CAPITOLO V

Bambini, televisione e pubblicità

Perché affrontiamo il discorso sulla televisione in un libro che parla di consumo critico e acquisti? Perché la televisione è presente nella maggior parte delle case e i bambini entrano presto in contatto con questo strumento. E poi perché la televisione è il veicolo principale con cui la pubblicità raggiunge genitori e figli influenzando, spesso in modo determinante, lo stile di consumo delle famiglie.


L’argomento è complesso e, diciamo la verità, non facile da trattare. Il rischio di risultare impopolari, suggerendo di porre dei limiti all’uso della televisione, è elevato; sia perché questa riflessione può cozzare con le consuetudini radicate della famiglia, sia perché oggi è considerato politicamente scorretto parlare male della televisione. Pare quasi che, per essere moderni, ci si debba limitare a un generico giudizio di neutralità, accogliendo il detto secondo cui “la televisione non è né buona, né cattiva, dipende dall’uso che se ne fa”. In realtà le cose non stanno esattamente così. La televisione non è un elettrodomestico come gli altri, non è affatto un accessorio neutro. E se a usarla sono i bambini, credo sia opportuno approfondire l’argomento.


Nei paragrafi che seguono troverete il pensiero di numerosi esperti che hanno studiato il rapporto tra infanzia e televisione. Vorrei specificare che tutte le osservazioni proposte hanno il valore di spunti di riflessione, e mai – sottolineo mai – sono intese come un giudizio nei confronti di chi fa scelte diverse. Ogni famiglia è un mondo a sé, ha le sue abitudini, le sue regole, le sue esigenze. Quando si parla di crescere un figlio non ci sono ricette o suggerimenti giusti a priori, uguali per tutti. Ma insieme, con l’aiuto degli studi compiuti negli ultimi decenni, possiamo ragionare, valutare e trovare la strada giusta per noi, quella che meglio si adatta alla realtà della nostra famiglia.

Televisione, un accessorio neutro?

La televisione influisce sulle azioni, i valori e le credenze di chi la guarda…
Paolo Landi

Una volta acceso, il televisore non è più un accessorio neutro. È una presenza che, a seconda della frequenza con cui viene usato, può avere effetti più o meno importanti. Anna Oliverio Ferraris, psicologa e psicoterapeuta, scrive:

Nessuno vuole pensare che la “scatola luminosa”, così efficace nel tenere tranquilli i nostri bambini, possa essere infida o pericolosa, eppure ci sono segnali che devono spingerci a riflettere. Con la sola forza delle immagini quella “scatola” ha il potere di imporre uno sconosciuto nello spazio di tre mesi e di farlo eleggere presidente di un paese: è accaduto in Brasile, nel 1989, con Collor de Mello.1


Dell’influenza televisiva si sono occupati numerosi studiosi, già a partire dalla metà del secolo scorso. Un nome noto è quello di George Gerbner che elaborò la teoria della “coltivazione” dopo aver studiato, tra gli anni Sessanta e Settanta, gli effetti della televisione sulla popolazione statunitense2. Gerbner evidenziò un effetto cumulativo dell’esposizione al mezzo televisivo (dall’infanzia all’età adulta, ecco perché si parla di coltivazione) che a lungo termine comporta un cambiamento nella percezione della realtà, modellando la visione del mondo dello spettatore.


Paolo Landi, esperto di comunicazione, afferma:


Qualunque cosa tu stia guardando in tv l’attività del tuo cervello cambia e prende una struttura caratteristica: il processo di apprendimento, la presa di coscienza dei dati e la loro applicazione spariscono. L’informazione entra e affonda direttamente nelle profondità della memoria, senza essere filtrata, senza essere analizzata, senza alcun legame tra l’“anima” di te che guardi e il mondo esterno.3


Insomma, la televisione è un mezzo di comunicazione estremamente potente; e la sua influenza è più forte nei confronti dei bambini, poiché le prime esperienze restano impresse e concorrono a formare la personalità.


Per la maggior parte dei bambini italiani, come pure per quelli di altri paesi, l’abitudine al teleschermo è precoce e, al pari di tutte le abitudini precoci, tende a radicarsi profondamente nella psiche individuale.4


Ancora Gerbner, a proposito dei bambini nati nell’era della televisione, afferma che “data la loro limitata esperienza diretta della realtà e le loro scarse conoscenze sul mondo, sono condizionati ancora più degli adulti dalla realtà filtrata attraverso la fiction televisiva”5.

Altri due studiosi, Popper e Condry, vent’anni fa sono stati ancora più categorici; Condry in particolare definì la televisione “una ladra di tempo che deruba i bambini di ore preziose, essenziali per imparare qualcosa sul mondo e sul posto che ciascuno vi occupa”. Ma la televisione, secondo Condry non è soltanto ladra, è anche bugiarda. “Guardando la televisione i bambini vi scorgono una fonte ragionevole di informazioni sul mondo. Questo non è vero, ma loro non hanno modo di capirlo. Per quel po’ di verità che la televisione comunica, c’è molto di falso e di distorto, sia in materia di valori sia di fatti reali”6.


Stefano Zecchi, ordinario di Estetica all’Università statale di Milano, riferendosi in particolare ai reality televisivi scrive:


È inutile fingere di non capire il problema: il nostro modo di pensare e di agire è determinato anche da ciò che si guarda, dallo spettacolo che si svolge davanti ai nostri occhi. Come si può credere che in questo processo di formazione la televisione non abbia una pesante responsabilità? Soprattutto nel mondo giovanile, molto più permeabile e disposto, rispetto a quello adulto, ad assorbire modelli di comportamento.7


Paolo Landi critica “il luogo comune che afferma: ma sì, in fondo la televisione non è che un mezzo di comunicazione come gli altri. Non è né buona né cattiva, dipende dall’uso che se ne fa”. E dichiara senza mezzi termini:


Certo, se la si lascia spesso spenta, non fa male. Ma se la si tiene sempre accesa, è sicuro che estrapolerà il peggio da noi stessi e ci precipiterà nella melassa, nell’orrore, nel pietismo, nel cinismo: tutto insieme nel breve lasso di tempo che va da una telenovela a un quiz a un telegiornale a una pubblicità.8


Già nel lontano 1971, alla voce “televisione”, l’enciclopedia I Quindici scriveva: “Come regola generale, dovete tener presente che l’idea della vita che si fa il bambino dipende molto da ciò che vede. Nel decidere la scelta dei programmi dovreste chiedervi: ‘È questa la concezione di vita che vorrei dare a mio figlio?’”9

Televisione e cultura

Secondo Omar Calabrese, studioso dei media ed esperto in comunicazione di massa, la televisione può influenzare negativamente la situazione culturale del nostro Paese: “Se non riusciremo a produrre un po’ di ecologia della mente diventeremo il paese con l’analfabetismo di ritorno più alto del mondo”10. Concorde il professor Zecchi che scrive:


Da alcuni anni i dati che ci forniscono le ricerche statistiche sul grado di istruzione e sulle modalità di apprendimento dei ragazzi sono allarmanti. Si sta verificando un calo vertiginoso dell’attitudine dei giovani a padroneggiare la cultura scritta e, d’altra parte, c’è un gradimento sempre più convinto dell’uso di strumenti informatici e tecnologici che comunicano sostanzialmente con le immagini. Ciò comporta nei giovani, oltre a reali difficoltà di lettura nei livelli scolastici in cui questo esercizio dovrebbe essere ormai affrontato con semplicità, una vera e propria diffidenza o disamore verso la pagina scritta.11


Drastica infine la posizione del filosofo tedesco Hans George Gadamer che ha dichiarato:


La televisione è la catena che tiene in stato di soggezione l’umanità. Le chiavi sono in mano dell’élite dell’informazione, il cui obiettivo è soltanto quello di ridurre in schiavitù l’umanità attraverso le immagini.


(…) Di fatto in televisione si sente soltanto una lingua ammaestrata, altoparlanti che non hanno la facoltà di parlare in proprio, ma riportano un fiume di parole indifferenziato e lubrificato. È ovvio che così la lingua si degrada, che la cultura si impoverisce12.

La tivù è adatta ai bambini?

Negli anni si è abbassata sempre di più l’età in cui si entra in contatto con la televisione. Oggi ci sono canali tematici dedicati che trasmettono cartoni animati per bambini molto piccoli. E pubblicità. Per bambini molto piccoli.


Il fatto che ci siano programmi e canali ad hoc non significa però che la televisione sia adatta ai piccolissimi. Proprio il contrario, difatti il monito degli esperti va in tutt’altra direzione. Associazioni di pediatri in vari Paesi raccomandano di non esporre il bimbo alla tivù al di sotto dei due anni e in generale di limitare il più possibile il tempo dedicato al televisore in età prescolare.


A proposito del limite dei due anni, John Medina, biologo molecolare specializzato nello studio di geni implicati nello sviluppo cerebrale, è categorico: “la giusta dose di Tv per un bambino sotto i due anni è pari a zero”13.


Prima di tutto, è bene precisare che un bimbo piccino non ha bisogno della televisione. La realtà che lo circonda è una fonte inesauribile di stimoli e scoperte, cui il mezzo televisivo non può aggiungere nulla di utile. È il funzionamento stesso della televisione che non si adatta ai piccoli: la velocità con cui si susseguono le immagini sullo schermo fa sì che i bimbi restino “incantati”, ma impedisce loro di comprendere quello che vedono e sentono.


Abbagliata da un eccesso di stimoli e di velocità, la mente infantile (e quella di alcuni bambini più di altri) ne risente: non riesce a concentrarsi, a collegare momenti diversi della narrazione, a simbolizzare e comprendere ciò che sta vedendo.14

Riflessione condivisa dal pediatra spagnolo Carlos González:


La televisione e gli altri teleschermi forniscono esperienze visuali completamente diverse rispetto a ciò che è normale vedere nella vita quotidiana, e non permettono al cervello di programmarsi in modo adeguato15.


Anche quando il bimbo è un po’ cresciuto la televisione andrebbe usata a piccolissime dosi. Collocare il piccolo davanti alla tivù per intrattenerlo dovrebbe essere un’eccezione, mai la regola16.


Questo perché, oltre a non essere particolarmente utile al bambino, il televisore può interferire negativamente con il suo benessere.


Lo psichiatra francese Serge Tisseron pone l’accento sui carichi emotivi che il bambino deve sostenere di fronte alle immagini televisive, e parla di “stress e saturazione emotiva”17.


Secondo vari studi c’è inoltre un collegamento tra l’esposizione alla tivù in età prescolare e un aumento del rischio per quanto riguarda possibili difficoltà di concentrazione:


Il primo studio che ha collegato televisione e disturbo da deficit di attenzione e iperattività è stato pubblicato nell’aprile del 2004. Stando alla ricerca condotta dal Children’s Hospital and Regional Medical Center di Seattle, ogni ora passata al giorno davanti alla televisione dai bambini in età prescolare aumenta del 10 per cento la possibilità che sviluppino problemi di concentrazione e altri sintomi tipici del disturbo da deficit di attenzione prima dei sette anni.18

Quando la tivù è causa di turbamento

A volte la televisione può interferire in modo pesante con la serenità del bambino.


Alberto Pellai, medico ricercatore in sanità pubblica all’istituto di igiene e medicina preventiva dell’Università degli Studi di Milano, porta ad esempio le notizie diffuse durante il conflitto armato in ex-Jugoslavia:


A volte, durante lo stesso telegiornale, ai bambini capita di assistere a scene che sfuggono alla capacità di controllo propria della loro natura emozionale. (…) In questi casi per i genitori diventa difficile riuscire ad aiutare il loro bambino. Il ricordo della visione traumatica può, infatti, essere stato depositato ad un livello talmente profondo da non dare segni di sé nella vita cosciente del bambino stesso. Però lo sconcerto c’è ed esiste e disturba, per esempio, il sonno del bambino, producendo incubi e, spesso, causando un’agitazione psicomotoria o una difficoltà all’attenzione ed alla concentrazione che costituiscono un chiaro segno che il bambino sta impegnando le proprie energie e risorse interiori per tenere a bada e sotto controllo qualcosa che, invece, continuamente tende a disturbarlo e ad emergere, riproducendo il trauma.19

Bambini più aggressivi?

Numerose ricerche hanno evidenziato un collegamento tra il tempo trascorso davanti al televisore e la manifestazione di atteggiamenti aggressivi20. A questo proposito, Antonio Marziale, sociologo, fondatore dell’Osservatorio dei Diritti dei Minori, scrive:


Nonostante il consenso unanime degli esperti, non sembra che la gente percepisca pienamente il pericolo rappresentato dalla Tv. Questo continuo rapporto senza filtri con la realtà mediatica fa acquisire al bambino una sorta di assuefazione alla violenza: tutti i giorni, per ore e ore, egli si nutre di guerre, omicidi, rapine, aggressioni, litigi, turpiloqui, situazioni limite che hanno la forma e il linguaggio di telefilm, cartoni, fiction. Una contaminazione del suo cuore e della sua mente che lo destabilizza e che gli fa abbassare la soglia di percezione dell’atto ingiusto, criminale e violento.21


Naturalmente non è possibile generalizzare perché ci sono bambini più o meno vulnerabili nei confronti della violenza televisiva, e i fattori da prendere in considerazione sono molteplici – il contesto familiare in cui vive il piccolo, la sua personalità, l’esposizione al mezzo televisivo – ma è opportuno tenere alta la guardia e non sottovalutare i potenziali rischi legati alla visione di determinati programmi. D’altronde, i bambini di oggi sono gli adulti di domani, e nessuno di noi – credo – desidera che i propri figli crescano e vivano in una società ad alto tasso di aggressività.


Interessante a questo proposito la considerazione del docente di psicologia sociale, Luciano Arcuri:


Quanto al numero di coloro che subiscono tale influenza dobbiamo imporci di ragionare sulle frequenze assolute e non limitarci a considerare i valori percentuali. (…) Supponiamo che gli spettacoli violenti rendano più aggressivo soltanto l’1% dei bambini che li hanno visti. La società deve preoccuparsi di un fenomeno che riguarda una percentuale così bassa? La risposta è un ‘sì’ deciso. Immaginiamo che un programma pieno di violenza sia visto da 5 milioni di giovani telespettatori. Se anche solo l’1% di loro dovesse per questo diventare più aggressivo, avremmo ben 50.000 persone più aggressive. Insomma, se il numero di individui coinvolti è così alto, gli effetti sulla società possono essere enormi anche se solo una piccola percentuale di giovani telespettatori viene influenzata22.

Pubertà anticipata?

Tra gli effetti indesiderati di un’esposizione precoce alla televisione ci sarebbe, secondo alcuni esperti, anche l’abbassamento dell’età dello sviluppo. Il sociologo Marziale scrive:


La Cattiva Maestra ha effetti ormonali sui bambini – secondo lo studio del professor Roberto Salti, endocrinologo pediatrico dell’Ospedale Meyer di Firenze – e anticipa la pubertà già a 7-8 anni. Troppa violenza, troppo sesso sull’irrinunciabile schermo stimolano alcune zone cerebrali e producono reazioni a cascata sui più piccoli, rendendoli mentalmente adulti prima del tempo.23


Concorde la psicologa Oliverio Ferraris:


La televisione e la pubblicità, infine, con i suoi tanti stimoli erotici (…) potrebbe attivare i centri cerebrali che coordinano la pubertà e, a seguire, anche il ciclo mestruale, essendo la corteccia cerebrale visiva collegata con l’ipotalamo, la parte “antica” del cervello che regola i nostri bioritmi, inclusi quelli ormonali, che fanno parte della vita neurovegetativa, ossia involontaria.24


A questo proposito potremmo obiettare che i programmi per bambini non contengono scene di sesso o di violenza, ma i bambini sono spesso presenti mentre gli adulti guardano la televisione e per fare il pieno di violenza purtroppo possono bastare poche notizie del telegiornale…


Per quanto riguarda i contenuti a sfondo sessuale, non è necessario che il bambino assista a scene esplicite (da cui si spera che ogni famiglia protegga i propri piccoli), ma in quante pubblicità ci sono allusioni e immagini a sfondo sessuale? E quanti discorsi, battute spiritose, siparietti comici in varie tipologie di trasmissioni, contengono riferimenti a questo argomento?

Per i bimbi piccoli c’è di meglio

Ci sono tante bellissime attività a cui un bimbo di due o tre anni può dedicarsi, attività semplici e divertenti – come giocare, correre, saltare, disegnare, sfogliare libretti, ascoltare fiabe, aiutare i genitori nelle faccende domestiche (l’elenco è lunghissimo) –, che favoriscono il suo benessere, stimolano la creatività, aiutano la maturazione di importanti competenze psicomotorie.


La televisione invece mantiene il bimbo molto passivo: davanti allo schermo il piccolo è “bloccato”, fermo a livello fisico e a livello creativo, non solo non si muove, ma non immagina, non usa la fantasia, non fa esperienza.


In una parola, è uno spettatore. Già, uno spettatore televisivo. Ma a tre, quattro, cinque anni (e forse anche dopo?) è meglio essere protagonisti della realtà, è meglio agire che restare a guardare.


Fred e Merrelyn Emery, nel 1975, hanno paragonato le onde cerebrali degli spettatori a esperimenti di deprivazione sensoriale, scoprendo forti analogie.

Nel 2011 l’Accademia Americana di Pediatria ha ribadito la raccomandazione (già espressa nel 1999) di non far guardare la televisione ai bambini al di sotto dei due anni, poiché “il tempo di gioco non strutturato è più prezioso per il cervello in fase di sviluppo rispetto all’esposizione a qualunque mezzo elettronico”.


Il pediatra González commenta:


Ciò di cui ha bisogno un bambino piccolo non è un vortice di luci e suoni senza senso che gli solleciti al massimo i neuroni. Ha bisogno di calma, tempo, situazioni reali, cose che cambiano lentamente e tempo per rifletterci, e la presenza dei genitori che gli rispondono, lo guidano e lo aiutano a interpretare il mondo.25

Certo un cartone animato di buona qualità, guardato insieme alla mamma o al papà, può rappresentare un’attività tra le altre, un breve momento di pausa, prima di tornare a giocare e dedicarsi alle tante occupazioni che possono arricchire la giornata dei più piccoli. Ma attenzione, stiamo parlando di:

  • un cartone animato di buona qualità.
  • Insieme al genitore.
  • Per un breve momento di pausa.

Infine, una curiosità. I ricercatori dell’Università di Washington hanno voluto verificare la reale efficacia dei video definiti “educativi” che promettono di migliorare le prestazioni cognitive dei bambini in età prescolare. Ebbene, secondo gli studiosi tali video non garantivano alcun effetto positivo sul vocabolario dei bambini a cui il prodotto si rivolgeva (bimbi dai 17 ai 24 mesi). Ma non è tutto.


Per ogni ora quotidiana trascorsa a guardare determinati video e DVD per l’infanzia, i bambini che lo avevano fatto capivano in media dalle sei alle otto parole in meno rispetto a quelli che non lo avevano fatto.26


D’altronde, come ben spiega Medina, che di sviluppo cerebrale se ne intende: “I bambini, nei loro primi anni di vita, hanno bisogno di trascorrere del tempo con altri esseri umani, e non con il computer né con la televisione. Il cervello di vostro figlio necessita di interagire con voi, in carne e ossa, per un tempo considerevole”27.

In età scolare

In età prescolare, i bambini faticano a comprendere il linguaggio televisivo e non sono in grado di distinguere i programmi dalla pubblicità. Quando sono molto piccini faticano addirittura a distinguere la realtà dal mezzo televisivo, tanto che spesso si rivolgono ai personaggi sullo schermo o hanno l’impressione che tali personaggi possano vederli.


Con la crescita, lo sviluppo delle attività cognitive e percettive permette al bambino di comprendere meglio quello che vede:


Una più consapevole attenzione alle differenze tra realtà e fantasia emerge in corrispondenza di un terzo stadio di sviluppo, che si realizza attorno ai 6-7 anni. È questo il momento in cui i bambini mettono in luce una sorta di abilità letteraria nel ‘leggere’ i testi e i formati televisivi. (…) perfezionano la loro abilità nel differenziare i generi televisivi: interpretano consapevolmente gli elementi stilistici e contenutistici che rendono diversi i messaggi pubblicitari, i cartoni animati, i telegiornali.28


Paolo Landi, nei suoi saggi dedicati all’argomento, suggerisce di posticipare ulteriormente l’approccio con i programmi televisivi:


Se aspetti di aver compiuto dodici anni, prima di cominciare a guardare la tv, avrai nel frattempo maturato esperienze tali da rendere la tua vita ricca e concreta. E il posto che la tv prenderà sarà un posto piccolo, proporzionato allo spazio che la pubblicità dovrebbe avere nella vita normale di una persona normale.29

Bambini cresciuti troppo in fretta?

Oggi si sente spesso parlare di bambini “adultizzati” grazie a saggi interessanti dedicati a questo argomento: l’infanzia che rischia di scomparire, generazioni di bambini e bambine che si comportano come i grandi, guardano gli stessi programmi alla tivù, navigano su internet come loro, utilizzano la tecnologia mostrando spesso competenze superiori.


Esiste una sigla foggiata negli Stati Uniti d’America, KGOY (Kids Grow Older Younger), ossia: bambini che invecchiano precocemente. È riferita a tutti quei bambini che vivono il tempo libero con i ritmi di un pensionato comune, parcheggiati assiduamente davanti alla Tv, a Internet e ai videogiochi.30


David Elkind, autore del saggio The Hurried Child (Il bambino frettoloso, pubblicato nel 2001) sostiene che “la televisione incoraggia i bambini a parlare e ad agire come se fossero molto più anziani e molto più esperti”.


La sociologa Marina D’Amato scrive:


L’idea prevalente che i media riflettono è quella di un’infanzia precocemente adultizzata (…) Segno evidente di questo mutamento culturale che ha eroso l’infanzia sono i bambini televisivi, proposti sempre o come simboli o come strumenti: o come adulti in miniatura, presi nelle maglie di dinamiche e comportamenti da “grandi”, intenti a promuovere prodotti, o come fanciulli intenti a promuovere sentimenti ed emozioni a una platea indifferenziata31.


E la psicologa Oliverio Ferraris:


I messaggi televisivi influiscono poi anche sui genitori, i quali mutuano dalla tv e dalla pubblicità una visione banalizzata e distorta dell’infanzia, delle sue esigenze e manifestazioni. Sempre più i bambini rappresentati in televisione sembrano degli adulti in miniatura che agiscono, pensano, parlano e vestono come i grandi che, in molti casi sono gli adulti del mondo dello spettacolo.32

Televisione e sovrappeso

Nel 1979 il bambino americano tipo guardava più di ventimila spot pubblicitari nell’età compresa tra i due e gli undici anni;
inoltre più della metà di quegli annunci promuoveva cereali zuccherati, dolciumi, snack e soft drink.
Michael Moss

Nelle società occidentali il sovrappeso in età infantile è diventato un problema molto serio. Le cause sono molteplici, ma per prevenire o risolvere la situazione il monito dei pediatri e delle associazioni scientifiche è di intervenire su due fronti: alimentazione e stile di vita. E quando si parla di corretti stili di vita, si intende che il bambino dovrebbe fare regolarmente attività fisica, non intesa necessariamente come attività sportiva, ma semplicemente come movimento: correre, saltare, giocare all’aria aperta. Da evitare invece i lunghi pomeriggi trascorsi – stando fermi – davanti allo schermo televisivo, magari sgranocchiando merende più abbondanti del necessario (perché l’attenzione è distratta e i segnali di sazietà si percepiscono in ritardo).


I bimbi che non guardano la televisione o la guardano raramente sono inoltre meno esposti al bombardamento pubblicitario che promuove il consumo di snack e cibo spazzatura, altro fattore che concorre al problema emergente del sovrappeso nell’infanzia.

Un tempo “rubato”?

Abbiamo visto i possibili rischi legati a un’esposizione precoce e prolungata alla televisione, evidenziati da studi che hanno analizzato le preoccupanti correlazioni con disturbi dell’attenzione, minori capacità di concentrazione, tassi di aggressività più elevati, fino al problema della pubertà precoce. Tutte situazioni da valutare bene e tenere in considerazione quando si gestisce la televisione in famiglia.


Ma ancor prima di pensare alle controindicazioni più serie legate a un uso eccessivo della televisione, c’è un altro aspetto significativo ed è quello del tempo “rubato”. Il tempo dedicato alla televisione e quindi trascorso in un atteggiamento passivo e inerte, è tempo che i nostri piccoli potrebbero impiegare dedicandosi ad attività costruttive e stimolanti, che oltre a non comportare rischi, garantiscono loro tanti benefici33.

Pubblicità! (Tanta pubblicità…)

La televisione è piena di pubblicità.
Che, per definizione, cerca di farvi comprare cose che non vi servono
(altrimenti le avreste comprate senza che nessuno ve lo dicesse).
Carlos González
La pubblicità sfrutta tutti i trucchi psicologici
per avere la meglio su ogni ragionamento logico…
Michael Moss

Trasmissioni e spot sono ormai un binomio indivisibile, non c’è programma o canale tematico, neppure quelli dedicati ai bambini piccoli, che siano liberi dalla pubblicità.


Anzi, il bambino è ancor più bombardato dell’adulto: studiato, corteggiato, ambito dalle campagne di marketing, per le sue ampie potenzialità di consumatore presente e futuro. E i pubblicitari sanno fare il loro mestiere: con quale velocità infatti un bimbo piccino memorizza i motivetti degli spot e i nomi dei prodotti?


La sociologa D’Amato scrive:


…il bambino è un bene appetibile per gli spazi di mercato in quanto consumatore attivo, dotato di un proprio consistente budget; in quanto mediatore di consumi perché incita all’acquisto; in quanto futuro consumatore. Per questo è vezzeggiato dai media e idolatrato dalla pubblicità.34


Secondo Richard Goldstein, direttore creativo di una tra le più importanti agenzie pubblicitarie di New York:


La linea è stata oltrepassata… la pubblicità, l’intrattenimento e i media sono oggi indistinti. Credo che ci stiamo avvicinando al punto di non ritorno della perdita dei valori… Sembra che le persone siano desensibilizzate.35


E la pubblicità, come la televisione in generale, può influenzare in modo consistente gli spettatori piccoli e grandi:


Andando oltre l’effetto immediato di consumo di un dato prodotto, che dipende genericamente dalla mole delle richieste pressanti che il bambino esercita sull’adulto, possiamo osservare che la pubblicità svolge un ruolo più a lungo termine: essa propone modelli di comportamento, una certa immagine del mondo e delle relazioni e propone nuove forme linguistiche.36


Da qui a generare addirittura infelicità il passo è breve poiché la pubblicità, sottolinea Landi, induce a “ritenere che il mancato possesso del prodotto pubblicizzato significhi inferiorità, mancato assolvimento dei loro doveri da parte dei genitori, emarginazione. Il bambino convinto di essere privato di qualcosa che tutti – come dice lo spot – dovrebbero avere, diventerà la molla più efficace per convincere i genitori all’acquisto”37.

I bambini in età prescolare, oltre a ciò, non sono in grado di distinguere bene programmi televisivi e spot e bisogna attendere i 7-8 anni perché riescano a riconoscere i messaggi pubblicitari38. Ma anche a quell’età, risulta ben difficile per loro comprendere le astuzie e gli inganni del marketing (d’altronde, non è semplice neppure per gli adulti).


Alcuni governi sono intervenuti per arginare il pressing pubblicitario a cui sono sottoposti i bambini:


In Svezia, il governo ha vietato la pubblicità rivolta ai bambini sotto i dodici anni. In Norvegia, in Austria e in Belgio, gli spot pubblicitari sono stati eliminati in TV, prima e dopo i programmi per bambini. In Grecia sono vietate tutte le pubblicità dei giocattoli in qualsiasi momento della giornata e tra non molto potrebbero scomparire tutti gli spot che si rivolgono ai ragazzi sotto i 18 anni. Nelle democrazie più evolute il problema della pubblicità associata ai bambini è oggetto di provvedimenti politici. Questa attenzione istituzionale non mette in crisi il consumo, ovviamente, il quale continua a prosperare.39


E noi? Noi possiamo difendere i nostri bambini dalla pubblicità selezionando programmi che ne siano privi (difficile trovarli, ma val la pena tentare), sedendo accanto a loro per spegnere l’apparecchio o cambiare canale all’occorrenza, utilizzando dvd. D’altronde, le numerose interruzioni pubblicitarie infastidiscono anche noi adulti che prontamente cambiamo canale… Un bambino solo davanti alla televisione quanti spot avrà guardato/subìto al termine della giornata?


Pubblicità crea-bisogni e smorza-sogni

La pubblicità crea bisogni che non c’erano. Tartassa i bambini con spot fatti ad arte, creati da professionisti del marketing per risultare irresistibili. E i bambini, che sono appunto bambini, privi di esperienza, non hanno assolutamente armi per difendersi dalle sirene di pubblicità false ed ingannevoli (facciamo fatica noi adulti a individuare l’inganno, figurarsi i piccoli).
I bisogni creati dalla pubblicità sul lungo periodo possono generare infelicità. Il bambino che vede un giocattolo o una merendina, e ne sente decantare (con grande abilità) le incredibili virtù cento volte alla settimana, non può che desiderare quel giocattolo o quella merendina. Il desiderio irrealizzato, per quanto indotto, ovvero non nato da lui ma creato dall’esterno, può creare disagio e frustrazione.
La pubblicità complica la vita di tutti, grandi e piccini. I bambini influenzati dalle immagini viste in tivù arrivano a desiderare determinati prodotti, e ovviamente il passo successivo è chiedere quei prodotti a mamma e papà. Spesso con insistenza. I genitori si trovano a dover spiegare perché non possono o non vogliono soddisfare la richiesta, più e più volte. A volte invece cedono e poi sono scontenti e nervosi per aver ceduto. Insomma, dei bei grattacapi.
I bisogni creati dalla pubblicità sono… uguali per tutti. Uccidono la fantasia, l’originalità, l’unicità dell’individuo. Davanti allo schermo centinaia di migliaia di bambini assistono agli stessi spot, sono indotti a desiderare gli stessi prodotti, muovono ai genitori le stesse richieste. Un appiattimento desolante…
I prodotti pubblicizzati spesso non fanno bene ai bambini. È il caso di snack, bibite, merendine. Quando la pubblicità spinge a desiderare alimenti che non sono sani danneggia la salute stessa dei bambini.
La pubblicità decide cosa devono desiderare i nostri figli! Vengono investite cifre enormi per riuscirci, affinché i nostri figli desiderino quello che vogliono le aziende. Ma i sogni dei bambini non si toccano!


Il “mercato” legato ai protagonisti delle serie tivù

Intorno ai protagonisti delle serie televisive di successo fiorisce un ricco mercato, fatto di zaini, astucci, quaderni, ma anche capi di abbigliamento e scarpe, con impressi loghi e disegni destinati ad attirare i piccoli che riconoscono all’istante i loro beniamini. La pubblicità fa conoscere e spinge a desiderare tutta una serie di gadget e accessori. Ed è così che le richieste dei bambini si orientano su prodotti che, a parità di qualità, costano ovviamente di più (d’altronde la pubblicità ha un costo, che finisce sul conto dei consumatori).


Un fiorente mercato che ha meno presa sui bambini che non sono esposti agli spot pubblicitari. Ma gli altri? Anche nel caso in cui il bambino utilizzi la tivù e conosca i personaggi in questione, ricordiamoci che non siamo obbligati ad acquistare. Il che non vuol dire che non si accontenterà mai una richiesta, ma che di fronte alle sirene del mercato vale la pena fermarsi qualche attimo a riflettere insieme. Se facciamo notare ai bambini che lo stesso prodotto costa di più solo perché c’è disegnato il tal personaggio, sono in grado di capire e accettare le scelte dei genitori.

Televisione: istruzioni per l’uso

La televisione è un elettrodomestico e come tutti gli elettrodomestici deve avere le sue istruzioni per l’uso. Le istruzioni, però, le stabiliamo noi: fermarsi a riflettere sullo spazio che siamo disposti a concederle nella nostra famiglia, è il primo passo. Se stabilire a priori delle ricette valide per tutti non è certo possibile, dato che ogni famiglia è diversa, vi sono però alcune considerazioni che hanno un valenza generale e possono servire come punti di partenza per individuare ed elaborare le proprie soluzioni.

Quando e quanto

Con quale frequenza è opportuno ricorrere a questa forma di intrattenimento? Quotidianamente? Un paio di volte alla settimana? Solo nel week-end o, viceversa, solo nei giorni feriali? E quanto tempo il bambino può dedicare alla televisione nell’arco della settimana e/o della giornata?


Ogni famiglia valuterà, tenendo conto che più è piccolo il bimbo e minore dovrebbe essere l’esposizione ai programmi televisivi.


Tuttavia anche chi ha bambini più grandi dovrebbe sempre prestare attenzione alle proporzioni: la quantità di tempo da trascorrere davanti allo schermo dovrebbe infatti essere calcolata in base al tempo libero complessivo del bambino, affinché gli restino sempre le ore necessarie per dedicarsi ad altre attività più creative e costruttive: dalla lettura ai giochi di fantasia, ai giochi di movimento e all’aria aperta. E qui si tratta di fare qualche calcolo; se il bambino torna a casa da scuola dopo le ore 16, il tempo libero a disposizione non è molto e andrà ben distribuito40!


Una volta stabilita la frequenza con cui si ritiene opportuno far guardare la televisione al bambino, e la quantità di tempo da dedicarle, è importante anche individuare anche i momenti della giornata.


A proposito di quest’ultimo aspetto, la raccomandazione degli esperti è di evitare di accendere la televisione durante i pasti. Il motivo dovrebbe essere ovvio: a tavola la famiglia si ritrova, i pasti sono l’occasione in cui ci si può finalmente sedere con calma, dedicare tempo al dialogo, ascoltare i bambini e il racconto della loro giornata, condividere a propria volta esperienze ed emozioni. Il televisore catalizza l’attenzione, attira lo sguardo, interferisce con la comunicazione. Almeno a tavola, che sia bandita!


Un’altra valida ragione per evitarne l’uso durante i pasti è legata in modo più diretto all’alimentazione stessa poiché, catturati dalle immagini, i bambini non percepiscono i segnali di fame e sazietà. Un esempio classico è quello della merenda; si è visto che se il bimbo è davanti alla tivù tende a mangiare di più, proprio perché la sua attenzione è distratta e, semplicemente, non si accorge di mangiare.

Un’ultima osservazione riguarda la coerenza da parte degli adulti: una volta stabilite le regole destinate ad aiutare i bambini a gestire il mezzo televisivo, va da sé che tali indicazioni dovranno essere mantenute. Questo vale in tutte le situazioni educative, all’adulto è richiesto lo sforzo della coerenza (personale e all’interno della coppia genitoriale) per evitare di confondere il bambino. Naturalmente non vogliamo intendere che mai, in nessuna situazione, sono permesse delle eccezioni; se quando il bimbo è influenzato o la mamma ha mal di testa i cartoni animati sono due anziché uno, non cade il mondo, l’importante è che si tratti, appunto di eccezioni. In questi casi, si può spiegare al piccolo che si farà un po’ diversamente dal solito perché… Grazie alla spiegazione degli adulti, il bambino saprà cosa aspettarsi nelle diverse situazioni.


Riflettere sul come e sul quando può essere utile anche ai genitori, i quali non sempre hanno l’esatta percezione del tempo che i figli trascorrono davanti allo schermo, come emerge da alcune ricerche:


A fronte di 80 genitori che hanno dichiarato che il proprio bambino vede la televisione “1-2 giorni alla settimana”, solo 16 bambini confermano questa stima, mentre gli altri dicono di vederla “tutti i giorni”. (…) i genitori sistematicamente sottostimano il tempo trascorso dai propri figli a guardare la televisione.41

Cosa?
Accendila soltanto quando c’è qualcosa di valido da vedere.
Anna Oliverio Ferraris

L’altro punto su cui ogni esperto, ma credo anche ogni genitore, concorda è quello della selezione attenta dei programmi. Cosa può guardare il bambino? Quali sono i programmi adatti a lui, in base alla sua età, alla qualità e ai contenuti del programma stesso?


Per decidere cosa vale la pena guardare, il genitore dovrà necessariamente… guardare i programmi che sta prendendo in considerazione (una rosa di cartoni animati, documentari, programmi contenitori che alternano cartoni animati a lavoretti fai da te, ecc.) per valutarne i contenuti. D’altronde, giacché sappiamo che quello che i nostri figli guardano in televisione ha un effetto su di loro, sulla loro crescita, sulla loro visione della realtà, è molto importante che le trasmissioni scelte siano di buona qualità. Questo vale quando sono piccini, ma anche in seguito per tutti gli anni dell’infanzia e dell’adolescenza. Ci sono serie televisive per bambini/ragazzini che propongono modelli di vita e trasmettono valori con cui forse potremmo non essere d’accordo42. È importante vigilare e farsi sempre un’idea di quello che i nostri figli guardano, per evitare che seguano trasmissioni che riteniamo diseducative oppure, se si tratta di ragazzini più grandi, per commentarle insieme a loro in modo critico.


E se il bambino dovesse chiedere di vedere un programma che riteniamo inadeguato, magari perché ne ha sentito parlare dai compagni di scuola? Gli spiegheremo i motivi per cui non ci è possibile accogliere la sua richiesta. Se invece non conosciamo il programma potremo sederci con lui e seguirne una puntata per farci un’idea e poi discuterne insieme, motivando l’eventuale rifiuto se il programma si rivelasse inadatto.


In questo modo i genitori dimostrano attenzione per le esigenze del bambino, poiché prendono in considerazione i suoi desideri e dedicano del tempo alla sua richiesta, e allo stesso tempo mostrano al figlio l’importanza di conoscere, approfondire, scegliere criticamente anziché seguire la “massa” (il fatto che tutti lo guardino non significa che un programma sia buono). E poiché l’esempio vale più di mille parole…


Ancora un accenno alla pubblicità: l’ideale sarebbe selezionare trasmissioni che non contengano spot!

Con un adulto accanto

Ultimo punto, che raccoglie il consenso generale degli esperti, ma che forse più degli altri è difficile da realizzare nel quotidiano: la presenza di un genitore mentre il bambino sta guardando la televisione. Un adulto dovrebbe sempre essere presente per cogliere/accogliere dubbi, domande, turbamenti del piccolo e per condividere la visione e l’esperienza emotiva ad essa collegata. Lo psichiatra Tisseron sottolinea:


L’importante è che il genitore sia presente e accompagni il bambino, cioè commenti l’azione o la riassuma se necessario e inviti il bambino a parlarne, a dire che cosa ne ha capito – o non ne ha capito – o anche, se il bambino sembra turbato e non riesce a dire niente, a mimarne certi episodi.43


Da una parte c’è la teoria che vorrebbe la televisione come attività condivisa con mamma e papà, e dall’altra c’è l’usanza piuttosto diffusa di utilizzare la televisione come baby sitter, perché il bimbo stia tranquillo mentre il genitore è occupato in altro. Come conciliare l’esigenza del bambino di avere accanto un adulto e quella del genitore di terminare le faccende a cui si sta dedicando, dalla preparazione della cena, all’invio di un’email di lavoro, a una doccia?


Un possibile compromesso è quello di lasciare il bimbo da solo – per un tempo più limitato possibile – soltanto davanti a un programma che conosciamo bene, che lui ha già visto e che noi abbiamo già approvato. Meglio ancora, se non si può restare accanto al piccolo, sarebbe utilizzare un dvd che lui ha già visto diverse volte; in questo modo non c’è spazio per immagini o emozioni impreviste.


Al di là di singole emergenze, però, quel che ci viene richiesto è un cambio di prospettiva, vale a dire non pensare più alla televisione come modalità per intrattenere il bambino quando non possiamo farlo noi, ma come attività condivisa – una tra le tante – per trascorrere del tempo insieme, seguendo un buon programma che rilassi, diverta, insegni qualcosa di nuovo.

Un’ultima considerazione: viene da sé che, se la televisione andrebbe vissuta come un’attività condivisa con un adulto, è fortemente sconsigliata la presenza di un apparecchio televisivo nella camera del bambino. Un bambino in età scolare che guarda la televisione nell’isolamento della sua cameretta, lontano dall’occhio vigile di un adulto, è lo scenario peggiore in assoluto, ben diverso dalla situazione in cui il bimbo è in salotto con la mamma che, pur essendo occupata in altro, presta orecchio e ha un’idea di quello che sta guardando.


Abbiamo riportato il monito condiviso dagli esperti, e cioè di restare accanto al bambino mentre guarda la tivù, ma c’è anche chi sostiene che molto meglio sarebbe, adulti e bambini, fare altro insieme! Come suggerisce Landi: “Nessuno dovrebbe mai sedersi accanto ad un bambino a guardare la tv. Tutti dovrebbero invece distogliere un bambino dal guardare la tv”44.


Landi, che di pubblicità se ne intende45, chiarisce:


La televisione è fatta tutta di pubblicità. I programmi sono pretesti deboli, l’ossatura molle dei robusti e sempre più frequenti “stacchi” pubblicitari. (…) Così la raccomandazione preoccupata di non lasciare un bambino solo davanti alla tv invece di essere un grido d’allarme finisce per essere funzionale a chi vende teleutenti agli sponsor, il cui primo obiettivo è quello di assemblare il maggior numero possibile di teste davanti agli spot e non ai programmi, come vorrebbero farci credere.46


In effetti, non è raro che quando i genitori si impegnano a stare accanto al bambino mentre guarda la televisione, il tempo dedicato allo schermo si riduca automaticamente, forse perché in questo modo il televisore perde la funzione di intrattenimento, e mamma e papà scoprono di preferire altre attività da fare con i propri figli.

La tivù come sottofondo

Fino ad ora abbiamo parlato del bambino che guarda la televisione; può capitare però che il piccolo non stia seguendo un programma, ma che il televisore sia comunque acceso in un locale dove lui sta giocando, sfogliando libretti, esplorando… Non sembrerebbe una situazione che può interferire in qualche modo con il benessere del bambino, eppure un recente studio, condotto su un campione di 1.500 bambini, da un’università del New Mexico, ha richiamato l’attenzione sulla “televisione sottofondo” e sui possibili danni collegati alla trasmissione continua di suoni, immagini, stimoli. I risultati dello studio dimostrano che l’abitudine di lasciare la televisione accesa per alcune ore ogni giorno, interferisce con la capacità di concentrazione e i tempi di attenzione dei piccoli e, in età scolare, con la capacità di apprendimento. Se il bimbo ha meno di due anni, il continuo sottofondo televisivo può ritardare lo sviluppo del linguaggio47. Per fortuna la soluzione è oltremodo facile e alla portata di tutti: è sufficiente spegnere l’apparecchio quando il programma che si stava seguendo è terminato. E se i programmi sono tanti nell’arco della giornata? Non resta che restringere la rosa delle proprie preferenze o videoregistrare i contenuti a cui non si vuole rinunciare per vederli con calma quando il bimbo sta dormendo.


Ricordiamo infine che il bambino assorbe moltissimo dalla realtà che lo circonda e, anche quando si sta dedicando ad altro, capta, sente, vede… E potrebbe quindi vedere scene a cui non avremmo voluto esporlo.

Televisione, senza si può

Forse potrà sembrare strano, ma… vivere senza televisione e soprattutto crescere dei figli senza un apparecchio televisivo in casa, si può. Anzi, non solo è possibile, ma può rivelarsi una soluzione molto soddisfacente. Ci sono coppie che già prima della nascita dei loro bambini non erano solite guardare la televisione e quindi hanno semplicemente continuato a comportarsi come era già loro consuetudine, e ci sono coppie che invece prima utilizzavano di tanto in tanto o spesso la televisione, ma una volta diventati genitori hanno deciso di mettere da parte questo tipo di intrattenimento ritenendolo poco, o per nulla, adatto a dei bambini piccoli.


Se questa è l’intenzione, l’assenza fisica della televisione è sicuramente d’aiuto. Più difficile tenere spento un apparecchio che fa bella mostra di sé in salotto: se la televisione semplicemente non c’è, o è relegata in una zona della casa poco “vissuta” desterà meno interesse.


A questo proposito, riporto la testimonianza di Juliet B. Schor, economista e docente di sociologia al Boston College:


Ritengo che i miei figli siano cresciuti molto meglio senza la tv. Credo che questo abbia stimolato la loro creatività, abbia insegnato loro come divertirsi e abbia lasciato loro molte più ore da dedicare ad attività molto più gratificanti e positive come leggere, scrivere poesie, realizzare progetti artistici e fare sport. Naturalmente, per riuscire a limitare la televisione per i nostri figli, anche noi abbiamo dovuto smettere di guardarla. Così abbiamo sistemato il nostro apparecchio televisivo in una stanza al terzo piano, dove la temperatura non è piacevole né in inverno né in estate. Anziché imporre una privazione solo ai bambini, abbiamo modificato l’ambiente in cui tutti viviamo. E stiamo tutti meglio.48


Delle tante “famiglie senza tivù” che ho avuto occasione di conoscere, nessuna ha mai parlato di questa decisione come di una scelta difficile o sofferta, anzi. In genere, questi genitori raccontano con entusiasmo le tante attività cui si dedicano insieme ai bimbi, sfruttando appieno il tempo lasciato libero dal mezzo televisivo.

Bambini a rischio emarginazione?

Un dubbio ricorrente di fronte a un bambino che cresce senza la televisione, riguarda il rischio che possa sentirsi escluso, diverso o addirittura emarginato. In realtà, molti genitori che non possiedono un apparecchio televisivo hanno avuto modo di constatare che i loro bambini imparano comunque, e rapidamente, i nomi dei super eroi e dei protagonisti dei cartoni animati di cui parlano gli amichetti e che sono in grado di partecipare ai giochi che i coetanei sviluppano partendo dalle caratteristiche di tali personaggi. Insomma, non è affatto necessario seguire tutti gli episodi di una serie per memorizzare nomi e vicende; è sufficiente ascoltare i compagni e usare la fantasia, dote quest’ultima che ai piccoli per fortuna non manca!

Senza televisione… è più facile!

Quando i bambini non vedono la televisione, viene meno la richiesta di accessori, gadget e merendine viste nella pubblicità. E questo facilita la vita dei genitori che non sono costretti a continue discussioni per spiegare i motivi per cui non intendono acquistare questo o quel gadget/accessorio griffato e per cui quello snack così attraente in realtà fa male alla salute. Meno discussioni, meno nervosismi, più serenità per tutti.


Tra l’altro, se è vero che le richieste del bambino offrono l’occasione per riflettere insieme e aiutarlo a sviluppare il suo senso critico, è anche vero che il bambino potrebbe chiedersi che senso abbia sorbirsi centinaia di spot che promuovono acquisti che non è opportuno fare e che creano desideri che non si potranno realizzare… C’è qualcosa di stonato, una contraddizione di fondo nel fatto che i bambini siano costretti a concedere tanto tempo a messaggi pubblicitari che i genitori sostanzialmente non approvano.

Un’alternativa ai programmi televisivi: i dvd

Una buona alternativa ai programmi televisivi è quella offerta dai dvd. Tanto per cominciare il cartone animato o il documentario in dvd è selezionato dal genitore, il che implica che è una visione ritenuta adatta al bambino, e di buona qualità.


A differenza di un programma televisivo, il dvd poi non riserva sorprese: se il genitore lo ha selezionato in base ai suoi contenuti, non vi saranno scene inadeguate che colgono impreparati il bambino e l’adulto che è con lui.


Questa formula risponde anche al bisogno di ripetizione del bambino, che spesso ha piacere di rivedere più volte la stessa storia (un po’ come accade con i libri preferiti di un certo periodo che vengono riletti più volte). E può rispondere anche al bisogno del genitore di lasciare il piccolo per un breve periodo da solo davanti allo schermo mentre si occupa di qualcos’altro; se la prima visione è avvenuta con un adulto accanto, eventuali dubbi e quesiti dovrebbero essere già stati espressi e risolti.


Infine, ma certo non meno importante, la visione non è interrotta da spot pubblicitari.


Altri vantaggi sono di natura pratica: il cartone animato in dvd ha una durata precisa, e può essere scelto a seconda della situazione, proprio in base a questa caratteristica. Il compito del genitore è facilitato perché, una volta terminato il disco, il bimbo non è tentato di chiedere un altro cartone come invece accade quasi fisiologicamente con i canali tematici che trasmettono cartoni animati per tutta la giornata (e il bambino sa benissimo che terminato il “suo” cartone ne partirà subito un altro e poi un altro ancora e così via ad ogni ora del giorno).


Alcune famiglie, che non utilizzano di solito la Tv, hanno elaborato rituali molto piacevoli legati alla visione di un dvd, creando ad esempio un appuntamento settimanale (o mensile) con lo schermo, una sorta di cinema in famiglia, con tanto di luci spente come in una sala cinematografica.

Dvd a costo zero

Guardare dvd a costo zero si può grazie al prestito bibliotecario, poiché molte biblioteche mettono a disposizione degli utenti, oltre ai libri, anche una ricca rosa di titoli destinati ad ogni fascia di età.

Riconquistare un tempo bambino!

Cosa fanno i bambini che non guardano la televisione? Giocano, disegnano, sfogliano libretti, inventano. A volte si annoiano anche, e la noia agisce da utile stimolo per la creatività, per cui dopo essersi lamentati – “Non so cosa fare!” –, in genere ecco che trovano l’idea e cominciano a lavorarci. Costruendo treni con le sedie, casette con le coperte, oppure tagliando e incollando cartoncini colorati, ognuno secondo la sua predisposizione personale e secondo le proprie preferenze.


Qualunque genitore che abbia punito un figlio togliendogli il permesso di guardare la TV e in seguito lo abbia osservato giocare – dapprima lentamente, poi fantasiosamente, liberamente – riconoscerà il nesso tra tempo, noia e creatività.49


E in generale il bimbo che fa un utilizzo limitato del mezzo televisivo, ha più tempo a disposizione per dedicarsi ad attività che favoriscono il suo sviluppo e il suo benessere psicofisico. Correre, giocare, saltare… attività da bambino!

Voci di mamma e papà

La nostra avventura senza televisione è iniziata quasi dieci anni fa quando abbiamo traslocato, e per un problema di antenna la televisione ha mostrato subito la ferma intenzione di non funzionare. Avremmo dovuto chiamare un antennista, ma quando si trasloca le cose da fare sono milioni e se si lavora e si hanno due bimbe è necessario darsi una scaletta di priorità; com’è come non è, siamo rimasti senza televisione. Riempire le nostre serate è venuto in modo naturale: leggere o raccontare una storia alle bimbe, stare loro vicini mentre si abbandonavano al sonno, ascoltare musica mentre ci si racconta la propria giornata, un buon libro, qualche uscita appoggiandosi ad una zia come babysitter, qualche uscita in solitaria per vedere un buon film al cinema, dedicarsi reciprocamente tempo e disponibilità nuovi. Insomma tutto bene.


Dopo qualche tempo le zie del mio compagno, non persuase della nostra vita senza televisione, gli hanno regalato un lettore dvd e questo ci ha permesso di vedere qualche buon film accuratamente scelto. Nella nostra casa si è instaurata la piacevole abitudine invernale del film del sabato sera: ovviamente non sempre, ma spesso si mangia la pizza fatta in casa sul divano (la cosa proibita che solitamente non si fa!) guardando qualcosa che va bene davvero per tutti e che ha almeno un briciolo di qualità. Le bimbe aiutano a fare la pizza e a preparare il tavolino su cui appoggiamo bicchieri, tovaglioli e pizza. È bella l’atmosfera di queste serate: sembra un po’ come andare al cinema e sgranocchiare popcorn.


Posso dire che le mie bimbe non hanno mai manifestato di sentirsi escluse per il fatto di non vedere i programmi dei loro compagni; ricordo la mia sorpresa quando giocavano alle Winx senza averle mai viste: probabilmente le compagne ne parlavano talmente tanto che presto (sono spugne i nostri bimbi) pure loro avevano imparato il necessario per giocarci. Posso anche dire che mai e poi mai le amiche che sono venute a casa nostra hanno lamentato la mancanza della Tv: gioco a ruota libera, in particolare quello dei travestimenti è sempre stato il più richiesto dagli ospiti.


Quando, a casa dei nonni (dove la televisione impazza), le bimbe vedono qualche scena forte si impressionano (Alice sempre meno, ormai ha 14 anni); allora, se è il caso, chiediamo di cambiare programma oppure cambiamo stanza noi e andiamo a giocare a carte o a leggere. In fondo trovo comprensibile e direi sano che un bimbo di 10 anni resti turbato da buona parte delle scene che passano nella televisione di oggi, a cominciare dal telegiornale. Sarebbe piuttosto strano e preoccupante se così non fosse, non pensate?

Anna, mamma di Alice, 14 anni, Francesca, 10 anni



Noi viviamo senza tivù, non so nemmeno quando potremmo accenderla. Letizia non l’ha mai vista se non da amichette. Solo ora, e solo quando capita che debba fare l’aerosol le faccio vedere dei video (dal sito www.radiomagica.org) che narrano storie semplici. Ammetto che a volte potrebbe essere molto comoda la televisione, come quando rientro dal lavoro e mentre preparo la cena, ma nonostante le fatiche ce la facciamo lo stesso e siamo contenti dei risultati.

Marta, mamma di Letizia, 3 anni, Gabriele, 13 mesi



A mio parere la Tv fa male sotto tanti punti di vista: limita la creatività e l’immaginazione dei bambini; ha degli effetti negativi, dimostrati scientificamente, sul cervello e sulla vista; spesso i cartoni animati sono pieni di messaggi che vanno contro l’idea di educazione che io e il mio compagno stiamo cercando di trasmettere a nostra figlia; i canali specifici per bambini sono pieni zeppi di pubblicità, in modo che il bimbo fin da piccolo sia costretto ad assistere a continui stimoli all’acquisto, desiderando oggetti inutili.

Maura, mamma di Maddalena, 2 anni



Pensiamo che la televisione spenga la mente, inibisca il dialogo e il confronto in famiglia, tolga spazio a momenti di interazione e socializzazione assai preziosi per la crescita familiare e individuale. Data questa premessa, quando è nata Alice abbiamo deciso di non accendere la televisione in sua presenza. C’è da dire che anche prima di diventare genitori il nostro uso del mezzo televisivo era limitato al telegiornale o a qualche momento di svago alla sera. Con Alice, però, tutto è cambiato. Le motivazioni sono numerose: dal non volerla esporre a continui suoni e immagini al desiderio di non abituarla a stare “immobile e assente” davanti allo schermo. Questo non significa negarle l’esistenza di una fetta di realtà: lei sa che la televisione esiste. Arriverà anche per Alice il momento di concedersi qualche minuto di cartoni animati (magari un dvd condiviso con noi genitori e non da sola davanti allo schermo), ma per ora la sua mente ha bisogno di svilupparsi, di fantasticare, di crescere e non è certo piazzandola davanti alla televisione che si sostiene questo processo.


Mi rendo conto che, a volte, noi mamme avremmo bisogno di un momento di stop, di un attimo di calma per riuscire a preparare la cena, stendere il bucato o riordinare la casa. Credo, però, che ci siano anche altre soluzioni per tenere calmo un bambino: personalmente uso moltissimo la fascia lunga oppure chiedo ad Alice di aiutarmi, di passarmi il bucato da stendere o di aiutarmi a fare da mangiare. Forse ci si impiega più tempo, ma è un metodo che funziona e che – a differenza della televisione – dà tante soddisfazioni!

Anna e Fabio, genitori di Alice, 18 mesi



Io ho molta paura della pubblicità che nei canali per i piccoli è più infida che nei canali per i grandi! Mia figlia basta che la veda una volta e già riconosce il prodotto (persino le pastiglie per il mal di testa!). Preferisco un bel filmino in dvd che prendiamo in prestito nella biblioteca del paese.

Emanuela, mamma di Dorotea, 3 anni, Orlando, un mese



A casa nostra la Tv non è bandita. Abbiamo dei programmi scelti e selezionati, possibilmente non troppo commerciali, ma c’è un orario preciso per guardarla. È rigorosamente vietato accenderla di mattina, o durante i pasti.

Viviana, mamma di Emma, 5 anni, Nora, 3 anni, Violetta, 2



Chi entra in casa nostra inizia a guardarsi un po’ intorno e poi chiede: e la televisione dov’è? La televisione non c’è, e noi viviamo benissimo senza. La decisione l’abbiamo presa io e mio marito tanti anni fa, quando siamo andati a vivere insieme e ancora non avevamo bambini: un po’ non sapevamo dove metterla nel piccolo appartamento di allora, un po’ non volevamo avere questo pesante terzo incomodo nella nostra nascente vita di coppia.


Ora che abbiamo i bimbi, mai nessuna scelta si è rivelata più felice – almeno secondo noi. Perché? Penso che la televisione non sia adatta ai bambini per due motivi principali: non è nella natura di un bimbo in età prescolare trascorrere passivamente diverso tempo davanti al video; televisione è sinonimo di pubblicità, di cui anche i canali dedicati ai più piccoli sono infarciti. La pubblicità veicola a mio avviso messaggi diseducativi (penso alla stereotipizzazione dei generi maschile e femminile che troviamo anche negli spot dedicati ai bambini), promuove prodotti spesso inutili (giochi che non hanno alcun senso se non quello di essere posseduti) o peggio ancora dannosi (penso alla pubblicità del cibo spazzatura, merendine idrogenate, bevande gassate, ecc.). Mia figlia non vede la pubblicità, non conosce certi prodotti e non li desidera. E anche quando li vede al supermercato o in altri luoghi non li chiede, perché nessuno ha creato in lei l’inutile bisogno di averli.

Ginevra vive comunque nel mondo, certe cose le conosce perché a volte dai nonni la televisione la guarda o perché vede che i compagni di scuola hanno l’ovino di cioccolato che tutti conoscono, o altri prodotti. E qualche cartone o documentario lo abbiamo proposto, e lo guardiamo insieme sul pc.


Consiglio a tutte le famiglie con bimbi un periodo di prova senza televisione. Consiglio proprio di eliminarla fisicamente dalle stanze, noterete un senso di liberazione immediato.


Non averla fa bene anche alla coppia: quando i bimbi sono a letto, posso parlare con mio marito, trascorrere insieme a lui un po’ di tempo di qualità invece di lobotomizzarci entrambi davanti al video.

Marianna, mamma di Ginevra, 4 anni, Francesco, un anno



La mattina Tv accesa sui cartoni per farlo alzare e per fargli fare colazione sennò sono storie… Una mezz’ora accesa prima di cena con i cartoni e dopo cena il tempo di rimettere a posto la cucina. Lo so che è troppa, ma è così difficile…

Daniela, mamma di Marco, 5 anni



Pochi mesi dopo la nascita di Zaccaria, la Tv si è rotta e tra una cosa e l’altra non è mai stata ricomprata. Quindi a casa niente Tv e solo a 3 anni, a causa della varicella, è stata introdotta con Pc e proiettore la visione di cartoni semplici e corti, tipo “La Linea”. Dalle nonne divieto di cartoni e/o Tv fino ad oggi; ultimamente le nonne hanno un po’ abbandonato e fanno vedere al bambino cartoni comunque selezionati. Sono contenta di aver, seppure parzialmente, vinto la mia battaglia contro la Tv che ritengo assolutamente diseducativa anche per gli adulti, figuriamoci per i bambini.

Ilaria, mamma di Zaccaria, 4 anni



Il flow che la Tv genera è di totale rapimento del bambino e in età troppo tenera mi sembra davvero eccessivo e poco “generativo”. E non mi sto riferendo ai 3 minuti di Peppa o Pimpa una volta alla settimana, ma a un uso più permanente. Quei tre minuti possono, inoltre, essere goduti in modo meno invasivo dal Pc che il genitore può impostare senza generare ulteriori aspettative di altri episodi. Personalmente ho deciso che vedremo ogni tanto dieci minuti dal dvd di Ernest e Celestine (un gioiello dell’immagine e della fantasia) di cui in parallelo stiamo leggendo la storia su cartaceo così da ridurre al minimo il rapimento dell’immagine sonora in movimento. Lavoro da anni in ambito di critica e programmazione cinematografica, con molta attenzione alla Tv, ma personalmente penso che la letteratura sia da prediligere in grande quantità durante l’età prescolare rispetto ai cartoon e affini che potranno abitare con maggior intensità in età successive, più solide e capaci di affrontare il flusso delle emozioni. In ogni caso nessun giudizio per nessuno: non è mai facile. Ma già chiedersi come la stiamo usando è un gran bel regalo per tutti.

Arianna, mamma di Viola, 3 anni



Sammy e Chris non avevano mai visto la Tv fino a sei mesi fa, quando abbiamo deciso di mostrare loro, sempre in nostra compagnia, prima alcuni dvd con brevi episodi in inglese o in italiano di storie che già conoscevano e dopo qualche mese dei cartoni in Tv, guardando e commentando insieme quelli più pubblicizzati dagli amici a scuola. Comunque niente Tv durante la settimana (nemmeno babbo e mamma) ma solo un paio di ore sabato e domenica (se piove in particolare, sennò parco). Ci dispiace per il più piccolo, che poteva stare ancora senza vedere la Tv, ma stiamo sempre con loro mentre sono davanti allo schermo (così ci rilassiamo un po’ anche noi).

Paola, mamma di Sammy, 5 anni, Chris, 3 anni


Abbiamo eliminato la Tv dall’arredamento di casa da ormai quattro anni. Da quando è nata Ecate non ci ha sfiorato l’idea di riprenderla, anzi siamo sempre più soddisfatti della scelta. Scegliamo assieme a lei i cartoni da guardare sul computer, di solito guardiamo due puntate, rigorosamente assieme e commentando ciò che succede con lei. Poi torniamo a giocare.

Alessia, mamma di Ecate, 3 anni



Ho deciso di rinunciare alla Tv mentre ero incinta; ci siamo posti il problema del “diverso da tutti” ma poi abbiamo pensato che avendolo chiamato Orlando già l’avevamo fregato in partenza. Sinceramente ho deciso di rinunciare perché le serie Tv sono una mia grande debolezza e sarebbe stato pressoché impensabile che io resistessi dal propinargli FOXlife 24 ore su 24 avendo la Tv lì a portata di mano.


Olly adesso ha un anno e mezzo, a casa la Tv non esiste e noi genitori guardiamo serie Tv in inglese dopo che si è addormentato (chissà quale effetto avrà sul suo inconscio). Alle nonne non ho posto limitazioni ma sinceramente non l’ho mai visto una volta stare a guardare la Tv, il massimo dell’interazione è che si metta a ballare durante le sigle e poi prosegua con i suoi giochi e i suoi librini. La nonna ha risolto magistralmente tutti i problemi di socializzazione prendendogli due librini della “Pe-Pi” cosicché al parco può tranquillamente interagire con il merchandising pervasivo del celebre cartone.


Mi ritengo una madre molto fortunata perché mio figlio è in grado di intrattenersi da solo con i suoi giochi per tempi molto lunghi, anche più di un’ora, il che mi permette di dedicarmi al lavoro o ad altre incombenze (e a volte, addirittura, di leggere un libro!) interrotta solo ogni tanto dalle sue domande o da qualche coccola veloce. Non so dire se questo atteggiamento autonomo e immune alla noia sia nato in lui dall’assenza di stimolazioni intense e continue date dalla Tv, ma mi piace pensarlo.

Veronica, mamma di Orlando, 18 mesi



Noi non abbiamo la Tv e devo dire che viviamo benissimo! Non ne sentiamo affatto la mancanza. Gabriele ama ascoltare la musica, giocare con le costruzioni e soprattutto adora i libri. Gli racconto storie e filastrocche praticamente tutto il giorno!

Nicoletta, mamma di Gabriele, 17 mesi



Dodici anni fa, mentre ero in vacanza alle Canarie, per caso venni a sapere come si dice televisore in spagnolo: caja tonta tradotto letteralmente “scatola sciocca”. Nulla di così sorprendente in verità, in effetti lo sappiamo tutti che tante trasmissioni sono sciocche, inutili, se non addirittura deleterie: specialmente se guardate dai più giovani, che rischiano di bersi tutto quello che viene detto o mostrato, a meno che non siano accompagnati nella visione da un adulto che, criticamente, spieghi loro ciò che può essere considerato ok e ciò che invece è spazzatura… Tv spazzatura… appunto, da quanti anni lo sentivo dire? Non saprei, quello che so è che quel nome tradotto mi aprì gli occhi e finalmente, dopo varie riflessioni, presi la decisione di spegnere la Tv per sempre.


Mia figlia adora divorare libri, non ha mai avuto la Tv a casa, e le capita di guardarla sporadicamente quando va dai nonni, ma solo alcuni programmi: alcuni documentari e gli episodi di “Geronimo Stilton”. E quando vede sua cugina che sta incollata al video anziché uscire a giocare con lei, mi dice: “Mamma, è ipnotizzata”. Non voglio poi aprire discussioni su violenza in Tv, lavaggio del cervello, omologazione, ecc. Vorrei semplicemente mettere l’accento sulla “questione tempo”: guardare la Tv ci ruba il tempo, ci ruba la vita. La mia vita è totalmente cambiata da quando ho regalato il televisore: ho molto più tempo per me stessa e per coltivare i miei hobby, ma soprattutto mi gusto il tempo con gli altri per coltivare delle belle relazioni.

Francesca, mamma di Valentina, 11 anni



Durante i pasti principali Tv spenta. Si vedono solo dvd dei cartoon e non i cartoni alla tele, troppa pubblicità. Uno al giorno. Strappi alla regola solo quando siamo malati.

Baby, mamma di Arianna, 3 anni


Noi non abbiamo la Tv da anni, già prima che nascesse nostro figlio. Non ne sentiamo la mancanza, anzi ci sembra di avere più possibilità per stare insieme. Quando ne sentiamo il bisogno, mio marito e io affittiamo dei film da guardare la sera. Per nostro figlio non ci siamo mai posti la domanda: guarderà film e cartoni quando sarà più grande e sarà in grado di gestirne i contenuti. Ora mi sembra che abbia più bisogno di muoversi e osservare la vita vera.

Anna, mamma di Siro, 3 anni



Penso che esistano cartoni animati e programmi migliori e peggiori, e che alcune trasmissioni interessanti siano effettivamente trasmesse in Tv, ma non tollero il flusso continuo 24 ore su 24, la quotidianità, gli orari “decisi” dalla Tv stessa, la contiguità di contenuti adatti e non adatti ad un determinato target, e la pubblicità (con tutto il sessismo di cui è infarcito ogni spot rivolto ai minori) tutti questi aspetti a mio avviso negativi, con Pc e dvd sono considerevolmente ridotti (non abbiamo la Tv). Inoltre nel nostro caso abbiamo sfruttato cartoni e video scelti ad hoc per motivi didattici, essendoci trasferiti all’estero e volendo imparare una nuova lingua.

Sara, mamma di Alma, 4 anni, in dolce attesa della seconda bimba



Abbiamo ridotto gradualmente e non ne sente la mancanza! Mio figlio guardava la Tv dopo pranzo per mezz’ora per “riposarsi” un po’, visto che non voleva più fare il sonnellino. Guardavamo solo brevi dvd in italiano (viviamo all’estero e l’italiano è una lingua minoritaria). Poi siamo passati alla Tv nel week-end, sempre solo dopo pranzo. Da circa due mesi abbiamo deciso di toglierla del tutto perché secondo noi ha un effetto un po’ troppo “eccitante” sul nostro bimbo, pensiamo lo stimoli troppo. Quindi nel momento della siesta si leggono libri, ascolta audiolibri oppure gioca tranquillo in camera sua. Per noi, per il momento, funziona benissimo così.

Federica, mamma di Loris, 3 anni



Il piccolo non è attratto per nulla dalla Tv e neanche le sue sorelle quando erano piccole. Ora invece chiedono di poterla vedere, io cerco di limitarla molto perché quando la guardano – ahimé – sembrano prive dell’udito, chiuse in quel mondo che a volte può essere anche bello ma che crea dipendenza…

Laura, mamma di Nicole, 10 anni, Deni, 8 anni, Riccardo, 19 mesi



Helmut non ha conosciuto la Tv fino ai 2 anni. Poi purtroppo in vacanza a casa dei nonni con i cugini teledipendenti ha cominciato ad apprezzare i cartoni animati, ed ora ne guarda di selezionati (abbiamo cominciato con i dvd di Walt Disney in lingua originale, mi sembrava il male minore). Io penso che accendere la Tv corrisponda a spegnere lui, ed è proprio così purtroppo, anche se poi con estremo entusiasmo mi racconta la trama di Heidi.

Ingrid, mamma di Helmut, 3 anni



Fosse per me la Tv non ci sarebbe in casa nostra: ho vissuto tranquillamente senza per dieci anni. Poi mi son sposata e mio marito invece non la disdegna…

In realtà non possediamo un apparecchio televisivo ma due Pc. Il mio è acceso durante il giorno e lo uso principalmente per lavorare e dare un’occhiata a notizie varie, il suo si accende verso le 18 e rimane acceso fino a tarda sera anche con funzione Tv. Il nostro bimbo quando è con me non chiede di guardare cartoni o altro; il papà invece è associato alla possibilità di guardare video (la loro attività preferita quando la mamma deve uscire) e non ho ancora capito bene quanto tempo ci passino. Ovviamente io non sono d’accordo…


Quando il Pc invece è in modalità Tv, quello che cerco di fare per “tamponare” è controllare di non lasciare mai acceso il video incustodito (almeno uno di noi due adulti deve essere nei paraggi, oppure lascio che si senta solo l’audio).

Ilona, mamma di Gioele, 2 anni


Ebbene sì, viviamo da anni senza tivù. Le notizie? Prima leggevo ogni mattina il quotidiano locale, ora sono abbonato alla versione digitale. E poi ci sono la radio e internet. Lo sport lo guardo tramite computer. I film in dvd. In questo modo ci gustiamo dei bei film (con o senza Pietro, a seconda del film), molto meglio che in televisione con tutta quella pubblicità che continua ad interrompere la visione. E a proposito di pubblicità, un piccolo aneddoto: le letterine di Natale dei compagni di asilo sembrano fotocopie, tutti chiedono gli stessi giocattoli visti in tivù, l’unica letterina con richieste fuori dal coro è quella di Pietro che, non essendo condizionato, si fa guidare dalla fantasia.

Francesco, papà di Pietro, 5 anni, Marika, 9 mesi



Trovo che gli episodi di Pimpa su Youtube siano l’ideale perché durano non più di 4-5 minuti l’uno e li si può dosare a seconda delle occasioni. In ogni modo, ci siamo dati come regola che qualsiasi contenuto va guardato assieme al papà (in tedesco) oppure alla mamma (in italiano) e lo cogliamo un po’ come occasione per commentare quello che vediamo ed arricchire in questo modo il suo vocabolario. Nei momenti invece in cui si deve cucinare, pulire o mettere a posto, cerchiamo di coinvolgerlo in qualche modo con piccole attività “di aiuto” che è in grado di fare o con giochi in cui imita mamma e papà (tipo cucinare con le verdure di stoffa e plastica…). Noi genitori rischiamo un po’ più di esaurimento perché dobbiamo tenerlo d’occhio mentre siamo occupati in altre incombenze, ma la fatica sta dando soddisfacenti risultati.

Silvia, mamma di Jacob, 22 mesi



Né io né il papà guardiamo la Tv (abbiamo vissuto senza negli ultimi cinque anni) e per questo Adele non sa bene a cosa serva. In linea generale noto che se vede che noi non siamo interessati ad una cosa, neppure lei la cerca.

Anna, mamma di Adele, 19 mesi

Bebè a costo zero crescono
Bebè a costo zero crescono
Giorgia Cozza
Meno oggetti e più affetti per crescere felici dalla prima infanzia alle soglie dell’adolescenza.Una guida al consumo critico, con consigli pratici per crescere bambini sereni, imparando a distinguere tra vere esigenze e bisogni indotti dal consumismo. Per un figlio, solo il meglio. Ma cos’è il meglio per un bambino?Giorgia Cozza risponde alla domanda che era stata il punto di partenza di Bebè a costo zero, la guida al consumo critico per futuri e neogenitori.Ora, in Bebè a costo zero crescono l’attenzione si sposta sui bambini più grandi, a partire dai 2 anni di età, fino alle soglie dell’adolescenza, perché se accogliere un bimbo a costo pressoché zero è possibile, è possibile anche crescerlo serenamente senza affrontare continue spese. L’ebook di questo libro è certificato dalla Fondazione Libri Italiani Accessibili (LIA) come accessibili da parte di persone cieche e ipovedenti. Conosci l’autore Giorgia Cozza è una mamma-giornalista, specializzata nel settore materno-infantile, autrice di libri per bambini e numerosi manuali per genitori, divenuti un importante punto di riferimento per tante famiglie in Italia e all’estero.È stata relatrice in numerosi congressi per genitori e operatori del settore e ospite di trasmissioni televisive per rispondere a quesiti legati all’accudimento dei bimbi e a uno stile genitoriale ecocompatibile.