All’eccesso quantitativo si aggiunge anche il difetto qualitativo
L’antibiotico più prescritto (38%) è l’amoxicillina + acido clavulanico, di prima scelta in rarissime forme infettive (ascessi tonsillari e retrofaringei, polmonite del lattante, ferite da morsi), molto più costoso e con maggiori effetti collaterali della sola amoxicillina, altrettanto efficace nelle assai più comuni infezioni batteriche che necessitano di un trattamento antibiotico.
Altri due antibiotici molto usati sono la claritromicina e l’azitromicina che, sebbene non di prima scelta in alcuna patologia batterica dell’infanzia, rappresentano insieme il 36% delle prescrizioni. Tali prescrizioni non tengono conto né dei vantaggi terapeutici, né dei costi per la collettività, né degli effetti collaterali, ma solo della comodità di somministrazione.
Dal punto di vista degli effetti collaterali anche nel caso dell’amoxicillina, che è il meno tossico degli antibiotici, è presente tossicità epatica e renale.
La claritromicina presenta tra gli effetti indesiderati dolori addominali, vomito, diarrea, stomatite, reazioni allergiche, effetti sul sistema nervoso quali vertigini, insonnia, incubi.
Tipici invece dell’azitromicina sono il vomito, la diarrea, l’aumento delle transaminasi e la diminuzione dei globuli bianchi, la riduzione dell’udito, reazioni allergiche della pelle.
I genitori dovrebbero sempre essere informati su tali effetti collaterali e sulla effettiva necessità di somministrare un antibiotico anziché un altro.
Possiamo definire l’intervento medico che prescrive con leggerezza antibiotici e cortisonici come una medicina difensivistica che non si preoccupa di usare i farmaci quando non servono per non rischiare di usarli quando servono. In poche parole, se il medico somministra un antibiotico a tutti i bambini con febbre e infezione delle vie respiratorie non avrà bisogno di ricontrollare dopo 2 o 3 giorni lo stesso bambino per verificare l’evoluzione della malattia. I genitori saranno soddisfatti della rapida apparente guarigione e nessuno potrà accusarlo di non avere fatto il suo dovere.
Mi capita spesso di visitare bambini che durante l’inverno – in genere al primo anno di nido o di scuola materna – sono stati trattati con antibiotici in occasione di ogni episodio febbrile (fino a 6-7 volte). I genitori sono convinti che il loro bambino abbia poche difese immunitarie e che non sia in grado di difendersi da solo da virus e batteri e spesso stanno considerando di ritirarlo dalla scuola. Dedico molto tempo ad ascoltarli e poi fornisco informazioni su come funziona il nostro sistema immunitario e sul significato della febbre e della tosse. Poi propongo di non usare antibiotici e cortisone la prossima volta che il bambino avrà tosse e febbre, di ridurre drasticamente la somministrazione di antipiretici e aspettare.
I genitori scoprono con meraviglia che aspettando più di tre o quattro giorni, di prammatica prima di somministrare i farmaci, il bambino comincia a guarire spontaneamente, e non di una guarigione artificiale, ma grazie a una reale, potente e autonoma reazione del suo sistema immunitario.
All’inizio non è facile resistere a non somministrare l’antipiretico appena la temperatura del bambino supera i 38,5° o a sopportare la tosse secca per 2-3 notti di seguito. Eppure la prima volta che il bambino guarisce da solo per i genitori è una piacevole sorpresa, giacché erano ormai convinti che fosse debole e incapace di difendersi con le sue forze.