capitolo 5

Sviluppo attraverso lo sforzo

Ci sono sempre bambini intorno a noi; sono facili da osservare, un materiale di studio che non manca al mondo. Il lavoro del bambino, che non ha movimenti coordinati né parola ma è pieno di potenzialità e di potere, che dal nulla costruisce un inizio, è degno della nostra più profonda attenzione. Questo essere misterioso e meraviglioso, che ha la capacità di sviluppare i poteri psicologici che noi adulti possediamo, che raccoglie le esperienze del suo ambiente e così facendo costruisce un uomo, è il padre da cui ereditiamo tutti i grandi tesori che ha saputo accumulare per noi.


Nel grembo della madre, il nascituro non usa gli organi che utilizzerà dopo la nascita, ma prende dal suo ambiente ciò che gli serve. Da solo costruisce gli organi che un giorno lo renderanno un uomo vivente.

Non deve sorprendere che dopo la nascita il bambino diventi quasi un embrione spirituale. Egli porta avanti questo lavoro di costruzione; costruisce la potenza dell’intelligenza umana e l’anima dell’uomo nel corpo fisico. Ovviamente ha alcuni poteri naturali che gli permettono di farlo, e proprio questi devono portarci a rispettare il bambino e la sua infanzia.


Per portare a termine il suo lavoro di costruzione, il bambino ha bisogno di un ambiente da cui prendere ciò che gli è necessario. In questo ambiente, che comprende anche gli adulti, la grande volontà del bambino è al lavoro per costruire organi che non possiede. Il bambino ha dentro di sé un disegno determinato, che deve e riesce a realizzare.


Se a un bambino di tre o quattro mesi viene offerto qualcosa che desidera, questo si lancia verso l’oggetto con tutto il corpo, compiendo così un movimento totale. Dopo un po’, quando il bambino è più grande, estenderà solo le braccia verso l’oggetto desiderato. Ancora in seguito, userà solo una mano e un braccio. Il bambino deve imparare a conoscere non solo ciò che lo circonda, ma anche se stesso e il proprio corpo.


Ora, lasciatemi descrivere qualcosa che è accaduto davanti ai miei occhi: una balia teneva in braccio un bambino, il quale aveva in una mano un sonaglio che faceva una specie di tintinnio. Il bambino aprì la mano e il sonaglio cadde. La balia, una donna molto paziente, lo raccolse e lo mise in mano al bambino, che lo tenne per un po’ e lo fece cadere di nuovo. Questo accadde più volte e durò finché la pazienza dell’adulto non si esaurì. Poi il bambino cominciò a fare qualcosa di diverso: quando aprì la mano per far cadere il sonaglio, lo rilasciò dito per dito finché non cadde. Ancora una volta la balia lo raccolse e lo diede al bambino. La volta successiva che il bambino aprì la mano lo fece lentamente, guardandola con intensa attenzione, come se cercasse la concordanza tra l’apertura delle cinque dita e la caduta del sonaglio. Il bambino stava infatti studiando il funzionamento della propria mano!


Dovete pensare al bambino come a una persona che studia. È uno studente del mondo. Può essere paragonato a quei giovani che vanno all’università perché sono interessati a certe materie e passano il tempo con i professori e i libri. Bisogna anche pensare al bambino come a qualcuno che fa sempre il massimo sforzo di cui è capace, uno sforzo che può dare misura di tutta la sua forza.


Spesso vediamo un bambino piccolo, che cammina impacciato, portare pesi eccessivi per lui. Per poterlo fare il bambino deve avere la libertà. Questa libertà è molto rara, perché l’adulto, appena vede il bambino portare un peso, gli corre subito incontro, prende il peso e lo porta lui stesso. È necessario che il bambino faccia le cose da solo: sostituendosi al bambino in tutti gli atti che questi vuole compiere, l’adulto gli chiude ogni via di attività e diventa così un grande ostacolo al suo sviluppo e alla sua evoluzione.


Vi racconterò di una ricca madre di New York che aveva un bambino di un anno e mezzo. Un giorno vide il figlio trasportare senza motivo una grande brocca piena d’acqua da una stanza all’altra. Vide l’intenso sforzo del bambino nel compiere ogni passo, sempre mormorando “Attento! Stai attento!” La madre lo osservò per un po’ con grande nervosismo e poi, non riuscendo a contenersi, gli prese la brocca dalle mani e la mise dove lui voleva. Il bambino sembrò quasi vergognarsi e gli vennero le lacrime agli occhi. Più tardi, la madre mi chiese consiglio. Le dissi di mandare a prendere delle tazze di porcellana di valore e di lasciare che il bambino ne portasse una. Lei seguì il mio consiglio e si accorse che il bambino portava le tazze con grande cura e attenzione, fermandosi a ogni passo finché non le aveva lasciate al posto desiderato.


Un altro bambino, di non più di due anni, aveva in braccio una pagnotta molto lunga e pesante. Doveva appoggiarla sul corpo, camminando con la testa così indietro da non riuscire a vedere i piedi. Le persone intorno (anche il cane che si trovava lì) guardavano lo sforzo del bambino con ansia tesa, come se stessero per aiutarlo. Gli adulti che guardavano questo bambino mi hanno poi raccontato quanto sia stato difficile per loro astenersi dal correre a prendere la pagnotta.


Pensate alla soddisfazione che prova il bambino quando compie un’azione; una soddisfazione molto reale, che potrebbe essere paragonata a quella che proviamo noi adulti quando riusciamo a fare qualcosa di molto difficile. Il bambino deve fare questi esercizi come uno sportivo con i suoi risultati, per allenare i movimenti dei suoi muscoli giorno dopo giorno. Così, non solo il bambino è paragonabile a uno studente dell’università, ma anche a uno sportivo che si prepara per una partita. È un conquistatore, un conquistatore del mondo e dei propri poteri. Se vuole acquisire capacità personali, l’abilità di fare le cose da solo, deve allenarsi. Se, ad esempio, voglio suonare il pianoforte, sono io che devo lavorare. Devo allenare le mie mani, i movimenti delle mie dita per acquisire l’agilità necessaria per suonare in modo efficiente. Nessuno può farlo al posto mio, dato che se lo fa qualcun altro, sarà lui ad acquisire la capacità.


Un’altra storia riguarda un bambino di non più di due anni, nella cui casa c’era una pila di vestiti appena lavati e stirati. Sulla pila c’era un set di tovaglioli ben piegati. Il bambino prese uno dei tovaglioli piegati, lo tenne con la massima cura, ci mise una mano sotto e lo portò in diagonale fino all’angolo opposto della stanza, dove lo posò a terra dicendo: “Uno!” Poi tornò indietro, facendo lo stesso percorso, come diretto da una sensibilità particolare, e prese un secondo tovagliolo con la stessa cura, lo portò sempre lungo lo stesso percorso e lo mise sopra il primo dicendo di nuovo: “Uno!” Ripeté l’azione finché non ebbe finito tutta la pila. Poi, allo stesso modo, riportò tutti i tovaglioli al posto originale. Anche se i tovaglioli non erano nelle stesse condizioni in cui erano all’inizio, erano in un ordine quasi perfetto. Il bambino è riuscito a fare questo esercizio senza essere aiutato da nessuno, e come si è sentito quando ha finito? Felice.


Questi sono alcuni esempi che dimostrano come l’ambiente in cui il bambino vive venga utilizzato dal bambino stesso. Quanto si impegna, con precisione e pazienza, per costruire la sua personalità! Ma spesso l’adulto non permette al bambino di compiere queste azioni, magari dicendo: “Perché mio figlio dovrebbe fare tutte queste cose? Ci sono tanti domestici che fanno questo lavoro!”. L’adulto dovrebbe invece cercare di capire i bisogni del bambino e cercare di soddisfarli al meglio preparandogli un ambiente adatto. Molto spesso è la madre che non riesce ad adattarsi a lasciare che il bambino sia attivo, e questo accade di solito perché ritiene che tutte le azioni compiute dal figlio siano inutili. Si sente così solo perché c’è molta differenza tra la le loro mentalità.


In Europa ci sono molte cose che si devono fare per soddisfare gli usi e costumi sociali, ad esempio mangiare con forchetta e cucchiaio4. Nella maggior parte delle case di solito sono la balia o la madre a dare da mangiare al bambino. L’adulto prende in una mano il cucchiaio e nell’altra il bambino e cerca di imboccarlo. A volte il bambino si rifiuta di mangiare e ha delle convulsioni perché non vuole essere nutrito. Mentre la madre vuole dargli da mangiare, lui vorrebbe farlo da solo. Quando il bambino viene lasciato solo, prende il cucchiaio con una mano, raccoglie il cibo e lo porta alla bocca, ma spesso il cucchiaio si capovolge e il cibo si rovescia.


Ho visto un bambino (che si era ribellato quando la madre gli aveva dato da mangiare la prima volta) mettere in bocca con cura un cucchiaio di minestra dopo l’altro, anche se ogni cucchiaiata veniva versata. Il piatto rimaneva dov’era e lui continuava ad essere affamato, ma era soddisfatto. Quando la zuppa fu riportata e la madre cercò di imboccarlo, il bambino non si ribellò. Evidentemente era soddisfatto di aver imparato il movimento della mano ed era questa la cosa più importante; il suo appetito poteva essere soddisfatto in seguito.


In Italia abbiamo osservato un bimbo che mangiava facendo attenzione ai suoi movimenti punto per punto. Aveva della pasta in mano. Era troppo piccolo per capire l’esatta coordinazione dei movimenti necessari per mangiarla, così prima la portò vicino al naso, poi la mise vicino alla guancia e infine riuscì a metterla in bocca. Doveva imparare i gesti coinvolti.

Una delle cose più difficili per l’adulto è giudicare gli sforzi e i bisogni del bambino. Anche se il bambino non riesce nel suo intento, l’adulto non dovrebbe interrompere le sue azioni. La difficoltà dell’adulto è che si sente irritato quando il bambino cerca di compiere un’azione che lui ritiene non necessaria.


Il ritmo di movimento del bambino è molto diverso da quello dell’adulto. Per noi è quasi impossibile cambiarlo, forse perché fa parte del nostro assetto e della nostra costituzione.

Ho visto un’infermiera, capace di prendersi cura di una ferita, di curarla e di sopportare ogni cosa da un ferito, incapace di assistere un uomo paralitico che stava cercando di bere. La sua mano tremava e l’infermiera non riusciva a sopportarlo. Voleva dargli lei da bere. Noi adulti siamo capaci di occuparci degli altri, ci piace aiutare chi non può prendersi cura di sé.


Allo stesso modo, ci piace fare tutto per il bambino. Anzi, lo facciamo. Rispetto a un adulto, i metodi di esecuzione delle azioni del bambino sono dolorosamente lenti. L’unica cosa che non riusciamo a fare è rinunciare al nostro ritmo per dare spazio al bambino, per lasciargli fare le cose lentamente e dolorosamente, come è nella sua natura fare secondo il suo ritmo.

Lezioni dall'India 1939
Lezioni dall'India 1939
Maria Montessori
Lo sviluppo creativo del bambino. 75 lezioni in italiano tenute da Maria Montessori durante il primo Corso Montessori Internazionale nel 1939 a Madras, che spaziano dalla psicologia all’uso dei materiali.