capitolo ii

I vaccini sono stati studiati
in modo esauriente?

Decidere di non sottoporre il proprio figlio alle vaccinazioni, obbligatorie o consigliate, è una grande responsabilità. D’altronde lo è anche la scelta opposta, ossia farlo vaccinare perché è “obbligatorio”, delegando ad altri la decisione e demandando la tutela della sua salute all’attuale sistema sanitario. Ogni scelta che riguarda la salute, l’educazione, l’alimentazione dei bambini è impegnativa e faticosa. Molti genitori decidono di porsi il problema, cercano risposte. Leggono, studiano, navigano in internet, scaricano documenti, acquistano libri. Travolti dalle discussioni sui pro e i contro, finiscono con l’essere ancora più confusi. E continuano a chiedere: ma allora, vaccino o no mio figlio?


Questa decisione spetta solo ai genitori. È impegnativa, così come lo è la scelta del luogo dove partorire (in casa, in ospedale o in quale ospedale?), di come allattare, di come svezzare il bambino, delle scuole da frequentare, delle strategie e dei sistemi educativi da adottare. Sono sempre decisioni difficili.


Io cercherò di fornire informazioni, quelle informazioni che spesso sono taciute da un sentire diffuso per cui l’espressione “maggiorenne e vaccinato” implica saggezza o maturità. Capacità critiche e indipendenza di giudizio vanno salvaguardate sempre, soprattutto in tempi come questi, in cui sembra che non ci sia sapienza senza obbedienza. Sono convinto che più si è informati e meno ci si affiderà ciecamente alla medicina.


I vaccini godono di un dogma: sono sicuri ed efficaci, hanno fatto sparire molte malattie infettive, e le reazioni avverse sono talmente rare da non destare allarme.


Ho imparato, dopo tanti anni di attività come pediatra, che queste affermazioni devono essere rilette e che non ci sono certezze uguali per tutti. Bisogna evitare che la scienza obbedisca ai dogmi, e solo con la critica si può cercare la verità. Ascoltando con umiltà i racconti delle sofferenze dei bambini danneggiati ho acquisito la convinzione che i vaccini non sono sempre innocui, e che non esistono prove scientifiche su un rapporto rischio/beneficio sempre favorevole alle vaccinazioni.


Non esistono studi che valutino cosa succede nell’organismo di un bambino 5 o 10 anni dopo l’introduzione di un vaccino, e soprattutto di più vaccini contemporaneamente, come è oggi prassi ordinaria. Finché non verrà organizzata una vasta ricerca indipendente che prenda in esame due gruppi (numerosi) di bimbi, uno vaccinato e uno non vaccinato, e si seguirà nel tempo, con dei bilanci di salute accurati, valutando quanti, in un gruppo o nell’altro, sviluppano ad esempio allergie, o malattie autoimmuni, e quanti si ammalano di malattie infettive e sviluppano complicanze, non sapremo mai cosa è meglio per i nostri figli. Non sapremo se per la salute di un bambino oggi, e di un adulto domani, sia davvero meglio non misurarsi con alcune malattie infettive. Ci sono (poche) ricerche che testimoniano come adulti che non hanno contratto, ad esempio, il morbillo in età pediatrica hanno maggiori probabilità di sviluppare patologie immunitarie, articolari, eczemi cutanei e tumori. O che illustrano l’effetto protettivo del morbillo e dell’influenza in bambini africani nei confronti della malaria.


Ma non sono sufficienti per trarne conclusioni definitive.

Non sapremo se i bambini, così tanto vaccinati, avranno in futuro una salute migliore di quei bambini di trenta o quaranta anni fa che certo non hanno goduto di una così vasta immunizzazione.

Dei nati 60 anni fa sono ancora in vita 90 maschi su 100, e addirittura 95 femmine su 100. Nessuno di loro, quando erano bambini, godeva delle protezioni sanitarie di cui godono i bambini di oggi, si pigliavano anzi tutte le malattie esantematiche che si dovevano pigliare, eppure si avviano beatamente a una vita media di non meno di 84-85 anni. Sono risultati che dovrebbero far riflettere sull’invasione sempre più massiccia di vaccini per malattie a bassa diffusione, e ancor più bassa, praticamente nulla, letalità. O no?1

Ed è tutto da dimostrare, con seri studi di epidemiologia, che la pratica delle vaccinazioni di massa determini oggi una riduzione della mortalità infantile in Paesi come il nostro.


Per queste, e altre domande, non esistono risposte.

Dovrebbe fornirle un sistema sanitario che ha scelto di vaccinare tutti i bambini con le stesse modalità, come se non vi fossero differenze individuali da tenere nella giusta considerazione in base alla storia sanitaria familiare e individuale.


Tra obbligatorie e consigliate oggi si effettuano sino a 27 vaccinazioni (considerando i richiami) nei primi 15 mesi di vita, 39 (comprendendo il vaccino antipapillomavirus per le ragazze) nei primi 12 anni.


In alcune ASL propongono a due mesi anche il vaccino contro il rotavirus. È davvero il modo migliore di tutelare la salute dei nostri figli?

Cosa sono i vaccini

Un vaccino è un farmaco costituito da una piccola quantità di microrganismi (virus o batteri) uccisi o vivi e attenuati, oppure da prodotti derivanti da tali microrganismi, capace di stimolare la naturale reazione immunitaria. Il suo scopo è di usare il sistema immunitario, una complessa organizzazione di cellule e molecole con compiti di difesa del nostro corpo, per acquisire una specifica resistenza alle infezioni. La vaccinazione attiva meccanismi immunologici simili a quelli che entrano in gioco in caso di malattia, per proteggere dall’attacco dei microrganismi presenti nell’ambiente senza che si sviluppino i sintomi e le complicanze della malattia. Sono pochi i vaccini che danno una protezione che dura tutta la vita, la maggior parte offrono difese per un periodo di tempo limitato, per cui è necessario effettuare “richiami” a intervalli regolari. L’immunità che si acquisisce con la vaccinazione non è paragonabile a quella, molto più efficace, che si stabilisce contraendo la malattia vera e propria. È importante che lo stato di salute sia buono e che il sistema immunitario di chi deve essere vaccinato sia in perfetta efficienza. Non esistono ad oggi test che possano segnalare le persone a rischio per la somministrazione di un vaccino; è possibile invece indagare sull’efficienza del sistema immunitario, ma questa è una prassi assai poco seguita.

Come sono fatti

I vaccini sono prodotti in diversi modi: possono contenere l’intero agente infettivo, una parte di esso, o alcuni dei suoi prodotti, ma in tutti sono presenti gli antigeni che sono in grado di evocare la risposta immunologica. Possono essere suddivisi in vaccini preparati con microrganismi interi e in vaccini preparati con componenti purificate dei microrganismi.

Vaccini preparati con microrganismi interi

Si suddividono in due gruppi:

  • vaccini con virus o batteri vivi attenuati

  • vaccini con virus o batteri inattivati.

Attenuazione

Questi tipi di vaccini sono ottenuti attraverso una coltura dei virus o dei batteri che viene sviluppata finché i microrganismi non perdono la virulenza, e si è ottenuto un mutante sufficientemente stabile e capace di suscitare immunità. Usando questa strategia, i virus vengono indeboliti così che si riproducono con molta difficoltà all’interno dell’organismo una volta iniettati con la vaccinazione. Sono prodotti con questa tecnica i vaccini contro il morbillo, la parotite, la rosolia e la varicella. Un virus o un batterio attenuato è sempre un microrganismo vivente, capace di diffondere e di moltiplicarsi, e come ogni altro essere vivente può essere soggetto a cambiamenti e quindi alla possibilità teorica di riacquistare un certo grado di virulenza2. Non possono essere somministrati a persone con difetti del sistema immunitario (come persone affette da cancro o AIDS).

Inattivazione

In questi vaccini i microrganismi sono stati completamente inattivati (o uccisi) con il calore o con sistemi chimici (formaldeide in genere), e di conseguenza non possono moltiplicarsi nell’organismo del ricevente o causare la malattia. Sono di questo tipo i vaccini anti-poliomielite (IPV Salk), antiepatite A, alcuni tipi di vaccini contro l’influenza, quello contro la rabbia, e i vaccini batterici contro tifo e colera. Sono somministrati per via parenterale (sottocutanea o intramuscolare), mentre le infezioni da cui dovrebbero proteggere seguono altre vie di ingresso nell’organismo, in genere le mucose respiratorie o gastro-intestinali. Per questo motivo non possono produrre le IgA (le immunoglobuline locali di superficie) che, in caso di infezione naturale, bloccano successivi contatti dei microrganismi con le mucose3. Nonostante l’incapacità di moltiplicarsi, virus e batteri contenuti in questi preparati stimolano il sistema immunitario, ma hanno bisogno di molte somministrazioni (richiami) per ottenere un buon grado di immunità.

Vaccini preparati con componenti dei microrganismi

Sono i vaccini preparati utilizzando componenti naturali dei microrganismi o sostanze da essi prodotte (tossine) o proteine ottenute sinteticamente.

Usare parti di virus

Uno specifico componente del virus viene rimosso o sintetizzato, e quindi usato come vaccino: sono prodotti così il vaccino contro l’Epatite B e i vaccini contro l’influenza split. Per il vaccino contro l’epatite B si utilizza una proteina che si trova sulla superficie del virus e che viene prodotta usando la tecnica del DNA ricombinante.

Usare parti di batteri

Alcuni batteri causano la malattia attraverso la produzione di una proteina dannosa, detta tossina. I vaccini sono preparati inattivando la tossina con un meccanismo fisico-chimico (calore più formaldeide). Dopo l’inattivazione la tossina, che ora viene chiamata tossoide o anatossina, viene fatta adsorbire a sostanze che servono ad aumentare la capacità di stimolare il sistema immunitario (adiuvanti). Sono preparati così i vaccini contro la difterite, il tetano (che contengono come adiuvante idrossido o fosfato di alluminio) e i nuovi vaccini acellulari contro la pertosse. Altra maniera di allestire un vaccino batterico è utilizzare parti del rivestimento glucidico (o polisaccaridico) dei batteri. La protezione contro l’infezione di alcuni batteri si basa sull’immunità verso questo rivestimento di zuccheri. Comunque, poiché i bambini piccoli non hanno una risposta immunitaria buona contro il rivestimento glucidico da solo, esso viene legato a una proteina innocua (questo è chiamato vaccino polissacaridico coniugato). Sono preparati in questo modo i vaccini contro l’Haemophilus influenzae di tipo B e lo pneumococco.

Cosa contengono

I vaccini contengono:

  • princìpi attivi: gli agenti immunizzanti

  • princìpi inerti: liquido di sospensione, conservanti, stabilizzanti, antibiotici, adiuvanti.

Princìpi attivi

I vaccini possono essere costituiti da un solo tipo di antigene (vaccino monovalente o singolo, come l’antitetanica), o da più antigeni (vaccini multipli o combinati, come l’esavalente). L’utilizzazione sempre più frequente dei vaccini combinati è legata al maggior numero di nuove vaccinazioni. Non esiste un vaccino che abbia la capacità di indurre immunità per tutta la vita nel 100% dei vaccinati (magari senza effetti collaterali), e per questo è necessaria la ripetizione delle somministrazioni in epoche diverse di età. Se ogni vaccinazione venisse eseguita singolarmente sarebbero necessarie numerose sedute vaccinali, e nella stessa seduta sarebbero necessarie più somministrazioni indipendenti, trasformando il bambino, secondo una nota immagine, in un “puntaspilli”. La comodità delle vaccinazioni multiple non procede però di pari passo con gli studi sulla loro sicurezza, che ad oggi sono inadeguati, essendo tutto affidato alla sorveglianza post-marketing, con i limiti che vedremo in seguito. Tomljenovic e Shaw4 evidenziano come, secondo Zinka et al., c’è stato un incremento nella morte infantile di 13 volte in seguito all’introduzione del vaccino esavalente nella pratica vaccinale. Un vaccino esavalente (Hexavac) è stato in seguito ritirato dal commercio, a causa, secondo quanto è stato comunicato, della sua scarsa efficacia. L’analisi post-mortem di 7 bambini di età tra i 4 e i 17 mesi (6 dei quali vaccinati con Exavac e uno con Infanrix hexa), ha rivelato la presenza di anomalie patologiche riguardanti soprattutto il sistema nervoso.

Liquido di sospensione

In genere si tratta di soluzione fisiologica o da acqua distillata, ma per alcuni vaccini può contenere proteine o altri componenti del terreno nel quale il microrganismo si è moltiplicato. La crescita dei batteri può avvenire, ad esempio, su terreni di origine bovina, e pertanto nella soluzione del vaccino possono essere presenti prioni originati dall’uso di tessuti derivati da animali affetti da encefalopatia spongiforme bovina. Nel 1997 in Italia sono stati ritirati dal commercio due vaccini contro l’Haemophilus influenzae di tipo B che utilizzavano come terreno di coltura un brodo preparato da cervello di bovino. Lo sviluppo dei virus avviene o in tessuti animali (uova di pollo, rene di scimmia) o in tessuti fetali abortivi (WI-38, MRC-5 sono sigle che indicano cellule polmonari su cui vengono coltivati i virus utilizzati nelle vaccinazioni contro polio, morbillo, parotite, varicella). Lo sviluppo delle colture virali su tessuti umani, e la successiva inoculazione in milioni di persone con conseguente possibile contaminazione del DNA può avere effetti ancora sconosciuti nel lungo periodo sulla salute dei vaccinati; secondo alcuni ricercatori contribuisce all’insorgenza dell’autismo5.

Adiuvanti

La capacità dell’antigene di formare anticorpi varia in base alle sue caratteristiche fisiche, alla dose e alla modalità di somministrazione, alla predisposizione genetica, e allo stato immunitario e nutrizionale della persona ricevente. Per rendere più efficace la stimolazione immunitaria e aumentare la produzione di anticorpi nei confronti della malattia si aggiungono gli adiuvanti, il cui uso permette di risparmiare nelle quantità di antigene, di ridurre il numero di somministrazioni, di contenere i costi. Negli ultimi anni il loro numero è aumentato notevolmente, nella ricerca dell’“adiuvante perfetto”, che dovrebbe avere caratteristiche di sicurezza (assenza di reazioni locali o generali, assenza di reazioni di ipersensibilità, incapacità di indurre malattie autoimmunitarie, non essere cancerogeno o teratogeno) accanto alla efficacia protettiva e persistente anche in bambini e anziani. Il maggior problema nel loro uso, in particolare nei vaccini di routine dell’infanzia, è legato alla tossicità e agli effetti collaterali negativi. Gli adiuvanti più comuni per uso umano ancora oggi sono l’idrossido e il fosfato di alluminio; tra quelli sviluppati e studiati di recente citiamo l’MF-596.

Alluminio

L’alluminio non è percepito da parte della popolazione come un metallo pericoloso; è largamente usato come costituente di utensili da cucina e come materiale da imballaggio nonostante sia neurotossico anche in quantità minime, e i rischi per la sua somministrazione siano noti7,8. È utilizzato dagli anni Trenta come adiuvante nei vaccini senza sufficienti studi sulla sicurezza del suo impiego9, dubbi oggi rafforzati dall’evidenza che l’alluminio può superare la barriera emato-encefalica e interferire con una varietà di processi metabolici nelle cellule del sistema nervoso e di altri tessuti10. Prove di laboratorio in animali hanno dimostrato in maniera incontrovertibile i danni neurologici e i deficit cognitivi causati dall’adiuvante alluminio11. Nei gatti provoca fibrosarcoma nella zona dell’iniezione12. La sua somministrazione in neonati prematuri può avere effetti tossici a carico delle ossa, del sangue e del cervello, ed essere responsabile di handicap mentale a 18 mesi di età13.


In pazienti sottoposti a dialisi cronica, l’accumulo di alluminio può causare danni neurologici (encefalopatia), o una grave malattia ossea (osteodistrofia, osteoporosi con osteomalacia), anemia, e gioca inoltre un ruolo eziologico significativo in altre complicanze associate allo stadio terminale della malattia cronica renale.


Nonostante quasi 90 anni di uso diffuso di adiuvanti a base di alluminio, la conoscenza dei meccanismi di azione, dei dati tossicologici e farmacocinetici è ancora molto scarsa, mentre le ricerche sperimentali mostrano chiaramente come possano indurre gravi disordini immunologici negli esseri umani, in particolare fenomeni di infiammazione e di autoimmunità a carico del cervello, associate complicazioni neurologiche. La possibilità che i benefici degli adiuvanti a base di alluminio siano sopravvalutati, mentre i potenziali effetti negativi siano sottovalutati, o non valutati rigorosamente nella comunità medica e scientifica emergono da nuove ricerche14.


La pubblicazione di adeguati studi sulla sicurezza dell’adiuvante è stata richiesta alla FDA ed ai CDC (Centers for Disease Control) anche durante l’audizione al Congresso Americano del deputato Dan Burton nel corso di una riunione della Commissione che indagava sul rapporto tra autismo e vaccini tra il 1999 ed il 2004, ma la risposta della FDA è stata che tali studi sarebbero stati troppo costosi15.

MF59

Tra i tanti nuovi adiuvanti citiamo questo perché è stato utilizzato nei vaccini antipandemici – quelli contro l’influenza suina – con discussioni e polemiche che hanno investito tutta la comunità scientifica. La sigla (Microfluid emulsion 59) indica che si tratta di una emulsione di olio in acqua, costituita da squalene, polisorbato e sorbitan trioleato. È stato ritenuto avere le caratteristiche “molto vicine all’adiuvante ideale”16. In realtà, la maggior parte dei nuovi adiuvanti, incluso l’MF59, l’ISCOMS, il QS21, l’AS09 e l’AS04, hanno “una reattogenicità e una tossicità sistemica locale sostanzialmente superiori a quelle dell’alluminio”17. Recenti studi effettuati sui topi segnalano la comparsa di malattie autoimmuni, principalmente artrite, correlate agli adiuvanti idrooleosi18.


La FDA americana non ha autorizzato l’uso di vaccini antinfluenzali contenenti “squalene” (o altri adiuvanti simili “ad olio”) mentre l’EMEA (europea) ne ha autorizzato l’immissione in commercio19. Il motivo delle resistenze dell’FDA ad autorizzare vaccini con adiuvanti idro-oleosi è la possibilità che questi possano indurre malattie autoimmuni20. Una prudenza doverosa soprattutto per le vaccinazioni pediatriche, dato che gli studi sui vaccini contenenti MF59 nei bambini sono insufficienti.

... è necessario raccogliere più dati sulla reattogenicità e sicurezza dei vaccini antinfluenzali adiuvati con MF59 nei bambini... occorrono ulteriori studi allargati sui vaccini antinfluenzali adiuvati con MF59 nei bambini, compresi studi sull’efficacia21.

L’MF59 fu utilizzato nei vaccini sperimentali contro l’antrace cui furono sottoposti i militari americani in partenza per la guerra del Golfo. Molti di loro hanno sviluppato malattie autoimmuni, cui è stato dato il nome di Sindrome della Guerra del Golfo (Gulf War Syndrome: GWS). Lo squalene contribuì alle reazioni a cascata che hanno innescato la malattia22, che si manifesta con: artrite, fibromialgia, adenopatia, irritazioni cutanee, fotosensibilità, fatica cronica, emicrania,, perdita abnorme di peli, lesioni cutanee croniche, ulcere da afte, vertigini, debolezza, perdita di memoria, attacchi epilettici, cambi di umore, problemi neuropsichiatrici, disordini della tiroide, anemia, lupus eritematoso sistemico, sclerosi multipla, fenomeno di Raynaud, sindrome di Sjorgren, diarrea cronica, ecc.


Si è riscontrato come il 95% dei pazienti affetti da Sindrome della Guerra del Golfo avesse anticorpi contro lo squalene23.

Stabilizzanti

Sono usati per inibire interazioni chimiche tra i componenti del vaccino e per evitare alterazioni causati da cambiamenti di temperatura, umidità, esposizione alla luce, variazioni del pH.


I più comuni sono il monossido di glutammato (MSG), il metabisolfito di sodio, la gelatina, l’albumina umana. Questi ultimi due possono causare reazioni allergiche lievi (orticaria) e gravi (anafilassi). La siero-albumina umana è un emoderivato, presente in alcuni vaccini in bassa quantità, tale da non essere necessario il consenso informato da parte del ricevente. Gli emoderivati sono preparati con sangue umano, e potrebbero, se non adeguatamente trattati, trasmettere infezioni gravi come epatite B e C, o il virus Hiv. Nella storia, anche recente, della nostra sanità non sono mancati episodi del genere, purtroppo.

Antibiotici

Sono utilizzati per prevenire la crescita batterica nelle culture vaccinali: Neomicina, Streptomicina, Amfotericina B, Polimixina B sono quelli usati più spesso. Si tratta di antibiotici poco utilizzati nella pratica clinica, a causa dei numerosi effetti collaterali che possono provocare. Tutte le persone che hanno presentato reazioni anafilattiche agli antibiotici presenti nei vaccini non devono ricevere il vaccino contenente quella specifica sostanza, nemmeno in quantità bassissime.

Altre sostanze (diluenti, emulsionanti, eccipienti, solventi, etc)

Sono moltissime le sostanze in questione, ne ricordiamo soltanto alcune:

  • borato di sodio, che può provocare patologie endocrine, epatiche, neurologiche;

  • solfato di ammonio, che può provocare danni neurologici ed epatici;

  • acido cloridrico, che può provocare danni all’apparato immunitario, locomotore, agli organi di senso;

  • polisorbato 80, che può provocare infertilità, patologie cardiovascolari (dall’infarto all’ictus) e aumentare il rischio di sviluppare tumori o loro recidive.

Prodotti chimici

Formaldeide

La formaldeide è una sostanza chimica diffusissima, usata dall’industria nella produzione di resine industriali che sono impiegate come laminati plastici, adesivi e schiume isolanti; come vernice collante di pannelli di legno di truciolato, in prodotti di carta, plastica, fibre sintetiche, e nella produzione di prodotti tessili. È un potente battericida, e per questo trova largo impiego nei disinfettanti anche di uso domestico. In medicina è utilizzato come disinfettante, come conservante (nei reperti istologici e nell’imbalsamazione), e nella produzione dei vaccini. È capace di uccidere i microrganismi che serviranno a preparare l’antigene vaccinale o ad annullare la tossicità della tossine batteriche. Solo dopo tanti anni di un uso così diffuso si è valutata la sicurezza del suo impiego. Ci si è resi conto, ad esempio, che le resine derivate dalla formaldeide tendono, col tempo, a rilasciare molecole nell’ambiente, per cui è uno dei più diffusi inquinanti di interni. Proprio sotto forma di gas la formaldeide è citata nell’Undicesimo Rapporto sui Cancerogeni (RcC) come prodotto prevedibilmente cancerogeno per gli esseri umani. Nel dodicesimo RoC, basato sulla revisione del 2004 della International Agency for Research on Cancer (IARC 2006), si conclude che vi sono prove sufficienti per affermare l’azione cancerogena della formaldeide negli esseri umani. Numerose agenzie sanitarie quali il Department of Homeland Security, la FDA, ed il NIOSH (National Institute for Occupational Safety and Health) hanno sviluppato una normativa per ridurre l’esposizione alla formaldeide e molti studi hanno valutato la relazione tra la formaldeide e i tumori nell’uomo.


È stata dimostrata la relazione con:

  • Cancro del seno paranasale e della cavità nasale

  • Adenocarcinoma

  • Carcinoma naso-faringeo

  • Tumori della cavità orale

  • Cancro al collo e alla testa

  • Cancro ai polmoni o all’apparato respiratorio

  • Tumori linfoematopoietici

  • Linfoma di Hodgkin

Altri studi hanno riportato un aumento dei casi di tumore allo stomaco, al colon, al retto, ai reni, singoli o combinati, in relazione all’esposizione alla formaldeide.


Inoltre la formaldeide può avere effetti di genotossicità, condizionando l’espressione di vari geni, inclusi quelli coinvolti nella sintesi del DNA e nei processi di riparazione e regolazione della proliferazione cellulare24.


Il 13 giugno 2011 il Governo Federale degli Stati Uniti ha dichiarato ufficialmente che la formaldeide è un agente cancerogeno, in base a un rapporto realizzato dal Dipartimento della Salute e dei Servizi Umani (HHS). Le persone esposte alla formaldeide corrono un rischio maggiore di sviluppare carcinomi nasofaringei, leucemia mieloide e altri tipi di tumori25.

Sostanze contaminanti
Nel nostro laboratorio, che non ha sponsor, abbiamo analizzato al microscopio elettronico un certo numero di vaccini per cercarvi l’eventuale presenza di micro e nanoparticelle metalliche, gli inquinanti di cui noi ci occupiamo. E ne abbiamo trovati non pochi. Voglio che sia chiaro: all’interno della soluzione che contiene i princìpi attivi abbiamo individuato, non sempre ma spesso, granelli molto piccoli di leghe metalliche non compatibili con l’organismo umano e non degradabili. Si tenga conto che noi abbiamo esaminato solo un campione per ogni prodotto e non tanti campioni prelevati da altrettanti lotti di produzione diversi. Perché nei vaccini c’erano quelle particelle? Difficile rispondere. A volte, almeno per alcuni alimenti, certe particelle metalliche ingegnerizzate, cioè fabbricate in laboratorio, si aggiungono per allungare la vita commerciale dei prodotti. È così anche per i vaccini? Ma quelle particelle possono anche avere un effetto pirogeno, cioè, iniettate, provocare l’aumento della temperatura corporea, il che potrebbe migliorare l’effetto immunizzante del vaccino. Però quelle particelle potrebbero esserci del tutto casualmente, magari solo in qualche lotto, per processi di produzione non proprio al di sopra di ogni critica. Malauguratamente le leggi e gli enti di certificazione ignorano il problema.
Chi ha nozioni di nanopatologia sa che iniettare polveri inorganiche, non biodegradabili e non biocompatibili può essere l’innesco per una serie di malattie, non ultime certe forme di cancro o di affezioni neurologiche e, dunque, la somministrazione di quei vaccini contenenti corpi estranei appare almeno criticabile. Ogni nostro tentativo d’instaurare un confronto con i produttori di vaccini ha sbattuto contro un’invalicabile muro di gomma.26

Stefano Montanari

Conservanti

Mercurio

Il thimerosal contiene mercurio e può trovarsi sotto forma di etilmercurio, acido tiosalicilico, idrossido di sodio ed etanolo.


L’Ethylmercurithiosalicato è stato testato solo una volta, dalla Eli Lilly (importante multinazionale farmaceutica) su 22 pazienti adulti che soffrivano di meningite. Non furono possibilità di follow-up per osservarne gli effetti a lungo termine in quanto tutti i pazienti di questo “studio” morirono. Anche se il follow-up fosse stato possibile, il danno a cervelli in via di sviluppo di bambini molto piccoli sarebbe rimasto sconosciuto.


L’Eli Lilly affermò che la sostanza era sicura e la comunità medica lo accettò. La sua tossicità non è mai stata testata27. Nonostante l’uso risalga agli anni ’30, gli enti governativi, i Ministeri della Salute dei vari Paesi non hanno commissionato studi indipendenti per stabilire se il mercurio contenuto nei vaccini fosse tossico o meno per i neonati e in particolare per lo sviluppo del cervello.


In un recente convegno28 si è ammesso che le conoscenze degli effetti farmacocinetici e farmacodinamici dell’etilmercurio sono insufficienti, che non ci sono dati sull’accumulo e la eliminazione dell’organismo dell’etilmercurio, e che non si sa molto della sua tossicità, anche se è riconosciuto che passa facilmente la barriera emato-encefalica e quella placentare e può causare fenomeni di ipersensibilità, danni neurologici e persino la morte (non solo cellulare).


A fronte di questa scarsità di dati certi, disponiamo oggi di centinaia di studi scientifici che denunciano i danni dei vaccini contenenti mercurio29; di uno l’autore è addirittura un ricercatore che ha collaborato con i CDC e con l’industria farmaceutica che produce vaccini30, il quale dimostra come il mercurio vaccinale possa causare gravi lesioni al cervello dei bambini. Abbiamo i dati inconfutabili che la quantità di mercurio contenuto nei vaccini pediatrici supera enormemente i limiti massimi tollerati dalle Agenzie tossicologiche. Per decenni, anche in Italia, con i vaccini pediatrici ad ogni ciclo vaccinale abbiamo iniettato in neonati fino a 187,5 mcg di mercurio, mentre la dose massima permessa dall’EPA (Environmental Protection Agency) in un adulto è di 0,1 mcg/kg di peso corporeo al giorno, che per un bambino di 5 kg equivarrebbe a 0,5 mcg31. I limiti di tossicità sono calcolati prendendo in considerazione un adulto di medie dimensioni corporee, non i lattanti, e anche per questo il Dr. Johnson – immunologo pediatra dell’Università medica del Colorado e del National Jewish Center for Immunology and Respiratory Medicine – ha consigliato maggiori margini di sicurezza, con dosi da 3 a 10 volte inferiori ai limiti considerati tossici.

Nonostante ciò, si afferma che i vaccini con mercurio si possono tranquillamente usare, ma che comunque si deve eliminarlo quanto prima. Si offre una discrezionalità all’industria farmaceutica in modo da permettere di smaltire le scorte e produrre nuovi vaccini senza mercurio. È dal 1999 che negli Stati Uniti hanno deciso di togliere il mercurio dai vaccini, ma questo continua ad essere presente in alcuni prodotti. Lo stesso avviene negli altri Paesi, Italia compresa.


Che il mercurio sia altamente tossico non ci sono dubbi. Che possa danneggiare tessuti e cellule cerebrali32,33 alterando o bloccando le divisioni cellulari (mitosi), o interferire nei meccanismi immunitari34,35 è stato studiato ampiamente. Iniettato per via parenterale il mercurio è dieci volte più dannoso che ingerito per bocca, o semplicemente inalato.


Che qualcuno ancora sostenga, per tranquillizzare i genitori che chiedono informazioni, che si assume più mercurio mangiando pesce che con i vaccini, è sconfortante: abbiamo bisogno di dati scientifici e di risposte agli interrogativi che ci poniamo, non di propaganda. In particolare occorre capire la responsabilità dei sali di mercurio nell’insorgenza dell’autismo o di altre patologie degenerative del sistema nervoso.

È evidente che la sua tossicità, come quella delle altre sostanze chimiche presenti nei vaccini, varia notevolmente da bambino a bambino. È da comprendere la ragione per cui a gran parte dei bambini non provoca conseguenze, mentre ad altri, una minoranza certamente, ma non identificabile con indagini cliniche preventive, causa danni anche irreversibili. Secondo alcuni studi la tossicità del mercurio è causata dalla sua notevole capacità di indurre la formazione di radicali liberi che causano danni alle cellule, sopratutto del sistema nervoso.

I neuroni cerebrali sono particolarmente vulnerabili, perché possiedono bassi livelli di agenti antiossidanti, e i danni possono portare a modifiche cellulari, fino alla morte neuronale. I meccanismi che entrano in gioco riguardano la sintesi della cisteina e della glutatione, che sono cruciali per la detossificazione dal mercurio: questa è ridotta nei bambini autistici, forse a causa anche di caratteristiche genetiche36,37,38,39. I bambini autistici hanno i livelli di cisteina più bassi del 20% e quelli di glutatione più bassi del 54%, con una ridotta capacità di espellere i metalli come il mercurio40.

Questo porta a una più alta concentrazione di mercurio libero nel sangue, che poi viene trasferito nei tessuti dell’organismo, e così aumenta la vita media del mercurio nel corpo, a paragone con bambini con livelli normali di cisteina e glutatione41.

La detossificazione ritardata del mercurio danneggia gravemente quelle reazioni dell’organismo necessarie per lo sviluppo del sistema nervoso centrale, in particolare per alcune funzioni proprie del cervello. La metilazione fosfolipidica, che è cruciale per l’attenzione, è danneggiata nei bambini autistici e nei bambini con disordini da iperattività e deficit di attenzione42. I livelli di ethylmercurio, visti dopo dieci giorni dalla vaccinazione con dosi di ethylmercurithiosalicato più basso di quello ricevuto dai bambini durante gli anni ’90, hanno prodotto una inibizione della metilazione maggiore del 50%43. Il cervello di soggetti autistici mostra delle irregolarità nei neurotrasmettitori che sono virtualmente identiche a quelle prodotte dall’esposizione al mercurio, ossia cambiamenti nella concentrazione di serotonina e di dopamina, elevati livelli di epinefrina e norepinefrina nel plasma e nel cervello stesso, elevati livelli di glutammato sierico e deficit di acetilcolina nell’ippocampo (Bernard et al. 2001).


Una relazione puramente casuale tra questi dati relativi all’autismo e quelli derivanti da intossicazione da mercurio sarebbe davvero strana.


Si afferma pure che non è stato dimostrato il nesso inequivocabile tra mercurio e autismo in base a studi epidemiologici, che anzi avrebbero dimostrato un aumento dei casi anche dopo la riduzione dell’uso dei vaccini contenenti questo conservante44. Ma non si tratta di argomentare se la vaccinazione antimorbillo-parotite-rosolia, o il thimerosal oppure qualsiasi singolo vaccino o suo componente siano i soli responsabili dell’epidemia di autismo. Sostenere questa tesi sarebbe altrettanto superficiale quanto negare la possibilità che il mercurio nei vaccini possa aver causato o abbia contribuito a causare il regresso di alcuni bambini verso l’autismo, o che questa ipotesi non valga la pena di essere indagata.


Oggi abbiamo generazioni di ragazzi, tra i 7 e i 19 anni, che sono stati fortemente esposti ad alti livelli di due neurotossine (mercurio e alluminio) ben note, per mezzo delle vaccinazioni, e la cui storia sanitaria è documentata in dettaglio. Quanto difficile o quanto costoso può essere identificare una popolazione statisticamente significativa di bambini che hanno ricevuto 125 volte la dose sopportabile di mercurio e studiare la loro salute e la loro evoluzione? O di quelli che ne hanno ricevuto 50 volte la dose massima, o 25?

Non si possono trarre conclusioni definitive, ma è evidente che

Il mercurio è rischioso per le persone. Il suo uso in prodotti medicinali non è desiderabile, nè necessario e dovrebbe essere ridotto al minimo, o eliminato interamente. I produttori di vaccini non hanno mai effettuato una verifica adeguata sulla sicurezza del thimerosal. La FDA non ha mai richiesto ai produttori di svolgere una verifica adeguata sul thimerosal e sui composti di etilmercurio... Il Thimerosal usato come conservante nei vaccini è probabilmente correlato all’epidemia di autismo. Questa epidemia, con tutta probabilità, potrebbe essere stata evitata o ridotta se la FDA non fosse rimasta inerte di fronte al nodo cruciale riguardante la somministrazione di thimerosal e il consistente aumento dell’esposizione infantile a questa ben conosciuta neurotossina. La mancata azione delle nostre agenzie per la salute pubblica dimostra una cattiva condotta istituzionale di autodifesa e un esempio di cattiva risposta politica, protezionistica dell’industria farmaceutica45

Dopo anni di insistenza nel dire che non ci sono prove che colleghino i vaccini con l’insorgere dei disordini correlati all’autismo (Autism Spectrum Disorder o ASD), il governo americano ha pacificamente ammesso un caso di autismo da vaccino presso la Corte Federale.


L’ammissione, senza precedenti, è stata registrata il 9 Novembre e non è stata rivelata l’identità dei ricorrenti per proteggerne la privacy. La rivendicazione, uno dei 4900 casi di autismo attualmente pendenti alla Federal Vaccine Court, è stata riconosciuta valida dal Procuratore Generale degli USA Peter Keisler ed altri funzionari del Dipartimento di Giustizia per conto del Dipartimento della Salute e dei Servizi Sociali (HHS), l’“imputato” in tutti i casi giudiziari sui vaccini.


La contestazione da parte della bambina contro il governo – ossia che i vaccini contenenti mercurio sono stati la causa del suo autismo – si è supposto fosse uno dei casi-test per la teoria sull’autismo indotto da thimerosal, attualmente oggetto di esame da parte di un comitato di tre Special Masters, i giudici che presiedono la Corte di appello Federale. Keisler ha scritto che il personale medico della divisione Vaccine Injury Compensation (DVIC) dell’HHS aveva rivisto il caso e “concluso che un risarcimento era appropriato”. I dottori hanno ammesso che la bambina godeva di buona salute e aveva uno sviluppo normale fino alla visita pediatrica dei 18 mesi, quando ha ricevuto vaccinazioni contro nove differenti malattie tutte in una volta (due contenevano thimerosal). Giorni dopo, la bambina cominciò a precipitare in una serie di malesseri e disturbi che, nel giro di qualche mese, si sono presentati con i sintomi dell’autismo: nessuna risposta a sollecitazioni verbali; perdita delle capacità linguistiche; nessun contatto con lo sguardo dell’interlocutore; perdita delle capacità relazionali; insonnia; grida incessanti; contrazioni del corpo; e “uno sguardo ripetutamente fisso sulle luci fluorescenti durante i controlli”.


Sette mesi dopo la vaccinazione il Dr. Andrew Zimmerman, un neurologo di fama alla clinica neurologica del Kennedy Krieger Children’s Hospital, ha diagnosticato “una encefalopatia (una patologia cerebrale) con sintomi compatibili con i disturbi connessi all’autismo e con la loro normale evoluzione”. La bambina rispondeva anche a tutti i parametri dell’autismo ufficialmente riconosciuti nel Diagnostic and Statistical Manual for Mental Disorders (DSM-IV).


Nella sua dichiarazione, il governo ha precisato che la bambina presentava un disturbo mitocondriale che è stato “aggravato” dalle inoculazioni ricevute, e che alla fine ha dato luogo a una diagnosi di autismo. “Le vaccinazioni ricevute il 19 luglio 2000 hanno significativamente aggravato un preesistente disturbo mitocondriale”, che la predisponeva a dei deficit nel metabolismo dell’energia cellulare e che si è manifestato sotto forma di encefalopatia regressiva con le manifestazioni dell’ASD.”


Questa affermazione è una buona notizia per la bambina e la sua famiglia, che ora sarà risarcita per i trattamenti che le saranno necessari per tutta la vita. In questa sentenza le parole chiave sono”aggravati” e “manifestatisi”. Senza l’acutizzazione dovuta ai vaccini, non è sicuro che la manifestazione sarebbe affatto avvenuta. Quando un bambino con allergia alle noccioline mangia una nocciolina e muore, noi non diciamo “le sue sottostanti condizioni metaboliche sono state significativamente aggravate al punto da manifestarsi sotto forma di uno shock anafilattico con i sintomi della morte”. No, noi diciamo che la nocciolina ha ucciso il povero bimbo. Rimuovete quella nocciolina dall’equazione e lui potrebbe ancora essere tra noi oggi.


I fatti fondamentali di questo caso straordinario sono che il governo degli Stati Uniti sta risarcendo almeno un bambino per le lesioni da vaccino che hanno dato luogo ad una diagnosi di autismo.

E questa è davvero una grande notizia, in qualunque modo voi vogliate formularla”46.


La sperimentazione di farmaci e vaccini

Gli studi che riguardano lo sviluppo clinico di un farmaco, quindi anche di un vaccino, sono generalmente suddivisi in fasi temporali, definite a livello internazionale.


Il primo passo è la sperimentazione su animali di laboratorio. Se questa fase ha dato risultati positivi si passa allo studio clinico sui pazienti, suddiviso in tre fasi, generalmente descritte come:

  1. Sperimentazioni in Fase I: sono il primo passo verso la trasformazione dei dati di laboratorio in una cura clinica. Il loro scopo è quello di definire, ad esempio, la massima dose tollerata di un determinato farmaco e il suo dosaggio consigliato, o la miglior modalità di una cura. Sono condotte generalmente su un numero limitato di persone sane perché possono indurre importanti effetti tossici. Il numero di pazienti arruolati è generalmente basso (dell’ordine delle poche decine).

  2. Sperimentazioni in Fase II: si propongono di valutare l’attività del farmaco e di conoscere nel dettaglio i possibili effetti collaterali. Ne stabiliscono l’attività in determinate patologie, in un gruppo più vasto di pazienti, usando un tipo di somministrazione definito come sicuro dagli studi di Fase I.

  3. Sperimentazioni in Fase III: sono sperimentazioni su vasta scala, che di solito coinvolgono grandi gruppi di pazienti (da diverse centinaia ad alcune migliaia), destinate a determinare se una nuova terapia sia più efficace (oppure simile, ma con minore tossicità) rispetto alla cura standard. Sono sperimentazioni molto complesse dal punto di vista organizzativo e richiedono la collaborazione di parecchi Centri, anche a livello internazionale, per poter arruolare un numero adeguato di pazienti.

Strumento fondamentale per la valutazione dell’efficacia di un farmaco sono gli studi clinici controllati randomizzati (randomized controlled trial, RCT). Ecco di che si tratta.


I partecipanti allo studio vengono suddivisi in 2 gruppi:

  • un gruppo riceve il trattamento in corso di sperimentazione,

  • l’altro riceve un trattamento di controllo (ad esempio un altro farmaco ad azione nota e simile a quello che si deve sperimentare), o placebo.


Quando gli studi sono condotti in maniera appropriata, l’effetto dei trattamenti sarà valutato in gruppi di persone il più possibile omogenei, in maniera tale che qualsiasi differenza risulti, potrà essere attribuita esclusivamente al trattamento e non a errori sistematici o al caso. Le persone sono assegnate ai due gruppi in modo randomizzato (randomizzazione significa assegnazione casuale al trattamento), per formare due gruppi tra loro simili.


Un’altra caratteristica importante è la “cecità”, che impedisce sia ai pazienti di conoscere il trattamento al quale sono sottoposti, sia agli operatori sanitari di sapere il trattamento che somministrano (da qui il termine doppio cieco). In questo modo i pazienti non saranno portati a comportarsi in maniera diversa a seconda del gruppo cui appartengono e gli operatori sanitari non saranno portati a trattarli e valutarli diversamente se hanno particolari aspettative o pregiudizi nel trattamento sperimentale. Lo studio clinico controllato randomizzato è uno studio prospettico, la sperimentazione viene condotta parallelamente nei due gruppi e i risultati ottenuti vengono analizzati alla fine dello studio. L’analisi dei dati deve essere effettuata su tutti i soggetti inizialmente reclutati e nessun paziente dovrebbe essere escluso dallo studio.

Dopo che le autorità sanitarie hanno autorizzato la commercializzazione del farmaco, i suoi effetti continuano a essere rilevanti attraverso gli studi analitici: i principali sono gli studi longitudinali.


Sono ricerche su scala molto ampia che si basano sull’osservazione di quanto accade in un arco di tempo (più o meno lungo). Valutano l’eventuale associazione causa-effetto esistente fra l’uso del farmaco e le patologie che possono insorgere dopo l’entrata in uso. Si possono distinguere in prospettici e retrospettivi. Si è soliti far coincidere gli studi prospettici con gli studi di coorte e quelli retrospettivi con gli studi caso-controllo. Questa non è comunque una regola fissa.


Uno studio di coorte è uno studio che prende in esame un gruppo di pazienti e li segue negli anni valutando l’incidenza delle malattie per i soggetti esposti ad un fattore di rischio (il farmaco che si intende studiare) e per quelli non esposti al fattore di rischio. Il nome forse deriva dalle coorti romane nelle quali i componenti che morivano non venivano rimpiazzati. Gli studi retrospettivi sono invece studi che analizzano i dati anamnestici e quindi confrontano i casi (soggetti affetti da malattia) e i controlli (soggetti con caratteristiche simili che non sono affetti). Sono studi più rapidi perché la malattia si è già verificata, ma sono meno affidabili perché si basano su dati anamnestici e non sull’osservazione diretta.


Le principali difficoltà metodologiche nel condurre studi su coorti sono due: il numero dei partecipanti deve essere molto elevato; i partecipanti devono essere seguiti molto a lungo. La potenza statistica è una questione centrale.

La sicurezza dei vaccini

Gli studi clinici in doppio cieco e gli studi longitudinali sulla sicurezza ed efficacia dei vaccini prodotti non sono esaurienti (cioè significativi per numero di soggetti coinvolti, con adeguata e prolungata osservazione nel tempo), né numerosi (in particolare quelli condotti da ricercatori indipendenti, senza legami con l’industria farmaceutica). Abbiamo visto che, per essere credibili, è indispensabile che questi studi coinvolgano un numero ampio di soggetti, dato che gli eventi avversi gravi si possono registrare solo con grandi numeri, e che l’osservazione sia mantenuta per un lungo periodo di tempo. In caso contrario un evento avverso grave, o la morte del paziente, a causa di un vaccino non verrà mai registrato. Una reazione avversa con una incidenza statistica di 1 caso ogni 5.000 (non certo bassa) non verrà individuata se i soggetti in esame sono soltanto un centinaio, come avviene di solito, o se sono seguiti solo per pochi giorni. Il vaccino antipapillomavirus tetravalente rivolto alle dodicenni è quello di più recente introduzione in Italia. In base agli studi pubblicati risulta che sono soltanto 1445 le ragazze di età tra 9 e 15 anni su cui è stata effettuata la sperimentazione, eppure il vaccino è rivolto proprio a queste fasce di età4748. Ma queste sono cose risapute, davanti agli occhi di tutti.


Persino una Commissione dell’Institute of Medicine49, che svolge funzioni di consulenza per il governo federale degli USA ha dichiarato che per i vaccini antitetanico, antidifterico, antipoliomielite, antiepatite B, antihaemophilus influenza B, antimorbillo, antiparotite, antirosolia (cioè tutti i vaccini pediatrici in uso nel 1993, anno della relazione) non esistevano studi clinici controllati, che le informazioni sulla sicurezza delle vaccinazioni erano molto lacunose, che gli studi epidemiologici sulla popolazione erano inadeguati, e che i sistemi di sorveglianza dei danni da vaccini erano inappropriati. Poco è cambiato da allora: anche per il vaccino antipapillomavirus non esistono ad oggi studi di questo genere: saranno disponibili solo nel 2020, circa 15 anni dopo la commercializzazione del farmaco.

Persino alcuni rappresentanti dei Centers for Disease Prevention and Control (CDC) di Atlanta (l’istituzione ufficiale americana ritenuta più autorevole per competenze scientifiche nell’ambito delle vaccinazioni) ammettevano nel 1998 che non esistono studi a lungo termine in doppio cieco condotti da ricercatori indipendenti dalle ditte farmaceutiche che possano affermare la sicurezza dei vaccini.

Triste a dirsi, ma questi studi semplicemente non esistono50.

Non c’è da meravigliarsi: questo è il risultato di due aspetti che sono molto presenti nella medicina di oggi e che fanno sì che solo il porsi la domanda sul rapporto rischio/beneficio dei vaccini desti scandalo.


Uno è culturale: quando i medici si convincono dell’utilità di una certa pratica o di una certa terapia non vogliono più rimetterla in discussione. Anche l’assenza di studi clinici comparati, persino la dimostrazione dell’inutilità e a volte della pericolosità di quel farmaco non cambiano schemi terapeutici consolidati dalla consuetudine. I risultati di studi clinici che mettono in discussione il sapere convenzionale sono avvertiti come una minaccia e acquisire nuovi metodi e nuove basi teoriche è faticoso. Ammettere l’inaffidabilità di alcune ipotesi scientifiche e delle prassi in uso può minare o ridurre il prestigio personale; riconoscere la validità delle tesi altrui lede l’autorità professionale51.

L’altro aspetto trova spiegazioni nel sopravvento degli interessi economici. Gli studi e le ricerche non devono mai mettere in pericolo gli interessi economici dei produttori e dei prescrittori di farmaci.


Alla fine degli anni ’50, circa 10 mila bambini nacquero in Europa con gravissime malformazioni, soprattutto agli arti (i “focomelici”) per colpa di un medicinale, il Talidomide, assunto durante la gravidanza. Dopo quaranta anni e dopo una serie di riforme nei meccanismi di controllo e di autorizzazione dei medicinali si è verificato quello che è stato definito il più grande disastro farmaceutico nella storia dell’umanità: parliamo del Vioxx, l’antinfiammatorio che la Merck ha ritirato dal mercato dopo cinque anni di produzione e dieci miliardi di dollari di incassi. È stato ritenuto responsabile della morte di almeno 60.000 pazienti e ha provocato infarti e ictus in circa 180.000 casi soltanto negli USA. Nonostante la Food and Drug Administration (l’organo di controllo sanitario statunitense) fosse a conoscenza della pericolosità del farmaco, non ne ha disposto il ritiro dal commercio. Questo è avvenuto su iniziativa della stessa industria nell’ottobre 2004 quando lo scandalo iniziava ad affacciarsi sulle prime pagine di tutti i giornali americani; eppure la Merck era a conoscenza dei rischi connessi al suo farmaco già dal 1999, com’è stato provato attraverso l’analisi delle e-mail che i dirigenti si scambiavano già da quella data.

L’industria farmaceutica si è trasformata in una potente macchina di marketing, per vendere farmaci di dubbia efficacia

Marcia Angell sul “New England Journal of Medicine”.

Bambini super-vaccinati - Seconda edizione
Bambini super-vaccinati - Seconda edizione
Eugenio Serravalle
Saperne di più per una scelta responsabile.Un’attenta disamina sulla questione dei vaccini, che mette a confronto dati e ricerche aggiornate, per aiutare i genitori a scegliere con consapevolezza. Eugenio Serravalle, medico specializzato in Pediatria Preventiva, Puericultura e Patologia Neonatale, ha approfondito il fenomeno delle invenzioni delle malattie e lo studio delle composizioni dei vaccini, con gli additivi, i conservanti e le sostanze chimiche che possono avere effetti dannosi sulla salute dei bambini.Fermamente convinto dell’utilità dell’immunizzazione di massa, per anni ha vaccinato i suoi pazienti con ogni vaccino disponibile sul mercato, finché si è reso conto di aver accettato senza riserve il concetto abituale secondo cui i vaccini siano sempre efficaci e sicuri.Libero da ogni pregiudizio, l’autore ha cominciato a porsi domande diverse, quelle che soprattutto i genitori si pongono: i vaccini provocano malattie irreversibili? I bambini sono troppo piccoli per le vaccinazioni? I vaccini causano reazioni pericolose per l’organismo? Somministrare troppi vaccini insieme sovraccarica il sistema immunitario?In Bambini super-vaccinati da pediatra infantile si cala nel ruolo di genitore, cercando di chiarire ogni dubbio sulla pratica vaccinale: il libro vuole quindi garantire il diritto a un’informazione obiettiva e consapevole sui rischi derivanti dalle vaccinazioni, sulla libertà di scelta e di cura, fornire quindi ai genitori, e non solo, tutte le informazioni utili per scegliere in piena autonomia.In questa seconda edizione viene approfondito ancor di più tutto quello che la letteratura scientifica internazionale mette a disposizione, confrontando dati e ricerche cliniche. Conosci l’autore Eugenio Serravalle è medico specialista in Pediatria Preventiva, Puericultura e Patologia Neonatale.Da anni è consulente e responsabile di progetti di educazione alimentare di scuole d’infanzia di Pisa e comuni limitrofi.Già membro della Commissione Provinciale Vaccini della Provincia Autonoma di Trento e relatore in convegni e conferenze sul tema delle vaccinazioni, della salute dei bambini e dell’alimentazione pediatrica in tutta Italia.