le singole malattie

L'Influenza

L’influenza è una delle malattie conosciute da più tempo: fu descritta da Ippocrate, nel V secolo a.C.

Gli antichi romani credevano che le epidemie della malattia fossero dovute all’influenza di congiunzioni sfavorevoli delle stelle. Da qui nasce il termine influenza. Questa convinzione è durata diversi secoli: una accurata descrizione di una epidemia la conferma in un testo del Quattrocento. La prima registrazione certa di una pandemia influenzale risale al 1580: si sviluppò in Asia e si diffuse in Europa attraverso l’Africa1. La nostra storia, la nostra vita continua a svilupparsi insieme a questo, e altri virus.

I virus influenzali

Il primo isolamento di un virus influenzale nell’uomo risale al 1933 in Inghilterra. Da allora, sono stati identificati tre tipi di virus influenzale, che appartengono agli Orthomixovirus, virus a RNA. Si chiamano Influenzavirus A, Influenzavirus B, e Influenzavirus C2. La forma e le dimensioni del virus possono essere varie, ma generalmente si presentano in forma sferica o ovoidale. Sul rivestimento esterno si trovano due glicoproteine: emoagglutinina (HA) e neuraminidasi (NA), importanti per l’adsorbimento e l’ingresso del virus nelle cellule della persona infettata.


I virus di tipo A circolano sia nell’uomo che in altre specie animali. Sono i più diffusi, i più “cattivi”, e i più variabili. Sono suddivisi in sottotipi in base alle differenze tra le proteine di superficie: emagglutinina (HA) e neuramminidasi (NA). I tre principali sono H1, H2 e H3, ciascuno dei quali a sua volta può combinarsi con le varianti date dalle modificazioni che si creano a livello di neuraminidasi (N1, N2, N8). Ad oggi sono stati identificati 16 sottotipi di emagglutinina e 9 di neuramminidasi.


Tutti i sottotipi sono stati ritrovati nelle specie aviarie, mentre l’uomo e altri animali ospitano solo alcuni sottotipi: ciò significa che sono gli uccelli, in particolare i volatili acquatici, i serbatoi naturali del virus A.


I virus di tipo B sono presenti solo nell’uomo (non nell’animale) e non esistono sottotipi distinti nell’ambito delle loro proteine di superficie HA e NA. I virus di tipo C causano in genere una infezione asintomatica o simile al raffreddore comune.


Caratteristica importante dei virus influenzali è la loro capacità di variare, cioè di modificare le proteine di superficie. Queste mutazioni, oltre a conferire ai virus maggiore o minore aggressività, rendono inefficace l’immunità presente nella popolazione che in passato ha subìto l’infezione: ecco perché possiamo ammalarci di influenza anche tutti gli anni3. E perché il vaccino non funziona: la corrispondenza tra i ceppi virali circolanti e quelli contenuti nel vaccino è sempre un’incognita, a causa della grande variabilità dei virus influenzali e dei lunghi tempi che occorrono per allestire il vaccino4.

I cambiamenti possono avvenire secondo due meccanismi distinti:

  1. 1Deriva antigenica (antigenic drift). I virus influenzali vanno incontro frequentemente a mutazioni o riassortimenti. Sono piccole variazioni della sequenza degli aminoacidi di uno o entrambi gli antigeni di superficie (emoagglutinina e neuraminidasi). La mutazione antigenica crea un nuovo ceppo virale che può diventare più aggressivo e diffondersi rapidamente tra la popolazione. Questo fenomeno riguarda sia i virus A sia i B (ma negli A avviene in modo più marcato e frequente) ed è responsabile delle epidemie stagionali. Le nuove varianti diventano irriconoscibili agli anticorpi presenti nella maggior parte delle popolazione, così da rendere un ampio numero di individui suscettibile al nuovo ceppo.

  2. Spostamento antigenico (antigenic shift). È un fenomeno che riguarda solo i virus influenzali di tipo A, che acquisiscono antigeni del tutto nuovi, ad esempio per riassortimento tra i ceppi aviari e i ceppi umani. Di conseguenza avremo la comparsa di un nuovo ceppo virale, con proteine di superficie (HA e/o NA) diverse da quelle precedenti, con la conseguenza che tutte le persone possono essere vulnerabili. Gli shift antigenici sono dovuti o a riassortimenti tra virus umani e animali (aviari o suini) oppure alla trasmissione diretta di virus non-umani all’uomo. La fonte dei nuovi sottotipi sono sempre virus animali. Le grandi pandemie del passato (la spagnola, causata dal sottotipo H1N1, l’asiatica sottotipo H2N2, l’Hong Kong sottotipo H3N2) sono state effetto di un rimescolamento antigenico di questo tipo avvenuto tra virus aviari e umani. Così l’H1N1/2009, la prima pandemia del XXI secolo.


L’influenza è un’infezione respiratoria acuta, altamente contagiosa. I sintomi sono: febbre, mal di testa, malessere generale, tosse, raffreddore, dolori muscolari e articolari. Soprattutto nei bambini si possono manifestare anche disturbi a carico dell’apparato gastro-intestinale (nausea, vomito, diarrea). Il periodo di contagiosità inizia un po’ prima che insorgano i primi sintomi e si prolunga per 5-7 giorni. Il periodo di incubazione è molto breve, da 1 a 4 giorni. Il virus dell’influenza, che resiste molto bene nell’ambiente esterno in situazioni di bassa temperatura e umidità, si diffonde facilmente negli ambienti affollati. Le complicazioni vanno dalle polmoniti batteriche, alla disidratazione, al peggioramento di malattie preesistenti (ad esempio malattie croniche dell’apparato cardiovascolare o respiratorio), alle sinusiti e alle otiti (soprattutto nei bambini). Contro l’influenza non esistono cure specifiche: “se la curi dura una settimana, se non la curi dura sette giorni”, recita un vecchio adagio. Non servono gli antibiotici; non bisogna interrompere l’allattamento se la mamma contrae l’influenza: la trasmissione dell’infezione avviene solo per via “aerea”. Si distingue dalle altre infezioni respiratorie acute per il suo andamento tipicamente stagionale (in Italia da dicembre a marzo) più che per il quadro clinico che la caratterizza.

Ma non tutto è influenza, anzi lo è pochissimo5.

Influenza e sindrome influenzale: una confusione non casuale

Nell’opinione comune non c’è alcuna differenza tra influenza e sindrome influenzale. I due termini sono utilizzati come sinonimi. In realtà vanno distinti: una cosa sono le sindromi influenzali (una sindrome è una costellazione di segni e sintomi con cause indistinte), e altro è l’influenza.


L’influenza è una malattia infettiva, causata dai virus influenzali A e B, che si manifesta con i sintomi tipici della sindromi influenzali (Influenza like-illness, ILI),: febbre, dolori muscolari, raffreddore, tosse, mal di gola, mal di testa, ecc. Esistono tanti altri agenti infettivi che possono essere responsabili della sindrome influenzale: rhinovirus, adenovirus, virus respiratorio-sinciziale, coronavirus, virus parainfluenzale, ed anche i virus influenzali A e B. Senza dimenticare le cause non infettive: osservazioni ripetute segnalano le relazioni fra cause ambientali e sindromi influenzali. All’inizio o alla fine di un periodo di alto stress (psicologico o ambientale) in intere comunità si registra un aumento di diverse malattie.


In inverno, quando visito un bambino con febbre, tosse e raffreddore posso solo dire che ha una sindrome influenzale. Se voglio formulare una corretta diagnosi etiologica devo eseguire degli esami, come tamponi faringei, o analisi del sangue per cercare di identificare il virus specifico. Nella pratica corrente, tanto gli esami sierologici quanto quelli virologici non sono quasi mai eseguiti, in quanto il loro contributo, ai fini della terapia, è nullo.


Usare il termine “influenza” in tutti i casi di sindrome influenzale significa commettere una grave inesattezza scientifica perché si ignorano tutti gli altri microrganismi responsabili delle sindromi influenzali. È un errore non da poco, non casuale, non disinteressato, con importanti conseguenze pratiche: fa apparire l’influenza come l’unica causa delle sindromi influenzali. La conseguenza più ovvia è la sovrastima sistematica del peso e dell’impatto dell’influenza. Tutte le statistiche ufficiali nazionali e internazionali, descrivono l’andamento “dell’influenza” usando i dati delle sindromi influenzali, causate da tanti agenti diversi. Questo impedisce di conoscere la vera natura del fenomeno, come se tutto il resto (la maggior parte, l’85-90% delle altre cause) non interessasse. Questa equazione semplicistica si accorda bene con il nostro desiderio di essere terrorizzati da epidemie e pandemie, ma anche di avere certezza di una soluzione: contro i virus influenzali ci sono vaccini e antivirali.


È merito del lavoro di Tom Jefferson se oggi ne sappiamo qualcosa di più. Cochrane Collaboration ha analizzato i dati di 274 studi sul vaccino antinfluenzale pubblicati negli ultimi 10 anni, che corrispondono a circa 4 milioni di osservazioni. La torta grande di sinistra indica il numero di persone (10.000) che hanno partecipato agli studi compresi nella revisione in qualità di controlli. I dati dimostrano che in media 700 persone su 10.000 si ammalano ogni anno di sindrome influenzale.



Fonte: Jefferson Tom, Non tutto è influenza, anzi pochissimo. La verità sui vaccini: nessuno sa se e quanto funzionino davvero, “Sole 24 ore Sanità”, 1-7 dicembre 2009


La torta di destra mostra come la fetta più grossa ha cause sconosciute (spiegabili in vari modi: microrganismi che hanno difficoltà a crescere in laboratorio, falsi negativi, microrganismi a noi ignoti, non ancora scoperti, isolati e identificati). Subito dopo viene la fetta dovuta ai diversi virus (rhinovirus, virus parainfluenzali, virus respiratorio-sinciziale). Dei 700 casi di Sindrome influenzale, solo 77 sono causati dall’influenza.



Altri studi stimano che solo il 10% delle malattie respiratorie invernali che colpiscono i bambini siano provocate dall’influenza6. Uno studio sulle ospedalizzazioni attribuibili a diverse virosi conferma il prevalere del peso di altri virus (respiratorio-sinciziale e parainfluenzale)7; un altro sulle infezioni respiratorie nel primo anno di vita dimostra che il rhinovirus è il patogeno di gran lunga più rappresentato nelle infezioni delle alte e delle basse vie respiratorie, anche se il virus respiratorio-sinciziale è associato alle forme più gravi di infezioni delle vie aeree inferiori che richiedono ospedalizzazione8.


L’influenza è una causa assai modesta di sindrome influenzale, e i vaccini non potranno avere altro che un impatto modesto o addirittura nullo specialmente sulle rare complicanze.

È evidente che un intervento di massa come la vaccinazione per colpire un agente relativamente raro come il virus influenzale, ha scarso senso9.

Il vaccino

Cambiare la percezione della malattia, aumentarne la gravità e la frequenza fino a farla diventare una pandemia terrificante, stagionale, aviaria o suina, sono gli strumenti del marketing dell’industria farmaceutica per proporre il vaccino non più solo alle categorie a rischio, ma a tutta la popolazione.


Con i bambini la strategia commerciale è ancora più insidiosa. Si consiglia di vaccinare tutti i bambini per evitare che si ammalino durante l’inverno. Ammesso che il vaccino funzioni, potrà servire a evitare solo un episodio di sindrome influenzale, causato dal virus dell’influenza, ma sarà inefficace in tutti i casi di sindrome influenzale causati da altro germe. Eppure, dai sei mesi di età ogni bambino dovrebbe essere vaccinato contro l’influenza, tutti gli anni e per tutta la vita. Il vaccino antinfluenzale è un esempio emblematico della comunicazione imperfetta tra ricerca scientifica e pratica medica, sostiene Tom Jefferson10:

Il vaccino ci immunizza da certi virus contro cui è mirato, che si presuppone circoleranno; ma non ci protegge dalla miriade di agenti infettivi, circa 300, responsabili delle sindromi influenzali che rappresentano di gran lunga la fetta più grande. Agitare lo spauracchio della pandemia influenzale, giocando sull’equivoco che vaccinandosi ci si protegge da tutti i virus dell’influenza, serve solo a vendere più vaccini. Ed è grave che siano enti pubblici a fare previsioni azzardate e a gonfiare i consumi di vaccini in un palese conflitto di interessi.

La verità è che nessuno sa se e quanto i vaccini funzionino davvero

Il vaccino antinfluenzale contiene 2 tipi di virus A e 1 tipo di virus B, che sono differenti ogni anno. I sierotipi sono decisi dall’OMS non in base al virus responsabile dell’epidemia in atto, ma sul virus responsabile dell’epidemia dell’anno precedente. Esiste ovviamente un margine di errore, perché si devono prevedere con largo anticipo quelli che saranno i più probabili virus responsabili dell’epidemia influenzale. I virus possono mutare, rendendo in tal modo poco efficace la vaccinazione. La scarsa corrispondenza tra i ceppi virali circolanti e quelli contenuti nel vaccino è dimostrata in uno studio11 in bambini minori di 5 anni. Nelle due stagioni esaminate (2003-2004 e 2004-2005) non vi era una buona corrispondenza tra i ceppi virali circolanti e quelli contenuti nel vaccino, per cui non è stato possibile dimostrare l’efficacia della vaccinazione. Anche durante le due epidemie del 1968 e del 1997 il vaccino in uso conteneva un virus differente da quello che circolò realmente, e pertanto fu del tutto inefficace: la mortalità attribuita all’influenza non aumentò. Nel 2004 la produzione di vaccini in USA fu insufficiente, e il tasso di copertura fu soltanto del 40%, ma anche in quella occasione il dato della mortalità non aumentò.

I vaccini sono nuovi ogni anno: la “ricetta” resta la stessa, gli ingredienti cambiano. Scegliere gli antigeni è una procedura delicata perché le risposte delle nostre difese immunitarie sono molto specifiche. L’intera procedura è basata sulla previsione, non possiamo verificare se realmente il vaccino previene i sintomi prima di registrarlo. Dobbiamo affidarci a misure intermedie, detti “esiti surrogati”: le risposte anticorpali indotte dal vaccino in una serie di volontari, confrontate con quelle indotte in volontari cui è stato iniettato placebo. Per essere certi che le caratteristiche dei due gruppi siano uguali, si assegnano i volontari all’uno e all’altro gruppo su base casuale (randomizzazione). Il trial randomizzato è considerato il metodo più affidabile per valutare l’efficacia di qualsiasi farmaco anche se quasi mai, per la scarsa durata e le piccole dimensioni, può rilevare effetti indesiderati rari, ovvero a lungo termine. La forza dell’assegnazione casuale sta nel fatto che le diversità note e ignote fra partecipanti si annullano a vicenda essendo presenti in egual misura nei due bracci. Nel caso dei vaccini antinfluenzali la debolezza sta nell’uso inevitabile di quantità di anticorpi come esito surrogato. È difatti discutibile la relazione fra esito vero, quanto avviene nella realtà, detto di campo (diminuzione o prevenzione dei sintomi, interruzione della trasmissione virale, diminuzione delle complicanze e mortalità) ed esito surrogato. In pratica, nelle maggior parte degli studi, l’efficacia del vaccino è determinata dalla sua capacità di produrre anticorpi nei soggetti immunizzati, non dal confronto della frequenza della malattia tra i vaccinati e i non vaccinati. Una soluzione è effettuare una revisione di tutti gli studi eseguiti su vaccini che hanno usato tecnologie simili. Il loro studio dovrebbe darci un’idea della performance passata e futura.

La revisione di tutti gli studi (274) condotti su tutte le età e i gruppi di popolazione che riportassero esiti di campo, e confrontassero la performance dei vaccini o con un placebo o con nessun intervento, ha portato a queste conclusioni:

  • nei bambini sotto i due anni i vaccini sono inefficaci 12;

  • nei bambini più grandi e negli adolescenti i vaccini hanno una certa efficacia nel ridurre i sintomi della sindrome influenzale;

  • negli adulti sani accelerano il ritorno al lavoro di mezza giornata in media13;

  • negli anziani ultra 65enni l’efficacia è risultata incerta, quando non addirittura assente14.

Sono state descritte con chiarezza le tante inadeguatezze metodologiche degli studi fin qui svolti per valutare l’efficacia dei vaccini antinfluenzali15. Poco si sa della durata della protezione indotta nei bambini: è doveroso chiedersi quale potrebbe essere l’esito di un’immunizzazione di massa contro l’influenza fin dalla più tenera età; sarebbe rischioso lasciarli sguarniti contro virus tanto mutevoli per i quali è invece necessario costruire nel tempo un ampio inventario di difese immunitarie16.


Molto è stato scritto sull’importanza della vaccinazione dei bambini sani per ottenere un contenimento della morbilità dei contatti scolastici e familiari, per diminuire i costi sociali ed economici della malattia. Ma anche questa argomentazione è contestata, l’efficacia non è provata17,18, ammesso che sia morale tentare di non permettere a un bambino di ammalarsi una settimana per consentire ai familiari di non perdere qualche ora lavorativa. Anche l’azione protettiva del vaccino sulle otiti medie acute, argomento più volte portato a sostegno della vaccinazione, risulta quanto meno controversa. Le conclusioni negative sono riportate da uno studio clinico in doppio cieco, con placebo ai controlli, eseguito su bambini minori di 2 anni19.

Le cose si complicano negli anziani, nonostante la mole di studi eseguiti (70 che riportano osservazioni su 100 stagioni influenzali in continenti diversi lungo 50 anni). La ricerca dice, in sostanza, che sugli anziani l’efficacia del vaccino antinfluenzale è modesta: addirittura negli anziani che vivono nelle loro case (e quindi non sono molto malati o disabili) il classico vaccino trivalente non protegge dall’influenza e dalle semplici affezioni bronco-respiratorie; e riesce ad abbassare non più del 30 per cento i ricoveri per polmonite. Sugli anziani che vivono nelle case di riposo, invece, la copertura vaccinale parrebbe capace di ridurre le morti per influenza e polmoniti, ma solo fino al 42 per cento. Dati ben al di sotto di quelli presi a riferimento dalle politiche vaccinali degli Stati, come quello italiano che parla di un’efficacia del vaccino fino al 90 per cento nel contrastare l’influenza e del 70-90 nel ridurre le complicazioni e le morti. Il tasso di mortalità tra gli anziani nella stagione invernale non è cambiato dal 1989, quando solo il 15% degli statunitensi e canadesi over 65 anni veniva vaccinato, al giorno d’oggi che vede in questa fetta di popolazione una copertura superiore al 65%.


La revisione Cochrane fa poi notare l’insufficiente valutazione degli effetti collaterali negli studi condotti: su 135, solo 17 studi li prendono in considerazione, lacune ancora più gravi per la sicurezza dei bambini, specie più piccoli20. La vaccinazione di massa potrebbe evidenziare reazioni ancora non conosciute, dal momento che i bambini sottoposti al farmaco sarebbero molto, molto più numerosi dei pochi arruolati negli studi clinici eseguiti. Anche il Centro europeo per la prevenzione e il controllo delle malattie solleva il problema dei pochi dati esistenti riguardo ai potenziali effetti avversi a lungo termine, collegati alla ripetizione annuale della vaccinazione21.


Le reazioni locali (arrossamento, dolore, tumefazione, indurimento e prurito in sede di inoculo) sono frequenti ma poco importanti sotto il profilo clinico. Il contrario per quelle di ordine generale: febbre, malessere, mialgie, orticaria, angioedema, asma22, anafilassi sistemica23, artropatie24, glomerulonefrite25, mielite trasversa26, neuropatia ottica ischemica27, neurite ottica28, sindrome oculo-respiratoria, poliangite microscopica29, Sindrome di Guillain-Barré30,31, paralisi dei nervi cranici32. Numerosi studi non randomizzati hanno valutato l’associazione tra i vaccini anti-influenzali inattivati e una serie di rari e possibili effetti collaterali, come il melanoma cutaneo, l’arresto cardiaco primario, le malattie demielinizzanti, le alterazioni della funzione polmonare, la sindrome oculo-respiratoria, la sindrome di Guillain Barré e la Paralisi di Bell. Da studi effettuati su più di 21 milioni di persone, emerge come, per ogni milione di vaccinati, si verifichino da 1,6 a 10 casi in più di sindrome di Guillain Barré33.

La scienza è fatta di ipotesi che poi vengono accantonate sulla base di incertezze che poi partoriscono nuove ipotesi che a loro volta vengono alla fine anch’esse accantonate. Non ci credete? Ci vediamo tutti stasera per un bel po’ di salassi con sanguisughe di prima qualità. Inoltre, camminando per la strada, state attenti alla sporcizia e ai miasmi da essa sprigionantisi. Sono la causa della malaria, del colera e di quella strana condizione chiamata influenza. Anche se un mio amico sostiene che questa sia causata dalla congiunzione degli astri.34

Bambini super-vaccinati - Seconda edizione
Bambini super-vaccinati - Seconda edizione
Eugenio Serravalle
Saperne di più per una scelta responsabile.Un’attenta disamina sulla questione dei vaccini, che mette a confronto dati e ricerche aggiornate, per aiutare i genitori a scegliere con consapevolezza. Eugenio Serravalle, medico specializzato in Pediatria Preventiva, Puericultura e Patologia Neonatale, ha approfondito il fenomeno delle invenzioni delle malattie e lo studio delle composizioni dei vaccini, con gli additivi, i conservanti e le sostanze chimiche che possono avere effetti dannosi sulla salute dei bambini.Fermamente convinto dell’utilità dell’immunizzazione di massa, per anni ha vaccinato i suoi pazienti con ogni vaccino disponibile sul mercato, finché si è reso conto di aver accettato senza riserve il concetto abituale secondo cui i vaccini siano sempre efficaci e sicuri.Libero da ogni pregiudizio, l’autore ha cominciato a porsi domande diverse, quelle che soprattutto i genitori si pongono: i vaccini provocano malattie irreversibili? I bambini sono troppo piccoli per le vaccinazioni? I vaccini causano reazioni pericolose per l’organismo? Somministrare troppi vaccini insieme sovraccarica il sistema immunitario?In Bambini super-vaccinati da pediatra infantile si cala nel ruolo di genitore, cercando di chiarire ogni dubbio sulla pratica vaccinale: il libro vuole quindi garantire il diritto a un’informazione obiettiva e consapevole sui rischi derivanti dalle vaccinazioni, sulla libertà di scelta e di cura, fornire quindi ai genitori, e non solo, tutte le informazioni utili per scegliere in piena autonomia.In questa seconda edizione viene approfondito ancor di più tutto quello che la letteratura scientifica internazionale mette a disposizione, confrontando dati e ricerche cliniche. Conosci l’autore Eugenio Serravalle è medico specialista in Pediatria Preventiva, Puericultura e Patologia Neonatale.Da anni è consulente e responsabile di progetti di educazione alimentare di scuole d’infanzia di Pisa e comuni limitrofi.Già membro della Commissione Provinciale Vaccini della Provincia Autonoma di Trento e relatore in convegni e conferenze sul tema delle vaccinazioni, della salute dei bambini e dell’alimentazione pediatrica in tutta Italia.