le singole malattie

La Difterite

La difterite è una malattia grave provocata dal Corynebacterium Dipfhtheriae. Sono conosciute 4 varietà di questo bacillo, cui corrispondono circa 57 sierotipi. Non tutti questi ceppi sono pericolosi perché la malattia può insorgere soltanto quando si ha la formazione di una particolare tossina, che non è prodotta da tutti i tipi del microrganismo. La tossina infatti viene rilasciata soltanto se i batteri sono contaminati da un fago, cioè un virus che può infettare un batterio e, in questo caso, trasportare il gene che conferisce al Corynebacterium la capacità di produrre la tossina. I batteri della difterite che non producono la tossina sono innocui, possono provocare soltanto delle comuni faringiti1.

La difterite si trasmette in genere per contatto diretto e intimo da un soggetto malato. I portatori asintomatici sono rari e la durata dell’infettività non supera i 4 giorni nei soggetti trattati con opportuna terapia antibiotica. È più frequente in autunno e inverno, ed è più comune tra persone che vivono in condizioni igieniche e sociali precarie, sopratutto in situazioni di sovraffollamento.


Il periodo di incubazione dura da due a cinque giorni. Successivamente si manifestano lesioni al naso (rinite difterica), al faringe (angina), al laringe (croup). Possono formarsi delle pseudomembrane grigiastre, con dolore nella deglutizione e ingrossamento dei linfonodi del collo.


La febbre non è molto alta, ma il paziente prova forte malessere. Quando le placche si diffondono nel laringe provocano il pericoloso croup difterico con raucedine, tosse abbaiante e crescente difficoltà respiratoria sino all’ostruzione meccanica. Questa forma causata dalla malattia veniva chiamata in passato “vero croup”, mentre si indicano con il termine “pseudo croup” altre infiammazione laringee causate da agenti patogeni diversi.


La diffusione nell’organismo della tossina difterica può causare altre complicazioni, potenzialmente mortali, come la paralisi del velo palatino o dei muscoli respiratori, l’insufficienza renale e cardiaca, la piastrinopenia e i disturbi del ritmo cardiaco per miocardite, le alterazioni neurologiche fino alla paralisi ascendente, tipo sindrome di Guillan-Barrè. La mortalità della difterite, in condizioni di adeguate cure mediche, rimane ancora oggi fra il 2 e il 10%. La terapia è costituita dall’immediata somministrazione di antibiotici e di antitossina.

In altra parte di questo libro abbiamo visto come la riduzione dei casi e della mortalità della difterite siano avvenute sia in popolazioni vaccinate sia in popolazioni non vaccinate. Qui voglio ricordare le pubblicazioni di Robert Rendu, analizzando gli studi pubblicati quando la malattia era ancora diffusa. Agli inizi degli anni ’50, sulla rivista medica “Lyon Medical” questo Autore pubblicò diversi articoli sottolineando come l’andamento della difterite nei Paesi europei fosse indipendente dalle coperture vaccinali.
Non abbiamo prove che il declino della malattia e la diminuzione della sua gravità siano dovute alla vaccinazione. Questo fenomeno si è verificato sia in Paesi insufficientemente vaccinati, come la Finlandia, sia in Paesi non vaccinati, come il Giappone. A Berlino, nel 1942 l’80% dei bambini da 3 a 13 anni venne vaccinato, e si registrò un aumento di 4 volte del numero di casi di malattia. Dopo l’abbandono della vaccinazione obbligatoria, la mortalità diminuì e i casi di malattia passarono da 153.335 del 1946 a 20.905 nel 1950, secondo dati OMS2.

La situazione italiana è illustrata dai grafici seguenti, che mostrano come la riduzione della mortalità (graf. D1, anni 1887-1950) e della morbosità (graf. D2, anni 1925-1995) siano iniziate prima della introduzione della vaccinazione. Dal 1981, anno in cui si sono verificati 34 casi, la malattia è diventata rarissima. Dal 1990 non è stata più segnalata tra i bambini. Sono stati notificati 6 casi tra probabili e confermati in laboratorio (l’ultimo nel 1996), di cui 1 di importazione3.


I numeri totali di casi di difterite riportati dall’OMS sono stati 3.978 nel 2006 (su una popolazione di 6.580.921.000) e 4.190 nel 2007 (su una popolazione di 6.659.040).


Grafico D1

Grafico D2

Una epidemia, iniziata nella Federazione Russa fra il 1990 e il 1996, ha riportato di attualità questa malattia, che sembrava ormai dimenticata. Dalla Russia si è estesa in Ucraina, e in altri Paesi dell’ex Unione Sovietica, provocando oltre 110.000 casi di malattia e circa 3.000 morti. Sulle cause di questa epidemia si è molto discusso, e se ne continua a parlare ancora oggi.


Naturalmente la prima responsabilità è stata attribuita all’abbassamento delle coperture vaccinali, specie tra i bambini. Analizziamo allora i dati, e confrontiamo le coperture vaccinali con i casi segnalati di malattia, secondo quanto riporta l’OMS4 nella Federazione Russa. Possiamo notare:


Anno Casi riportati Copertura vaccinale
1990 1.211 60%
1991 1.869 69%
1992 3.897 72%
1993 15.229 79%
1994 39.703 88%
1995 35.631 78%
1996 13.687 84%

La particolarità di questa epidemia sta nel fatto che sono stati colpiti sopratutto soggetti adulti, con un’età superiore ai 30 anni, in larghissima parte vaccinati. Un terzo dei casi di malattia ha riguardato bambini, di età tra i 5 e i 9 anni, che avevano comunque ricevuto 1 o più richiami, dopo il ciclo di vaccinazione primaria. Si ritiene che nella diffusione della malattia i militari abbiano giocato un ruolo fondamentale5. È noto come i militari siano sottoposti a più richiami vaccinali rispetto al resto della popolazione6.


Le coperture immunitarie negli altri Paesi europei e occidentali non erano poi molto lontane da quelle esistenti in Russia, anzi a volte addirittura inferiori, senza che per questo si siano verificate epidemie di questa grandezza. Un esempio: nel Regno Unito ed Irlanda abbiamo questi dati7:


Anno Copertura vaccinale
1981 44%
1982 49%
1983 57%
1984 60%
1985 ?
1986 67%
1987 70%
1988 73%
1989 78%
1990 85%

Perché in Inghilterra non si è manifestata alcuna epidemia nonostante tassi di copertura ancora inferiori a quelli russi? Perché la difterite non si è diffusa dalla Russia ai Paesi vicini che presentavano coperture immunitarie sovrapponibili?


È utile allora ricordare un po’ di storia. Nel 1989, dopo il crollo del muro di Berlino, l’Unione Sovietica andò in frantumi, proprio come quel muro che segnava i confini dell’Impero Sovietico. Iniziò una guerra civile, che presto si trasformò in guerra tra Stati indipendenti, ancora oggi attiva in alcune zone (Cecenia, Georgia). La guerra provocò un brusco e drammatico degrado nella vita quotidiana di milioni di persone, che si ritrovarono senza lavoro, senza cibo, senza casa, senza possibilità di riscaldarsi, affollandosi in centri di raccolta e rifugiandosi nell’alcolismo. La principale causa di questa epidemia è stata l’applicazione di dure politiche neo-liberiste, le privatizzazioni selvagge e i tagli allo stato sociale, che hanno esposto le fasce più deboli della popolazione ai rigori delle cosiddette “leggi di mercato e di concorrenza”, dove, insomma, chi è ricco diventa più ricco, mentre chi è povero affonda. Queste politiche hanno tagliato ogni assistenza sociale e agevolazione ai ceti che prima del 1989 godevano di interventi statali per scuola, riscaldamenti, medicine8. In questo scenario il Corynebacterium diphtheriae ha trovato modo di replicarsi senza controllo, determinando l’epidemia che ha colpito, come al solito, tanto i vaccinati quanto i non vaccinati. Consultando i dati, ci si rende conto di come la difterite sia una malattia della povertà. Ancora oggi la si ritrova quasi esclusivamente nei Paesi con un basso tenore di vita e carenza di servizi sanitari. Nei Paesi occidentali, gli sporadici casi di difterite riguardano gruppi di persone emarginate, come drogati, senzatetto, alcolisti o carcerati.

Nei Paesi della ex Unione Sovietica l’epidemia di difterite è andata diminuendo sebbene si riscontrino ancora oggi alcune centinaia di casi l’anno, soprattutto in Lettonia e in Russia, nonostante alte coperture vaccinali. Ancora dati russi:


Anno Casi riportati Copertura vaccinale
1998 1.409 91%
1999 838 95%
2000 771 96%
2001 908 96%
2002 778 96%
2003 655 98%
2004 505 97%
2005 353 98%
2006 178 99%


Perché malgrado la copertura vaccinale sia altissima, la difterite permane in quel Paese, mentre è scomparsa nei Paesi occidentali con coperture immunitarie più basse?

La vaccinazione

Nel nostro Paese, la vaccinazione è obbligatoria per tutti i bambini dal 1939. Da quando è stata resa obbligatoria la vaccinazione antitetanica (1968) si è usato il vaccino combinato antitetanico-antidifterico. Oggi l’industria non produce più questo vaccino per bambini: da un punto di vista commerciale, è più conveniente vendere altre combinazioni di vaccini.


Come i vaccini antitetanici, contiene un’anatossina purificata con formaldeide, e adsorbita su fosfato o idrossido di alluminio. La vaccinazione non protegge dal contagio batterico, ma determina la formazione degli anticorpi contro la tossina difterica, rendendola innocua.


In teoria quindi i soggetti vaccinati potrebbero anche essere portatori dei batteri e diffonderli. In pratica però i portatori sani sono molto rari e il rischio di contagio attraverso di loro è ridottissimo.


L’immunizzazione primaria prevede:

  • 1a dose: 3° mese di vita;

  • 2a dose: 5° mese di vita, e comunque non prima che siano trascorse 6 settimane dalla prima dose;

  • 3a dose: 11-12 mesi di vita;

  • dose di rinforzo a 5-6 anni e a 12-14 anni.

Per i bambini di età superiore ai 6 anni e per gli adulti si utilizza un vaccino contenente da 2 a 4 Unità Internazionali di anatossina, a differenza del tipo pediatrico che ne contiene almeno 30 Unità Internazionali e che viene usato nelle prime immunizzazioni. Quindi, contrariamente a quel che si potrebbe credere, il vaccino per adulti contiene meno anatossina di quello per bambini. La somministrazione di alte dosi (presenti nel vaccino pediatrico) di anatossina dopo i 6-7 anni di età può causare gravi reazioni di ipersensibilità, ed è fortemente scoraggiata. Oggi è consigliato effettuare un richiamo ogni dieci anni, anche se possono essere presi in considerazione periodi più lunghi.


I dati sulla immunogenicità ed efficacia, come anche sulla durata dell’immunità, indotte dalla vaccinazione sono controversi. Diversi sono i calendari vaccinali nei vari Paesi; d’altra parte, anche per questo vaccino non esistono prove cliniche controllate, accettabili secondo i moderni criteri, per stabilire l’efficacia dell’anatossina nel prevenire la difterite. Non esiste nemmeno sicurezza su quale sia il livello minimo di anticorpi da considerare protettivo. Studi recenti che hanno valutato la persistenza nel tempo dell’immunizzazione indicano che la metà o più degli adulti negli Stati Uniti non ha livelli ritenuti protettivi di antitossina contro la difterite (0,1 IU/mL).


Malgrado il tasso anticorpale basso (indice di suscettibilità all’infezione) e nonostante la maggior parte degli adulti negli Stati Uniti non effettui i richiami decennali, la difterite rimane una malattia di incidenza trascurabile in questo Paese, addirittura inferiore ad altre malattie come la peste, o il colera. Anche studi condotti in Europa hanno dimostrato che gran parte degli adulti non ha livelli di antitossina antidifterica considerati sufficienti.

In Spagna9 solo il 51% dei soggetti fra i 5 e i 12 anni, e appena il 14% di quelli di età tra i 30 e i 39 anni presi in considerazione dallo studio potevano essere considerati protetti. A Berlino lo era circa il 60%10 dei volontari esaminati. In Italia si è registrato che all’età di 18-19 anni, l’11,4% dei ragazzi vaccinati tre volte nella prima infanzia, non aveva anticorpi ritenuti sufficienti11 a evitare la malattia. Ogni anno successivo gli anticorpi diminuiscono e dopo 25-30 anni già il 22% dei soggetti non ha più protezione anticorpale a livello ematico12. Uno studio effettuato13 su un campione di giovani reclute dell’esercito ha dimostrato che il 22,9% non era più immunizzato. Un’altra ricerca14 ha evidenziato che, su un campione di soggetti dai 4 ai 70 anni, il 27,8% in media non aveva più copertura, con punte del 53,8% nella fascia di età dai 31 ai 40 anni. Un’ultima indagine eseguita su 3111 campioni di sangue di soggetti da 0 a 84 anni ha rivelato che era protetto appena il 59,9%.15 Nel nostro, e negli altri Paesi europei, più del 95% dei bambini viene vaccinato contro la difterite nel primo anno di vita: i dati che abbiamo riferito documentano la scarsa persistenza dell’immunità dopo la vaccinazione. Un problema reale per chi ritiene che la difterite sia scomparsa per esclusivo merito dei vaccini e per chi pensa che la copertura vaccinale debba riguardare il 90-95% della popolazione per evitare recrudescenze epidemiche. Allora come mai non si verificano nei nostri Paesi epidemie di difterite, se sono così numerose le persone non più immuni, a causa dello scadimento dell’azione del vaccino?


Il vaccino antidifterico viene in genere abbinato ad altri, come quello contro il tetano e la pertosse (DTPa); in forma pentavalente contro difterite, tetano, pertosse, poliomielite e infezioni da Hib oppure esavalente, con l’aggiunta dell’antigene per l’epatite B.


Non è disponibile un vaccino singolo, vuoi contro tetano e difterite, vuoi contro tetano, difterite e poliomielite per i bambini piccoli. Sono disponibili i vaccini con un basso dosaggio di anatossina, combinati con l’antitetanica (dT), consigliati dopo i 6 anni di età. Secondo alcune ricerche i vaccini a basso dosaggio sono efficaci già dal sesto mese di vita, come dimostrato da studi degli anni Settanta16. Anche altri autori17 hanno confermato questo dato: oltre il 90% di tutti i bambini vaccinati con bassi dosaggi entro il secondo semestre di vita possiede uno spettro anticorpale sufficiente contro la difterite dopo tre iniezioni. Occorrerebbero dati più esaurienti sui vaccini a basso dosaggio, effettuati su un maggior numero di bambini, e per un periodo di tempo più prolungato. Gli enti preposti alla Sanità Pubblica dovrebbero promuovere la valutazione di efficacia dei vaccini a basso dosaggio, o richiedere la produzione di vaccini monovalenti o combinati anti difteritetetano, affinché anche ai genitori non favorevoli all’esavalente possa essere offerta la possibilità di vaccinare contro questa malattia.

Reazioni avverse alla vaccinazione antidifterica

Dato che il vaccino antidifterico viene in genere somministrato insieme ad altri, è difficile indicare con sicurezza la sua responsabilità nelle reazioni avverse, che possono essere locali e generali. Anche la presenza dei sali alluminio, aggiunti come adiuvanti, può provocare effetti collaterali.


Le reazioni nella sede di iniezione sono maggiori se l’inoculazione avviene accidentalmente per via sottocutanea e non intramuscolare. Possono presentarsi cisti, noduli o ascessi sterili.


Di tanto in tanto, a distanza di poco tempo dalla vaccinazione, possono manifestarsi febbre o altre reazioni generali, come mal di testa, malessere o reazioni cutanee. Sono molto rare le reazioni allergiche, fino allo shock anafilattico. In casi eccezionali a distanza di poche ore dalla vaccinazione può subentrare vasculopatia di tipo allergico-tossico con emorragie cutanee e delle mucose18. Un’altra possibile causa delle emorragie è la lesione tossica delle piastrine (trombocitopenia).


Alcuni ricercatori serbi suggerirono una correlazione fra l’introduzione della vaccinazione antidifterica negli anni Quaranta e l’insorgenza di leucemia in età infantile, auspicando ulteriori approfondimenti, per mettere a confronto l’incidenza della leucemia nei bambini vaccinati e tra i non vaccinati19.


L’encefalomielite acuta disseminata (ADEM) provocata dal vaccino antidifterico è una malattia demielinizzante rara, ma sicuramente attribuibile alla vaccinazione20. Può manifestarsi con paralisi dei nervi motori e sensitivi, disturbi della vista, convulsioni e perdita della coscienza; nei casi più gravi può provocare anche danni cerebrali permanenti.

Bambini super-vaccinati - 2a edizione
Bambini super-vaccinati - 2a edizione
Eugenio Serravalle
Saperne di più per una scelta responsabile.Un’attenta disamina sulla questione dei vaccini, che mette a confronto dati e ricerche aggiornate, per aiutare i genitori a scegliere con consapevolezza. Eugenio Serravalle, medico specializzato in Pediatria Preventiva, Puericultura e Patologia Neonatale, ha approfondito il fenomeno delle invenzioni delle malattie e lo studio delle composizioni dei vaccini, con gli additivi, i conservanti e le sostanze chimiche che possono avere effetti dannosi sulla salute dei bambini.Fermamente convinto dell’utilità dell’immunizzazione di massa, per anni ha vaccinato i suoi pazienti con ogni vaccino disponibile sul mercato, finché si è reso conto di aver accettato senza riserve il concetto abituale secondo cui i vaccini siano sempre efficaci e sicuri.Libero da ogni pregiudizio, l’autore ha cominciato a porsi domande diverse, quelle che soprattutto i genitori si pongono: i vaccini provocano malattie irreversibili? I bambini sono troppo piccoli per le vaccinazioni? I vaccini causano reazioni pericolose per l’organismo? Somministrare troppi vaccini insieme sovraccarica il sistema immunitario?In Bambini super-vaccinati da pediatra infantile si cala nel ruolo di genitore, cercando di chiarire ogni dubbio sulla pratica vaccinale: il libro vuole quindi garantire il diritto a un’informazione obiettiva e consapevole sui rischi derivanti dalle vaccinazioni, sulla libertà di scelta e di cura, fornire quindi ai genitori, e non solo, tutte le informazioni utili per scegliere in piena autonomia.In questa seconda edizione viene approfondito ancor di più tutto quello che la letteratura scientifica internazionale mette a disposizione, confrontando dati e ricerche cliniche. Conosci l’autore Eugenio Serravalle è medico specialista in Pediatria Preventiva, Puericultura e Patologia Neonatale.Da anni è consulente e responsabile di progetti di educazione alimentare di scuole d’infanzia di Pisa e comuni limitrofi.Già membro della Commissione Provinciale Vaccini della Provincia Autonoma di Trento e relatore in convegni e conferenze sul tema delle vaccinazioni, della salute dei bambini e dell’alimentazione pediatrica in tutta Italia.