pinguini si sono rivelati molto abili in “Game for Cats”, un’applicazione che richiede loro di colpire una preda con il becco…3

Consumismo tecnologico

Non c’è forse altro settore in cui il ricambio sia più rapido. Gli accessori tecnologici invecchiano in una stagione, immediatamente rimpiazzati da dispositivi che non differiscono in modo sostanziale dai precedenti se non per il costo, sempre più elevato. Costi che comunque non scoraggiano le famiglie italiane, tanto che questo settore è uno dei pochi che non ha subìto importanti battute d’arresto a causa della crisi4.


Il pedagogista Daniele Novara scrive:


È un mercato con bilanci elevatissimi e di conseguenza con un marketing aggressivo: basti pensare che, nonostante la crisi faccia registrare una diminuzione delle spese familiari su svariati fronti, il business dei dispositivi connessi alla rete internet è in aumento, del 26% per gli smartphone e dell’86% per i tablet. E il target principale a cui si rivolgono le grandi aziende sono appunto i ragazzini. Per ora sono stati colonizzati tutti i preadolescenti (…) ma il prossimo passo sono i bambini tra gli 8 e i 10 anni, già bersaglio di strategie di marketing.5


Nuovi modelli di smartphone, pc, console vengono immessi sul mercato e chiedono di essere acquistati, anche se il modello precedente è ancora perfettamente funzionante. In pratica, siamo disposti a spendere di nuovo, per qualcosa che già abbiamo (e che magari abbiamo acquistato da poco) in perfetto stile da società dei consumi. Quasi non abbiamo il tempo di prenderci la mano e gustarci il nostro tecnoaccessorio che, a detta del mercato, non è più abbastanza buono, perché c’è di meglio da desiderare e da acquistare.


Più l’innovazione tecnologica si fa sofisticata, più gli oggetti smarriscono la loro identità e diventano merci sottoposte a un rapido degrado.6

Il tutto con un impatto ambientale importante, poiché i dispositivi tecnologici diventano rapidamente rifiuti e restano lì, sul conto del pianeta, dopo un breve periodo (pochi anni, se va bene) di effettivo utilizzo. Marinella Correggia, esperta di tematiche ecologiche raccomanda di:


evitare il “consumismo tecnologico” che contamina molti fruitori di apparecchi soprattutto elettrici: a casa non occorre cambiare computer, stampante e telefonino ogni sei mesi, anche se un modello nuovo sembra “annullare” il precedente.7


I produttori poi, sanno fare i loro interessi, immettendo sul mercato videogiochi e programmi con prestazioni sempre più elevate, per cui la versione precedente dello stesso gioco/programma risulta presto obsoleta, superata. E per chi videogioca, c’è l’invito all’acquisto di ausilii (personaggi potenti, armi, risorse per superare i livelli) legato ai singoli giochi, con ulteriori spese.


Infine, c’è un commercio nel commercio, se consideriamo le applicazioni create per tablet, smartphone e pc, che invogliano all’acquisto di nuovi servizi, come scrive il filosofo Roberto Casati, direttore di ricerca del CNRS all’Institut Nicod di Parigi:


L’iPad è nato per soddisfare questi bisogni rapidi, e soprattutto per crearne incessantemente altri; non è solo un computer di consumo fine a se stesso, è il terminale di una smisurata catena di distribuzione, la sua vetrina8.

Tablet per bimbi di due anni

Sono arrivati sugli scaffali del reparto giocattoli e si rivolgono a bambini dai 18-24 mesi. Diciotto mesi… Un bimbo che ha tutto il mondo da scoprire. Se stesso, la sua famiglia, il suo corpo, la sua casa, i mille oggetti di uso domestico, i suoi primi giocattoli e, quando esce di casa, colori, odori, rumori del grande mondo esterno.


Bene, il mercato ha pensato di intrattenere i piccoli di questa età con tablet e applicazioni, creati ad hoc per loro, con tanto di connessione a internet e sistema di Parental Control. Ancora non sanno parlare e camminare, ma possono divertirsi con il touch. In fondo, la tecnologia piace tanto e vende bene, perché non ampliare la fascia di mercato andando a conquistare nuovi clienti… nella culla?

Tecnologia a misura di bambino?

La tecnologia è una bella opportunità per i bambini? Riporto qui la risposta del pediatra Tommaso Montini:


La tecnologia è una grandissima opportunità. È indiscutibile. Ma le sue risorse si rivolgono alla parte cognitiva del cervello che matura in media intorno ai 21 anni. Nei bambini invece il cervello dominante non è cognitivo ma emotivo. Loro ridono e piangono facilmente e parlano il linguaggio che “sente” e sa cogliere il non verbale di uno sguardo, di un sorriso, di una carezza.


Un tablet computerizzato permette “grandi esplorazioni” da… fermi. I percorsi sono standardizzati, la fantasia libera è cancellata. I giochi sono ripetitivi e le vittorie o le sconfitte hanno il gusto di un suono meccanico. I colori sono belli, ma le immagini restano fredde, distanti.9


Il pedagogista Daniele Novara sottolinea:


Prima dei 3 anni un bambino necessita di sviluppare competenze interagendo con l’ambiente attraverso esperienze sensoriali che utilizzino tutti e cinque i sensi. Solo questa interazione esperienziale consente di sviluppare e implementare le proprie risorse neuronali.10

Tecnologia, quali effetti sulla mente dei bambini?

Una cosa diventa buona solo perché la fanno o la approvano in tanti?
Grazia Honegger Fresco

Abbiamo detto che i bambini possono crescere benissimo senza usare gli strumenti tecnologici. Viceversa, quando questi vengono adoperati, soprattutto se il bambino è in età prescolare e se l’uso è frequente, sono da mettere in conto una serie di rischi, che gli esperti stanno segnalando già da alcuni anni. Nel libretto Come possiamo nutrire la mente dei nostri bambini, redatto dal Centro per la Salute del Bambino, vengono elencate le conseguenze di un uso troppo precoce e prolungato di tv, videogiochi e internet:


Aumenta il rischio di una serie di problemi di salute quali obesità (a causa della posizione seduta a scapito di giochi più attivi) o danni alla vista; diminuisce la capacità di concentrazione e lo sviluppo di importanti funzioni del bambino, quali la memoria, la creatività e la capacità critica; aumenta l’isolamento, diminuendo il tempo e quindi la capacità di relazione prima con i genitori e poi con gli altri bambini11.


Per quanto riguarda i bambini più grandi e gli adolescenti, la tecnologia può interferire con la capacità di applicarsi nello studio e in qualunque attività che richieda impegno e concentrazione, come spiega la psicologa Oliverio Ferraris:


I rischi del multitasking sono la deconcentrazione e l’approssimazione. (…) Incalzati dalla velocità delle prestazioni e dal piacere di ottenere risultati immediati, possono tralasciare gli approfondimenti, provare fastidio e ansia quando sono costretti a concentrarsi e quando non ottengono prontamente un risultato. La rapidità con cui le tecnologie rispondono, trovano, localizzano, risolvono e forniscono risultati può dare l’illusione che non sia necessario applicarsi, approfondire o ragionare. Molti apprendimenti richiedono invece applicazione e pazienza, non solo per comprendere i contenuti, ma anche per poter memorizzarli e padroneggiarli. Saper attendere, organizzarsi in vista di un obiettivo sono attitudini importanti che la fretta non consente di sviluppare.12

E ancora:


Il cervello umano ha una struttura linguistica governata da precisi schemi logici temporali, piuttosto lenta nel maturare, nel costruire il pensiero e nello strutturarlo. Il ragazzino che privilegia lo stato di sovreccitazione mentale indotto dal videogioco a scapito dell’esercizio linguistico, più faticoso e meno eccitante, rischia si impoverirsi dal punto di vista intellettivo e linguistico. Concetti e vocabolario appaiono limitati. I temi risultano scarni, costruiti a flash, spesso privi di consequenzialità.13


Daniel Goleman, insegnante ad Harvard e autorità di fama internazionale nel campo delle scienze comportamentali, richiama l’attenzione sulla ridotta capacità di concentrarsi:


Oggi che l’istruzione stessa tende ad assumere formati basati su web, c’è il pericolo che quella massa multimediale di distrazioni che risponde al nome di Internet possa danneggiare l’apprendimento. (…) sta sparendo una qualità fondamentale della riflessione, la capacità di seguire con attenzione costante un discorso. La profondità di pensiero richiede una mente concentrata.14


Un’ultima considerazione: pare che le risposte date al test di Torrance (che studia gli indici di creatività dei ragazzini americani) tra il 1985 e il 2008 abbiano evidenziato un inesorabile calo nelle prestazioni degli alunni delle scuole elementari:


Le risposte date al Test di Torrance, applicato nelle scuole americane, hanno fatto scendere l’85 per cento dei ragazzi intervistati sotto la media dei loro predecessori: non sono più capaci di fornire tante risposte (Fluency), né di darne di non scontate (Originality), né di trarre spunto da elementi diversi (Flexibility).15


Un risultato che non si può certo spiegare con un’unica causa, e attribuire questo calo unicamente alla tecnologia sarebbe riduttivo, ma è un dato che comunque può e deve far riflettere.

E quali effetti emotivi

È inevitabile che l’utilizzo abituale della tecnologia, sin dalla prima infanzia, abbia riflessi anche nella crescita emotiva e relazionale dei nostri bambini. I piccoli assorbono tutto quello che vivono, ogni esperienza concorre alla formazione della loro personalità.


Daniel Goleman osserva:


(…) i circuiti emotivi e sociali del cervello di un bambino si formano e si arricchiscono grazie al contatto e alla conversazione con qualunque persona incontrata nel corso della giornata, e queste interazioni plasmano il suo sistema cerebrale: un ragazzo, passando meno ore con le persone per rimanere a fissare uno schermo, potrà quindi andare incontro a futuri deficit.


Tutte queste attività digitali sottraggono tempo ai rapporti con le persone reali, attraverso le quali impariamo a “leggere” la comunicazione non verbale: di conseguenza, gli appartenenti alla nuova generazione nati in questo mondo digitale potranno anche essere abilissimi con la tastiera, ma c’è il rischio che siano molto maldestri quando si trovano faccia a faccia con loro, in tempo reale…16


Secondo lo psicologo, e scrittore Paolo Crepet, “la tecnologia comporta anaffettività…”:


Non si è mai consumato qualcosa che porta a un così grave isolamento sensoriale. (…) Se le cose continueranno a svilupparsi nel verso delle più recenti statistiche, sarà forte il rischio che l’integrità famigliare venga minata proprio da internet: si può infatti sostenere che quanto più un social network si diffonde, tanto più sottile e fragile sarà la rete di complicità e di crescita affettiva e relazionale che una famiglia può offrire a se stessa. Affermare ciò non significa essere oscurantisti, ma appellarsi al buon senso per ritrovare una mediazione possibile e fare in modo che non si debba decretare la vittoria assoluta della monarchia delle nuove tecnologie.17


In realtà, non sappiamo quello che sarà

Abbiamo segnalato alcuni “effetti collaterali” che secondo vari studi sono legati all’uso frequente della tecnologia nell’infanzia e nell’adolescenza. Ora non resta che fermarci. Dobbiamo infatti ammettere, con grande onestà e concretezza, che ad oggi non abbiamo un’idea precisa di quello che sarà. La tecnologia è entrata nel mondo dei bambini da un lasso di tempo troppo breve per avere un quadro certo delle possibili conseguenze a livello di sviluppo intellettivo. Minor creatività? Difficoltà di concentrazione? Approccio più superficiale agli argomenti? Forse. Probabilmente. Siamo di fronte a un esperimento epocale… ma le cavie sono i nostri figli. Ecco perché molti esperti suggeriscono di offrire questi dispositivi ai bambini con grande cautela.


Non si tratta di intrattenimenti indispensabili per i piccoli, quindi - volendo - si può decidere di non correre rischi (evitando o riducendo al minimo le esperienze digitali), dato che gli effetti collaterali non sono certi, ma non sono neppure esclusi.


Videogiochi che passione

Perché i videogiochi piacciono tanto alla maggior parte dei bambini che li usano? Perché è così difficile regolamentarne l’utilizzo e una delle più frequenti cause di discussione tra genitori e figli è proprio la fatica di interrompere il gioco?


In parte, c’è da dire, oggi i videogiochi sono così ben fatti, con una grafica tanto realistica e accattivante, che diventa davvero difficile limitarsi e staccarsi dal gioco. Inoltre, molti giochi sono strutturati in modo che i bambini/ragazzini affrontino degli avversari in tempo reale (si gioca online con persone conosciute o più spesso sconosciute), la competizione è realistica e reale, abbandonare il campo significa perdere la sfida in corso e punti nella classifica generale. Non si può semplicemente mettere in pausa o stabilire che dopo 15 minuti si interrompe il gioco, magari in un momento cruciale…


Ma non è solo questo. Certo, i videogiochi sono pensati e progettati in maniera da tenere i bambini incollati allo schermo, ma c’è anche un motivo profondo, qualcosa che coinvolge direttamente il cervello di chi sta videgiocando:


È stato provato che l’utilizzo interattivo della tecnologia stimola la parte destra del cervello – la zona predisposta all’emotività – e genera uno stato di eccitazione alquanto piacevole, una sorta di ebrezza leggera. (…) è difficile staccare la spina soprattutto quando l’emotività si è attestata su un livello medio-alto.18


Secondo il direttore del Centro sulla salute infantile dell’Ospedale Pediatrico di Boston “molte app per bambini sono progettate in modo tale da stimolare il rilascio di dopamina – così spingono i bambini a continuare a giocare – offrendo premi o figure eccitanti a sorpresa”19.

Il pedagogista Daniele Novara segnala: “Il digitale dà dipendenza: occorre prestare attenzione ai segnali, che possono presentarsi anche in età infantile, e che rivelano una sorta di crisi di astinenza: il bambino che piange disperato se non guarda la tv prima di andare a scuola, il preadolescente che può diventare violento se gli si nega l’accesso al videogioco”20.


D’altronde è lì da vedere: buona parte dei bambini/ragazzini che videogiocano interrompe malvolentieri questa attività e molte liti in famiglia sono legate alle difficoltà incontrate nel porre dei limiti all’intrattenimento tecnologico. È una reazione particolare, che non si verifica con altri giochi, per quanto amati dai bambini. Credo non sia frequente sentire genitori che si lamentano perché il loro bambino diventa aggressivo se gli si negano i puzzle o perché le costruzioni sono diventate un chiodo fisso che impedisce qualunque altra attività…


Sempre più spesso si sentono invece usare termini quali “abuso” e “dipendenza” riferiti alla tecnologia, proprio come per le sostanze stupefacenti e l’alcol. Goleman scrive:


Considerando le situazioni estreme, a Taiwan, in Corea e in altri Paesi asiatici la dipendenza giovanile da Internet, cioè da giochi online, social media e realtà virtuali, viene vista come una crisi sanitaria nazionale, caratterizzata dall’insorgere di fenomeni di isolamento fra i giovani.


Circa l’8 per cento dei videogiocatori americani fra gli otto e i diciotto anni sembra rispondere a criteri diagnostici di dipendenza stabiliti dalla psichiatria; le analisi del loro cervello, inoltre, mostrano che, durante il gioco, nei loro sistemi neurali di gratificazione si verificano cambiamenti simili a quelli riscontrati in chi fa abuso di alcol e sostanze stupefacenti.21


Per restare a casa nostra, nel 2009, presso il Policlinico Gemelli di Roma, ha aperto il primo Ambulatorio per la dipendenza da internet, che garantisce assistenza psicologica e terapie di gruppo per i genitori dei nativi digitali dipendenti dalla rete.

Regole su misura per ogni bambino

Ci sono famiglie che hanno consentito l’uso dei videogiochi a partire dall’età scolare, e famiglie che hanno rimandato questa forma di intrattenimento verso il decimo compleanno dopo un’infanzia dedicata ai giochi tradizionali. Una volta stabilito il momento giusto, i genitori sono chiamati a individuare alcune semplici regole di gestione – tempistica, momenti della giornata, situazioni (in casa, fuori casa, quando si è in compagnia di parenti e amici) –, ma soprattutto devono osservare il bambino/ragazzino per capire come si relaziona con la tecnologia: ogni bambino è diverso e le indicazioni di mamma e papà dovranno tenere conto delle sue reazioni e inclinazioni. C’è il bambino che videogioca mezz’ora al giorno o che si ricorda della console una volta alla settimana e ci sono i bambini a cui il tempo trascorso videogiocando non basta mai e per cui questo diventa ben presto il divertimento preferito. Ci sono anche famiglie in cui i videogiochi si trasformano in un problema, in una fonte di continue discussioni, rimproveri, punizioni e nervosismi. In quest’ultimo caso, se si vede che la tecnologia esercita un’attrazione troppo intensa verso il bambino, si può decidere di rimandare l’appuntamento con il mondo digitale in un momento successivo. Educare un figlio vuol dire anche tornare indietro se si constata che quella intrapresa non è la strada migliore per lui. E sempre osservare, ascoltare, sintonizzarsi con lui per trovare le soluzioni più indicate in base all’età, alla sua sensibilità, al momento…

Senza videogiochi, perché no?

Concludendo. I videogiochi costano parecchio. Però una buona notizia c’è. I bambini possono crescere benissimo senza videogiocare.


O, se a voi fa piacere, videogiocando pochissimo, magari solo quando si trovano in visita a casa di parenti e amici che sono forniti di playstation e simili. E non temete che crescano con qualche carenza rispetto ai coetanei videogiocanti. Ragazzini che non hanno mai posseduto una console prendono confidenza con il joystick e imparano a videogiocare nell’arco di un pomeriggio!


Se poi parliamo di bambini molto piccoli, in età prescolare, non solo crescono bene anche senza giocare con tablet, pc o smartphone, ma crescono addirittura meglio.

Quando la tecnologia fa la parte del leone

Il monito degli esperti, pediatri e psicologi, è quello di moderare l’utilizzo della tecnologia nell’infanzia, affinché questo tipo di intrattenimenti non prenda il sopravvento sulle altre attività – giocare da soli e con i coetanei, leggere, fare passeggiate, sognare ad occhi aperti, annoiarsi (sì, c’è bisogno anche di qualche sano momento di noia per stimolare la fantasia e la creatività) – che sono fondamentali per il benessere dei bambini e per uno sviluppo psicofisico equilibrato.


Fin qui tutto bene. Tutto molto sensato. Non a caso, l’opinione comune è che se usata bene, senza eccessi, la tecnologia (intesa come l’insieme di internet, videogiochi, chat, video) non debba essere demonizzata o considerata dannosa. Certo, siamo tutti d’accordo… in teoria.


Ma poi, nella pratica, è assodato che gli accessori tecnologici esercitano un fascino molto, molto intenso, e quando un bambino sta videogiocando o chattando o guardando video su youtube le ore scorrono via veloci, senza che se ne renda conto. È assai raro che un ragazzino, completamente assorbito dall’emozionante avventura del suo videogioco, spenga tutto dopo mezz’ora per il desiderio di leggere un libro. Com’è ovvio, non stiamo dicendo che questo non possa accadere. I bambini sono tutti diversi, unici e speciali, e generalizzare non si può e non si deve. Possiamo però affermare con certezza che questa purtroppo non è la norma. Nella maggior parte dei casi, infatti, la tecnologia – con il suo fascino prepotente e irresistibile – sconfina e fa la parte del leone.

Se avete stabilito che i vostri bambini possono usare questi strumenti, forse può essere utile fare una verifica, se non siete già soliti tenere i tempi sotto controllo, per valutare quanta parte del loro (prezioso) tempo libero è dedicata alla tecnologia e quanta parte alle altre attività. Alcuni ricercatori hanno evidenziato un’interessante anomalia: i genitori tendono a sottostimare il tempo che i figli riservano a televisione e videogiochi. Questo fenomeno si spiega solo in parte con il fatto che i bambini si dedicano a queste attività quando il genitore è al lavoro, e quindi non ha sotto controllo la situazione; riguarda infatti anche i genitori che sono a casa con i bambini. Semplicemente, a volte abbiamo l’impressione che sia trascorso un certo lasso di tempo, ma la nostra stima è poco precisa.


Se siete curiosi di quantificare con precisione il tempo tecnologico dei vostri bambini potete provare a rispondere a queste domande (tenendo sotto controllo e annotando per un periodo giorni e orari): quante volte alla settimana utilizzano strumenti tecnologici e per quanto tempo complessivo? Se l’utilizzo è quotidiano, per quanti minuti/ore al giorno?


Se poi desiderate un quadro completo, per confrontare il tempo investito nelle varie attività tecnologiche e non, potete compilare le pagine che seguono!22

Quando la tecnologia non lascia tempi vuoti

I bambini moderni hanno poco tempo libero. Non solo sono molto impegnati fuori casa, perché alle ore trascorse a scuola si aggiungono quelle dedicate a corsi e attività extrascolastiche, ma quando sono in casa, spesso, televisione e videogiochi riempiono le poche ore libere rimaste prima di cenare e andare a dormire. Il risultato è che non restano “tempi morti”, momenti liberi, in cui il bambino non abbia nulla da fare e possa quindi rielaborare le esperienze e le emozioni della giornata. Per i bambini però questi momenti di pausa – in cui lasciar sedimentare quello che si è fatto, visto, appreso, provato, sperimentato – sono molto importanti. Servono tempi “vuoti” da riempire di pensieri, fantasie, relax, sogni ad occhi aperti.

Quante volte alla settimana?

Compilando questa tabella è possibile registrare di giorno in giorno a quali attività si è dedicato il bambino. Alla fine della settimana avrete un quadro della frequenza con cui vengono svolte le varie attività.



Lunedì
Martedì Mercoledì Giovedì Venerdì Sabato Domenica
Televisione
Videogiochi
Lettura
Gioco all'aria aperta
Gioco con genitore
Relax

Quante ore al giorno?

Annotate di fianco ad ogni immagine il tempo che è stato dedicato all’attività nel corso della giornata (potete registare il tempo complessivo o specificare gli orari, dalle ore alle ore)

Gioco libero (giocare, disegnare, colorare, fare lavoretti, ecc.), da soli o con i fratelli

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Gioco con mamma e papà

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Lettura (di libri, fumetti, giornali)

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Gioco all’aria aperta

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Televisione

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Videogiochi (con qualunque supporto, console, tablet, smartphone)

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Relax (quando il bambino non fa nulla, si riposa, si guarda intorno, fantastica, sogna ad occhi aperti)

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La tecnologia come baby sitter?

Fino a pochi anni fa il problema era la televisione. Bambini parcheggiati davanti al teleschermo per ore, perché da soli in casa o affidati a una baby sitter poco attenta e propositiva. E ancora, bambini molto piccoli intrattenuti dalla tivù perché mamma e papà possano sbrigare commissioni e lavori domestici23. Ora l’attenzione si sposta sulla tecnologia. Bambini piccini che si incantano davanti a un’applicazione, che smanettano con il touch di tablet e telefonini. Ancora più comodo della televisione, dato che questi accessori sono in formato maneggevole e si possono sfruttare anche fuori casa.


La tentazione per i genitori di oggi, sempre più impegnati, sempre più di corsa, sempre più stanchi e stressati, e spesso molto soli ad occuparsi dell’educazione e della crescita dei figli, è forte.


E la tecnologia funziona, caspita se funziona. Il bambino se ne sta zitto e buono, fermo fermo, muove giusto i pollici. Non ha bisogno di un genitore accanto, non chiede aiuto, conferme, risposte. Per silenziare un bambino è perfetta. Fin troppo, non credete? Cito ancora una volta le parole del pediatra Tommaso Montini:


Un video, tablet, computer o televisione che sia, ha il potere immenso di ipnotizzare il bambino e bloccarlo. Straordinario! Niente più rischio che si faccia male, niente più capricci, niente più richieste… niente più bambino!24


Qualcuno potrebbe obiettare che usata qualche volta non fa male. Ma quanto è “qualche volta”? Quando il bambino scopre questo tipo di intrattenimento diviene soggetto attivo, non è più solo il genitore che propone, ma è lui che lo chiede. E le situazioni in cui si ripiega sulla tecnologia si moltiplicano. È un problema? Dipende.


Se non restano occasioni per spiegare al bambino che a volte è necessario aspettare, perché la mamma è impegnata in un’altra occupazione e quindi per allenarsi alla pazienza e al rispetto delle esigenze altrui25, se non restano occasioni per coinvolgere attivamente il bambino, ad esempio nella preparazione della cena, affidandogli piccoli incarichi adatti all’età, se non restano occasioni per inventarsi una storia o una canzoncina da cantare insieme, stonando e ridendo, per intrattenere e coinvolgere il piccolo… Allora forse sì, per quei genitori che vogliono fornire stimoli positivi, rendere partecipi ed educare i figli, il facile ripiego della tecnologia potrebbe essere un problema. C’è il rischio di perdere delle belle opportunità. Si fa meno fatica, certo. Ma si dà e si riceve meno.

Bambini ben educati o sedati?

Siedono in silenzio, con gli occhi fissi sullo schermo. Quando arriva la loro portata mangiano rapidamente e poi tornano a fissare lo schermo. È diventata una scena abbastanza comune nei ristoranti: gli adulti chiacchierano e mangiano tranquilli, i bambini giocano con tablet, videogiochi e smartphone. Grazie alla tecnologia non c’è bisogno di accelerare i tempi per evitare che i bambini si stanchino di restare seduti, non c’è bisogno di invitarli a partecipare alla conversazione, di rispondere alle loro domande, di ricordare loro di non alzarsi da tavola e non urlare per non creare confusione (sì, insomma le buone norme da seguire quando si è in un locale pubblico)26. Riassumendo, si potrebbe quasi dire che non c’è più bisogno di fare i genitori…


Ma quei bambini così silenziosi, immersi in un mondo tutto loro, estraniati dalla realtà che li circonda, fanno un po’ impressione. Viene nostalgia di quelle belle tavolate allegre, dove i bambini fanno i bambini, ovvero chiacchierano, sovente a più non posso, chiedono quando arriva il cibo, si lamentano perché hanno fame, ridono, scherzano e salutano i vicini di tavolo.

Forse spegnere i bambini non è una buona idea. Se pensiamo che poi quando saranno adolescenti saremo noi a chiedere – spesso inutilmente – di mettere via il telefonino e di ascoltarci e parlare un po’ con noi…

Bambini online

Quando tornare indietro ha un senso, state andando avanti.
Wendell Berry

Credo che nessun genitore si sognerebbe di lasciare vagare suo figlio, da solo, per le vie di una città sconosciuta. Però sono in aumento i bambini che sin da piccoli hanno accesso a internet, quando la rete, in fondo, altro non è che, una grande, smisurata città sconosciuta, dove possiamo trovare tante cose belle e buone (risorse valide e utili) e altrettante inutili, antieducative o addirittura estremamente pericolose.


Secondo i dati della ricerca EU Kids Online che ha coinvolto più di 25mila bambini e adolescenti di età compresa tra 9 e 16 anni, l’Italia registra un dato più alto della media europea per l’accesso a internet dalla propria camera senza la supervisione di un adulto. Se consideriamo che anche la media europea non è incoraggiante…


meno del 33% dei genitori dice di controllare i siti che vengono visitati dai propri bambini e solo il 28% in Europa fa uso del parental control o di altri software che bloccano la fruizione di contenuti inappropriati da parte dei bambini.27


E ancora, emerge qualche (serio) problema di consapevolezza dei genitori a proposito dei rischi corsi dai loro figli online:


Tra i genitori dei bambini che dichiarano di aver visto online immagini a sfondo sessuale, il 40% esclude che ciò possa essere avvenuto. Per i genitori italiani il dato sale al 54%, il più alto d’Europa. Il 56% dei genitori di ragazzi che hanno ricevuto online messaggi offensivi non ne sono a conoscenza, in Italia sono addirittura l’81%. Il 61% dei genitori non sa che i propri figli hanno incontrato persone conosciute online (il 67% in Italia).28


La buona notizia, ancora una volta, è che i bambini non hanno bisogno di navigare in internet.


Se però decidete di far usare internet ai vostri bambini… accompagnateli! Il web è dietro uno schermo, ma è un mondo vero, fatto di persone buone e cattive, ricco di proposte buone e cattive, e soprattutto è un luogo popolato da adulti, sicuramente non a misura di bambino e meno che mai di bambini che si muovono senza la guida e la protezione di un adulto.

Per i genitori di figli adolescenti

Per i genitori di figli adolescenti che muovono i primi passi nel mondo di internet (e per i genitori di bambini che vogliono documentarsi con un buon anticipo), segnalo due documenti della Società Italiana di Pediatria (SIP)29: Consigli per tutelare la sicurezza online delle famiglie che la SIP ha realizzato in collaborazione con Google e con il sostegno della Polizia Postale e delle Comunicazioni e Facebook e twitter, come navigare in sicurezza. Anche il Telefono Azzurro ha riassunto in una guida una serie di suggerimenti per i genitori: Guida alla navigazione sicura per i genitori30.


Per conoscere meglio i rischi che un adolescente può correre nel mondo digitale, suggerisco la lettura del libro di Ilaria Caprioglio che ha dedicato molte pagine proprio a questo argomento: Adolescenza. Genitori e figli in trasformazione (Il leone verde, 2015).


Un capitolo impopolare

Ebbene, lo so. Questo capitolo ha buone, o meglio ottime, probabilità di conquistare il podio dell’impopolarità. L’affermazione che la tecnologia, strumento dalle incredibili potenzialità e utilissimo per la maggior parte degli adulti, può benissimo essere conosciuta31 ma non utilizzata dai bambini (e a maggior ragione dai bambini piccoli), troverà molti critici. È anche giusto che sia così, perché ogni famiglia è diversa e ogni genitore deve riflettere, valutare e individuare la sua strada; che non necessariamente sarà uguale a quella di un altro genitore. Nella sezione Voci di mamma e papà di questo capitolo, ad esempio, si trovano formule differenti adottate dalle famiglie per gestire il rapporto tecnologia-bambini. Tuttavia, proprio perché non esistono soluzioni giuste a priori, percorsi obbligati che tutti devono percorrere in nome del “così fan tutti”, non è detto che il nostro piccolo debba smanettare su youtube o videogiocare tutti i giorni solo perché altri bambini lo fanno. A ognuno la sua strada!


I bambini e lo smartphone

Il cellulare è un altro accessorio da adulti, che sempre più sta entrando nel mondo dei bambini. Secondo un’indagine condotta nel 2012 da Eurispes e Telefono Azzurro, su un campione di 1.100 bambini (di età compresa tra 7 e 11 anni): il 44,4% entra in possesso di un cellulare tra i 9 e gli 11 anni, ma il 17,6% è proprietario di un telefono già a 7 anni e l’8,6% lo ha ricevuto prima del settimo compleanno32.


Se il cellulare è uno smartphone, significa che il bambino non ha in mano soltanto un telefono, ma anche una videocamera con cui scattare foto e realizzare video, uno strumento con cui videogiocare e soprattutto un computer con connessione a internet. Un solo accessorio che racchiude molti servizi, ma anche tutti i rischi legati al mondo digitale. Più difficile da tenere sotto controllo da parte dei genitori (verificare il tempo trascorso videogiocando con una console è più immediato, così come supervisionare l’eventuale navigazione su pc) e più difficile da riporre per dedicarsi ad altro, per il bambino.


Non c’è bisogno di segnalare qui i costi dei cellulari. Ci sono noti a sufficienza. All’investimento iniziale dobbiamo poi aggiungere i consumi successivi: la più economica delle tariffe fisse prevede una spesa annua di almeno 120 euro.


Ma davvero ai bambini serve un cellulare? E soprattutto ai bambini di 7 o 8 anni che raramente, se non mai, si muovono per la città da soli, che trascorrono il loro tempo a scuola (dove in caso di bisogno le insegnanti utilizzano il telefono fisso dell’istituto per contattare i genitori) e quando sono a casa possono usare il telefono fisso?


Qui ogni famiglia, in base alla sua realtà, dovrà dare la propria risposta. Di seguito riportiamo alcune informazioni che potrebbero risultare interessanti per i genitori che stanno riflettendo sull’argomento.

Rischi per la salute

La notizia è dell’aprile 2014, ma ho l’impressione che non sia molto nota e che non le sia stato dato un gran risalto dai media. Nel corso di un convegno Sipps&Fimpaggiorna33 , la Società Italiana di Pediatria Preventiva e Sociale ha preso posizione ufficialmente a proposito delle onde elettromagnetiche, dichiarando che l’uso dei cellulari andrebbe vietato prima dei 10 anni. In quell’occasione la pediatra Maria Grazia Sapia ha segnalato:


Gli effetti nocivi per la salute sono sempre più evidenti, alcuni legati agli effetti termici: l’interazione di un campo elettromagnetico con un sistema biologico provoca aumento, localizzato per quanto riguarda i telefonini, della temperatura attivando il sistema naturale del nostro organismo. Quando le esposizioni sono molto intense e prolungate possono superare il meccanismo di termoregolazione portando a morte le cellule con necrosi dei tessuti.34


Il presidente della SIPPS, Giuseppe Di Mauro conferma:


Ad oggi non conosciamo tutte le conseguenze legate all’uso dei cellulari, ma da un utilizzo eccessivo potrebbero scaturire una perdita di concentrazione e di memoria, oltre ad una minore capacità di apprendimento ed un aumento dell’aggressività e di disturbi del sonno.


Secondo la SIPPS è necessario creare “linee guida per limitare il più possibile l’uso dei telefonini ai bambini, evitandone totalmente l’uso prima dei 10 anni e limitandone, con le dovute precauzioni, l’uso dopo tale età. Il pediatra ha l’obbligo di aggiornarsi su questo argomento per essere più incisivo negli interventi di educazione e informazione, peculiari della sua professione, verso i genitori e i ragazzi stessi”.

Rischio tumore?

Un’altra informazione forse non abbastanza diffusa35 è che l’Agenzia Internazionale per la Ricerca sul Cancro (IARC), dell’Organizzazione Mondiale della Sanità, ha decretato già nel 2011 che esiste un rischio accresciuto in caso di utilizzo intensivo del telefonino36. Il cellulare, che è compreso nella voce “esposizione ai campi elettromagnetici a radiofrequenza”, è stato di conseguenza inserito nella categoria 2B della classificazione curata dall’Agenzia, tra i “possibili cangerogeni per l’uomo”37.


Già da tempo i produttori di telefonini si sono tutelati inserendo tra le istruzioni dei loro apparecchi l’avvertenza di tenere il telefono a una distanza di almeno un centimetro e mezzo dal corpo mentre si telefona. Una casa produttrice suggerisce una distanza di due centimetri e mezzo.


La questione è complessa: la diffusione del telefonino è relativamente recente e serve tempo per valutare le conseguenze a lungo termine sulla salute umana, gli studi compiuti fino ad oggi non hanno raggiunto risultati univoci, i conflitti di interesse non aiutano…38 Fatto sta che un uso intensivo, e con intensivo si intende circa mezz’ora al giorno per un periodo di dieci anni, può essere collegato a un aumento di rischio di glioma, un tumore al cervello39. E se rischio c’è, i più vulnerabili sono con certezza i bambini, dato che le loro ossa del cranio sono più sottili, le radiazioni riescono a penetrare più in profondità, e si teme una maggior sensibilità del loro cervello nei confronti di tali onde. Inoltre chi inizia a usare il cellulare da bambino/ragazzino ha di fronte un periodo molto più lungo di esposizione alle onde elettromagnetiche, rispetto a chi è diventato un utilizzatore da adulto.


La diffusione e l’uso massiccio del cellulare sono stati definiti un esperimento di vasta portata, visto l’enorme campione umano coinvolto. Ma i genitori ne sono informati? Perché non sono convinta che quando c’è in gioco la salute, sarebbero contenti di sapere che i loro figli sono le cavie…


In Belgio il governo ha deciso di tutelare la salute dei più piccoli, adottando alcune semplici misure come quella di vietare le pubblicità di cellulari rivolte ai minori e l’obbligo per i produttori e i venditori di informare i clienti circa i livelli di irradiamento del cellulare acquistato. Un passo doveroso, non fosse che per richiamare l’attenzione generale sull’esistenza di potenziali rischi.

Il Governo italiano, ad oggi, non ha promosso alcuna campagna ufficiale per tutelare i bambini40.

Per un uso sicuro del cellulare

Premesso il fatto che i bambini vivono benissimo senza possedere un telefonino, sicuramente capiterà nel corso dell’infanzia che anche i più piccoli usino un telefono per salutare la mamma che è al lavoro o chiacchierare per qualche minuto con un parente che abita lontano.


Se il bambino utilizza un apparecchio fisso, ovviamente non c’è alcun problema. Se viceversa il bambino deve usare un cellulare o un apparecchio che funziona con il wireless, la telefonata dovrebbe essere davvero brevissima. Ricordiamo che il monito degli esperti è di far usare il cellulare ai bambini “solo in casi di emergenza”.


Teniamo presenti, infine, i suggerimenti che vengono dati a tutti gli utilizzatori di cellulare (se valgono per gli adulti, ancor più dovrebbero essere osservati dai bambini):

  • ridurre l’uso del telefonino ai soli casi di necessità, preferire i messaggi alle telefonate;
  • per comunicare usare sempre l’auricolare (il cavo delle cuffiette deve essere schermato);
  • usare il telefonino solo dove la ricezione è buona (se la ricezione è debole, il cellulare deve usare più potenza e trasmette più radiazioni);
  • durante la telefonata tenere sempre l’apparecchio distante dal corpo (meglio non tenerlo aderente al corpo anche quando non è in uso);
  • quando non si sta usando, spegnere il cellulare o metterlo in modalità aereo (il cellulare emette radiazioni a intermittenza anche quando non si utilizza); questa indicazione ovviamente è valida anche se si dà il cellulare al bambino/ragazzino per fargli ascoltare musica o giocare;
  • spegnere sempre il cellulare quando si va a dormire, mai tenerlo acceso nel letto o sotto il cuscino.

Rischi psicologici e relazionali

Le conseguenze a livello emotivo di un uso intenso del cellulare sono anch’esse ormai note. Gli adolescenti con il telefono “sempre in mano”, quasi fosse un prolungamento del loro stesso corpo, sono tanti e credo che tutti abbiamo in mente qualche esempio.


Ed è così che il cellulare, nato come strumento di comunicazione, è diventato per molte famiglie un ostacolo potente alla comunicazione. Non è facile confrontarsi o anche solo scambiare due chiacchiere con qualcuno che ha gli occhi fissi sullo schermo, e mentre ti ascolta legge un SMS o risponde agli amici del gruppo sulla messaggeria.


Una forma di isolamento che di frequente riguarda anche i momenti in cui i ragazzini sono tra di loro. In gruppo, seduti uno accanto all’altro, ognuno con il cellulare in mano, impegnato a digitare. Sono insieme, ma non del tutto presenti, non al cento per cento. Il presidente della SIPPS, Giuseppe Di Mauro a questo proposito avverte:


Ritengo che i bambini non debbano usare il telefono cellulare o, se proprio i genitori non possono fare a meno di dare ai propri figli quest’oggetto, mi auguro che venga utilizzato per pochissimo tempo, evitando di passarci ore ed ore, scambiandosi SMS, chattando o navigando: sono numerosi i ragazzi che, pur stando uno vicino all’altro, non si parlano ma continuano a tenere lo sguardo fisso sul telefonino. Se non mettiamo un freno a questa vera e propria invasione dei cellulari tra i nostri piccoli, le nuove generazioni andranno sempre più verso un vero e proprio isolamento.41


Ma gli effetti di un uso frequente del cellulare non riguardano solo la relazione con gli altri. Secondo uno studio interessante, condotto presso la Kent State University in Ohio e pubblicato sulla rivista “Computers in Human Behavior”, un eccessivo attaccamento al cellulare rende i giovanissimi ansiosi e meno felici ed è collegato a un peggioramento nei risultati scolastici. In pratica, il tempo trascorso al cellulare risulta direttamente proporzionale ai livelli di ansia e insoddisfazione. Per quanto riguarda il rendimento scolastico, è evidente che il cellulare è una fonte di continua distrazione… Studenti deconcentrati ottengono risultati inferiori rispetto a chi riesce a staccarsi dal telefonino per dedicarsi alle materie scolastiche.


Una situazione complessa che la maggior parte dei genitori si trova ad affrontare nell’età dell’adolescenza; forse conviene non anticipare i tempi, evitando di dotare precocemente i propri bambini di cellulare?

Voci di mamma e papà

Premetto che nella mia famiglia non siamo videogiochi-dipendenti. L’unica console che abbiamo è quella che mio marito mi regalò il Natale in cui ero incinta, allegandoci una favola interattiva per “quando il pupo sarebbe cresciuto”. Devo dire che nei giorni di ozio della gravidanza ci ho giocato, ma da quando è nato Michele la console prende polvere vicino al televisore, e quel gioco preso per lui non è mai stato inaugurato. E questo non perché io e mio marito siamo contrari alla tecnologia: entrambi usiamo il computer e internet, sia per lavoro, sia per ricerca, curiosità, acquisti, sia per tenere qualche contatto con i social network; ultimamente abbiamo acquistato uno smartphone, e la sera guardiamo la televisione.


Semplicemente, non avendoci mai visti giocare con la console, Michele non sa nemmeno che esiste: anzi, un giorno che pioveva e non si poteva uscire, ho provato a proporgli di giocare con la famosa favola interattiva, ma lui ha risposto di no ed è andato a giocare con le costruzioni. Sono contenta così: io e mio marito preferiamo che sviluppi la manualità e la fantasia con giochi tradizionali, piuttosto che diventi abile con il pollice e il touch screen di un cellulare.


Purtroppo noto che i bambini che giocano con le console portatili o gli smartphone si chiudono molto in loro stessi, non giocano con gli altri, non comunicano con i genitori (molto spesso loro stessi intenti a telefonare o maneggiare smartphone o tablet).


I videogiochi entreranno prima o poi nella vita dei nostri figli, ma cercheremo di evitare che diventino indispensabili per giocare e divertirsi. I giocattoli tradizionali poi non passano mai di moda: mantengono inalterato il loro fascino, a dispetto del tempo e delle generazioni, e per me hanno una valenza educativa molto più profonda dei videogiochi. Inoltre, nelle belle giornate, è molto più bello giocare all’aria aperta con foglie, rami, sassi, magari con altri bambini conosciuti per caso: educazione, scoperta, creazione e socializzazione in un colpo solo!


Per quanto riguarda il telefonino, non esisterà mai che i nostri figli abbiano cellulari loro prima delle superiori. Se li dovranno comprare e mantenere, se vorranno, coi loro risparmi; devono imparare che la tecnologia è un utile mezzo di studio, lavoro e informazione, che però bisogna imparare bene a gestire. Può essere svago, a volte, ma non gioco…

Fabiana, mamma di Michele, 4 anni, Lucrezia, 11 mesi



Rifletto sulla frase, che spesso mi trovo anch’io a pronunciare, ogni qualvolta mio figlio piccolo stupisce i presenti con qualche “magia” tecnologica, ovvero “i bambini di oggi sono nati con la tecnologia in mano”. Più che altro con la tecnologia in mano ci siamo noi adulti tutto il giorno: per lavoro, per evasione, per comunicare, per leggere notizie, documentarci. I bambini ci imitano e credo si domandino quale meraviglia deve contenere quell’oggetto che gli adulti, i suoi modelli, tengono in mano cosi a lungo. I bambini ci danno enormi possibilità per riflettere sul nostro comportamento, proviamo a tenere in mano più spesso un libro… sarà quello il loro oggetto del desiderio!

Giorgia, mamma di Gaia, 5 anni, Pietro, 19 mesi



La tecnologia deve essere complementare con la vita quotidiana e non deve invadere gli spazi. Nel senso che prima vengono le relazioni umane. Se siamo con amici si gioca, si parla, si ride e scherza, non si prende il tablet, né si accende la Tv. Il primo esempio viene da noi genitori. Ci sono momenti per la tecnologia e momenti no. Bisogna stare attenti, perché la tecnologia tende ad isolarci e sinceramente non mi piacerebbe che mia figlia ne fosse totalmente inghiottita…

Ilaria, mamma di Ginevra, 4 anni



Ho notato che la tecnologia crea nei bambini, ma credo anche negli adulti, una sorta di dipendenza! Io avevo un tablet e Filippo l’ha sempre usato: piccoli giochi, canzoncine, video. Me lo chiedeva in continuazione, molte volte nella giornata! Appena si annoiava un po’ me lo chiedeva. Poi il tablet è caduto e si è rotto lo schermo e per molto tempo non l’abbiamo riparato. Dopo le prime richieste, in cui gli abbiamo spiegato che era rotto, poi non l’ha mai più chiesto. La stessa cosa è successa da poco con la televisione: si è rotta e non la faremo riparare perché ormai ci siamo de-tecnologizzati ed abbiamo scoperto che la sera ci sono tante altre cose divertenti da fare insieme!

Emilia, mamma di Filippo, 2 anni



Non demonizzo la tecnologia, ma finora i miei figli (ovviamente i due “grandi”) hanno usato smartphone, tablet o computer solo per guardare i cartoni senza pubblicità e in orari stabiliti e concordati. Non credo che sia sbagliato abituarli a usare gli strumenti che hanno intorno, ma non mi piace l’idea che ci passino troppo tempo. Meglio giocare all’aria aperta o, se non si può, scatenare la fantasia con materiale di recupero o giochi da inventare. Per fortuna entrambi i grandi sono amanti dei libri!

Giulia, mamma di Chiara, 4 anni, Simone, 2 anni, Michele, 8 mesi



Matteo ha avuto il suo primo tablet al settimo compleanno. Solo dopo abbiamo avuto il certificato per disgrafia e disortografia: utilizzare il tablet, con un buon correttore e programmi adatti è molto positivo per lui perché rappresenta il suo futuro. Mi piace poter essere io a insegnargli come utilizzare in maniera costruttiva ogni cosa. Anche la tecnologia.

Mariaelena, mamma di Matteo, 8 anni


Mezz’ora al giorno, più nel fine settimana, per giocare o con la play o con il clempad (un tablet per bambini) o col nintendo. La regola è che prima dei videogiochi si deve avere giocato almeno altrettanto fuori, estate o inverno che sia.

Lisa, mamma di Matteo, 9 anni, Anna, 6 anni



Io non demonizzo nulla, ma offro alternative migliori (a mio avviso) a qualsiasi device. Lavoretti, natura, libri e giochi di qualità. Tra un bel progetto/lavoretto e la Tv/tablet sceglie sempre la prima opzione.

Raffaella, mamma di Carlotta, 6 anni



La tecnologia? La evito. Lavoro quotidianamente con il mondo internet/web/applicazioni e quello di cui veramente c’è bisogno sul lavoro è la creatività, uscire dagli schemi e trovare soluzioni nuove. Imparare ad usare interfacce o applicazioni è banale e infatti qualsiasi bambino riesce nel giro di poco a capirne il funzionamento. Non credo affatto che un bambino che non usa app “resti indietro”. Al contrario i bambini che non hanno possibilità di gioco libero hanno più difficoltà a trovare soluzioni in modo autonomo se non hanno a disposizione percorsi già definiti.

Federica, mamma di Gabriele, 4 anni



Noi abbiamo scelto di non avere la Tv perché penso non sia utile e che non trasmetta nulla di positivo, per come è fatta oggi. Però abbiamo un pc portatile e ogni tanto le bambine possono vedere video di cartoni animati (scelti assieme) o altri video che le interessano. Trovo utile anche il poter fare ricerche su temi che interessano loro (per esempio la vita degli animali) su internet, sempre con la supervisione di uno di noi genitori. Il cellulare preferisco che non lo usino se non per brevi saluti ai nonni o ai cugini, idem lo smartphone (ne ha uno mio marito) che viene usato solo molto saltuariamente in auto per cercare canzoncine che possano intrattenerle un po’ se si sono stancate dei cd. Per Lorenzo trovo sia troppo presto per tutto ciò.

Daria, mamma di Alice, 7 anni, Elena, 4 anni, Lorenzo, 14 mesi


Per quanto riguarda il computer, lo usa abbastanza raramente con suo padre per vedere dei video in inglese. Il tablet e il cellulare invece non voglio che li usi: gli spiego il perché, che fanno molto male. Quando siamo fuori casa, per intrattenerlo ce la caviamo con libri (che lui adora), colori, stickers. Spero che la situazione non precipiti con il suo crescere… Purtroppo la tecnologia zero non è generalmente possibile e tutti i buoni propositi che avevo alla sua nascita hanno dovuto fare i conti con la triste realtà. Per esempio il wi-fi, che sappiamo fare malissimo: avrei voluto eliminare il nostro, ma in camera da letto il segnale del nostro non arriva neanche molto bene, mentre abbiamo piazzato sulle nostre teste – al di là della parete – quello bello potente del nostro vicino…

Ingrid, mamma di Helmut, 3 anni



Avevo molti buoni propositi in mente (niente cellulare, pochissimo internet, poca Tv) poi arrivano alla fatidica adolescenza…. Cambia tutto! Il cellulare gliel’ha regalato il padre a 12 anni. Il tablet noi per la cresima. Durante l’anno scolastico la console è temporizzata (un’ora e mezza). In estate accesso più lungo. Per fortuna ha la passione del disegno…

Iole, mamma di Silvia, 14 anni



Penso dipenda anche tanto dal carattere… i miei bimbi non giocano con i nostri cellulari e macchine fotografiche. Il tablet era mio, ma mio marito ha creato un profilo dedicato ai bimbi. Lui lo adora, a lei non interessa. Anche per la televisione, lui ci passerebbe ore, lei dopo un po’ si stufa. Vedo che il nostro approccio è uguale ma a lui dobbiamo porre dei limiti perché caratterialmente è meno “dinamico” di lei, e la tecnologia lo attira molto.

Irene, mamma di Diego, 4 anni, Adele, 2 anni



Scrivo testi teatrali per bambini e da anni giro per le scuole, dell’infanzia e primaria, mettendo in scena i miei spettacoli (La Bottega di Will- Cuori di Mamma). Le tematiche che tratto sono davvero tante, ma quella che più mi sta a cuore, e che sento estremamente necessaria e urgente, è quella sulla Fantasia. Incontro tanti bambini e la situazione ci sta sfuggendo di mano: in pochi anni i cellulari e i tablet sono arrivati anche alle elementari e sono ben tollerati da insegnanti e istituti scolastici in genere. Negli spettacoli che propongo c’è sempre un momento in cui i piccini vengono chiamati sul palco per inventare una piccola storia o semplicemente per dar sfogo alla loro immaginazione. Ebbene, più passano gli anni e più i piccoli fanno fatica ad immaginare qualcosa di diverso dal “preconfezionato”. Sì, perché se è vero che loro sono i nativi digitali, se è vero che non dobbiamo demonizzare il nuovo che avanza è pur vero che ai nostri figli offriamo sempre più “Fantasia da centro commerciale”, roba già fatta, pensata da qualcun altro, impacchettata e servita a loro, i nuovi uomini e le nuove donne. Non è vero che i bimbi imparano davanti alla Tv, semmai disimparano tutte le attività sociali, manuali e di pensiero che hanno naturalmente insite in loro o che hanno acquisito. Provate a guardare un bambino davanti alla Tv e osservatelo poi insieme ad altri bambini al parco, ad esempio. I videogiochi poi, spesso, sostituiscono gli amici, i libri o mamma e papà. L’impegno, comunque, resta sempre quello dei genitori, che dovrebbero dare l’esempio, limitando a loro volta l’uso di pc e smartphone.

Teresa, mamma di Filippo, 3 anni



Non utilizziamo il cellulare in loro presenza, sanno che cos’è ma non li abbiamo mai fatti parlare con nessuno tramite cellulare, pur avendo tutti i parenti lontani (viva il telefono fisso!). Videogiochi e strumenti simili ovviamente ancora no… bicicletta, monopattini e passeggiate sì!

Paola, mamma di Sammy, 5 anni, Chris, 3 anni



I videogiochi ci stavano rovinando le giornate. Paolo giocava con il tablet a un gioco per cui era necessaria la sua “presenza” più volte al giorno, doveva tenere d’occhio i suoi possedimenti, accumulare punti per migliorare la sua situazione nel gioco. La regola di mezz’ora al giorno non si adattava in alcun modo a questo tipo di gioco, per cui non solo cercava di giocare di nascosto (cosa molto grave), ma il suo pensiero era tendenzialmente sempre lì. Proteste, rimproveri, urla, discussioni… Finché ci siamo fermati un attimo a riflettere. Tutto quel disagio, suo e nostro, per un videogioco? Abbiamo messo via il tablet e stop. Ne riparleremo quando sarà più grande e forse riuscirà a gestirsi meglio.

Ester, mamma di Paolo, 9 anni



Questo sì che è un argomento che mi preoccupa. Mio figlio vorrebbe sempre guardare foto e video di lui e altri bimbi dal mio cellulare e da quello delle nonne (che concedono per non sentirlo urlare e piangere). Io quindi lo nascondo dalla sua vista e tengo la vibrazione. Un limite non da poco perché non sono molto raggiungibile, ma è l’unica via che vedo possibile per limitare questa sua dipendenza. Inoltre fin da piccolo gli facevo ascoltare canzoncine mimate in inglese. Lui le adora ma se glielo concedo per mezz’oretta poi fa crisi isteriche nel momento del time out. Sto sbagliando qualcosa? So per certo che le radiazioni del cellulare fanno male e la luce del tablet rende nervosi e iperattivi.

Valeria, mamma di Giacomo, 22 mesi



Lotta continua per cercare di limitare l’uso. Ormai si passa da Tv a videogiochi a video su internet… Con me che sembro il coniglio di Alice nel paese delle meraviglie che tiene il tempo. L’unica è portarli fuori casa. Vedo che pian piano stanno perdendo i loro hobby manuali (costruzioni, disegni…), sembra non sappiano fare più nulla. Molto triste.

Anna, mamma di Alessandro, 13 anni, Lorenzo, 10 anni

Bebè a costo zero crescono
Bebè a costo zero crescono
Giorgia Cozza
Meno oggetti e più affetti per crescere felici dalla prima infanzia alle soglie dell’adolescenza.Una guida al consumo critico, con consigli pratici per crescere bambini sereni, imparando a distinguere tra vere esigenze e bisogni indotti dal consumismo. Per un figlio, solo il meglio. Ma cos’è il meglio per un bambino?Giorgia Cozza risponde alla domanda che era stata il punto di partenza di Bebè a costo zero, la guida al consumo critico per futuri e neogenitori.Ora, in Bebè a costo zero crescono l’attenzione si sposta sui bambini più grandi, a partire dai 2 anni di età, fino alle soglie dell’adolescenza, perché se accogliere un bimbo a costo pressoché zero è possibile, è possibile anche crescerlo serenamente senza affrontare continue spese. L’ebook di questo libro è certificato dalla Fondazione Libri Italiani Accessibili (LIA) come accessibili da parte di persone cieche e ipovedenti. Conosci l’autore Giorgia Cozza è una mamma-giornalista, specializzata nel settore materno-infantile, autrice di libri per bambini e numerosi manuali per genitori, divenuti un importante punto di riferimento per tante famiglie in Italia e all’estero.È stata relatrice in numerosi congressi per genitori e operatori del settore e ospite di trasmissioni televisive per rispondere a quesiti legati all’accudimento dei bimbi e a uno stile genitoriale ecocompatibile.