Prepararsi ad allattare

Prepararsi ad allattare

Preparare il capezzolo per l’allattamento è come preparare i piedi per una camminata o il naso per respirare.
Carlos González
Prodotti per il seno

Gel preparatorio seno, fazzolettini antisettici, prodotti per la detersione e l’igiene del capezzolo…


Il seno ha realmente bisogno di essere preparato in vista dell’allattamento? Qual è l’effettiva utilità dei numerosi prodotti che vengono pubblicizzati quali ausili praticamente indispensabili per gettare le basi di un felice allattamento? In realtà, vari studi hanno evidenziato il fatto che, durante la gravidanza, non è necessaria nessuna preparazione particolare del seno4. I tubercoli di Montgomery – quei ‘brufolini’ intorno all’areola più evidenti in gravidanza – secernono una sostanza emolliente e antisettica che costituisce una protezione naturale per il capezzolo.


Non solo. In linea di massima, gli esperti suggeriscono di non applicare alcuna sostanza sul capezzolo e di evitare l’utilizzo del sapone che rischia di seccare la cute. Risciacquare il seno con acqua, in occasione del bagno e della doccia, è sufficiente per garantire un’igiene adeguata.

Irrobustire il capezzolo

Fino ad alcuni anni fa, alla donna in attesa del primo figlio veniva consigliato di irrobustire il capezzolo in vista dell’allattamento. I metodi proposti, tra l’altro, erano davvero “rudi”, dato che spesso si suggeriva l’utilizzo di un guanto di crine. Oggi questi metodi sono stati abbandonati: per prevenire la comparsa di ragadi e irritazioni non è necessario irrobustire il capezzolo, ma controllare che posizione e attacco del bebè durante la poppata siano corretti.

Capezzoli piatti e introflessi

La futura mamma che ha i capezzoli piatti o introflessi potrebbe avere il timore di non riuscire ad allattare. In realtà, il bambino poppa al seno, non al capezzolo, e la forma e le dimensioni del capezzolo non sono quindi determinanti per la buona riuscita dell’allattamento stesso.


Il bambino che si attacca correttamente (afferrando una buona porzione di areola), riesce a succhiare senza problemi anche se il capezzolo non è estroflesso. Nel caso in cui il piccolo fatichi ad attaccarsi, prima della poppata la mamma potrà massaggiare l’areola per far sporgere il capezzolo o ricorrere a un rimedio casalingo che consiste nell’applicazione di una siringa ‘modificata’, ovvero tagliata dalla parte dell’ago per inserirvi lo stantuffo. L’operazione è semplice: si appoggia al capezzolo la parte terminale della siringa (quella dove in origine era collocato lo stantuffo) e si imprime un po’ di aspirazione.


Generalmente, grazie alla suzione del bebè, il capezzolo piatto o rientrante si modella e tende a rimanere più sporgente. A volte questo cambiamento è definitivo, altre volte, invece, quando l’allattamento si conclude, il seno torna alle caratteristiche originarie5.


Secondo alcuni esperti, infine, può essere utile iniziare a “modellare” il capezzolo introflesso già in gravidanza, ad esempio indossando delle ‘conchiglie per il seno’ in plastica dura che favoriscono l’estroflessione del capezzolo, o semplicemente massaggiando l’areola. Non ci sono però studi che confermino l’utilità o meno di questa preparazione.

Informarsi

Un tempo, prima dell’avvento del latte artificiale, le future madri non avevano bisogno di leggere libri o documentarsi on–line per nutrire al seno i propri bambini. Erano cresciute vedendo le proprie madri allattare i fratelli minori, e le altre donne della famiglia allattare i loro bambini. I neonati, le poppate, l’accudimento non erano qualcosa di nuovo e sconosciuto, e di generazione in generazione vi era una trasmissione di competenze e sapere. Oggi non è più così. Le future madri, nella maggior parte dei casi, sono figlie del biberon, nate in un’epoca in cui le donne non nutrivano al seno o lo facevano solo per pochi mesi, vittime dell’imperante cultura dell’alimentazione artificiale, delle tabelle e degli orari. Molte donne non hanno mai visto allattare un bambino e si è persa la consapevolezza di quella che è la normalità dell’allattamento, ovvero del fatto che tutte le donne (tranne casi estremamente rari) possono allattare e che ogni madre ha il latte perfetto, in quantità adeguata, per suo figlio.


Stando così le cose, se preparare il seno ad allattare non è assolutamente necessario, sicuramente può essere molto utile “preparare la mamma”. Un’informazione corretta può rappresentare la chiave di volta per partire col piede giusto ed evitare (o risolvere) i problemi tipici dei primi giorni, come ingorghi, difficoltà di attacco al seno, ragadi (la prevenzione migliore per le ragadi non consiste nell’applicazione di creme o pomate, ma nell’informazione, poiché a causare screpolature e dolore, di solito, è un attacco scorretto del bimbo durante la poppata).

Partire con il piede giusto

Anche la struttura ospedaliera dove il proprio piccino viene alla luce, può influire sul buon avvio dell’allattamento al seno. Scegliere un ospedale dove l’allattamento viene promosso e incentivato (non solo in teoria, ma concretamente!) è quindi un modo per prepararsi ad allattare. Il suggerimento è quello di informarsi in merito alle consuetudini seguite in reparto, chiedendo quando avviene la prima poppata – l’ideale sarebbe attaccare il bimbo al seno entro la prima ora dalla nascita6 – e se viene praticato il rooming-in “totale” che permette e mamma e bambino di restare sempre insieme giorno e notte.


Un attacco precoce del bebè, subito dopo la nascita, e un allattamento esclusivo (ovvero senza interferenze di ciucci, biberon, integrazioni) e a richiesta (basato solo sui ritmi fisiologici del neonato) favoriscono, infatti, un buon avvio dell’allattamento.


~ A conti fatti

Creme e lozioni per preparare il seno all’allattamento o prevenire le ragadi non servono. Il seno è già pronto per allattare, e meno prodotti e/o detergenti si utilizzano meglio è. Una bella notizia e un bel risparmio7.

Crema preparatoria allattamento (200 ml): 19,90 euro

Gel preparazione seno: 9,90 euro

Olio per allattamento: 12,50 euro

Crema antiragadi (30 ml): da 13 a 17 euro

Crema protezione capezzolo (30 ml): 11 euro

Prepararsi alla nascita

Corsi di preparazione al parto

Ormai in tutte le città, presso gli ospedali e i consultori familiari, vengono organizzati dei corsi di preparazione al parto. Condotti dalle ostetriche, questi corsi rappresentano un’opportunità preziosa per ricevere informazioni e per condividere le emozioni dell’attesa con altre future mamme che stanno vivendo la stessa esperienza. Spesso, inoltre, è prevista una visita al reparto dell’ospedale cittadino che garantisce un primo approccio con il personale, i luoghi, le sale parto dove avverrà la nascita. In quest’occasione la futura madre potrà informarsi in merito alle consuetudini del reparto e valutare se la struttura corrisponde alle proprie aspettative.


In genere tali corsi sono gratuiti o hanno un costo molto contenuto.

Associazioni e gruppi di auto-aiuto

Se nella propria zona è presente un’associazione di volontariato8 o un gruppo di auto-aiuto9 composto da madri che mettono a disposizione di altre donne la propria esperienza – offrendo supporto e suggerimenti utili per la cura del bebè e l’allattamento al seno –, contattare queste realtà e frequentare gli incontri organizzati periodicamente (la partecipazione è gratuita) è sicuramente molto utile. C’è infatti la possibilità di conoscere altre mamme, scoprendo in anticipo quelli che potrebbero essere i piccoli ostacoli e le difficoltà dei primi tempi con il bebè e le modalità per affrontarli e risolverli. Si creano inoltre dei rapporti di amicizia che continuano dopo la nascita e possono rappresentare un sostegno importante nel periodo impegnativo del post parto.

Scegliere il luogo del parto

Per scegliere la struttura ospedaliera dove accogliere il proprio piccino, informarsi con un certo anticipo è importante. La futura mamma che desidera conoscere e valutare le consuetudini del punto nascita dove ha intenzione di partorire, può rivolgersi direttamente all’ospedale, per raccogliere le informazioni che le interessano, e confrontarsi con qualche donna che vi ha già partorito. Ci sono madri che preparano un “piano del parto” e lo sottopongono preventivamente all’attenzione del personale per valutare l’effettiva coincidenza tra le proprie aspettative e la routine ospedaliera10.


Negli ultimi anni, infine, è in corso una riscoperta del parto in casa e sono in aumento le coppie che decidono di accogliere il proprio piccino tra le mura domestiche. Il suggerimento per le donne che sono interessate a questa possibilità è quello di contattare le associazioni di ostetriche e/o di genitori che si occupano della nascita a domicilio11. Informarsi è fondamentale per scoprire, ad esempio, se nella propria regione il parto in casa viene rimborsato – del tutto o in parte – dall’assistenza sanitaria o se, al contrario, non essendo previsto alcun rimborso la spesa grava interamente sui genitori.

La salute della futura mamma

La gravidanza non è una malattia. Non si fa che ripeterlo e ormai tutti ne siamo consapevoli… in teoria. Sì, perché, in pratica, l’attesa in Italia è ancora molto, molto medicalizzata.

Esami, ecografie, controlli

Indagini e statistiche lo confermano. La maggior parte delle future mamme si sottopone a un numero eccessivo di esami, con frequenza ingiustificata, e affronta spese che non sono effettivamente necessarie. Intorno alla gravidanza si è, infatti, creato un business che si fa forza del naturale desiderio di assicurarsi “che tutto proceda bene” e di una serie di ansie e timori, spesso del tutto immotivati.


In realtà, se l’attesa è fisiologica, per monitorare il benessere di mamma e bebè sono sufficienti le analisi (prelievi del sangue e tamponi) e le ecografie, previste dalle Linee Guida del Sistema Sanitario Nazionale. Il tutto a costo zero, dato che questi controlli sono gratuiti.


A questo proposito sono molto interessanti i risultati dell’inchiesta condotta nel 2007 da Altroconsumo12, su un campione di circa 1700 donne. Le risposte ai questionari dell’associazione confermano quanto è ormai risaputo da tempo: la gravidanza è caratterizzata da una prescrizione in eccesso di esami, ecografie e integratori13. Dal quadro dell’inchiesta si evince che a circa metà delle future mamme sono state prescritte analisi del sangue in più rispetto a quelle rimborsate dal Servizio Sanitario Nazionale. In eccesso anche gli esami di screening per rischi bassi (come l’amniocentesi eseguita in giovane età) e la prescrizione di integratori di vitamine e minerali14 consigliati nel 60% dei casi, mentre normalmente non sono necessari.


Per ciascuna donna intervistata risulta una media di sei ecografie (il 20% del campione ne ha eseguite nove!), ben oltre le tre previste dalle linee guida nazionali. I risultati di Altroconsumo corrispondono a quelli emersi dal CeDAP (ovvero il Certificato di Assistenza al Parto)15 relativi al 2004: le future mamme si sottopongono a più di quattro visite di controllo nel corso dell’attesa, anche se la gravidanza è fisiologica, e le ecografie effettuate sono in media 4,5 nei nove mesi.


Secondo il CeDAP nel 72,4% delle gravidanze è stato superato il numero di ecografie raccomandato dall’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) e dai protocolli di assistenza del Ministero della Salute, che prevedono un’indagine ecografica per ogni trimestre dell’attesa16.


A una gravidanza tanto medicalizzata, in Italia corrisponde, purtroppo, una modalità di nascita altrettanto medicalizzata: 36,3%, questa la media nazionale dei cesarei secondo i dati Istat del 201317. Un dato che conferma la tendenza degli anni precedenti e che supera ampiamente la soglia del 10-15% raccomandata dall’OMS e la media europea del 26,7% (nel 2011).

Una situazione che potrebbe sicuramente migliorare garantendo maggiori informazioni agli utenti (e maggior formazione agli operatori) e separando, sin dall’inizio dell’attesa, la patologia dalla fisiologia: la prima competenza del medico, la seconda dell’ostetrica.


Tornando a vivere l’attesa come quello che effettivamente è, ovvero un’esperienza fisiologica, un momento privilegiato e speciale nella vita di una donna, la futura mamma ci guadagnerà in serenità ed eviterà spese inutili.

Pubblico o privato?

Un dato interessante emerso dall’inchiesta di Altroconsumo è quello della percentuale di donne (il 70%) che nei nove mesi viene seguita da un ginecologo privato sostenendo quindi una spesa non indifferente. A questo proposito ogni futura mamma dovrà valutare in base alle proprie esigenze qual è la figura a cui preferisce rivolgersi, ricordiamo però che molte strutture pubbliche offrono un’assistenza adeguata (con la possibilità di conoscere i medici che poi si incontreranno in reparto al momento della nascita).


Segnaliamo infine i servizi offerti dai consultori, dove è possibile ricevere assistenza ostetrica nei nove mesi18, frequentare i corsi di preparazione alla nascita e gli spazi mamma nel post parto.


Sono incinta: fumo addio!

Se la futura mamma è una fumatrice, la gravidanza rappresenta un’ottima occasione per dire addio a questa dannosa abitudine. Il fumo raggiunge il piccino tramite la placenta e determina un maggior rischio di parto pretermine, basso peso alla nascita, e SIDS, ovvero la sindrome della morte in culla.


Nel periodo successivo alla nascita il contatto quotidiano con adulti fumatori si rivela molto dannoso per il bambino: non solo il fumo passivo è uno dei fattori di rischio per la SIDS, ma aumenta l’incidenza di otiti, bronchiti e altre patologie delle vie respiratorie.


In una sigaretta sono contenute non meno di 4000 sostanze, di queste, 200 sono tossiche e 42 cancerogene: nel fumo passivo ci sono gli stessi componenti, talora in maggiore concentrazione. La legge italiana vieta il fumo nei luoghi pubblici ma sta agli adulti garantire la salubrità della casa, dell’automobile e in generale di tutti i luoghi chiusi frequentati dal bambino.


Smettendo di fumare, la futura mamma guadagna in salute, tutela il suo bambino e naturalmente risparmia un bel po’ di denaro.


L’ansia da corredino

La futura mamma che entra in un negozio di prodotti per l’infanzia non ha che l’imbarazzo della scelta. Accessori e gadget di ogni sorta le sorridono invitanti dagli scaffali: ciucci, biberon, sdraiette, fasciatoi, vaschette per il primo bagnetto, nonché una vasta gamma di abitini irresistibili… A voler comprare tutto quello che il mercato offre, ci sarebbe da spendere una cifra esorbitante. Il rischio però è quello di acquistare molti oggetti inutili che, tra l’altro, il bebè potrebbe non gradire suscitando sorpresa e disappunto nei genitori, che tanto hanno investito per procurargli il “meglio”. Ciò che serve davvero al neonato, in verità, non si acquista in un negozio e non si procura con il denaro. Una bella notizia, di cui parleremo in modo più approfondito nel prossimo capitolo.


Per ora limitiamoci a suggerire alla futura mamma di non lanciarsi in acquisti “preventivi”, ma di attendere di avere il proprio piccino tra le braccia per comprendere di cosa, in effetti, potrebbe avere bisogno.


Per quanto riguarda i vestitini, anche in questo caso il suggerimento è quello di limitare gli acquisti ad alcuni body intimi, tutine e calzine che serviranno durante la degenza in ospedale. In genere, parenti, amici e conoscenti che si recano in visita dalla neomamma, danno il loro benvenuto al bebè portando in dono vestitini e accessori, per cui potrebbe non essere necessario comprare altri capi di abbigliamento per questo primo periodo. Una soluzione particolarmente vantaggiosa è quella di “riciclare”, ovvero farsi prestare tutine e body utilizzati dai bimbi di parenti e amiche.

La borsa per l’ospedale

L’attesa sta giungendo al termine. La data presunta del parto si avvicina ed è ora di preparare la borsa per l’ospedale con il necessario per la mamma e il suo piccino. Un momento che può rivelarsi molto emozionante poiché rende più “reale” e prossimo l’evento che si sta per vivere.

Cosa serve alla mamma

Preparare la borsa da portare in ospedale per il momento del parto non significa necessariamente acquistare qualcosa. Ciò che serve alla futura mamma sono indumenti normali, che già usa quotidianamente. Nella valigia non potranno mancare camicie da notte e pigiami, in numero variabile a secondo dei giorni di degenza previsti (in molti ospedali italiani le dimissioni avvengono 48 ore dopo il parto, quindi i cambi necessari sono decisamente limitati). Un’unica accortezza, camicie da notte e pigiami dovrebbero aprirsi sul davanti in modo da poter allattare con comodità; se la mamma non ha un pigiama che corrisponda a queste caratteristiche potrà farselo prestare o acquistarne un paio.


La camicia da notte “da parto”, che nei negozi specializzati può avere prezzi notevoli (si parla anche di 40-50 euro), in realtà può benissimo essere una camicia da notte che si apre sul davanti (possibilmente a maniche corte), la maglia di un pigiama (sempre con apertura sul davanti) o una maglietta ampia e comoda.


Per quanto riguarda la biancheria intima, quasi sempre quella utilizzata nell’ultimo periodo di gravidanza si adatta anche all’immediato post parto. In commercio si trovano dei modelli di mutande in carta e mutande a rete, che essendo usa e getta, limitano l’accumulo di panni da lavare al rientro a casa, ma vista la brevità del ricovero ospedaliero, per la maggior parte delle donne questi accessori risultano superflui.


Indispensabile, infine, è una scorta di assorbenti: in alcuni ospedali vengono forniti direttamente dal reparto, in altri no, quindi è bene informarsi in anticipo.

Cosa serve al bebè

Molti ospedali mettono a disposizione una lista di quanto è necessario al bambino durante il ricovero. Se il punto nascita in cui si partorirà non fornisce un elenco, si possono chiedere indicazioni in occasione del corso di preparazione alla nascita o di un’eventuale visita al reparto.


Di solito, comunque, si tratta di un elenco piuttosto breve: al neonato servono, infatti, body intimi, calzine e tutine (intere, quindi con anche il piedino e a manica lunga o a mezza manica, a seconda della stagione) in numero proporzionale ai giorni di ricovero (si calcola un cambio completo al giorno). A ciò si aggiunge una copertina ed eventualmente dei pannolini (ma solitamente fino al momento delle dimissioni provvede l’ospedale).


Ricordiamo che a parte gli abiti e i pannolini, al neonato non servono altri accessori.

Bebè a costo zero - Terza edizione
Bebè a costo zero - Terza edizione
Giorgia Cozza
Guida al consumo critico per accogliere e accudire al meglio il nostro bambino.Una guida al consumo consapevole per scoprire cosa è davvero indispensabile o utile acquistare durante la gravidanza e la prima infanzia. Carrozzine, vestitini, omogeneizzati: quanto costa avere un bambino oggi?Le statistiche parlano di un investimento di migliaia di euro solo nel primo anno di vita. Bebè a costo zero di Giorgia Cozza, è la guida al consumo critico e consapevole nell’affollato mondo dei prodotti per l’infanzia per scoprire cosa sia davvero indispensabile o utile durante la gravidanza e la prima infanzia, distinguendo tra reali esigenze e bisogni indotti dalla pubblicità. Il libro offre proposte e suggerimenti pratici per evitare spese inutili, con un occhio di riguardo all’ambiente e, soprattutto, per circondare il bambino solo di quanto può favorirne lo sviluppo psico-fisico, facendone una persona serena e armoniosa. Conosci l’autore Giorgia Cozza è una mamma-giornalista, specializzata nel settore materno-infantile, autrice di libri per bambini e numerosi manuali per genitori, divenuti un importante punto di riferimento per tante famiglie in Italia e all’estero.È stata relatrice in numerosi congressi per genitori e operatori del settore e ospite di trasmissioni televisive per rispondere a quesiti legati all’accudimento dei bimbi e a uno stile genitoriale ecocompatibile.