le singole malattie

La Poliomielite

Storia

La poliomielite, è una delle più antiche e diffuse patologie infettive. È una malattia altamente invalidante e talora mortale, presente da sempre in tutti i Paesi del mondo. Sembra che il primo caso di polio scoperto dagli archeologi sia stato in una mummia egiziana del 3700 a.C. Un bassorilievo risalente al 1400 a.C. mostra un giovane sacerdote egiziano appoggiato su una stampella con una piede più piccolo e deformato nella caratteristica posa di un arto colpito dalla polio: è la più antica rappresentazione della malattia.


Descritta per la prima volta da Michael Underwood, medico britannico, nel 1789, la poliomielite è stata segnalata, in forma epidemica, nell’Europa di inizio XIX secolo e, poco dopo, negli Stati Uniti.


La sua diffusione ha raggiunto un picco negli Stati Uniti nel 1952 con oltre 21mila casi. In Italia, nel 1958, furono notificati oltre 8mila casi. L’ultimo caso americano risale al 1979, mentre nel nostro Paese è stato notificato nel 1982.


La Commissione globale per la certificazione della eradicazione della poliomielite (GCC) dell’Organizzazione Mondiale della Sanità è incaricata di controllare la diffusione della malattia e certificarne l’eradicazione su base regionale. Per regione in questo caso si intende un’area geografica vasta: la Regione africana, il Sud-Est asiatico, la Regione orientale Mediterranea non sono zone libere dalla malattia, a differenza delle Regioni delle Americhe (polio-free dal 1994), del Pacifico occidentale (dal 2000), e quella Europea (dal 2002). La certificazione è valida solo se tutti i Paesi della zona dimostrano l’assenza di trasmissione del poliovirus selvaggio per almeno tre anni consecutivi, in presenza di sistemi di sorveglianza efficienti.


Durante il XXV incontro annuale della European Regional Certification Commission for Poliomyelitis Eradication (Rcc), svoltosi a Copenaghen nel mese di agosto 2011, è stato deciso che la Regione europea dell’OMS manterrà lo “status polio free”. La decisione della Commissione arriva dopo che sono state attentamente valutate le misure di controllo messe in atto per l’epidemia di poliomielite che, nel 2010, ha colpito quattro Paesi della Regione (Kazakistan, Russia, Tagikistan e Turkmenistan), portando alla luce 475 casi confermati di poliovirus selvaggio di tipo 1 e alla morte di 30 persone.

Eziologia

La poliomielite, dal greco polios, grigio e myelos, midollo, è un processo infiammatorio che interessa la sostanza grigia del midollo spinale. Poiché spesso viene colpito non solo il midollo, ma anche l’encefalo, prende il nome di polioencefalite.


La forma più frequente, è la poliomielite “anteriore acuta – p.a.a.”, o malattia di “Heine-Medin”, o “paralisi infantile”. Del virus responsabile della poliomielite sono stati individuati tre ceppi sierologici diversi, appartenenti al genere enterovirus e denominati Brunhilde (tipo 1), Lansing (tipo 2) e Leon (tipo 3). L’immunità verso un ceppo non protegge automaticamente dagli altri due.

Come si trasmette

I virus, solitamente, penetrano nell’organismo per via orale e si localizzano, prima nel faringe, poi si moltiplicano nell’intestino, provocando mal di gola, vomito, diarrea e infine febbre. Si diffondono nel sangue, per fermarsi nel tessuto nervoso, in particolare nel midollo spinale, dove possono provocare delle paralisi irreversibili in vari distretti muscolari quali: arti, muscoli respiratori, ecc...


L’origine dell’infezione è sempre l’uomo che, in alcuni casi, può essere anche portatore sano, cioè non manifestare i sintomi della malattia; il virus è eliminato con le feci, dalle quali possono essere poi contaminati gli alimenti, l’acqua potabile e la terra. Ed è proprio attraverso questi elementi che l’agente patogeno arriva alla bocca. I virus possono essere portati alla bocca anche con le mani, o con vari oggetti che siano stati contaminati in precedenza. Nei liquami il virus può sopravvivere fino a 27 giorni, in acqua dolce fino a 4 giorni1. È anche possibile, benché più raro, la diffusione da persona a persona attraverso le goccioline di Pflugge, cioè con le particelle emesse con la saliva. Può colpire indistintamente tutte le persone, ma di solito l’infezione è più frequente nei lattanti e nei bambini piccoli sotto i 5 anni di età. La poliomielite si contrae in età tanto più precoce quanto minore è il livello igienico in cui vive la popolazione.

Come si manifesta

È una grave malattia infettiva a carico del sistema nervoso centrale che colpisce soprattutto i neuroni motori del midollo spinale. Il virus poliomielitico invade il sistema nervoso nel giro di poche ore, distruggendo le cellule neuronali colpite e causando una paralisi che può diventare, nei casi più gravi, totale. In generale, la polio ha effetti più devastanti sui muscoli delle gambe che su quelli della braccia. Le gambe perdono tono muscolare e diventano flaccide, una condizione nota come paralisi flaccida. In casi di infezione estesa a tutti gli arti, il malato può diventare tetraplegico. Nella forma più grave, quella bulbare, il virus paralizza i muscoli innervati dai nervi craniali, riducendo la capacità respiratoria, di ingestione e di parola. In questo caso, è necessario aiutare il malato a respirare. Negli anni 1950, per questo scopo, erano diffusissimi i polmoni d’acciaio, attualmente sostituiti con strumenti molto più moderni quali: il respiratore, la corazza respiratoria, o il polmone a poncho. Quando un soggetto suscettibile entra in contatto con un virus della polio, può verificarsi:

  1. un’infezione inapparente: il 90-95% dei soggetti infettati non manifesta alcun sintomo ma sviluppa una protezione nei confronti della malattia per il resto della vita;

  2. un’infezione sintomatica non paralitica lieve (abortiva). In questo caso si potrà avere febbre, nausea, vomito, malessere, inappetenza, cefalea, mal di gola, dolori addominali, tutti sintomi comuni nelle forme virali. La frequenza va dal 4% all’8% dei soggetti infettati, che saranno immuni per tutta la vita;

  3. un’infezione non paralitica grave, con interessamento del sistema nervoso centrale, che può riguardare solo l’1-2% dei pazienti che avevano presentato la forma lieve. In questo caso, oltre ai sintomi della forma lieve, a causa dell’interessamento del sistema nervoso centrale, si avrà cefalea, nausea, vomito più intensi, con i segni di irritazione meningea (rigidità dei muscoli posteriori del collo, del tronco e degli arti inferiori);

  4. un’infezione definita “poliomielite paralitica” che, oltre ai sintomi della forma precedente, causa debolezza, fino alla paralisi di uno o più gruppi muscolari. La paralisi flaccida è la conseguenza della lesione che si instaura a carico delle corna anteriori del midollo spinale. A seconda dei settori colpiti, si hanno diversi quadri clinici. Le più frequenti sono le forme spinali, con paralisi degli arti, dell’addome, del tronco, del collo. Esistono anche forme bulbo-pontine che provocano dalla paralisi isolata del nervo faciale a quella del 9° e 10° paio dei nervi cranici, con disturbi della deglutizione e paralisi respiratoria; forme mesencefaliche con ptosi palpebrale e strabismo; rarissime forme encefalitiche2. L’esatta frequenza della forma paralitica non è nota: si calcola che può colpire tra lo 0,1 e l’1% delle persone infettate.

I fattori di rischio per la paralisi

Non si conosce il motivo per cui una piccola percentuale di infezioni possano causare paralisi. Tra i fattori favorenti l’insorgenza delle polio paralitica sono segnalati:

  • uno sforzo fisico intenso;

  • immunodeficienza;

  • iniezioni intramuscolari (di farmaci o vaccini);

  • la tonsillectomia;

  • la gravidanza.

Queste situazioni potrebbero aumentare la probabilità di invasione e di lesione delle cellule nervose.

Terapia

Non esistono attualmente farmaci che possano curare le persone colpite da polio. È senz’altro consigliabile il ricovero in un reparto specializzato, dove il malato verrà isolato per evitare il diffondersi della malattia attraverso le feci infette e verrà impostato immediatamente un programma di riabilitazione, per evitare la necrosi dei muscoli colpiti. Alla fisioterapia è utile abbinare la riabilitazione in acqua.

I vaccini

La storia di questa vaccinazione è costellata da diversi episodi che ne hanno dimostrato l’insicurezza. Al primo vaccino contro la poliomielite, messo a punto da Salk e Younger nel 1954, in cui il virus venne inattivato con formaldeide è da attribuire il già citato “incidente Cutter”, causato dalla incompleta inattivazione del virus 1 in due lotti di vaccino, preparato dalla ditta americana Cutter. Altro grave episodio è stata la contaminazione con il virus delle scimmie SV 40.


Il vaccino di Salk, attualmente in uso anche in Italia, è somministrato per via intramuscolare (si usa la sigla IPV), differenziandolo così dall’OPV, il vaccino che si somministra per bocca, preparato da Sabin nel 1955 e introdotto negli USA nel 1963 e in Italia nel 1964. Ambedue i vaccini contengono i tre sierotipi del virus della polio.


In Italia la vaccinazione antipoliomielitica con virus inattivato con formaldeide (Salk) fu introdotta come vaccinazione volontaria nel 1958-59, e purtroppo i casi annui di poliomielite aumentarono ulteriormente: da 4.452 nel 1957 a 8.152 nel 1958. Quella di Sabin fu introdotta solo nel 1963, e obbligatoriamente tre anni più tardi con la legge n. 51 del 4 febbraio 1966.

Il vaccino OPV è stato scelto per decenni nella pratica vaccinale anche in Italia, per la sua facilità di somministrazione, per la buona accoglienza da parte dei vaccinandi (il famoso zuccherino), per la capacità di indurre immunità intestinale (legata alla presenza di IgA di superficie) superiore a quella conferita dal vaccino di Salk, per la possibilità di vaccinare indirettamente anche i contatti, cioè i soggetti non vaccinati che entrano comunque in rapporto con il virus vaccinico. Questa possibilità dei ceppi vaccinali di diffondersi dal soggetto immunizzato ai conviventi e ad altre persone con le quali egli entri in contatto costituisce un reale pericolo, ben noto3.


La complicanza più grave della vaccinazione è la polio paralitica da vaccinazione (VAPP).


Dal 1980 tutti i casi di polio paralitica negli USA sono risultati associati al vaccino OPV, sia direttamente, in bambini vaccinati, che indirettamente, in bambini e adulti che avevano avuti contatti con soggetti vaccinati di recente. Tra il 1980 e 1996 sono stati registrati e accertati 132 casi di paralisi flaccida acuta in seguito a somministrazione di OPV. Queste sono le cifre ufficiali, riconosciute dai Center of Disease Control and Prevention (CDC), ma ben superiori sono i dati reali, dal momento che anche negli USA il sistema di vaccino-vigilanza tende a sottostimare quanto avviene in realtà4.


I virus contenuti nel vaccino di Sabin non sono uccisi ma attenuati e per questo, una volta introdotti nell’organismo per via orale, e successivamente eliminati con le feci, possono circolare nell’ambiente esterno e causare nuove infezioni; infatti possono andare incontro a mutazione genetica, riacquistare la capacità di essere virulenti, provocare la malattia e infettare il sistema nervoso centrale5.

In uno studio giapponese6 si è dimostrato come i virus del vaccino fossero rintracciabili nei liquami e nelle acque del fiume della zona geografica oggetto dello studio. Furono ritrovati 29 ceppi di poliovirus di tipo 3 originati dal vaccino, 16 dei quali (55%) avevano riacquistato la neurovirulenza, per cui erano pericolosi per la popolazione. Tre erano del tipo molto virulento. Gli isolamenti avvennero tre mesi dopo la somministrazione del vaccino OPV in tutta la zona. Gli Autori della ricerca sottolinearono il rischio ambientale di contrarre una paralisi da virus vaccinico orale finché il vaccino di Sabin non fosse stato completamente sostituito dal vaccino di Salk. Lo studio fornisce la spiegazione delle epidemie di poliomielite che sono state registrate in diverse zone del mondo, dopo la vaccinazione con il vaccino OPV. Un esempio di epidemia da virus vaccinico è quella verificatasi nella Repubblica Dominicana e Haiti negli anni 2000-20017. Furono notificati 17 casi in bambini di età inferiore ai sei anni. Di questi, sei erano stati completamente o parzialmente vaccinati, sei non lo erano, nulla si sa degli altri cinque. La malattia fu causata da un virus di tipo 1 utilizzato nella campagna vaccinale e rimasto in circolo nell’ambiente, attraverso l’eliminazione con le feci. Anche qui era accaduto che il virus vaccinale aveva modificato la sua struttura genetica, e aveva riacquistato le caratteristiche di neurovirulenza. È un fenomeno oggi ben conosciuto8: i virus del vaccino Sabin sono in grado di mutare e provocare epidemie da virus definiti Sabinlike: è avvenuto nei Caraibi, nelle Filippine, in Angola, in Madagascar, in Indonesia, in Cambogia, in Niger, in Myanmar e in Nigeria, Paesi con condizioni igieniche tali da favorire la trasmissione oro-fecale9.

In altri Paesi sono state descritte epidemie di polio anche tra soggetti regolarmente vaccinati sia con l’OPV, sia con l’IPV. In Finlandia nel 1984-8510, in Romania nel 1995 si sono verificati oltre 30 casi di polio paralitica in soggetti vaccinati correttamente con OPV11. Nel 1988 si è verificata una epidemia di polio di tipo 1 in Israele in soggetti vaccinati oltre dieci anni prima12,13, e in Oman nel 1988-89 vi sono stati 43 casi. In Olanda si verificarono 2 epidemie, una nel 1978, con 110 casi, e un’altra nel 1992 con 71 casi14. Hanno riguardato esclusivamente i membri di una comunità religiosa che aveva rifiutato la vaccinazione e viveva in scarse condizioni igieniche. Nessun caso è avvenuto tra il resto della popolazione non vaccinata non appartenente alla comunità, confermando così il dato secondo cui sono le condizioni igieniche precarie il veicolo principale della diffusione del virus.

In Albania tra il 1980 e il 1985 si sono verificati 93 casi sospetti di polio, di cui 11 accertati e provocati dal virus presente nel vaccino OPV.


“In tutti i casi la malattia era stata associata al poliovirus di tipo 2 e 3 di origine vaccinica con retromutazioni note per essere tipiche del fenotipo attenuato Sabin. Le infezioni si manifestano malgrado tutti i pazienti fossero stati vaccinati in precedenza con vaccino OPV: ciò suggerisce il fallimento della vaccinazione”15.

Il rischio della malattia da virus selvaggio in questo Paese era pressoché nullo, mentre il virus presente nel vaccino si diffuse nell’ambiente, mutò, riacquistò virulenza e capacità di provocare la malattia. Nell’aprile 1996 venne organizzata una massiccia campagna di vaccinazione di massa, con ulteriore aumento delle persone colpite dalla malattia. Fu possibile accertare che nei corsi di acqua e nei liquidi biologici dei malati era presente un poliovirus derivante dall’OPV16. L’epidemia del 1996 ha comportato 138 casi di paralisi da polio, che hanno riguardato, contrariamente a quanto avviene di norma, più frequentemente gli adulti. Ha interessato anche il Kosovo, con 30 casi notificati, la Grecia, la Turchia e la Cecenia. Quando si verificano epidemie in Paesi con alte coperture vaccinali, se ne attribuisce la responsabilità all’inadeguatezza del tipo di vaccino usato (ma allora non sono sempre efficaci?), o ad una non corretta conservazione dei vaccini (dov’è la sicurezza?), ma non si effettuano mai studi esaurienti sulla reale utilità dei programmi di vaccinazione di massa.


In Italia la poliomielite è scomparsa dal 1982, anno in cui sono stati notificati due casi in Campania. Dal 1982 al 1999 sono stati registrati ufficialmente 13 casi di paralisi, tutti associati alla somministrazione del vaccino OPV (Sabin) di cui 11 in soggetti direttamente vaccinati, e due in contatti, cioè soggetti infettati indirettamente dal virus vaccinale17. I dati ufficiali non concordano con quelli raccolti da CONDAV18, secondo cui la frequenza di paralisi da vaccino è molto superiore. In tre anni (1996-97-98) l’Associazione ha potuto accertare ben nove casi di paralisi da vaccino, tutti riconosciuti ufficialmente dal Ministero della Salute, avvenuti dopo la prima somministrazione vaccinale. In Italia nascono ogni anno circa 500.000 bimbi. Se moltiplichiamo per tre (gli anni presi in esame) avremo un totale di 1.500.000 bambini. 9 casi di paralisi su 1.500.000 bambini vaccinati significa una media di un caso ogni 166.000, molto più elevata di quella che riportano le casistiche ufficiali, che parlano di un caso ogni 2.500.000 di vaccinati. Il lavoro del CONDAV è sicuramente meritorio, e ci fa chiedere: quanti sono stati in realtà i bambini danneggiati? Quando si organizzerà una seria vaccino-vigilanza? I casi di paralisi flaccida da vaccino sono intollerabili per una malattia diventata rara.

Proprio per il rischio di contrarre la poliomielite paralitica da vaccinazione, grazie alla denuncia pubblica di alcuni genitori di bambini colpiti da polio postvaccinica (la cui portavoce avrebbe di seguito fondato il CONDAV), il 17 marzo 1999 in Italia, così come già avvenuto in USA diversi anni prima, le prime due dosi di vaccino orale vivo attenuato Sabin vengono sostituite da due dosi di vaccino antipolio inattivato potenziato Salk.

Inoltre a Copenaghen, il 21 giugno 2002, l’Europa viene certificata “polio free”; questo permette di mandare definitivamente in pensione il vaccino antipolio orale, sostituito in tutte e quattro le dosi dal vaccino antipolio Salk, azzerando di fatto le paralisi poliomielitiche post vacciniche.

In altri Paesi, soprattutto quelli poveri, si usa sempre il vaccino orale.

Cosa succede quando la vaccinazione causa la malattia?

Una donna si sente madre fin da quando il test di gravidanza risulta positivo e, da quel momento in avanti, il suo corpo e la sua mente sono proiettati verso un unico obiettivo: la salute del proprio bambino. Per questo motivo, dopo aver partorito, iniziano le prime paure delle neomamme che, per proteggere il proprio bebè, cercano di tenere a “distanza di sicurezza” estranei e parenti, perché potenzialmente portatori di malattie. Per questo motivo, alcuni mesi dopo, quando vengono proposte le prime “vaccinazioni”, molte di loro si sentono rassicurate e sono ben liete di accettare qualsiasi tipo di “protezione” venga loro offerta, il tutto senza avere la minima conoscenza dell’importanza dell’atto che stanno per compiere.


Perciò, alcune si recano a questo importantissimo incontro molto preparate, tante altre un po’ meno e lasciano che sia il caso scegliere per loro...

Il giorno in cui ho portato la mia quartogenita a fare le vaccinazioni di rito, purtroppo, io facevo parte di quest’ultimo gruppo.


Così, dopo aver discusso con mio marito tutto il giorno precedente al fatidico appuntamento, sulla necessità o meno di somministrare tanti vaccini a una creatura così piccola, non troppo convinta ed in preda ad una strana ansia, il 30 settembre 1997 mi sono recata all’Ufficio di Igiene del mio Comune. Sempre molto inquieta ho chiesto alla dottoressa se le vaccinazioni che stavano per somministrare alla mia bimba avrebbero potuto avere effetti collaterali gravi e lei, con un sorriso rassicurante, mi ha spiegato che no, che eravamo quasi nell’anno 2000 e quelle cose non capitavano più, che i vaccini erano sicuri... Anzi, mentre eseguiva una sommaria visita alla bimba (controllo gola e auscultazione dei polmoni), mi informava che, se fossi stata una mamma attenta alla salute della propria figlia, avrei dovuto proteggerla anche dalla pertosse, una malattia con un alta percentuale di decessi nei neonati, che poteva essere evitata grazie alla nuova vaccinazione antipertossica acellulare, priva di effetti avversi. Così, vincendo le mie ansie e le mie paure, volendo evitare alla mia piccola qualsiasi malattia potenzialmente pericolosa per la sua salute, oltre alle quattro vaccinazioni obbligatorie: difterite, tetano, antiepatite B e antipolio orale, le ho fatto fare anche l’antipertosse.


I giorni seguenti le vaccinazioni, a differenza dei suoi tre fratelli che si erano sempre mostrati irrequieti e inappetenti, Silvia appariva calmissima, tanto da far esclamare a suo padre che le mie ansie e paure erano state eccessive e che ora avrei potuto stare tranquilla perché avevo protetto la mia bambina da tanti malanni e soprattutto dalla malattia che mi spaventava più di tutte: la poliomielite. Non sapeva quanto si sbagliava...


Il 2 ottobre Silvia effettuava una visita pediatrica nella quale le veniva diagnosticato un leggero arrossamento delle prime vie aeree. Nulla di grave. Nei giorni seguenti sarebbero seguiti feci liquide e rigurgiti di latte, ma essendo una neonata allattata al seno la cosa non mi preoccupava più di tanto. Invece avrebbe dovuto: il vaccino antipoliomielitico orale vivo attenuato può retromutare nell’intestino e, tornando allo stato selvaggio, causare proprio la malattia per cui ci si è stati vaccinati, ovvero la poliomielite. Peccato nessuno mi abbia avvisato di questo possibile effetto avverso...


Verso la metà di ottobre la piccola diviene irrequieta, presenta un rialzo febbrile (38°) e inizia a piangere in modo “lamentoso”, tanto che, insieme a mio marito, decidiamo di portarla in Ospedale dove viene ricoverata per una laringite e una sindrome influenzale. Dopo 3 giorni in cui le viene somministrato solo un “antipiretico” per abbassare la febbre, decidiamo di riportarla a casa: abbiamo altri tre figli che richiedono l’attenzione della mamma.


Da lì a pochi giorni, il virus prenderà il sopravvento e paralizzerà Silvia.

Questo, però, non sarebbe successo se solo i medici mi avessero ascoltato e non avessero subito “liquidato”, dichiarandola “impossibile”, la mia ipotesi di possibile paralisi da vaccino antipolio. Infatti, se avessero realmente preso in considerazione l’ipotesi di una poliomielite postvaccinica, non avrebbero certamente somministrato alla piccola un antipiretico che, abbassando la febbre, purtroppo, avrebbe permesso al virus di prendere il sopravvento, scatenando così la malattia!

Riconoscimento del danno

Qualcuno potrà pensare che, dopo il verificarsi di una lesione postvaccinica, il suo riconoscimento dell’avvenuto danno sia una conseguenza logica e naturale... Ebbene, non è così.


Purtroppo, per vari motivi, fra i quali la paura che parlare di lesioni postvaccinali possa “danneggiare” l’immagine del vaccino, chi subisce un danno, invece di essere curato ed aiutato, viene abbandonato a se stesso.

Credo, però, che adottare la strategia del silenzio e della negazione del danno, non sia corretto. Infatti, la mancanza di informazione può causare solo ulteriori danni.


Infatti, non dobbiamo dimenticare che esistono le interazioni vaccinali e che le stesse possono creare gravi problemi. Per esempio, effettuare un’iniezione intramuscolo 15 giorni prima della somministrazione del vaccino antipoliomielitico orale Sabin, nel caso in cui il soggetto, successivamente contragga la poliomielite, provoca la necrosi dei muscoli colpiti.


Del resto, che esistessero problemi di sicurezza riguardo la somministrazione del vaccino antipolio in concomitanza dell’iniezione di antidifterica e antitetanica, era già stato descritto in un articolo pubblicato da “Lancet” nell’agosto del 1989, che citava testualmente: “iniezioni intramuscolari simultanee possono aumentare l’incidenza di poliomielite paralizzante, iniezioni come quelle antidifterica e antitetanica non dovrebbero essere fatte contemporaneamente all’OPV”. La rivista “Lancet”, riportava queste osservazioni, a seguito di 27 casi di Sindrome di Guillain Barrè verificatisi in Finlandia qualche tempo prima, durante una campagna di vaccinazione antipolio e antidiftotetanica di massa. Peccato nessuno le abbia prese seriamente in considerazione perché, in questo caso, forse tutti coloro che hanno riportato una polio postvaccinica, non avrebbero riportato anche la perdita irreversibile dei muscoli colpiti da iniezione vaccinica.

Mancanza di informazione

L’informazione sui possibili effetti avversi a vaccino è prevista dall’art. 7 commi 1, 2 e 3 della Legge 210 del 25 febbraio 1992. Peccato non venga mai attuata, nonostante l’art. 32 della Costituzione19 affermi l’inviolabilità della persona.

Le informazioni sugli eventi avversi ai vaccini sono taciute, nascoste, minimizzate; il diritto di conoscere prima di decidere viene negato perché senza informazioni i genitori non possono collegare gli eventi avversi verificatisi dopo le vaccinazioni con le vaccinazioni stesse; e questo provoca:

  • La mancata segnalazione del probabile danno postvaccinico ai medici;

  • l’omessa segnalazione da parte dei medici alle autorità sanitarie preposte;

  • una statistica non reale sui danni postvaccinici;

  • un accanimento terapeutico sui danneggiati, i quali il più delle volte continuano il ciclo vaccinale, senza tener minimamente in conto delle controindicazioni ufficiali e in barba alle più elementari regole di prudenza... riportando, in questo modo, lesioni molto più gravi.

  • il mancato o ritardato riconoscimento della lesione e, di conseguenza, l’aggravarsi di alcune patologie in alcuni casi, e la cura “sbagliata” in altri, con ulteriori danni. Infatti, la poliomielite, o altri danni neurologici, vanno riabilitati immediatamente e non mesi dopo com’è successo fino al 1999, perché così facendo si provoca la necrosi dei muscoli colpiti.

Nadia Gatti, Fondatrice e Presidente del CONDAV20

Situazione attuale della poliomielite

Agitando lo spettro della possibilità del ritorno delle epidemie, si tende a rappresentare la poliomielite come un pericolo sempre in agguato, per cui basterebbe ridurre il numero dei bambini vaccinati per fare riapparire il fantasma. Analizziamo allora i dati reali di questa malattia, vediamo dove è presente, e con quali cifre21.


Nel 2010 sono 1315 i casi ufficiali di poliomielite nel mondo. La malattia è ancora endemica in India, Nigeria, Pakistan, Afghanistan.

CASI TOTALI NEL 2010
Globali 1.315
- in Paesi in cui la Polio è endemica 232
- in Paesi in cui la Polio non è endemica 1.120

CASI NOTIFICATI DI POLIOMIELITE NEL 2010
Pakistan 40
Afghanistan 15
Nigeria 21
India 17
DR Congo 31
Chad 14
Angola 18
Tajikistan 35
Congo 17
Senegal 11
Federazione Russa 7
Mali 4
Mauritania 4
Uganda 2
Turkmenistan 2
Liberia 2
Nepal 2


(Fonte: http://www.polioeradication.org/Dataandmonitoring/Poliothisweek/Polioinfecteddistricts.asp; visitato nel febbraio 2012)

La Global Polio Eradication Initiative (Gpei), coordinata da governi nazionali, OMS, Rotary International, US Centers for Disease Control and Prevention (CDC) e Unicef annunciano che sembrerebbe (il condizionale in questi casi è d’obbligo) sia interrotta in India la trasmissione della polio. Infatti è passato più di un anno (13 gennaio 2011), dall’ultimo caso segnalato di poliomielite, quello di una bambina di due anni del Bengala occidentale.


Quindi il numero dei Paesi-endemici, in cui la trasmissione della malattia non si è mai arrestata, sarà ridotto nelle prossime settimane, ad un minimo storico di tre: Pakistan, Afghanistan e Nigeria.


Nel 2011 il Pakistan e l’Afghanistan hanno entrambi registrato un aumento allarmante dei casi di polio; in Cina, in cui non si riscontravano casi dal 1999, il virus della polio è ritornato dal Pakistan. In Africa, la trasmissione attiva della polio continua in Nigeria, Ciad e nella Repubblica Democratica del Congo, con focolai in Africa occidentale e centrale negli ultimi 12 mesi. Il traguardo della eradicazione della poliomielite (obiettivo enunciato dalla Organizzazione Mondiale della Sanità) si sta spostando sempre più in avanti.


La malattia si diffonde nelle zone povere del pianeta, a causa delle precarie condizioni igieniche e della grave malnutrizione che compromette l’immunità dei bambini. In Africa, in più, a causa delle guerre, delle condizioni dei profughi che cercano di sfuggire alle atrocità e ai massacri e che conducono una vita priva delle risorse più elementari. In Nigeria la persistenza della polio è legata, secondo alcune fonti, alla decisione di interrompere i programmi di vaccinazione, nella convinzione che il vaccino contenga farmaci mirati a ostacolare la fertilità delle bambine. La diffidenza nasce dall’abitudine delle multinazionali del farmaco di usare la popolazione locale per testare illegalmente nuovi farmaci (con il conseguente aumento della mortalità degli sperimentatori), e da epidemie di sindromi paralitiche provocate da virus derivanti dalla vaccinazione Sabin. In Afganistan e Pakistan i bambini muoiono molto di più per la mancanza di acqua potabile, cibo e guerra che per la poliomielite, seppure presente.


Riuscire a eradicare la poliomielite si sta rivelando una sfida più ardua di quanto si pensasse. In parte per il comportamento dei poliovirus vaccinali, capaci di riacquistare virulenza, e in parte per la stretta connessione tra i fattori sociali, culturali, politici e la salute delle persone. Un approccio mirato alla singola malattia non è efficace, e gli strumenti della medicina, da soli, non bastano a produrre salute.

Le cause di molte malattie non sono la mancanza di antibiotici o di vaccini, ma di acqua pulita e di cibo sufficiente.

Ci affidiamo troppo agli interventi medici. Un modo migliore per aumentare l’aspettativa di vita e migliorare la qualità della vita sarebbe l’adozione, da parte di ogni governo, di politiche e programmi per l’uguaglianza nella salute22.

Non sono sufficienti alte coperture vaccinali per sconfiggere la malattia, così come basse coperture non determinano automaticamente l’esplodere di epidemie. Consultando l’Immunization Summary dell’OMS, vediamo che in moltissimi Paesi dell’Africa la copertura vaccinale è molto elevata, a volte superiore a quella di diversi Paesi europei. Eppure nei Paesi poveri la polio continua ad esser presente, mentre è scomparsa in Europa, dove esistono nazioni con coperture vaccinali inferiori.

Ecco alcuni esempi:


PAESE AFRICANO CON CASI DI POLIOMIELITE COPERTURA VACCINALE NEL 2007
DR Congo 87%
Sudan 84%
Angola 83%

PAESE EUROPEO SENZA CASI DI POLIOMIELITE COPERTURA VACCINALE NEL 2007
Grecia 87%
Austria 85%
Danimarca 75%


Al contrario, dal 2000 è identificata dall’OMS come “zona libera dalla polio” la Papua Nuova Guinea. In questo Paese la copertura vaccinale era solo del 47% nel 2000 e 32% nel 2001.


Sentiamo spesso ripetere che potrebbe esserci sempre una reintroduzione accidentale del virus selvaggio come conseguenza dell’immigrazione. Gli extracomunitari provengono spesso da Paesi con alte coperture vaccinali, e molte volte gli unici documenti che sono in possesso dei bambini sono “tesserine sanitarie” che attestano il loro stato di plurivaccinati.


Nel nostro Paese sono già stati notificati rari casi di polio da “importazione”, ma questo non ha provocato alcuna epidemia. E non tanto per le elevate coperture vaccinali, ma soprattutto per le modalità di diffusione di questo virus, che non ha serbatoi al di fuori dell’uomo, e per le sue modalità di contagio, relativamente brevi, e di trasmissione. La contagiosità è minima poco prima e subito dopo l’inizio della malattia. Dopo la manifestazione clinica questa può perdurare per circa 1 settimana per via respiratoria, e da 3 a 6 settimane per via fecale. Le maggiori possibilità di contagio si hanno nei giorni immediatamente successivi alla comparsa dei sintomi.

Altre perplessità

L’ultimo caso di poliomielite da virus 2 nel mondo intero è stato notificato nel 1992: da allora sono stati segnalati solo casi legati ai virus 1 e 3. È stata suggerita l’utilizzazione di vaccini monovalenti contro il polio 1 e 3, anche perché la presenza del tipo 2 compromette la risposta agli altri due virus presenti nel trivalente. Eppure si continuano ad utilizzare in prevalenza vaccini contenenti anche il tipo 2, con il risultato, ben noto, che si continuano a registrare paralisi attribuibili al ceppo di polio 2 vaccinale dell’OPV. Solo di recente ha cominciato a diffondersi il vaccino bivalente. In Egitto tra il 1983 e il 1993 sono stati segnalati 32 casi di polio di tipo 2 legati proprio al virus del vaccino23.


Ulteriori perplessità nascono da alcuni studi che hanno correlato l’uso del vaccino con il rischio di insorgenza di linfomi e leucemie. Abbiamo trovato nella letteratura scientifica descrizioni di casi di linfoma di Hodgkin insorti dopo vaccinazione antivaiolosa24,25, o di leucemia acuta dopo vaccinazione antipoliomielite26. La possibilità che esista un rapporto tra tumori e vaccinazioni27,28 è presa in considerazione da studi degli anni ’70 e ’80:

Nel 1975 venne pubblicato uno studio finlandese in cui si attestava come il vaccino antipolio comportasse un aumento del rischio per leucemia, e l’anno successivo venne documentata come la linfadenite postvaccinale potesse trasformarsi in linfoma di Hodgkin29. A partire dagli anni Novanta questo genere di pubblicazioni scientifiche è diminuito; sarebbe interessante sapere da cosa dipende questo fenomeno. Da una minore attenzione verso il problema? Dalla necessità di non far calare un così imponente punto interrogativo sulla ormai consolidata pratica della vaccinazione di massa? Dalla totale scomparsa di casi simili?30

Bambini super-vaccinati - Seconda edizione
Bambini super-vaccinati - Seconda edizione
Eugenio Serravalle
Saperne di più per una scelta responsabile.Un’attenta disamina sulla questione dei vaccini, che mette a confronto dati e ricerche aggiornate, per aiutare i genitori a scegliere con consapevolezza. Eugenio Serravalle, medico specializzato in Pediatria Preventiva, Puericultura e Patologia Neonatale, ha approfondito il fenomeno delle invenzioni delle malattie e lo studio delle composizioni dei vaccini, con gli additivi, i conservanti e le sostanze chimiche che possono avere effetti dannosi sulla salute dei bambini.Fermamente convinto dell’utilità dell’immunizzazione di massa, per anni ha vaccinato i suoi pazienti con ogni vaccino disponibile sul mercato, finché si è reso conto di aver accettato senza riserve il concetto abituale secondo cui i vaccini siano sempre efficaci e sicuri.Libero da ogni pregiudizio, l’autore ha cominciato a porsi domande diverse, quelle che soprattutto i genitori si pongono: i vaccini provocano malattie irreversibili? I bambini sono troppo piccoli per le vaccinazioni? I vaccini causano reazioni pericolose per l’organismo? Somministrare troppi vaccini insieme sovraccarica il sistema immunitario?In Bambini super-vaccinati da pediatra infantile si cala nel ruolo di genitore, cercando di chiarire ogni dubbio sulla pratica vaccinale: il libro vuole quindi garantire il diritto a un’informazione obiettiva e consapevole sui rischi derivanti dalle vaccinazioni, sulla libertà di scelta e di cura, fornire quindi ai genitori, e non solo, tutte le informazioni utili per scegliere in piena autonomia.In questa seconda edizione viene approfondito ancor di più tutto quello che la letteratura scientifica internazionale mette a disposizione, confrontando dati e ricerche cliniche. Conosci l’autore Eugenio Serravalle è medico specialista in Pediatria Preventiva, Puericultura e Patologia Neonatale.Da anni è consulente e responsabile di progetti di educazione alimentare di scuole d’infanzia di Pisa e comuni limitrofi.Già membro della Commissione Provinciale Vaccini della Provincia Autonoma di Trento e relatore in convegni e conferenze sul tema delle vaccinazioni, della salute dei bambini e dell’alimentazione pediatrica in tutta Italia.