Il materasso

Il materasso

Nella scelta del materasso destinato al bimbo si suggerisce di privilegiare materiali naturali, verificare che non ci siano bottoni o lacci sulla superficie dove il piccolo riposa (eventuali etichette dovranno essere cucite), e che cuciture o cerniere siano posizionate lateralmente.


L’Ente Nazionale Italiano di Unificazione (UNI) ha pubblicato una norma che ha per oggetto proprio i materassi per bambini, specificando tutti i requisiti richiesti per garantire la massima sicurezza al sonno del bebè. Chi desidera approfondire l’argomento può visitare il sito www.uni.com oppure contattare direttamente l’ente, chiamando il numero 02/70024200.


Per quanto riguarda il cuscino, i bimbi piccoli non ne hanno bisogno.

I manuali sulla nanna

La separazione precoce non porta all’autonomia, ma alla paura dell’abbandono e sviluppa forti sentimenti di dipendenza dagli altri. L’autonomia viene costruita a partire da un sentimento di sicurezza.
Isabelle Filliozat
I bambini si aspettano che i genitori li aiutino a gestire lo stress, non che glielo inducano.
Alessandra Bortolotti

Fate la nanna, facciamo la nanna, e tutti fan la nanna… I manuali che trattano l’argomento del sonno dei bambini sono numerosi e vanno a ruba. Molto probabilmente capiterà anche a voi di incappare in uno di questi volumi assai invitanti che dagli scaffali delle librerie promettono magiche ricette per assicurarsi lunghe e pacifiche dormite… Il nostro consiglio è di diffidare di chi vuol propinare ai genitori metodi universali, in genere del tutto privi di base scientifica e, purtroppo, troppo spesso irrispettosi nei confronti dei bambini e delle loro reali esigenze. Uno di questi metodi è sicuramente quello basato sulla tecnica dell’estinzione graduale26 , resa famosa dal libro Fate la nanna27 di Eduard Estivill e tenacemente criticata da quegli esperti che richiamano l’attenzione sui bisogni di contatto, vicinanza e rassicurazione, propri della primissima infanzia.


Mettere il bimbo a letto quando è ancora sveglio perché si addormenti da solo e attendere degli intervalli di tempo ben definiti prima di rispondere al suo pianto durante la notte, questa in estrema sintesi la strada per “educare” o “rieducare” al sonno proposta dai sostenitori di questi metodi che promettono risultati assicurati, ma i cui effetti a breve e lungo termine sullo sviluppo della personalità del bambino non sono ancora noti, dato che mancano studi in questo senso. L’Australian Association for Infant Mental Health (Associazione australiana per la salute mentale del bambino) si è espressa in merito al controlled crying, ovvero la tecnica del pianto controllato (simile all’estinzione graduale) richiamando alla prudenza i medici e i ricercatori e prospettando le possibili conseguenze psicologiche negative di questo tipo di intervento28 .


Il primo campanello d’allarme di fronte a questi manuali è proprio l’assunto di partenza: l’idea che possa esserci un metodo applicabile in generale a tutti i bambini e da tutti i genitori è evidentemente irrealistica, dato che ogni individuo è a sé, ogni famiglia ha la sua storia, le sue abitudini, le sue esigenze e quello che funziona con un bimbo non è di alcuna utilità con un altro, che ha un temperamento diverso. Il fatto che le caratteristiche del sonno del bebè vengano ignorate e che i risvegli notturni fisiologici nei primissimi anni di vita vengano definiti “disturbi del sonno” – inquadrando come problematiche situazioni del tutto normali – rischia inoltre di ingenerare dubbi e preoccupazioni che non hanno ragione di essere29 .

È molto grave, infine, che un esperto si permetta di suggerire ai genitori di ignorare il pianto con cui il figlio esprime il suo atavico, fisiologico bisogno di vicinanza e rassicurazione. Quale sensazione può provare un bimbo che chiama la sua mamma e non ottiene risposta? A certi esperti, questo non interessa (forse non interessa proprio il bambino…) quel che conta è il risultato: spesso i bimbi che vedono ignorati i propri pianti imparano a non piangere più, capiscono che è inutile chiamare, poiché nessuno risponderà. Un messaggio decisamente inquietante, a qualsiasi età, ma ancor di più quando si è ancora tanto piccoli e indifesi…


A questo proposito citiamo le significative parole di Sergio Conti Nibali, pediatra e responsabile della task force per l’allattamento al seno dell’Associazione Culturale Pediatri (ACP): un’opinione sui “metodi” per educare al sonno? Certamente funzionano. Per i genitori. O meglio i genitori si assicurano un riposo tranquillo in tempi brevi. Certo, se proviamo a metterci nei panni dei bambini che piangono e vedono che mamma e papà – ovvero le persone di cui si fidano di più – non rispondono… È vero anche che a un certo punto non piangono più per richiamare i genitori, ma anche negli orfanotrofi i bimbi non piangono la notte, perché sanno che non arriverà nessuno!


Ricordiamo, inoltre, che nell’ultimo numero del 2006 di Quaderni ACP, il bimestrale di informazione politico-culturale e di ausili didattici dell’Associazione Culturale Pediatri, a proposito dei suggerimenti contenuti in Fate la nanna si dice che il metodo proposto da Estivill non trova un consenso universale tra i medici che si occupano del sonno dei bambini e che non esistono studi su tali trattamenti che confortino sulla loro reale efficacia a lungo termine30 .


All’argomento ha dedicato un libro la nota pedagogista e scrittrice Grazia Honegger Fresco, che nel volume Facciamo la nanna. Quel che conviene sapere sui metodi per far dormire i vostri bambini analizza criticamente i cosiddetti metodi che insegnano come far dormire i bambini e in particolare la proposta di Estivill che, sottolinea l’autrice, offre una sorta di “bacchetta magica” con una brutta partenza: disprezzo per i piccoli (definiti più volte nel testo birbanti, frignoni, esagitati, furbastri, ecc.) e anche per i genitori (vittime delle manipolazione dei figli). Non dice mai – scrive, infatti, la Honegger Fresco – che il pianto può essere un segnale di malessere o di sofferenza. L’analisi del disagio non lo interessa: tratta il bimbo come un oggetto oppositivo, disturbante (…). Duro e schematico nelle sue proposte, non mostra verso i piccoli alcuna empatia31 .


Concludiamo questa riflessione con un aggiornamento assai importante. Lo stesso Estivill nel 2012, (forse spinto dalle voci autorevoli che, sempre più numerose, si concentravano sulle conseguenze a lungo termine di un così forte carico di stress per i piccoli?), ha rinnegato il metodo proposto, specificando che non doveva essere utilizzato prima dei tre anni del bambino32 (e riguardava solo i casi di insonnia dovuta ad abitudini scorrette). Sebbene sconfessato dall’autore, il libro continua però ad essere venduto e a molti genitori viene ancora consigliato di metterne i pratica i contenuti.

Voci di mamma e papà

Quando è nata la mia prima figlia ero convinta che fosse giusto che i bambini dormissero nella loro stanza. A dire il vero la ragione profonda era che sentivo l’esigenza di conservare intatto un “mio” spazio. Quindi io e mio marito durante la gravidanza abbiamo smantellato quello che era il nostro studio e lo abbiamo trasformato in camera per la bimba, decorando le pareti con fiori e fatine, e dotandolo di un meraviglioso letto. Non ci sono mai piaciuti i lettini con le sbarre (anche quando pensavamo fosse normale per i neonati dormire separati dalle loro mamme) e abbiamo scelto un letto di legno, allungabile, con una fodera di tela pesante che lo rendeva simile a una grossa culla (e che, tolta la tela, diventava un tradizionale letto per bambini).


Inutile dire che là dentro all’inizio Amanda si perdeva, e per i primi tre mesi ha dormito in carrozzina. Rigorosamente nella sua stanza. Ma la carrozzina, come la maggior parte delle carrozzine e dei lettini – lo dico a uso delle future mamme –, aveva le “spine”: mia figlia si addormentava in braccio o al seno e una volta deposta con tutta la delicatezza possibile nella carrozzina, spesso si svegliava dopo pochi minuti. Bisognava scaldare le lenzuola con una borsa dell’acqua calda e metterla giù avvolta in una copertina così che non si accorgesse troppo del distacco.


Per molti mesi è andata bene così, poi siamo cresciuti, lei nelle sue esigenze, noi nella nostra consapevolezza di genitori: Amanda ha iniziato a venire a trascorrere parte della notte nel lettone e il lettino è stato trasformato in side-car. Quando è nata Laura ha sempre dormito lì, a fianco della mamma. Con il side-car, abbiamo dormito tutti meglio e di più, senza doverci alzare. In seguito, nella camera delle bambine abbiamo adottato un sistema di letti direttamente con il materasso a terra, più comodi da fruire per loro senza pericolo di cadere, e con la libertà di venire da sole a trovare mamma e papà in camera loro.


Io ho ancora l’esigenza di avere uno spazio “mio” in camera mia, e al posto del comodino c’è il lettino dove dorme la mia terza bambina, ma ora so che i mesi e gli anni in cui sono così piccoli volano in fretta. La mia primogenita ha già sei anni, è una piccola grande…

Valentina, mamma di Amanda, 6 anni, Laura, 4 anni, Maddalena, 2 anni



Non ho comprato una culla dato che la carrozzina era praticamente la stessa cosa e nei primi tempi andava benissimo anche per la nanna.

Irasema, mamma di Carlo, 6 anni, e Elena, 3 anni



I lettini che mi attiravano più di tutti erano quelli del nido Montessori: bassi e senza sponde, perché i bimbi potessero liberamente scendere e salire. Così cercai un modello che fosse almeno simile e, dopo qualche settimana, trovai il lettino che desideravo: abbastanza basso da non essere pericoloso, in legno, e con una spondina laterale che impediva eventuali capitomboli lasciando però la libertà di salire e scendere dal lettino. Inoltre questo modello ha quasi le dimensioni di un letto per adulti e, quindi, potremo utilizzarlo per svariati anni. Questa soluzione ci è piaciuta molto, l’idea che i nostri figli stiano a letto perché lo vogliono e non perché non possono fare diversamente ci trova molto d’accordo. Tutte le sere si addormentano nei loro lettini ma, quando ne sentono la necessità, vengono da soli nel nostro lettone che è rimasto, ovviamente, a “libero accesso”.

Sara, mamma di Chiara, 4 anni, e Jacopo, 2 anni



Ricordo, al mio primo incontro de La Leche League, il racconto di una mamma che dormiva nel lettone col proprio figlio. Ero rapita dall’amore che trapelava dalle sue parole, eppure pensavo: “Bello tutto quello che dice, però io non farò mai dormire mia figlia nel letto con me, è sbagliato!” Tempo un mese, e dopo essermi informata sull’importanza dell’allattamento notturno e sul modo migliore per affrontarlo, mi sono trasformata in una co-sleeper convinta. Aurora ora ha quattordici mesi e ha sempre dormito nel letto insieme a mamma e papà.

Giulia, mamma di Aurora, 14 mesi



Per la nanna, io ho usato il sacco nanna: comodissimo, lo consiglio proprio. Altro che piumini, coordinati per i lettini, federine, ecc. Lenzuolino sotto, niente cuscino, sacco nanna e via.

Laura, mamma di Sofia, 8 mesi



Verso i sei-sette mesi, complice la stagione calda, Paolo riposava nell’amaca sistemata in balcone, protetto da un ombrellone che lo riparava dal sole. L’idea non è mia: l’ho copiata da un’amica che con un balcone più piccolo del nostro e con un’amaca di stoffa si faceva le pennichelle all’aria aperta… in pieno centro a Torino!

Marcella, mamma di Paolo, 6 anni


Appena ho scoperto che mettere Penelope nel lettino significava farla risvegliare all’istante, ho adottato il sistema del futon, ovvero un letto singolo un po’ più grande rispetto alle misure tradizionali: ci sdraiavamo insieme per la poppata e quando lei si addormentava io mi alzavo. Lasciavo dei cuscini intorno al futon, che comunque era molto basso (eravamo già praticamente a terra), per cui non c’era pericolo. Con Giuditta tanto lettone e poi letto singolo da grande (inizialmente con la spondina, ora senza): ancora adesso mi ospita volentieri nel suo letto…

Claudia, mamma di Penelope, 6 anni, e Giuditta, 3 anni



Appena nato, Alessandro ha iniziato a dormire nella culletta messa accanto al letto e poi nel suo lettino sistemato in un angolo della nostra stanza. Di notte, quando si svegliava, mi alzavo, lo prendevo, facevamo “titta”33 e lo rimettevo nel suo lettino. A un certo punto ho scoperto che potevo togliere una delle due sponde laterali e unire il suo lettino al lettone in modo da creare un unico letto. È stata una svolta! Poter dormire accanto a lui mi rasserenava e così anche la qualità del mio sonno è migliorata. Inoltre la gestione dei suoi risvegli si è notevolmente semplificata, non era più necessario che io mi alzassi!

Anna, mamma di Alessandro, 6 anni, e Lorenzo, 2 anni



Io ero una di quelle persone che disapprovava totalmente il co-sleeping… prima che nascesse Irene! Lei è nata in casa sul nostro letto e da lì non ci siamo mosse per quattro giorni, poi mi sono detta “aspettiamo un mese”, dopo un mese mi sembrava ancora così piccola e le poppate notturne erano frequenti perciò mi dissi: “aspettiamo i tre mesi”… A tre mesi l’ho spostata su un materasso vicino a noi e dato che lei non sembrava averne patito ho pensato di acquistare un lettino perché si abituasse a dormire da sola. “Non voglio che rovini la nostra intimità” pensavo. Poi Irene ha cominciato ad ammalarsi e a svegliarsi mille volte per notte, perciò il lettino l’abbiamo comprato ma l’abbiamo subito attaccato al lettone togliendo la spondina e rialzando il materasso (era il lettino dell’Ikea ed è bastato fare due buchi in più sulle gambe per rialzarlo), poi abbiamo riempito il buco tra i materassi con un piccolo piumino arrotolato e voilà… Ecco il side-bed!


Pian piano abbiamo scoperto quanto sia piacevole dormire insieme, quanto siano più sopportabili i risvegli notturni e quanto siano più gestibili le malattie. Ora Irene ha due anni e continua a dormire nel suo side-bed, durante la notte spesso viene vicino a me anche adesso che non la allatto più: mi stringe le braccia al collo e sprofonda la faccia nella mia guancia.Questo contatto fisico per noi è stupendo, anche se a volte sono un po’ scomoda, soprattutto adesso che ho il pancione, ma mi addormento con il cuore colmo di felicità. Per l’intimità abbiamo trovato altre soluzioni, e il letto è diventato il posto dove dormire tutti insieme, e finché Irene avrà piacere di stare vicino a noi, il lettone sarà a disposizione.

E da luglio saprò come si gestisce un bi-side-bed!

Barbara, mamma di Irene, 2 anni, e in attesa del secondo bebè



Prima della nascita di Federico, prevedendo di trascorrere lunghi periodi sia in montagna, che in città, che a casa dei nonni, ci siamo attrezzati con una culla e ben due lettini. Da piccolissimo Federico dormiva nella carrozzina, perché mi sembrava che, così piccino, avesse bisogno di essere posto in un ambiente piccolo e accogliente. Poi siamo passati alla culla.


Quando è diventato un pochino più grande (3 o 4 mesi), per rendere meno faticoso l’allattamento notturno ho cominciato a non spostarlo più nel suo lettino dopo la poppata. Potevo così riaddormentarmi mentre Federico ancora poppava, e anche lui passava naturalmente e facilmente dalla poppata al sonno. Se si svegliava durante la notte, bastava mettergli una mano sulla pancia e lui riprendeva il sonno. Col tempo abbiamo iniziato (anche il papà) ad apprezzare e godere di questo tenero abbraccio notturno, e il sonno condiviso è diventato un’abitudine. Questo ci ha consentito di affrontare serenamente trasferte e vacanze, senza mai preoccuparci di portare con noi un lettino in più. Adesso che è in arrivo il nostro secondo bimbo, stiamo pensando ad un letto… almeno a tre piazze!

Francesca, mamma di Federico, 20 mesi, e in attesa del secondo bebè


Sonno condiviso: si dorme gran poco e male, però mi piace così. Ho già in progetto un letto a tre piazze…

Marzio, papà di Federico, 20 mesi, in attesa del secondo bebè



Per le coperte del bambino si possono usare quelle da adulti e/o ripiegare oppure tagliare e cucire gli orli. Per ogni lenzuolo da adulti ne vengono almeno quattro da neonati.

Monica, futura mamma al sesto mese di gravidanza



Tra le tante motivazioni per evitare questa “cattiva abitudine” del lettone-tutti-insieme-appassionatamente, ero pronta a contestare le solite: poi si abitua, così lo vizi, ha bisogno del suo letto, lì è più comodo, la coppia deve ritrovare la propria intimità, ecc… Ma alla persona che mi disse: “non è igienico!” non sono proprio riuscita a rispondere…

Loretta, mamma di Nicolò, 5 mesi

Consigli di lettura

Sears W., Genitori di giorno e… di notte, La Leche League International, 2004.

Honegger Fresco G., Facciamo la nanna. Quel che conviene sapere sui metodi per far dormire il vostro bambino. Il leone verde, 2006.

González C., Bésame Mucho, Coleman Editore, 2006.

Letardi S., Il mio bambino non mi dorme, Bonomi Editore, 2008.

McKenna J. J., Di notte con tuo figlio, Il leone verde, 2011.

Bortolotti A., I cuccioli non dormono da soli, Mondadori, 2016.

Bebè a costo zero - 3a edizione
Bebè a costo zero - 3a edizione
Giorgia Cozza
Guida al consumo critico per accogliere e accudire al meglio il nostro bambino.Una guida al consumo consapevole per scoprire cosa è davvero indispensabile o utile acquistare durante la gravidanza e la prima infanzia. Carrozzine, vestitini, omogeneizzati: quanto costa avere un bambino oggi?Le statistiche parlano di un investimento di migliaia di euro solo nel primo anno di vita. Bebè a costo zero di Giorgia Cozza, è la guida al consumo critico e consapevole nell’affollato mondo dei prodotti per l’infanzia per scoprire cosa sia davvero indispensabile o utile durante la gravidanza e la prima infanzia, distinguendo tra reali esigenze e bisogni indotti dalla pubblicità. Il libro offre proposte e suggerimenti pratici per evitare spese inutili, con un occhio di riguardo all’ambiente e, soprattutto, per circondare il bambino solo di quanto può favorirne lo sviluppo psico-fisico, facendone una persona serena e armoniosa. Conosci l’autore Giorgia Cozza è una mamma-giornalista, specializzata nel settore materno-infantile, autrice di libri per bambini e numerosi manuali per genitori, divenuti un importante punto di riferimento per tante famiglie in Italia e all’estero.È stata relatrice in numerosi congressi per genitori e operatori del settore e ospite di trasmissioni televisive per rispondere a quesiti legati all’accudimento dei bimbi e a uno stile genitoriale ecocompatibile.