capitolo iii

Cosa rivelano le ricerche
sulle reazioni avverse
ai vaccini?

Quando si richiedono studi clinici controllati in doppio cieco randomizzati per verificare l’efficacia dei vaccini, la risposta che in genere viene fornita è che questi sono eticamente inaccettabili; perché privare un bambino della vaccinazione può rappresentare un atto che lede il suo diritto a ricevere un trattamento sanitario sicuro ed efficace. Ma come si può stabilire che quell’atto è sicuro ed efficace se non ne esistono le prove, se non vengono forniti studi che lo dimostrino?

I vaccini, al contrario di quanto avviene con altri farmaci, per lungo tempo non sono stati studiati in modo approfondito riguardo alle loro caratteristiche fisico-chimiche, alla loro immunogenicità e alla loro efficacia. Inizialmente erano eseguite solo le prove di potenza, che sono servite a lungo per rassicurare popolazione, medici, e addetti all’assistenza che il vaccino a disposizione era il più potente per difendere da quella particolare malattia1.
Eppure uno studio clinico controllato in doppio cieco condotto su una popolazione infantile è stato realizzato negli anni 1992-1994 proprio dall’Istituto Superiore di Sanità e dal Ministero della Sanità dell’epoca: parliamo del Progetto Pertosse2. Quesa ricerca era finalizzata a valutare la sicurezza, l’immunogenicità e l’efficacia di due nuovi vaccini anti-pertosse acellulari. Altro obiettivo era il confrontare l’efficacia tra i due nuovi vaccini con uno cellulare già in uso. Gli studi che mettono in relazione tipi diversi di uno stesso vaccino sono quelli che vengono pubblicati più spesso e sono utilizzati per dimostrare che il nuovo prodotto è più sicuro ed efficace di quello precedente. Dei due nuovi vaccini acellulari (DTPa) uno era prodotto dall’italiana Chiron-Biocine e l’altro dall’americana Smithkline Beecham; entrambi contenevano tossina pertussica, emoagglutinina filamentosa e pertactina.

La tossina pertussica era detossificata geneticamente in un vaccino, e chimicamente nell’altro. Il vaccino antecedente, a cellule intere, era usato soltanto in USA ed era prodotto da Connaught. Al Progetto Pertosse, approvato anche dal Comitato Nazionale di Bioetica, hanno partecipato 11.000 famiglie, 100 pediatri, 62 USL (dati relativi al 1994). I bambini arruolati per lo studio furono 15.601. Venivano vaccinati a 2-4-6 mesi con 3 dosi di uno dei prodotti antipertosse o con il vaccino antidifterico-antitetanico nelle proporzioni relative di 3:3:3:1. Vale a dire che su 10 bimbi, 3 furono sottoposti alla profilassi col vaccino “cellulare” (quello già in uso), 3 con il nuovo vaccino “acellulare” realizzato all’estero, 3 con il vaccino sempre “acellulare” made in Italy, uno con un placebo (il gruppo di controllo ricevette solo il vaccino antidifterico e antitetanico e non quello antipertosse). Un analogo studio fu organizzato in Svezia3.

Il progetto fu finanziato dai National Istitutes of Health degli Stati Uniti, che lo proposero in Italia nel 1989. Non è chiaro perché tale sperimentazione non potesse essere condotta negli USA: tra le varie motivazioni è stato detto che la percentuale di vaccinati per la pertosse era in questo Paese molto elevata, e la patologia quasi completamente scomparsa, oppure che un tale studio sarebbe stato impraticabile negli Stati Uniti a causa delle implicazioni etiche (quando esiste un trattamento comunemente accettato – la vaccinazione antipertosse – la sperimentazione di massa è da evitare).


La stampa americana, e in particolare il New York Times4, dedicarono molto spazio alla polemica riguardante l’eticità degli studi clinici sulla vaccinazione sponsorizzati in Italia e in Svezia. Voci critiche affermarono che “le autorità mediche americane hanno strumentalizzato quelle italiane, che inizialmente si erano opposte all’esclusione di un gruppo di bambini dalla vaccinazione antipertosse”. L’Istituto Superiore della Sanità di Roma, insomma, si sarebbe piegato alle pressioni americane stipulando un contratto di ricerca di 11 milioni e mezzo di dollari5. Il nuovo vaccino di tipo acellulare era stato sperimentato insieme con quello convenzionale su un gruppo ristretto di bambini americani (2.350) alcuni anni prima, mentre lo studio in Italia e Svezia avrebbe avuto dimensioni decisamente superiori. Il giornale mosse una seconda critica alle autorità mediche americane: non avrebbero dovuto proporre sperimentazioni di questo genere in altri Paesi se non dopo l’introduzione ufficiale del nuovo vaccino in America (all’epoca negli USA si utilizzavano esclusivamente vaccini convenzionali).

Queste le conclusioni dello studio:

  • le reazioni collaterali locali e sistemiche erano significativamente più frequenti dopo il vecchio vaccino;

  • l’efficacia di entrambi vaccini acellulari era dell’84% contro il 36% del vaccino in uso.

Non intendiamo soffermarci su questi aspetti, anche se la scarsa efficacia del vaccino in uso è evidente. Ci interessa di più sottolineare come le nostre più autorevoli Autorità Sanitarie abbiano ritenuto etico sottoporre i bambini a uno studio che prevedeva un gruppo-controllo cui veniva somministrato placebo, nonostante polemiche vivaci.

L’Istituto Superiore di Sanità, vista la complessità del caso, ha istituito (anche se solo in una fase molto inoltrata della ricerca, in data 26 luglio 1994) un Comitato Etico del Progetto Pertosse, che dopo un approfondito dibattito, ha dato un giudizio positivo sulle metodiche della ricerca. Va detto che il Comitato Etico per la Pertosse ha espresso la sua valutazione anche sull’opportunità di una modifica del protocollo, apportata con grave ritardo (non di molto precedente alla stessa conclusione dell’intero progetto sperimentale): le modifiche prevedevano un chiarimento del modulo per il consenso informato, l’apertura dei codici e la conseguente offerta al gruppo placebo di gratuite vaccinazioni antipertosse6. Tralasciando il problema delle modalità di richiesta del consenso informato, il Comitato Etico ha ribadito l’eticità del placebo anche quando sono disponibili farmaci ritenuti efficaci. Ha anche ricordato che l’efficacia del vaccino anti-pertosse cellulare non era mai stata univocamente accettata7.


Il Gruppo di Studio Bioetica e Neurologia della Società Italiana di Neurologia ha affermato:

Se si concorda sul fatto che un mondo con più conoscenze possibili è preferibile a un mondo con meno conoscenza, e che questa è non solo un valore di per sé, ma anche uno strumento per migliorare la vita, si dovrebbe convenire che la ricerca, in quanto promotrice di conoscenza, rappresenta essa stessa un valore.

In una situazione epidemiologica come quella che registriamo oggi in Italia non sarebbe possibile valutare lo stato di salute dei bambini vaccinati e confrontarlo con quello dei bambini non vaccinati per scelta consapevole dei genitori senza ledere i diritti di salute dei figli? Non è questo l’unico strumento che può davvero dare un giudizio su sicurezza ed efficacia?


L’impressione è che non ci sia convenienza nell’effettuare e rendere pubblici questi dati. Perché i risultati delle poche ricerche cliniche in doppio cieco di cui disponiamo, ci mostrano chiaramente che è ben diverso il bilancio di salute tra chi è stato vaccinato e chi non lo è stato.


Esiste una ricerca di questo genere8 che ha valutato l’efficacia del vaccino antitubercolare. È uno studio condotto su 260.000 persone individuate tra due gruppi di popolazione viventi in due stati confinanti dell’India. Un gruppo fu vaccinato, l’altro gruppo non ricevette il vaccino e alla fine dell’osservazione si constatò che l’incidenza della tubercolosi era maggiore proprio tra i vaccinati. Venne così ritirata “la raccomandazione ufficiale” dell’Oms per l’utilizzo di questo vaccino.

Uno studio giapponese9 ha dimostrato che tra bimbi vaccinati contro difterite-tetano-pertosse (DTP) e bimbi non vaccinati erano presenti significative differenze di frequenza per le patologie allergiche.


PATOLOGIA NON VACCINATI VACCINATI CON DTP
Asma bronchiale 2,3% 25,6%
Dermatite atopica 2,3% 18%
Asma+rinite+dermatite 9,3% 56,4%


Un altro studio condotto in Nuova Zelanda su 1.265 bambini conferma come la vaccinazione possa costituire un fattore di rischio per le manifestazioni allergiche10. I bambini che non erano stati sottoposti a vaccino DTP e antipoliomielite non avevano presentato manifestazioni cliniche di allergia prima dei 10 anni, mentre, tra i vaccinati, il 23,1% segnalava episodi di asma, il 22,5% era stato sottoposto a visite mediche per asma, il 30% per altre patologie allergiche. È la conferma clinica di quanto sostiene il dott. E. Hurwitz:

Studi su animali e uomini dimostrano che l’associazione tra le tossine del vaccino antitetanico, antidifterica e antipertosse, e le allergie e i sintomi respiratori è accertata. Il vaccino DTP e il vaccino antitetanico possono aumentare le allergie e i sintomi respiratori correlati in bambini e adolescenti11.

Esistono evidenze epidemiologiche messe in luce da numerosi studi che confermano il rapporto tra l’aumento delle sindromi allergiche e alcune vaccinazioni, come l’antitetanica12.


Un ampio numero di condizioni patologiche stanno diventando sempre più frequenti: sono le malattie autoimmuni, causate da un malfunzionamento del sistema immunitario, il quale aggredisce cellule sane dell’organismo portandole a una lenta e inesorabile degenerazione. Loro denominatore comune è uno stato infiammatorio cronico del tessuto colpito, che varia a seconda della malattia. Possono riguardare interi apparati (malattie sistemiche) come il lupus eritematoso sistemico (LES), la sclerosi multipla, l’artrite reumatoide, la spondilite anchilosante, la porpora trombocitopenica e la sindrome di Guillain Barré, oppure singoli organi (malattie organo-specifiche), come avviene nel Morbo di Addison, che colpisce le ghiandole surrenali; il diabete di tipo I o insulino-dipendente, che determina un’insufficiente produzione di insulina da parte del pancreas; la tiroidite di Hashimoto, forma infiammatoria della tiroide; il Morbo di Basedow e il mixedema primitivo, che colpiscono anch’esse la tiroide; alcune forme di anemia, come l’anemia perniciosa; la miastenia grave, che colpisce i muscoli; l’alopecia aerata; la sindrome pluriendocrina autoimmune (SPA); il morbo celiaco; il pemfigo; il morbo di Crohn.


Dagli anni ’90 i sospetti delle relazioni tra molte di queste patologie e le vaccinazioni sono stati approfonditi e confermati, ne sono stati studiati i meccanismi di azione, le correlazioni dirette, al di là del semplice criterio temporale di insorgenza. Quello che impressiona è l’aumento vertiginoso di incidenza tra i bambini: vale poco, in termini statistici, dire che all’inizio della mia attività di pediatra, nei primi anni ’80, le incontravo di rado, e che invece oggi sono prassi frequente. Non voglio riproporre il modo di ragionare di molti colleghi che, per indurre a far praticare le vaccinazioni, non esitano ad affermare: “Mi dia retta, io ho visto una meningite da morbillo, e non la auguro a nessuno!”, tralasciando di dare la giusta importanza alle reazioni avverse dei vaccini. Quanti casi di malattie autoimmuni, quanti casi di allergia sono riferibili ai vaccini?

Reazioni ai vaccini come l’induzione di meccanismi autoimmuni, l’immunosoppressione e l’induzione di infiammazioni sono importanti fattori nella patogenesi delle complicanze post-vaccinali13.

Ricercatori del Centro per le Malattie Autoimmuni dello Sheba Medical Center hanno confermato che l’induzione o l’aggravamento delle malattie autoimmuni sono sostenute da alcune vaccinazioni14. Ma questi, e tanti altri studi non sono ancora ritenuti sufficienti: in genere non si mette in relazione la patologia che insorge dopo il vaccino con la sua somministrazione, ma la si assolve dicendo che la reazione avversa è avvenuta dopo il vaccino ma non a causa del vaccino. Post hoc, non propter hoc... Nel primo anno di vita, un bambino verrà vaccinato almeno tre volte, e proprio in questo periodo possono insorgere tante condizioni patologiche, anche croniche: sarà davvero il caso di studiare a fondo le correlazioni possibili, invece di invocare sempre e solo il criterio della coincidenza temporale.


Per comprendere come i vaccini possano interferire in maniera così determinante e permanente sulla salute dei bambini, è opportuno cercare di capire come è organizzato il sistema immunitario.

Il sistema immunitario

Il sistema immunitario è costituito da un insieme di cellule e di molecole che hanno lo scopo di difendere l’organismo da qualsiasi forma di insulto chimico, traumatico o infettivo che ne minacci l’integrità. Sua caratteristica fondamentale è la capacità di distinguere tra le strutture endogene o esogene che non costituiscono un pericolo e che dunque possono o devono essere preservate (self) e quelle endogene o esogene che invece si dimostrano nocive per l’organismo e che devono quindi essere eliminate (non-self). La discriminazione tra self e non-self avviene a livello molecolare ed è mediata da particolari strutture cellulari che consentono il riconoscimento delle componenti dell’agente lesivo, definito antigene (con questo termine si definisce una qualsiasi molecola in grado di indurre la formazione di anticorpi, oppure di linfociti citotossici che cercheranno di eliminarlo)15.


L’immunità, cioè la risposta del nostro organismo nei confronti di sostanze estranee, può essere naturale e acquisita. Entrambe collaborano per innalzare uno “scudo difensivo” dell’organismo nei confronti degli antigeni.


Si definisce “immunità naturale” l’insieme dei meccanismi di difesa preesistenti all’esposizione agli agenti microbici o alle macromolecole estranee. La sua attività non viene potenziata da tale esposizione; non è in grado di discriminare, se non in modo grossolano, tra le diverse sostanze estranee. Evolutivamente più antica, consente il riconoscimento di una limitata varietà di antigeni ed è in grado di segnalare una generica condizione di pericolo e di porre il sistema immunitario in una condizione di “allarme”, il che favorisce lo sviluppo dell’immunità acquisita. Le strutture che costituiscono l’immunità naturale sono: le barriere fisiche, i fagociti, gli eosinofili, le cellule Natural Killer e infine molecole, sia circolanti (il complemento16) sia solubili (le citochine17).


Al contrario, l’“immunità acquisita” è caratterizzata da: specificità, diversità, memoria e autoregolazione; ciò permette alle strutture che la compongono di potenziarsi e aumentare dopo ripetute esposizioni allo stesso agente infettivo (non-self) e quindi di “acquisire” una maggiore capacità difensiva. La risposta difensiva è più potente e mirata (virtualmente in grado di riconoscere qualunque forma di antigene), ma più lenta.

Si divide a sua volta in:

  • immunità specifica umorale (cioè mediata da anticorpi18)

  • immunità specifica cellulare (cioè mediata da cellule).

L’immunità umorale è messa in opera da Linfociti B, i quali sono deputati alla produzione di anticorpi in grado di difendere l’organismo da tossine e microrganismi extracellulari. L’immunità cellulare invece si basa sull’azione dei Linfociti T, che si occupano della risposta contro i virus e i microrganismi intracellulari, e che sono anche in grado di potenziare e maturare le risposte umorali e naturale.


I linfociti sono cellule morfologicamente uguali, che si distinguono sia in base alla loro funzione, sia dalla presenza di marcatori di superficie (proteine).

I Linfociti di classe B, a contatto con l’antigene diventano Plasmacellule, in grado di secernere gli anticorpi circolanti nel siero.


I Linfociti T sono invece suddivisi in Citotossici, deputati alla lisi dell’agente estraneo, o in Helper deputati alla produzione di citochine. Questi ultimi a loro volta si differenziano in TH1, attivanti i linfociti T e in TH2 attivanti i linfociti B19.


Dal delicato equilibrio che si instaura tra la risposta linfocitaria TH1 e quella TH2 dipende la possibilità di sviluppare alcuni tipi di malattie rispetto ad altre, da giovane o da adulto. Negli individui sani, le cellule TH1 eTH2 sono in uno equilibrio attentamente regolato. Quando veniamo a contatto con un virus, il sistema sviluppa una reazione di tipo TH1. Le infezioni parassitarie e batteriche extra cellulari, invece sono combattute da un aumento delle cellule TH2. Dopo l’eliminazione del virus o del batterio il sistema ritorna in equilibrio. Per comprendere meglio quello che è definito “il paradigma TH1/TH2”, immaginiamo una bilancia: su un piatto abbiamo il sistema TH1, sull’altro il sistema TH2. Il nostro organismo si mantiene in buona salute se il peso di entrambi i piatti è simile. Se aumenta il peso del “piatto TH2”, cioè se si verifica una situazione di squilibrio immune in favore delle cellule TH2, avremo più frequentemente manifestazioni allergiche. In questo caso le cellule TH1 diminuiscono, rendendo così l’individuo più suscettibile alle malattie virali e ad alcuni tipi di cancro. Al contrario l’aumento delle cellule TH1 (il piatto della bilancia pende dalla parte del sistema TH1), può indurre un aumento delle patologie infiammatorie croniche e di quelle autoimmunitarie come artrite reumatoide, sclerosi multipla, malattia infiammatoria dell’intestino, o diabete.

Alla nascita il neonato può usufruire di due tipi d’immunità: si possono definire “Attiva” (debole e non ancora in grado di proteggere in modo adeguato il bambino dall’aggressione dei patogeni) e “Passiva”, (composta da immunoglobuline trasmesse dalla madre. Si tratta di Immunoglobuline G, passate attraverso la placenta a partire dalla dodicesima settimana di gestazione, che diminuiscono progressivamente nei primi mesi di vita; e di Immunoglobuline A presenti nel colostro e nel latte materno).


L’immunità attiva invece è caratterizzata, rispetto all’età adulta, da: ridotta produzione di citochine, minore attività del complemento e significativa riduzione dei suoi fattori, ridotta capacità di produzione di neutrofili, risposta dei T-linfociti agli antigeni più lenta e inoltre una produzione anticorpale rallentata; tutti questi fattori fanno sì che nel periodo neonatale i processi infettivi, sia virali che batterici, decorrano con maggior gravità.


I neonati iniziano a sintetizzare anticorpi di classe IgM immediatamente dopo la nascita, in quota sempre crescente, a seguito della notevole stimolazione antigenica che deriva dall’ambiente esterno. Dopo circa 6 giorni dalla nascita i livelli di IgM subiscono un rapido incremento che continua fino al raggiungimento di livelli simili all’adulto approssimativamente al compimento del primo anno di vita. Per ciò che concerne la quota di IgG, mentre quelle materne gradualmente diminuiscono nell’arco dei primi 6-8 mesi, quelle prodotte dal bambino tendono progressivamente ad aumentare fino a stabilizzarsi sulla concentrazione dell’adulto ai 7-8 anni d’età. I livelli di anticorpi di tipo A rimangono bassi per molti mesi dopo la nascita, e proprio per questo il latte materno (che ne contiene in abbondanza) è un’importante fattore protettivo per le infezioni gastrointestinali e respiratorie. Lo sviluppo del sistema immunitario del bambino sano (che non presenta anomalie o patologie di questo apparato) si completa nei primi anni di vita, in seguito all’interazione con l’ambiente e alle stimolazioni antigeniche cui è sottoposto.


La varietà della stimolazione antigenica e la cooperazione tra linfociti B e T contribuiscono a una completa maturazione del sistema immunitario e al raggiungimento di una condizione di equilibrio; pertanto è evidente l’importanza di un processo di maturazione spontaneo e fisiologico dell’apparato immunitario, senza interferenze esterne. Queste sono rappresentate da un’alimentazione inadeguata per l’età, dall’inquinamento ambientale, da somministrazioni frequenti e ripetute di farmaci immunosoppressori (antibiotici e cortisonici), da inoculazioni precoci e multiple di vaccinazioni (in grado di sregolare la risposta immunitaria). Sarà proprio il contatto con virus, batteri e tossine ad allenare l’organismo a produrre risposte efficaci ed equilibrate. Questo ovviamente non vuol dire che più ci si ammala e meglio è, ma che bisogna trovare un equilibrio tra protezione ed esposizione. È dimostrato, ad esempio, che i vaccinati contro il morbillo manifestano più patologie allergiche rispetto a chi contrae la malattia naturale. È noto che i primogeniti, che si ammalano di meno e più tardi dei secondogeniti, presentano meno atopia (allergia) di questi ultimi.


Il sistema immunitario ha una plasticità nei primi anni di vita che definirà il suo “carattere”. La risposta immune potrà essere orientata verso una risposta TH1 o TH2, e le vaccinazioni, insieme ad altri fattori, giocano un ruolo importante nel creare e mantenere una situazione di squilibrio tra il sistema TH1 e il sistema TH2.

Negli ultimi trent’anni l’incidenza dell’asma è quadruplicata, così come sono in notevole aumento tutte le patologie allergiche (secondo alcuni studi circa 1/3 dei nostri bambini e ragazzi sono diventati atopici). Certo, possono concorrervi altre cause (una sempre maggiore e precoce esposizione agli acari, ai gas di scarico delle automobili), ma è ragionevole credere che i vaccini giochino un ruolo importante. G. A. Rook e altri lo affermano esplicitamente su “Immunology Today”:

il notevole aumento delle allergie che si registra in Occidente è da addebitare alla scarsa attivazione fisiologica del sistema TH1 e all’aumentata esposizione a quei vaccini che inducono una risposta di tipo TH2.

Tra le tante ricerche a proposito, voglio ricordare uno studio recente. Ricercatori dell’Università del Manitoba a Winnipeg (Canada), affermano che

si è osservato che l’immunizzazione nella prima infanzia promuove lo sviluppo dell’asma attraverso la stimolazione della risposta immunitaria di tipo TH2 o la diminuzione della “pressione” microbica che produce uno sbilanciamento tra TH1 e TH220.

Calendari vaccinali differenti potrebbero spiegare le differenze nell’associazione tra la vaccinazione e l’asma, emerse da numerosi studi osservazionali. Analizzando dati di una coorte di oltre 11.000 bambini del Manitoba dalla nascita nel 1995 fino al compimento del settimo anno, che avevano ricevuto fino a quattro dosi di DTP, i ricercatori hanno trovato che il rischio di asma era dimezzato nei piccoli nei quali la prima dose era stata ritardata di più di due mesi; per i bambini che avevano posticipato ulteriormente l’immunizzazione, il rischio di asma diminuiva ancora.

Credo che la somministrazione precoce delle vaccinazioni, gli adiuvanti contenuti nei vaccini, e la somministrazione contemporanea di più vaccini possano interferire in maniera rilevante, a volte irreversibile, sulla maturazione e sull’equilibrio di un sistema immunitario ancora fragile. La possibilità di andare incontro, a distanza di anni, a patologie importanti non è ancora definita con certezza. A fronte, la possibilità di contrarre alcune malattie infettive per cui si vaccina è molto bassa per un lattante: che rischio corre un neonato di 3 mesi di ammalarsi di epatite B se la madre non è infetta, o se non soffre di patologie che richiedono frequenti trasfusioni di sangue? come può ammalarsi di tetano un piccolo che nemmeno gattona? quante possibilità ha di contrarre la poliomelite (l’ultimo caso registrato in Italia è del 1982) o la difterite (ultimo caso nel 1991)? Se alcune malattie sono scomparse, ha senso esporre il bambino al rischio, anche basso, delle reazioni avverse al farmaco? Il principio di precauzione suggerisce di rimandare l’inizio delle vaccinazioni a un’età in cui i rischi sono minori.

Riferimenti bibliografici sull’immunologia e allergologia

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Bambini super-vaccinati - Seconda edizione
Bambini super-vaccinati - Seconda edizione
Eugenio Serravalle
Saperne di più per una scelta responsabile.Un’attenta disamina sulla questione dei vaccini, che mette a confronto dati e ricerche aggiornate, per aiutare i genitori a scegliere con consapevolezza. Eugenio Serravalle, medico specializzato in Pediatria Preventiva, Puericultura e Patologia Neonatale, ha approfondito il fenomeno delle invenzioni delle malattie e lo studio delle composizioni dei vaccini, con gli additivi, i conservanti e le sostanze chimiche che possono avere effetti dannosi sulla salute dei bambini.Fermamente convinto dell’utilità dell’immunizzazione di massa, per anni ha vaccinato i suoi pazienti con ogni vaccino disponibile sul mercato, finché si è reso conto di aver accettato senza riserve il concetto abituale secondo cui i vaccini siano sempre efficaci e sicuri.Libero da ogni pregiudizio, l’autore ha cominciato a porsi domande diverse, quelle che soprattutto i genitori si pongono: i vaccini provocano malattie irreversibili? I bambini sono troppo piccoli per le vaccinazioni? I vaccini causano reazioni pericolose per l’organismo? Somministrare troppi vaccini insieme sovraccarica il sistema immunitario?In Bambini super-vaccinati da pediatra infantile si cala nel ruolo di genitore, cercando di chiarire ogni dubbio sulla pratica vaccinale: il libro vuole quindi garantire il diritto a un’informazione obiettiva e consapevole sui rischi derivanti dalle vaccinazioni, sulla libertà di scelta e di cura, fornire quindi ai genitori, e non solo, tutte le informazioni utili per scegliere in piena autonomia.In questa seconda edizione viene approfondito ancor di più tutto quello che la letteratura scientifica internazionale mette a disposizione, confrontando dati e ricerche cliniche. Conosci l’autore Eugenio Serravalle è medico specialista in Pediatria Preventiva, Puericultura e Patologia Neonatale.Da anni è consulente e responsabile di progetti di educazione alimentare di scuole d’infanzia di Pisa e comuni limitrofi.Già membro della Commissione Provinciale Vaccini della Provincia Autonoma di Trento e relatore in convegni e conferenze sul tema delle vaccinazioni, della salute dei bambini e dell’alimentazione pediatrica in tutta Italia.