Le coliche
Fra i vari malesseri che possono affliggere i bambini fin dalle prime settimane di vita c’è sicuramente il mal di pancia, il quale, il più delle volte, si manifesta con crampi, gonfiori, e spesso si abbina a inappetenza, nausea e vomito; in molti casi è anche la diretta conseguenza di un’indigestione. Le coliche gassose, nello specifico, che possono comparire fin dai primi giorni di vita e continuare fino ai sei mesi circa, solitamente avvengono dopo i pasti e peggiorano verso sera.
Per colica del neonato s’intende una sindrome tipica del lattante caratterizzata da crisi di pianto disperato, accompagnata da acuto dolore addominale.
È piuttosto semplice ipotizzare una colica neonatale quando il lattante, oltre a piangere, si contrae tirando le gambe verso l’addome, il suo volto diventa paonazzo e alla palpazione dell’addome il pancino risulta piuttosto teso e dolente, tensione che cerca di ridurre piegando appunto le cosce sull’addome; il tutto è accompagnato anche da ripetuti episodi di flatulenza. Per quest’ultimo aspetto, l’emissione incontrollata di gas, trova probabile spiegazione nell’eccessiva ingestione di aria durante l’allattamento e nella fermentazione intestinale del latte materno.
È comunque doverosa la diagnosi differenziale, che attiene solo al medico, nello specifico al pediatra, tra coliche gassose e altre malattie neonatali come per esempio il caso di allergie al latte vaccino (in questa eventualità, la madre che lo allatta al seno dovrebbe evitare di assumere latte di vacca e derivati durante tutto il periodo di allattamento).
Dal punto di vista psicosomatico olistico, i fattori psicologici e l’atmosfera che circonda il nuovo arrivato svolgono un ruolo centrale.
La neomamma è spesso provata dal cambiamento radicale avvenuto nella propria vita, e il più delle volte è ansiosa e impaziente e scarica inconsapevolmente la propria inquietudine sul neonato che, insieme al latte, manda giù anche le tensioni materne.
L’irrequietezza del piccolo e la stanchezza dei genitori allarmano e peggiorano ulteriormente la situazione: non è un caso infrequente che la mamma in particolare possa sentirsi sola, inadeguata e impotente di fronte alle crisi del bambino, e come soluzione immediata, cerchi di consolare il proprio bambino offrendo ulteriore latte, sovraccaricando così l’apparato digerente del piccolo e generando un circolo vizioso.
In questi casi sarà sufficiente che la mamma, via via che fa esperienza, diventi più sicura di sé, impari a sintonizzarsi sui ritmi del suo bambino, trovando tempi e modi di comunicare con lui differenti dall’offerta di cibo.
Esistono poi alcuni metodi dolci che riporto a seguire, che ci sono stati tramandati nel tempo dalle generazioni precedenti, i cosiddetti “rimedi delle nonne”, che spesso si rivelano estremamente efficaci per gestire e superare anche le crisi più violente. Per prima cosa, quando un bambino allattato al seno accusa forti coliche gassose, è necessario che la madre faccia particolare attenzione alla dieta. Poi, si può cercare di calmare il bambino disperato, cullandolo dolcemente: appoggiatelo su un braccio, a pancia in giù, reggendogli la testa con il palmo della mano e, con l’altra, toccate la schiena del piccolo. Questa posizione è particolarmente utile per tranquillizzarlo. Oppure, ancora, potete avvolgere il bambino in una coperta e abbracciarlo per fargli sentire calore e soprattutto la presenza di un adulto; questo rimedio, apparentemente scontato, si rivela particolarmente efficace per placare il pianto. Anche massaggiare dolcemente la pancia del bambino, con movimenti circolari, può aiutare. Inoltre si può scaldare la zona addominale con una borsa dell’acqua calda (non bollente!).
A casa, con calma, prendendo il bambino in braccio, ci si può sedere sulla palla svizzera, dondolando insieme e cullandolo: il movimento ondulatorio ricorderà al piccolo la sensazione attutita e protetta del grembo materno e sarà piacevole anche per l’adulto, che ritorna con la memoria del corpo alla medesima esperienza.
Mantenere la calma e ritagliarsi un po’ di spazio per se stessi è un rimedio utilissimo per essere lucidi anche nelle situazioni più critiche. Il bambino, infatti, percepisce facilmente lo stress che lo circonda. Sorridere e far sorridere il bambino crea un clima di serenità e di gioia che distende sia i genitori sia i figli. Anche cantare una melodia dolce può distrarre il bambino dalla colica: il canto si rivela spesso efficace per placare il pianto. La musica, il suono più in generale, su alcuni bambini ha degli effetti estremamente calmanti; a volte anche rumori particolari, come quello dell’aspirapolvere e/o dell’asciugacapelli, possono portare al medesimo risultato.
Altre volte è possibile provare a lasciare il piccolo da solo per pochi minuti, in modo che attivi in maniera autonoma una capacità di rilassamento.
In questo caso, se c’è un riscontro positivo, probabilmente non si tratta di una colica neonatale vera e propria, ma solo di un tentativo di esprimere attraverso il lamento e il pianto un proprio nervosismo.
Infine, non si deve confondere il pianto di una colica gassosa con il pianto “capriccioso” di un bambino che ha fame; sembra molto ovvio, ma spesso accade.
Come già riportato in precedenza, oltre a regolare il regime alimentare della madre, che è la prima indicazione da seguire, la Natura, che è la nostra Madre Terra, ci viene in aiuto con erbe che attenuano i sintomi senza intossicare ulteriormente il tratto digerente, anche in caso di dissenteria o stitichezza. Le erbe amiche dei bambini, particolarmente consigliate per sedare le coliche, sono sostanzialmente tre:
- melissa (Melissa officinalis);
- camomilla (Matricariae recutita);
- finocchio (Foeniculum volgare).
Inoltre si possono usare i probiotici (batteri buoni/fermenti lattici) che rafforzano la flora batterica intestinale. I più usati sono i lattobacilli che contengono almeno 2 miliardi di unità colonizzanti. Nei bambini piccoli si somministrano in flaconcini o in gocce da aggiungere al latte.
Per un pronto intervento di tipo naturale, un buon rimedio è rappresentato dai semi di lino, ricchi di mucillagini stimolanti, ma solo se il bimbo è tendenzialmente stitico. Se ne aggiunge un cucchiaino allo yogurt, al budino o alle minestre, quando si comincia a svezzarlo. Possono anche essere tenuti a bagno una notte in un bicchiere d’acqua: la mattina si darà da bere al piccolo l’acqua di ammollo. Mai risolvere il problema con i lassativi di sintesi perché creano assuefazione e possono irritare ancora di più il colon. In caso di forte costipazione può andare bene un infuso di malva che, oltre a un’azione antidolorifica, è anche una cura antispastica.
Quando invece c’è diarrea, l’obiettivo principale non deve essere tanto bloccare le scariche, che sono fra l’altro un modo in cui il suo organismo espelle sostanze pericolose, come batteri, virus e parassiti, ma compensare la perdita di liquidi. La disidratazione è, infatti, il pericolo maggiore ed è fondamentale somministrare molta acqua per reintegrare i liquidi persi. Sono sconsigliati invece i succhi di frutta, che contengono zuccheri e fibre che favoriscono le scariche.
In genere, le cause che scatenano diarrea sono dovute a forme virali o batteriche (gastroenterite) e sono accompagnate da altri sintomi tipici, quali il vomito, l’inappetenza e la febbre. Altre motivazioni da considerare sono eventuali intolleranze (in particolare al latte), ma anche intossicazioni e/o errori alimentari, ad esempio una dieta eccessivamente abbondante nelle quantità di frutta e di grassi.
Infine non si può non tenere conto del punto di vista emotivo. Paure e tensioni giocano un ruolo importante e ricordiamoci sempre che esiste un rapporto diretto fra intestino e cervello; nella cultura orientale, ad esempio, questo organo rappresenta il primo cervello del corpo. L’intestino è il luogo in cui il cibo raggiunge la parte bassa del corpo, dopo aver subito la trasformazione della materia, assimilata fino a ridursi a scarto. La prima immagine a cui rimanda per la sua forma tortuosa è quella del labirinto, luogo buio, oscuro, dove ciò che avviene sfugge totalmente al controllo della coscienza.
Un altro aspetto importante riguarda la simbologia dello sporco come colpa e, proprio da un’analisi etimologica del termine “sporco”, si scopre infatti che queste due accezioni sono strettamente connesse. La parola greca lyma indica sudiciume ma anche, più estensivamente, vergogna, macchia, e veniva usata altresì in riferimento a questioni morali, additando quindi lo sporco che contamina quale traccia della colpa vergognosa.
Esiste anche un altro lato presente nella dimensione intestinale in quanto l’evacuazione delle feci rappresenta l’espiazione della colpa. Lo sporco, lo scarto e l’idea di morte possono quindi essere contemporaneamente la fine e l’inizio di un nuovo processo vitale. Si pensi, ad esempio, al concime, che rivela la propria ricchezza in quanto fornitore di sostanze biologiche importanti per la terra e si pone quindi come punto di passaggio verso un nuovo ciclo vitale.
A questo proposito esiste in natura un coleottero, le scarabeo stercorario, che deposita le proprie uova nella stessa palla di sterco di cui le future larve si nutriranno; per gli antichi Egizi questo insetto celava in sé il principio dell’eterno ritorno ed era raffigurato con il disco solare fra le zampe. Da un punto di vista psicosomatico, i disturbi legati alla dimensione intestinale riporteranno in misura minore e/o maggiore questi e altri aspetti simbolici; anche da adulti, rappresenteranno la parte “ombra” della personalità, quella legata agli istinti. In questo caso, ai prodotti e alle funzioni della parte bassa del corpo non viene riconosciuto alcun valore positivo. Ancora nell’ambito delle pratiche mediche complementari possiamo rivolgerci con fiducia alla medicina omeopatica, che, ricordiamolo, è una vera e propria pratica medica, in particolare se svolta correttamente seguendo il metodo unicista di Hahnemann, solo ed esclusivamente da medici omeopati.
Si tibi deficiant medici, medici tibi fiant haec tria: mens laeta, requies, moderata diaeta.
Se non hai medici a portata di mano, ti facciano da medici queste tre cose: mente serena, riposo e moderazione nel mangiare.
Scuola Medica Salernitana, Regimen Sanitatis Salernitanum
La Scuola Medica Salernitana è stata la prima e più importante istituzione medica d’Europa nel Medioevo (XI secolo); come tale è considerata da molti come l’antesignana delle moderne università. La Scuola si fondava sulla sintesi della tradizione greco-latina completata da nozioni provenienti dalle culture araba ed ebraica. Essa rappresenta un momento fondamentale nella storia della medicina per le innovazioni che introduce nel metodo e nell’impostazione della profilassi. L’approccio era basato fondamentalmente sulla pratica e sull’esperienza che ne derivava, aprendo così la strada al metodo empirico e alla cultura della prevenzione. Di particolare importanza, dal punto di vista culturale, è anche il ruolo svolto dalle donne nella pratica e nell’insegnamento della medicina. Le donne che insegnarono e operarono nella scuola divennero famose con il nome di mulieres salernitanae.