capitolo iv

La tosse e le infiammazioni
delle vie respiratorie

Le infezioni delle alte vie respiratorie sono le malattie più diffuse tra 0 e 6 anni e rappresentano la causa più frequente di consultazione del pediatra da parte dei genitori.


I farmaci prescritti con più frequenza non incidono in maniera significativa sulla durata delle manifestazioni patologiche né sul rischio di complicazioni, e il loro effetto sulla riduzione dei disagi è assai limitato e controverso.


Le infezioni delle alte vie respiratorie sono causate per la maggior parte da virus, che sono dei filamenti di DNA1 o RNA2 i quali hanno bisogno, per riprodursi, delle nostre cellule. La maggior parte dei virus non ha alcun interesse a creare grossi danni nell’ospite perché il primo a soffrirne sarebbe il virus stesso.


Il nostro sistema immunitario e quello dei nostri bambini è in grado, in genere nel giro di 5-7 giorni, di produrre anticorpi e di guarire spontaneamente dalle più comuni infezioni delle vie respiratorie.

Le mamme conoscono bene i sintomi tipici di queste infiammazioni:

  • naso ostruito o con molta secrezione

  • mal di testa

  • febbre

  • tosse prima secca e irritante e poi grassa

  • mal d’orecchie

  • abbassamento di voce.

La tosse è utile

La tosse è il sintomo più fastidioso per il bambino e di maggiore ansia per i genitori. In realtà rappresenta la miglior difesa dell’organismo contro le infiammazioni delle vie respiratorie perché le libera dal catarro nel quale sono inglobati i virus. Se non ci fosse la tosse, i bambini soffocherebbero a causa del catarro prodotto proprio per combattere i virus. Infatti nel catarro sono presenti cellule e sostanze antinfettive che fanno parte della risposta immunitaria.


Molti bambini presentano un’eccessiva reattività dei recettori della tosse: basta una piccola infiammazione in un qualunque punto delle vie respiratorie (naso, orecchie, gola, trachea) per produrre una tosse secca, fastidiosa, che si manifesta soprattutto di notte. I bambini in realtà non hanno nulla di grave; si tratta soltanto del fatto che i loro “recettori della tosse” – piccole terminazioni nervose che si trovano in gola, nella trachea e nei bronchi – sono troppo sensibili, si irritano facilmente e continuano a irritarsi sempre più a ogni colpo di tosse.


I farmaci in commercio contro la tosse, oltre a essere di scarsa utilità, sono per lo più anche dannosi, sia perché sopprimono le naturali risposte dell’organismo e del sistema immunitario sia per gli effetti collaterali di cui spesso i genitori non vengono informati a sufficienza.


Si calcola che nel biennio 2004/2005 più di 1500 bambini siano stati ricoverati negli Stati Uniti a motivo degli effetti avversi legati ai farmaci per tosse e raffreddore. Questi prodotti possono essere acquistati senza ricetta sia negli USA che in Europa e, poiché ogni prodotto contiene molti princìpi attivi, spesso senza che i genitori se ne rendano conto le dosi dei singoli princìpi attivi sono raddoppiate e quindi possono risultare eccessive per il bambino.


L’uso prolungato dei decongestionanti nasali può causare soppressione dell’appetito, mal di testa, nausea, vomito, agitazione, psicosi, ipertensione, tremori e iperstimolazione del sistema nervoso. Numerosi studi hanno dimostrato rischi discretamente elevati, mentre all’opposto sono pochi quelli che ne dimostrano l’efficacia. Eppure, a fronte di un’efficacia non riconosciuta, questi prodotti risultano molto utilizzati e assai graditi ai pazienti che spesso ne fanno un uso esagerato. In quanto farmaci da banco sono quindi ritenuti sicuri e di conseguenza somministrati anche ai bambini piccoli che sono i soggetti più a rischio per le reazioni avverse, anche assai gravi, come recentemente rilevato dall’Agenzia Italiana del Farmaco (AIFA).

Cosa fare

Per lenire i fastidi del raffreddore sarebbe più che sufficiente qualche goccia di soluzione di acqua e sale preparata in casa3, umidificare l’ambiente e far bere acqua al bambino.


Gli sciroppi per la tosse dovrebbero svolgere azione sedativa (agire sui recettori della tosse) o mucolitica (sciogliere il catarro). I loro effetti collaterali non sono compensati dalla modestissima o nulla azione terapeutica.


Una volta le nonne sapevano bene che il miglior calmante della tosse era il miele, ma i pediatri di oggi non apprezzano le cose semplici e “devono” usare farmaci industriali; anche se uno studio del 20074, mettendolo a confronto con il destrometorfano (uno dei più usati sedativi della tosse) oppure con l’assenza di terapia, ci conferma che il miglior trattamento delle tossi notturne causate da infezioni delle alte vie respiratorie è proprio il miele.


Un’ottima ricetta per una tisana calmante per la tosse è la seguente: mettere un cucchiaino di fiori di camomilla5 e la buccia di un limone intero non trattato in 250 grammi di acqua fredda e far bollire per cinque minuti. Lasciar intiepidire e aggiungere un cucchiaio di miele.


Utile contro la tosse è anche un decotto preparato con cinque fichi secchi in un litro d’acqua, da far bollire per 7 o 8 minuti. Va bevuto tiepido perché il calore ha un’azione sedativa sulla tosse, è utile nella tosse secca, ma ha anche un’azione fluidificante del catarro se aggiungiamo del miele. Di sera favorisce il sonno. Può essere utile nelle bronchiti acute o croniche.

L’uso sconsiderato di cortisonici, di ß-stimolanti e antibiotici in Italia

Quando, negli anni ’70, ho iniziato a fare il pediatra si cominciavano a utilizzare nel trattamento dell’asma, per via aerosol, farmaci a base di cortisonici e ß-stimolanti. I primi sono dei potenti antinfiammatori capaci di bloccare la risposta immunitaria, i secondi agiscono sulla muscolatura dei bronchi dilatandoli. Tali farmaci erano assai utili nella gestione dell’asma in età pediatrica che, fino alla loro comparsa, aveva rappresentato un serio problema da un punto di vista terapeutico, perché trattabile solo in ambiente ospedaliero e sotto il diretto controllo medico. In effetti l’associazione cortisonico–ß-stimolante rendeva l’asma più facilmente gestibile anche da parte dei genitori.


In un tempo successivo ho però cominciato a notare che questa associazione di farmaci veniva spesso prescritta da molti pediatri per controllare semplici tossi stizzose che comparivano all’inizio di banali infiammazioni delle vie respiratorie.


Questa impressione mi è stata confermata leggendo il già citato progetto ARNO, dal quale si apprende che tra i 20 farmaci più prescritti 10 sono antibiotici e 6 antiasmatici, e il cortisonico beclometasone (bentelan) è il farmaco più prescritto nei bambini sotto l’anno di vita.


Questi farmaci presentano effetti collaterali tollerabili nel trattamento dell’asma, ma assolutamente inaccettabili quando sono usati per sopprimere una tosse stizzosa.


A Campagnano di Roma, dove svolgo da circa 30 anni la mia attività presso il consultorio familiare, mi sono fatto la fama del “dottore che non dà molte medicine e che cura con i rimedi delle nonne”. Quando mi capita di dare una seconda opinione, su bambini che presentano ricorrenti infiammazioni delle vie respiratorie, per prima cosa consiglio di non trattare più le tossi con cortisonici e ß-stimolanti e di utilizzare piuttosto le preparazioni domestiche sopra descritte.


La sospensione di questi farmaci potenti non aggrava mai la situazione e l’uso di preparati domestici spesso è più efficace dei farmaci stessi; i bambini si ammalano di meno e i loro genitori sono più contenti.


Al contrario, come ho spesso osservato, un uso eccessivo e prolungato di cortisonici anche per aerosol può, sopprimendo la tosse e l’infiammazione, provocare un aggravamento dello stato infettivo. A ciò si aggiunge che la somministrazione di aerosol a bambini che fino a 3-4 anni non sono capaci di effettuare profonde inspirazioni, permette ai farmaci di arrivare soltanto nella bocca o al massimo in gola, provocando spesso afte e mughetto.


Veniamo ora alla prescrizione di antibiotici. Il progetto ARNO, nel rapporto 2003 già citato, ci dice che al 56% dei bambini viene prescritto almeno un antibiotico all’anno e nella fascia 1-5 anni la percentuale sale a oltre il 70 %. Il dottor Alfredo Pisacane, del Dipartimento di Pediatria dell’Università Federico II di Napoli, commenta questi dati affermando: ”…l’80% dei soggetti che si presenta dal pediatra o dal medico di famiglia esce dallo studio con una prescrizione di antibiotico…”


Il progetto ARNO non ci fornisce le diagnosi ma, considerata la l’incidenza delle malattie per le quali l’uso dell’antibiotico è una indicazione certa e appropriata in termini di costi e benefici per la salute, è legittimo affermare che ai bambini italiani vengono prescritti troppi antibiotici. Possiamo dire che gli antibiotici vengono in genere prescritti dopo tre giorni di febbre, per malattie infiammatorie delle alte vie respiratorie di origine virale sulle quali non hanno alcun effetto e anche per una buona parte di quelle di origine batterica dalle quali un bambino in buone condizione di salute è in grado di guarire da solo nel giro di 5-7 giorni.

Il progetto “Fare di più non significa fare meglio”

Slow medicine, un’associazione che sostiene l’idea secondo cui cure appropriate e di buona qualità e un’adeguata comunicazione fra le persone riducano i costi dell’organizzazione sanitaria, limitino gli sprechi, promuovano un uso più appropriato delle risorse disponibili, la sostenibilità e l’equità dei sistemi sanitari e migliorino la qualità della vita dei cittadini nei diversi momenti della loro vita, ha promosso e sostiene il progetto “fare di più non significa fare meglio”.


Tale progetto è nato dalla considerazione che: “Il sovra utilizzo di esami diagnostici e trattamenti si dimostra un fenomeno sempre più diffuso e importante: da tempo è stato evidenziato che molti esami e molti trattamenti farmacologici e chirurgici largamente diffusi nella pratica medica non apportano benefici per i pazienti, anzi rischiano di essere dannosi”. L’Associazione Culturale Pediatri (ACP) all’interno di tale progetto ha indicato le cinque pratiche a rischio d’inappropriatezza di cui medici e pazienti dovrebbero parlare e tra queste, oltre alle tre che riguardano rispettivamente le prescrizioni di latte di formula, l’inutilità di ripetere RX del torace nelle polmoniti non complicate e l’uso di farmaci antireflusso nei reflussi fisiologici, raccomanda proprio di:


  1. EVITARE L’USO ABITUALE DEI CORTISONICI INALATORI NELLE FLOGOSI DELLE PRIME VIE RESPIRATORIE DEI BAMBINI.

    La tosse è il sintomo più frequente nei bambini che accedono all’ambulatorio del pediatra delle cure primarie. L’uso del cortisone per via aerosolica è largamente diffuso, nel nostro Paese, per il trattamento delle patologie delle alte vie respiratorie e per il controllo del sintomo tosse ad esse correlato, sebbene non esistano prove della sua efficacia. Tale pratica, se prolungata nel tempo, è associata a effetti collaterali.
  2. NON PRESCRIVERE ANTIBIOTICI NELLE PATOLOGIE DELLE VIE RESPIRATORIE PRESUMIBILMENTE VIRALI IN ETÀ PEDIATRICA (SINUSITI, FARINGITI, BRONCHITI).

    Gli antibiotici sono i farmaci più prescritti in Italia e il fenomeno dell’antibiotico resistenza è un problema in progressivo aumento. L’appropriata gestione clinica delle patologie a eziologia infettiva prevede – secondo linee guida esistenti – la vigile attesa nei casi che lo consentono, sulla base di criteri clinici, anamnestici ed epidemiologici, e l’utilizzo degli antibiotici solo nei casi che lo richiedono e con le modalità corrette. Evitare l’uso di antibiotici nelle infezioni presumibilmente virali e trattare in modo ottimale le infezioni batteriche possono limitare l’emergenza di patogeni resistenti e il rischio di eventi avversi da antibiotici.


L’antibiotico

Il significato greco della parola antibiotico è “contro la vita”. Il termine indica un farmaco in grado di rallentare o fermare la proliferazione dei batteri. Gli antibiotici si distinguono in batteriostatici (che bloccano la riproduzione del batterio) e battericidi (che uccidono il microrganismo). Gli antibiotici non hanno alcun effetto contro virus, funghi e parassiti.


La sostanza antibiotica introdotta nel corpo viene trasportata dal flusso sanguigno fino a raggiungere la zona dove è in atto l’infezione batterica per distruggerla o disattivarla. I batteri, molto differenti tra loro, vivono in diversi ambienti, più o meno ricchi d’ossigeno. Non ci sono antibiotici che agiscono contro tutti i batteri patogeni, ma tutti, chi più chi meno, devastano la flora batterica intestinale. Importantissimo è sottolineare infatti che l’antibiotico, agendo contro la vita, oltre a decimare i batteri dannosi (quando è mirato e correttamente prescritto), va ad alterare la composizione della flora batterica intestinale, il cui prezioso equilibrio sovrintende alle difese organiche. Sì, perché noi viviamo simbioticamente con miriadi di batteri che permettono una serie di trasformazioni organiche, di assimilazioni nutrizionali e la sintesi di alcune vitamine, alla base della nostra salute. Quando questo equilibrio viene alterato grazie all’uso sconsiderato di antibiotici non necessari, l’effetto sulla flora batterica è estremamente dannoso e richiede pertanto di intervenire con sollecitudine per riequilibrarne la composizione tramite l’utilizzo di yogurt intero e/o di flore batteriche specificamente suggerite dal medico, a terapia antibiotica conclusa.


Una delle conseguenze più comuni e fastidiose da eccesso di antibiotici è la comparsa di candida albicans, un fungo che può provocare prurito vaginale, cistiti, infiammazioni uretrali, mughetto, ecc.

All’eccesso quantitativo si aggiunge anche il difetto qualitativo

L’antibiotico più prescritto (38%) è l’amoxicillina + acido clavulanico, di prima scelta in rarissime forme infettive (ascessi tonsillari e retrofaringei, polmonite del lattante, ferite da morsi), molto più costoso e con maggiori effetti collaterali della sola amoxicillina, altrettanto efficace nelle assai più comuni infezioni batteriche che necessitano di un trattamento antibiotico.


Altri due antibiotici molto usati sono la claritromicina e l’azitromicina che, sebbene non di prima scelta in alcuna patologia batterica dell’infanzia, rappresentano insieme il 36% delle prescrizioni. Tali prescrizioni non tengono conto né dei vantaggi terapeutici, né dei costi per la collettività, né degli effetti collaterali, ma solo della comodità di somministrazione.


Dal punto di vista degli effetti collaterali anche nel caso dell’amoxicillina, che è il meno tossico degli antibiotici, è presente tossicità epatica e renale.

La claritromicina presenta tra gli effetti indesiderati dolori addominali, vomito, diarrea, stomatite, reazioni allergiche, effetti sul sistema nervoso quali vertigini, insonnia, incubi.


Tipici invece dell’azitromicina sono il vomito, la diarrea, l’aumento delle transaminasi e la diminuzione dei globuli bianchi, la riduzione dell’udito, reazioni allergiche della pelle.


I genitori dovrebbero sempre essere informati su tali effetti collaterali e sulla effettiva necessità di somministrare un antibiotico anziché un altro.

Possiamo definire l’intervento medico che prescrive con leggerezza antibiotici e cortisonici come una medicina difensivistica che non si preoccupa di usare i farmaci quando non servono per non rischiare di usarli quando servono. In poche parole, se il medico somministra un antibiotico a tutti i bambini con febbre e infezione delle vie respiratorie non avrà bisogno di ricontrollare dopo 2 o 3 giorni lo stesso bambino per verificare l’evoluzione della malattia. I genitori saranno soddisfatti della rapida apparente guarigione e nessuno potrà accusarlo di non avere fatto il suo dovere.


Mi capita spesso di visitare bambini che durante l’inverno – in genere al primo anno di nido o di scuola materna – sono stati trattati con antibiotici in occasione di ogni episodio febbrile (fino a 6-7 volte). I genitori sono convinti che il loro bambino abbia poche difese immunitarie e che non sia in grado di difendersi da solo da virus e batteri e spesso stanno considerando di ritirarlo dalla scuola. Dedico molto tempo ad ascoltarli e poi fornisco informazioni su come funziona il nostro sistema immunitario e sul significato della febbre e della tosse. Poi propongo di non usare antibiotici e cortisone la prossima volta che il bambino avrà tosse e febbre, di ridurre drasticamente la somministrazione di antipiretici e aspettare.


I genitori scoprono con meraviglia che aspettando più di tre o quattro giorni, di prammatica prima di somministrare i farmaci, il bambino comincia a guarire spontaneamente, e non di una guarigione artificiale, ma grazie a una reale, potente e autonoma reazione del suo sistema immunitario.


All’inizio non è facile resistere a non somministrare l’antipiretico appena la temperatura del bambino supera i 38,5° o a sopportare la tosse secca per 2-3 notti di seguito. Eppure la prima volta che il bambino guarisce da solo per i genitori è una piacevole sorpresa, giacché erano ormai convinti che fosse debole e incapace di difendersi con le sue forze.

Perché evitare gli antibiotici, se non necessari

Il sistema immunitario ha bisogno di essere messo alla prova nel combattere invasioni indesiderate, perché nei millenni si è evoluto per svolgere compiti di difesa e se non è messo in condizione di funzionare – secondo alcune recenti ipotesi – si rivolge contro lo stesso organismo facilitando l’insorgere di malattie dette appunto autoimmuni (morbo di Crohn, colite ulcerosa, sclerosi multipla); patologie ormai diffusissime nei paesi ricchi dove è presente una eccessiva medicalizzazione.


I nostri nonni non prendevano tutti questi farmaci e guarivano lo stesso. Si potrebbe obiettare che nel passato la mortalità infantile era molto alta, ma è dimostrato che i bambini morivano per scarsa igiene, condizioni di vita dure, scarsità di cibo, case fredde e sovraffollate, e solo in casi rari perché non c’erano gli antibiotici.


A quei tempi sarebbero forse state necessarie più medicine, ma oggi che nei paesi più ricchi queste cause sociali di malattia e morte sono praticamente ridotte a zero, i bambini sono imbottiti di farmaci spesso inutili e dannosi.

Produzione di farmaci e ricerca scientifica

In gran parte del mondo occidentale la ricerca libera e neutrale – cioè quella non legata agli interessi economici dell’industria farmaceutica – riceve scarsissimi finanziamenti pubblici da parte degli stati, a scapito dell’indipendenza della ricerca stessa, in quanto i finanziamenti che arrivano dall’industria farmaceutica alle università e ad altri centri di ricerca sono, al contrario, finalizzati a ottenere rapidi profitti e quindi tutt’altro che neutrali. Come tutte le aziende, anche quelle del farmaco devono ricavare profitti e, dato che tutte le multinazionali del farmaco sono quotate in borsa, l’incremento del valore delle loro azioni dipende dai grafici delle statistiche di vendita, che devono essere sempre in crecita, e dai nuovi business acquisiti.


Si tratta spesso di industrie non troppo lontane da quelle che producono concimi chimici, coloranti, aromi e dolcificanti per le industrie alimentari o gas utilizzati nella guerra chimica.


Detengono un grande potere perché sono associate alla nostra speranza di salute.

Va anche tenuto presente che la maggior parte dei congressi di medicina sono finanziati dalle case farmaceutiche e ancora oggi i medici ospedalieri, quelli di famiglia e i pediatri di base sono di continuo visitati e informati sui nuovi farmaci prodotti da personale stipendiato dalle case farmaceutiche.


Bisogna anche sapere che le case farmaceutiche spendono più per il marketing che per la ricerca e questo la dice lunga sulle strategie aziendali, più dirette all’incremento delle vendite che alla tutela della salute.

I lavori scientifici portati all’attenzione degli addetti ai lavori sono quasi sempre finanziati dalle stesse case farmaceutiche, e tendono a esaltare gli effetti terapeutici minimizzandone quelli collaterali.

Uno studio pubblicato nel 20086 dimostra che l’attenzione posta alla valutazione della sicurezza d’impiego di farmaci durante la pianificazione e l’esecuzione degli studi clinici in pediatria è ancora insufficiente, e sul sito della Commissione Europea7 sono disponibili le raccomandazioni sugli aspetti etici nell’ambito degli studi clinici condotti sulla popolazione pediatrica. Scopo di queste raccomandazioni è contribuire alla promozione e alla tutela della dignità, del benessere e dei diritti dei minori, che sono individui vulnerabili e non in grado di fornire consenso informato, e di favorire una decisione consapevole da parte dei genitori.


Non esiste in Italia un vero sistema nazionale di farmacosorveglianza sugli esiti nocivi delle medicine; alcune Regioni hanno attivato questi sistemi almeno parzialmente, ma altre non sono in grado di fornire dati utili sugli effetti dannosi dei farmaci, dopo la loro commercializzazione o in seguito alla loro cattiva utilizzazione.

Cosa fare

LATTE, LANA E LINO dicevano saggiamente le nonne.

Per latte s’intendeva una dieta sana e leggera. Per lana s’intendeva tenere il bambino al caldo della casa uno o due giorni in più dopo la convalescenza, preferibilmente riposando a letto, anche se le lenzuola oggi non sono più di lino.


Oggi noi consigliamo di:

  • ridurre le proteine animali, preferendo pasta, o bruschette, aglio e olio o minestrina all’aglio. L’aglio è un potente antibiotico naturale, antinfiammatorio, anticatarrale, fluidificante del muco, antitosse ed espettorante.

  • Aumentare la quota di grassi naturali, inclusi i tanto temuti grassi animali, quindi oltre all’olio extravergine d’oliva, anche burro, lardo e pancetta, utili nelle infiammazioni delle vie respiratorie8.

  • Utilizzare miele, dall’azione antibiotica naturale, limone, dalle proprietà antibiotiche e antivirali, qualche goccia di propoli, potente antibiotico di cui non bisogna abusare.

  • Indispensabile è anche eliminare tutti i cibi industriali (merendine, precotti e surgelati), ricchi di zuccheri semplici e grassi idrogenati.

Bambini e (troppe) medicine - 2a edizione
Bambini e (troppe) medicine - 2a edizione
Franco De Luca
Difendersi dall’eccessiva medicalizzazione dei nostri figli.Come evitare di somministrare troppe medicine ai bambini e migliorare il loro stato di salute con semplici rimedi naturali. Da diverso tempo l’OMS (Organizzazione Mondiale della Sanità) raccomanda, per ciò che concerne la gestione della salute in famiglia, di passare da un approccio prescrittivo a una scelta partecipata.Bambini e (troppe) medicine di Franco De Luca è un libro pensato per aiutare i genitori ad acquisire fiducia nelle proprie capacità di accudire il bambino e valutare il suo stato di salute, evitando di delegare al pediatra tutte le decisioni, anche le più semplici.Il testo è completato da semplici ricette di preparati casalinghi che possono evitare di fare ricorso, nelle piccole patologie dell’infanzia, a farmaci i cui effetti collaterali superano spesso quelli terapeutici. L’ebook di questo libro è certificato dalla Fondazione Libri Italiani Accessibili (LIA) come accessibili da parte di persone cieche e ipovedenti. Conosci l’autore Franco De Luca ha svolto l’attività di Pediatra di Comunità dal 1978 presso il consultorio familiare di Campagnano di Roma, dove, dal 2012 al 2016, è stato Direttore dell’Unità Operativa Complessa “Tutela Salute della Donna e Medicina Preventiva in età evolutiva”.Attualmente in pensione, affianca alla libera professione l’impegno nella promozione, protezione e sostegno dell’allattamento al seno, come formatore e tutor valutatore per l’UNICEF delle iniziative Comunità e ospedali Amici dei bambini. Dal 2003 è presidente del Centro Nascita Montessori.