Un giorno vidi un bambino di circa due anni sulla terrazza della sua casa. C’era un giardino con alcuni gradini di pietra e il bambino era da solo nel giardino. Lo sentii ridere così tanto e con tale entusiasmo che non sembrava un bambino. Mi sono detta: ecco un bambino felice. È libero, nel giardino dove ci sono tanti bei fiori. È molto felice, circondato dalla natura. Sono andata a vedere cosa stesse contemplando, e lui era lì, con le spalle ai bellissimi fiori, di fronte al muro grigio e guardava per terra. Stava ridendo. Non c’era nulla per terra e il bambino continuava a ridere. Guardai di nuovo, ed ecco che vidi un piccolo insetto che correva su una pietra davanti al bambino. Lui era felice di vedere che qualcosa di così piccolo potesse essere vivo e potesse correre così velocemente. Aveva visto i fiori, ma ciò che lo interessava ora era qualcosa di nuovo. Non importava che fosse piccolo. Certo, c’è bellezza tra i fiori, gli uccelli e gli alberi, ma queste cose erano vecchie e non potevano suscitare entusiasmo come qualcosa di nuovo, per quanto piccolo.
Osservando un bambino possiamo capire che la sua mentalità è in un certo senso come la nostra: tutte le cose che ci piacciono non suscitano il nostro entusiasmo. Vedete il contrasto tra qualcosa di bello che ci piace e ci diverte, ma che non porta alcun cambiamento nella nostra vita, e qualcosa che suscita il nostro entusiasmo e ci costringe ad agire, a vibrare? Cerchiamo di rendere felice il bambino, di rendere piacevole il suo ambiente e di metterlo in contatto con la natura, ma se non c’è nulla oltre a questo, il suo interesse e la sua intelligenza si affievoliscono. Lo stesso si può dire degli adulti. Possiamo avere una bella casa, un giardino o un’automobile, ma la nostra felicità non dipende da queste cose. Abbiamo bisogno di qualcosa di nuovo. Cercare il nuovo, questa è la natura dell’uomo. Ecco perché è così difficile rendere felici le persone. Di solito pensiamo di farle felici dando loro condizioni in cui vengono cullate dalla vita, eppure, quando diamo loro tutto ciò che vogliono, non sono felici. Dobbiamo quindi aiutare il bambino a trovare un incitamento e un’elevazione. Questo lo renderà felice e gli darà soddisfazione. Dobbiamo imparare a distinguere tra il bambino che è soltanto contento e soddisfatto e il bambino che è entusiasta. È molto importante avvicinarsi al bambino e cercare di capirlo.
Vorrei raccontarvi un altro esperimento che ho fatto con un bambino piccolo. Avevo intenzione di raccontargli una storia. Per fargliela capire, ho pensato di mostrargli un libro con delle illustrazioni. Volevo vedere che effetto avevano le immagini sul bambino e anche che cosa capisse della storia. Gli ho mostrato un’immagine che rappresentava una scena religiosa e ho cercato di dargli una spiegazione religiosa. Eravamo in un paese cristiano e l’immagine raffigurava Gesù Cristo. Ho cercato di far apprezzare al bambino la bella immagine in cui Gesù era circondato da bambini. Gli dissi quanto egli amasse i bambini e quanto questi fossero felici di stargli vicino. Il bambino guardava l’immagine con totale indifferenza. Mi sono sentita umiliata per aver ottenuto così poco successo. Girai le pagine e passai ad altre immagini. Dopo aver sfogliato due o tre pagine, il bambino mi fermò e disse: “Dorme.” Chiesi: “Chi dorme?” Il bambino rispose: “Gesù Cristo!” e chiesi perplessa: “Gesù Cristo dorme?” Il bambino disse: “Sì, sì!” Girai le pagine e vidi che essendo Gesù Cristo molto alto guardava i bambini dall’alto in basso e quindi sembrava avere gli occhi chiusi. Cosa aveva interessato il bambino? Il piccolo dettaglio, il particolare. Perché? Perché il bambino in questa fase è interessato alle cose piccole. Da una parte c’è l’adulto che sente la grandezza delle cose, che cerca di far apprezzare al bambino una parte di ciò che sente, e dall’altra c’è il bambino che concretamente cerca e trova i piccoli dettagli.
Un’altra volta avevo una bellissima immagine che rappresentava un famosissimo quadro italiano di carattere religioso dipinto da Raffaello, le cui opere ci sono note nei minimi dettagli, perché sono dei classici dell’arte nel nostro paese. I colori erano molto belli e ben riprodotti. Si trattava di un’immagine di Gesù Cristo in cima a una montagna, in mezzo alle nuvole. Stava ascendendo dalla terra e intorno a lui c’era un gruppo di persone che lo guardavano sorprese e stupite. Era un’immagine che toccava il cuore e l’immaginazione, e dissi al bambino: “Ecco Gesù che va in cielo. La gente lo guarda con sorpresa e meraviglia.” Il bambino rimase indifferente e continuò a giocare con un ciondolo di corallo a forma di coniglio che portava al collo. Quando smisi di parlare disse: “Questo è un coniglio!” Ho scartato l’immagine e ho cercato di trovare qualcos’altro che potesse interessare il bambino. Ho pensato che la mia spiegazione fosse troppo complessa per lui e che quindi si fosse interessato al suo ciondolo. Tuttavia, il bambino continuava a indicare l’immagine dicendo: “Coniglio, coniglio!” In effetti, c’era un piccolo coniglio! Nell’immagine di Cristo che va in Paradiso il bambino ha visto un piccolo coniglio che nessun altro ha notato.
Possiamo così mettere a portata di mano dei bambini cose artistiche che esprimono cultura e religione senza danneggiare la loro crescita mentale, perché recepiranno solo ciò che li interessa e che è alla loro portata. Questo è un grande sollievo per noi educatori, perché se dovessimo penetrare nella coscienza del bambino, sarebbe terribile per lui e per noi. Ora dobbiamo solo dargli ciò che è bello, ed egli prenderà ciò che gli è adatto.
Il bambino è un esploratore della natura e di tutto ciò che lo circonda, e recepisce le cose secondo la sensibilità dei diversi periodi sensitivi. Forse fino all’età di cinque anni è impossibile insegnare qualcosa al bambino. Cerchiamo di spiegargli le cose, ma non ci presta attenzione. Per questo gli psicologi hanno detto che il bambino piccolo non è in grado di imparare nulla.
Eppure questa è l’età più meravigliosa, quasi miracolosa. È quasi un miracolo che un bambino così piccolo possa imparare così tanto in così poco tempo. Non siamo noi a insegnarglielo. Questo bambino corre, cammina, parla e nota cose piccolissime. Ha fatto tutto da solo. Non siamo noi adulti ad averlo fatto per lui.
Si tratta quindi di un periodo speciale durante il quale il bambino compie gli studi più difficili di tutta la sua vita. Deve prendere da solo ciò che gli serve, con il suo metodo speciale. Non può ricevere da noi. Non possiamo essere insegnanti ma possiamo aiutare i bambini, e il nostro compito deve essere quello di rendere più facile questo enorme lavoro di esplorazione che egli compie. Dobbiamo cercare di preparare per lui un ambiente adatto e favorevole. Dobbiamo convincerci di essere persone umili, che non possono fare altro che essere testimoni di questa enorme capacità di autosviluppo del bambino.
Per questo è necessario, innanzitutto, che l’insegnante diventi umano. L’insegnante deve rendersi conto che nel bambino c’è un’energia potente a cui attinge continuamente, un’energia che non ha nulla a che fare con l’adulto. L’adulto deve capire che non è lui il creatore del bambino, ma che è l’umile servitore di questa meravigliosa espressione della vita. Deve cercare di suscitare in sé questo atteggiamento di umiltà, che in fondo è un atteggiamento di amore verso il bambino. In questa condizione, in cui l’adulto lascia libero il bambino facilitandone il compito e proteggendolo, possiamo vedere i semi della pace che vengono sparsi per il mondo.