La pandemia
Maria Adele Gutierrez, ricoverata l’8 aprile 2009 in un ospedale di Oaxaca in Messico e morta cinque giorni dopo, è stata la prima vittima della nuova influenza suina. Il decesso fu attribuito a polmonite acuta da un ceppo influenzale sconosciuto, ma già il 24 aprile l’Organizzazione Mondiale della Sanità emette il primo bollettino ufficiale sull’influenza A/H1N1, dando inizio alle dichiarazioni sulla pericolosità del nuovo virus, nato dalla combinazione tra due virus endemici dei suini (uno americano, l’altro euroasiatico) con un virus umano e uno aviario. Un eminente virologo di Canberra dichiara ai media che il virus potrebbe essere stato creato in laboratorio e liberato accidentalmente4. Alcuni analisti suggeriscono addirittura, senza prove a sostegno, che sia stato creato intenzionalmente come arma biologica5, mentre altri incolpano l’industria dell’allevamento intensiva e il grande traffico di animali su grandi distanze, che fornisce molte possibilità per la generazione di ricombinanti esotici6.
Inizia a dilagare la paura. Ogni giorno vediamo nei telegiornali di tutto il mondo le immagini dei cittadini messicani e americani con le mascherine, delle scuole chiuse per la disinfezione. Si eseguono screening sugli aerei, le persone sono trattenute negli hotel al rientro da viaggi intercontinentali. Si formulano le previsioni più nefaste sul numero di malati e di morti. È davvero un’epidemia, ma soprattutto della confusione e della paura. Protagonisti sono l’Organizzazione Mondiale della Sanità, il Centro americano per il controllo e la prevenzione delle malattie (CDC), e quello europeo (ECDC), e tanti presunti esperti, ricercatori assetati di commesse e fama. In Italia il Ministero della Salute, l’Istituto Superiore di Sanità, molte istituzioni scientifiche. I mezzi di comunicazione scientifici o laici ingrassano sul business influenza. Infine l’industria farmaceutica, la meno ipocrita perché i suoi obiettivi sono palesi7. Per tutti la parola d’ordine è una sola: vaccino. Per imporre ai governi l’acquisto dei farmaci antivirali e dei vaccini, l’11 giugno 2009 Margaret Chan, direttore generale dell’OMS, consultati i membri del segretissimo Emergency Committe, innalza al livello massimo l’allarme per il virus H1N1. Per dichiarare la pandemia (ultimo gradino di una scala che va da 1 a 6) l’OMS ha cambiato tra il primo e il 9 maggio la definizione di pandemia. La versione adottata fino ad aprile recitava:
Una pandemia influenzale si verifica quando un nuovo virus influenzale appare in una popolazione umana che non ha immunità, causando epidemie in tutto il mondo con un numero enorme di morti e malattie
(enfasi presente nel documento originale).
Nella versione successiva si legge invece:
Una epidemia di una malattia si verifica quando ci sono più casi rispetto al normale di questa malattia. Una pandemia è un’epidemia mondiale di una malattia. Una pandemia influenzale si può verificare quando appare un nuovo virus influenzale contro il quale la popolazione umana non ha alcuna immunità.
Scompare il riferimento all’“enorme numero di morti e malattie”. Ciò rende indistinguibile una pandemia influenzale da un’epidemia di influenza stagionale, così si correrà il rischio di essere sempre in una situazione ambigua.
Il mondo si troverà sempre ad essere in una condizione di pandemia. Il mondo dovrà sempre essere doppiamente vaccinato e spendere una quantità enorme di denaro per i vaccini e, naturalmente, per i farmaci antivirali8.
L’Italia non si sottrae al contagio mediatico, che esplode ai primi di settembre. Muore a Napoli un paziente oligofrenico, diabetico, con grave cardiomiopatia dilatativa per “sepsi da stafilococco aureo e broncopolmonite, insufficienza renale acuta”. Ma, essendo risultato positivo al test contro l’H1N1, tutti i giornali attribuiscono alla nuova influenza il decesso. Inizia così un bollettino quotidiano di contagi e di morti, tra polemiche sull’opportunità di rinviare l’apertura delle scuole, e previsioni catastrofiche. In attesa del piano di vaccinazione di massa, si fanno scorte di antivirali.