Vendere malattie e vendere salute5 è diventata un’esigenza di mercato. Nel 1976 Henry Gadsen, direttore dell’industria farmaceutica Merck, dichiarò alla rivista Fortune: “Il nostro sogno è produrre farmaci per le persone sane. Ci permetterebbe di vendere a chiunque”. Oggi c’è una pillola per ogni malattia e una malattia per ogni pillola. E quando la malattia non c’è, s’inventa: gli esempi sono numerosi. Nel 2006 è stato condotto uno studio controllato randomizzato su soggetti “pre-ipertesi”, cioè paradossalmente a rischio di diventare a rischio. L’ipertensione infatti non è una malattia, come si vuol far credere, ma un fattore di rischio della malattia cardio-vascolare, che può causare infarto e ictus. Anche se non ufficialmente ipertesi, questi soggetti vennero trattati con un anti ipertensivo (candesartan), dimostrando che in uno su dieci, il farmaco ritardava l’evoluzione a valori pressori più elevati6. Esiste anche l’osteopenia, o pre-osteoporosi: condizione che riguarda le donne già in menopausa che hanno una densità minerale ossea ridotta e sono a rischio di diventare a rischio. Anche l’osteoporosi è solo un fattore di rischio: chi ne è affetto può andare più facilmente incontro a fratture ossee. È questa la patologia vera, ed è inutile una terapia prima che si oltrepassi la soglia del rischio effettivo. Analogo ragionamento può valere anche per la colesterolemia, la glicemia, per i quali basta abbassare la soglia di normalità e ci si può improvvisamente ritrovare nella schiera dei malati, bisognosi di farmaci.
Oggi è di gran moda il diabete gravidico, cioè l’aumento della glicemia nelle donne gravide. Una revisione della definizione effettuata nel 2010 da una commissione internazionale ha abbassato i valori per la diagnosi provocando più del raddoppio delle donne classificate in questa condizione: quasi il 20% di tutte le gravide. Il rapporto della commissione sostiene che la definizione allargata ridurrà i problemi di salute, compresa la nascita di bambini “grandi per l’età gestazionale”, ma ammette che alcune raccomandazioni sono basate su opinioni perché non sono ancora disponibili buone evidenze e che la loro nuova definizione allargata “aumenterà in modo sostanziale la frequenza di disordini iperglicemici in gravidanza”. Insomma, si sta costruendo un altro caso di iper-medicalizzazione con il rischio che milioni di donne vengano etichettate inutilmente e si sprechino grandi risorse7.
Per i parametri biologici non esiste un valore normale. Per convenzione si considerano nella norma i valori entro due deviazioni standard dalla media, che comprendono cioè circa il 95% della popolazione. Oltre questo limite si è non-normali, non-sani; in poche parole: se non malati, comunque ad alto rischio di diventarlo. Ogni misurazione di un parametro biologico rende automaticamente malato il 5% della popolazione.