capitolo 64

Trasmettere idee: Scrivere

I

l linguaggio scritto è la rappresentazione delle idee che il bambino ha. Il bambino analizza le parole che possiede nella sua mente, noi gli offriamo l’alfabeto come chiave per esplorare il mondo di idee che possiede. Bisogna fare molta attenzione che questo alfabeto non diventi un mezzo di oppressione, un mezzo per uccidere il suo interesse.


La lettura è il dono più grande fatto all’umanità, perché permette a chiunque di entrare in comunicazione silenziosa con l’anima di chi scrive, di ascoltare i pensieri delle persone del passato, di sentire le loro emozioni. In fondo, sono solo le cose più belle del passato che vale la pena conservare, che sono state registrate. Al bambino si apre tutto il nuovo mondo del passato. L’entusiasmo e l’interesse che ha per la lettura non devono essere uccisi dall’offerta di stupidi dettagli. L’interesse per i dettagli esploderà da solo in seguito, noi dobbiamo lasciare che il bambino si prenda il suo tempo e che un giorno scopra di saper leggere, proprio come ha fatto con la scrittura. Non dobbiamo cercare di insegnare al bambino a leggere le parole solo perché è in grado di scrivere, dobbiamo invece lasciare che analizzi e produca le sue idee attraverso le lettere, prima che arrivi a cogliere il significato di ciò che non conosce e che è espresso dalle lettere.


Sappiamo che la lettura meccanica è l’interpretazione dei suoni rappresentati dalle lettere. Arriverà un giorno in cui il bambino, invece di comporre parole, cercherà di interpretare i diversi suoni delle lettere che compongono le parole. A volte possiamo persino sentirlo borbottare i suoni. Quando questo accade, sappiamo che è arrivato il momento di un’altra lezione. Possono passare sei mesi tra l’ultima lezione sul linguaggio e quella da tenere ora. Quando si tratta di una lezione psicologica dobbiamo iniziare con una parola che sia molto familiare al bambino, assicurandoci che sia semplice e scritta foneticamente.


In Olanda, alcune insegnanti cercarono di proporre prima le parole fonetiche. Non ci riuscirono, perché la loro lingua, l’olandese, aveva pochissime parole fonetiche. Si lamentavano che i bambini non erano interessati alle lezioni di lingua. Mi recriminavano il fatto che non potevo capire la difficoltà di insegnare la lingua olandese perché non la conoscevo e che questo metodo non era adatto all’olandese. Andai a scuola e proposi che se fossimo riuscite a trovare una sola parola fonetica, anche se ce n’era una sola nella lingua, l’avremmo data per prima. L’insegnante acconsentì. La parola che scegliemmo fu mama, che di solito è fonetica in tutte le lingue. L’insegnante chiese al bambino di leggerla. Il bambino aveva capito che la lettura consisteva nel rappresentare i suoni delle lettere. All’inizio il bambino lesse i suoni lentamente, uno per uno. L’insegnante chiese al bambino di leggere sempre più velocemente, finché alla fine questo proruppe in una lettura della parola! Una volta fatto, il bambino scoprì tutta la gioia della lettura e continuò a leggere tutte le parole, indipendentemente da come erano scritte, che fossero fonetiche o meno. In seguito non c’era più modo di trattenere il bambino dalla lettura. Il desiderio di leggere cresceva come una fiamma che divorava ogni tipo di parola, scritta o stampata. L’unica difficoltà consisteva nel fornirgli un numero sufficiente di parole man mano che procedeva nella lettura.

sto della frase.

Ci sono diverse fasi per insegnare al bambino a leggere. Per prima cosa gli offriamo oggetti i cui nomi sono fonetici: drum, desk, band, lamp123. Possiamo anche offrire immagini che rappresentano gli oggetti. Esistono due serie di carte: in una troviamo il nome dell’oggetto dietro ogni immagine, mentre nell’altra non ci sono nomi dietro l’immagine. Nella prima serie c’è un controllo dell’errore. Quando il bambino gira la carta, trova scritto il nome dell’oggetto.


Ci sono altre raccolte di immagini che consistono in oggetti i cui nomi sono sia non fonetici che fonetici. Il bambino cerca di leggere le parole non fonetiche con l’aiuto della conoscenza delle parole che già conosce. Riconosce le parole non fonetiche grazie alla presenza di alcuni suoni in quella parola che conosce, per questo motivo dobbiamo avere l’accortezza di mescolare solo poche parole non fonetiche con molte fonetiche, assicurandoci che il bambino conosca bene tutti gli oggetti presenti nelle immagini. Dobbiamo anche introdurre molte parole in cui due o più lettere sono pronunciate in modo particolare – la doppia o in parole come cool, stool, per offrire un nuovo campo di esplorazione. Il bambino si interessa alla pronuncia e inizia a cercare tutte le parole che presentano questa combinazione.


La preparazione del lavoro artistico per il bambino non è facile per l’insegnante, perché tutto deve essere bello, elegante e naturale. Ci sono due serie di carte; nella prima ci sono solo immagini, mentre nella seconda ogni immagine ha il nome dell’oggetto scritto sotto. Nella terza serie ogni immagine della prima serie ha un foglietto corrispondente con scritto il nome dell’oggetto. All’inizio viene proposto l’insieme di immagini senza nome. Il bambino non sa leggere, quindi è inutile dargli le immagini con i nomi scritti sotto. Poi si propongono le stesse immagini a un bambino più grande, con i nomi scritti sotto. Il bambino conosce già questi nomi, quindi, anche se non sono fonetici sarà interessato a leggerli. Poi il bambino legge i cartoncini su cui sono scritti i nomi delle immagini della prima serie e li abbina alle immagini. Queste raccolte di immagini sono raggruppate in diverse serie a seconda dei diversi argomenti di studio che rappresentano: botanica, geografia e così via. Servono sia come parole per aumentare il vocabolario sia, allo stesso tempo, per preparare il bambino agli studi correlati. Le raccolte di immagini della prima serie di carte sono inserite in buste di colori diversi. Quando il bambino sa leggere, questa serie viene tolta e la seconda serie di carte con i nomi scritti sotto viene messa dentro queste buste. Poi si mettono nelle buste le immagini senza i nomi scritti sopra e i nomi scritti su una serie separata di cartoncini, e il bambino accoppia i nomi e le immagini.


Questo è il primo passo. Ci limitiamo a dare le parole e gli oggetti e il terreno è già pronto per la lettura. Ciò permette al bambino di imparare parole non fonetiche con interesse e senza difficoltà. Se non viene fatta una tale preparazione, non è così facile imparare a leggere. Questo fa parte di quella che chiamiamo lettura statica, perché si tratta semplicemente di riconoscere le parole che appartengono a determinati oggetti e di posizionare le carte contenenti queste parole in corrispondenza degli oggetti. Ecco il primo passo della lettura. C’è una sola parola e un solo oggetto.


Questa presentazione non viene fatta a un gruppo di bambini, ma individualmente, per aiutare il bambino a crescere mentalmente. Prepariamo questo ambiente speciale per aiutare la sua crescita, per offrirgli la libertà di procedere con il suo lavoro in modo normale. Le lezioni collettive vengono impartite solo al bambino che non è ancora stato normalizzato. Dopo la normalizzazione ogni bambino cresce individualmente, a modo suo. Un bambino può essere pronto per la lezione un giorno e un altro un altro giorno. 


Se durante una presentazione individuale gli altri bambini vengono a guardare, non è necessario chiedere loro di andarsene. Non c’è nulla di male se si riuniscono spontaneamente in gruppo. Non dobbiamo interferire con il bambino, sia che lavori individualmente sia che lavori collettivamente. Se diamo una lezione, non ordiniamo a tutti i bambini di smettere di fare quello che stanno facendo per ascoltare. Molti bambini potrebbero non essere assolutamente interessati alla lezione e noi potremmo annoiarli. Di solito la lezione di lettura viene impartita a un bambino individualmente. Un bambino interessato a queste parole può continuare la lezione per un’ora. Se vediamo che è interessato, possiamo dare altre parole nuove. In una mattina un bambino può imparare venti parole nuove. Il giorno successivo lo stesso bambino potrebbe volere un’altra lezione. Se vede l’insegnante impegnata con un altro bambino, può chiamare un altro compagno e iniziare a insegnargli tutti i nuovi nomi che aveva imparato il giorno precedente. Così a volte possiamo vedere gruppi di bambini seduti insieme che fanno la stessa lezione da soli. Questa è l’autoeducazione.

L’importanza di trasmettere le idee quando non si è in grado di parlare è sempre stata sentita. Per potersi esprimere in qualsiasi modo, prima di tutto deve esserci un’intesa tra la persona che si esprime e quella che sta ascoltando, quindi le persone devono essere d’accordo sul significato dei suoni o dei segni che usano. In altre parole l’accordo, il consenso, deve precedere la comprensione. Un tempo le persone non scrivevano ed esprimevano i loro pensieri per mezzo di immagini. Questo tipo di scrittura è chiamato pittografia124, perché faceva uso di immagini. Le immagini erano solo simboli diagrammatici. In epoca preistorica, tutti i nativi americani del Nord America usavano la stessa lingua scritta, anche se parlavano molte lingue diverse. Alcuni abitanti di un villaggio andarono a visitare gli abitanti di un altro villaggio. Non trovarono nessuno in casa, ma era stato lasciato un biglietto per i visitatori. La prima immagine, una figura simbolica di un uomo, diceva: “Siamo andati via.” La seconda immagine, un uomo con le dita tese, diceva: “Siamo molti.” La terza immagine diceva: “Staremo via diverse notti.” L’ultima immagine, che mostra le cinque dita di una mano e l’altra mano che indica, dice: “Torneremo dopo cinque giorni.” Certamente tutti dovrebbero aver raggiunto un accordo sul significato di queste immagini per poterle interpretare. Possiamo facilmente immaginare un’intera lingua fatta in questo modo.

In effetti, molti bambini creano un linguaggio quasi simile a questo. Due o tre bambini formano un gruppo e sviluppano una scrittura segreta sconosciuta a madri, padri e insegnanti, da usare solo tra di loro. È qualcosa di veramente infantile! Perché allora non proporre uno studio del genere al bambino? Di fatto, gli inizi di tutti gli studi sono degni di essere offerti al bambino perché fanno appello alla sua intelligenza.

Dalla pittografia l’umanità è passata oltre125. Nella pittografia, il nome di un grande re messicano, Itzcoatl, è rappresentato da uno schizzo del re così come appariva realmente. Sopra la sua testa c’è un disegno che ci dà il suo nome. I nomi delle persone hanno spesso un altro significato. Per esempio, Brown è un nome proprio e anche il nome di un colore, il marrone. Allo stesso modo Itz significa serpente e coatl significa coltello di ossidiana. Si era raggiunto un accordo sul fatto che una particolare forma rappresentasse un serpente e che i denti del pettine che spuntavano dal serpente nella figura rappresentassero il coltello. Così il nome del re era rappresentato nei simboli. Il re era stato onorato e il suo nome era stato trasmesso ai posteri attraverso l’immagine!

I geroglifici126 dell’Egitto sono simili. Dobbiamo capire come gli esseri umani siano arrivati a quest’idea semplice e primitiva utilizzata ancora oggi. Invece di usare un’immagine degli oggetti come simboli, si usavano immagini di cose che, se pronunciate, riproducevano il suono del nome degli oggetti. I simboli rappresentavano gli oggetti che, se pronunciati, producevano i suoni speciali che dovevano essere rappresentati. Così da un lato c’è il coltello di ossidiana, ma qui il serpente è scomparso. Al suo posto sono stati inseriti due segni: un vaso e un simbolo che rappresenta l’acqua. Nella lingua messicana il vaso era co e l’acqua era chiamata atl. Quindi, al posto di coatl, che significa serpente, abbiamo due rappresentazioni simboliche del vaso e dell’acqua. Abbiamo quindi lo stesso nome rappresentato in due modi diversi: quello pittografico e quello geroglifico.


Questo tipo di rappresentazione con molte complicazioni è alla base di alcuni giochi spesso praticati nel nostro paese, chiamati indovinelli. Danno piacere alla mente e sono usati per intrattenere. Possiamo quindi raccogliere e cercare alcuni di questi indovinelli che risalgono alla preistoria e che offrono al bambino divertimento e cultura.


Possiamo ben immaginare come questo tipo di rappresentazione sia diventato sempre più complicato, e come sia stato difficile esprimere pensieri in scrittura di quei tempi. Sono queste forme di rappresentazione nel linguaggio che sono state complicate, stravolte, mescolate e utilizzate nelle forme di linguaggio più evolute. Quanto è semplice oggi con i nostri alfabeti evoluti! Prendiamo un semplice disegno, molto facile da riprodurre, per rappresentare i suoni della lingua. Con l’alfabeto possiamo comporre un numero qualsiasi di parole. L’alfabeto permette un’analisi di queste parole, da cui nascono tutti i bellissimi esercizi di cui abbiamo già parlato. Il bambino si entusiasma e apprezza profondamente la lingua che già possiede.


Il bambino è interessato alle idee della preistoria, alle rappresentazioni grafiche del pensiero umano. Gli illustrano quanto l’umanità si sia sforzata di migliorare la scrittura prima di arrivare alla relativa perfezione di cui gode oggi. Nella scrittura antica vediamo la prova della fatica, dello sforzo di persone che sono arrivate a una soluzione che è al servizio dell’intera umanità.


L’alfabeto è indispensabile quando vogliamo trasmettere ai nostri figli la grandezza del nostro paese, le tradizioni del passato e le cose alte e nobili che ispirano la conoscenza. Attraverso l’alfabeto possiamo trasmettere al bambino tutto ciò che ci ha portato all’apice del progresso che abbiamo raggiunto oggi. Dobbiamo cercare di mantenere vivo l’entusiasmo e l’interesse del bambino. Quando leggerà con l’aiuto dell’alfabeto potrà dire: “È una fortuna che io sia nato in questi giorni in cui è così semplice riprodurre le idee!” Possiamo scrivere un libro per bambini sulla storia del linguaggio e illustrare, in modo semplice, gli sforzi che l’umanità ha fatto per creare l’alfabeto, che ha reso accessibile a tutti ciò che prima era riservato solo ai dotti o ai sommi sacerdoti della cultura. Questo potrebbe risvegliare nel bambino l’ammirazione per la meraviglia dell’alfabeto e della scrittura del presente e un profondo apprezzamento per ciò che abbiamo, risvegliando la sua gratitudine.


Nei tempi moderni, l’insegnamento della grammatica ha sollevato molte questioni. La pedagogia moderna sostiene la libertà del bambino e la riduzione della sua fatica. In questo contesto, la grammatica è stata considerata una delle materie di studio più difficili e i pedagogisti ne hanno consigliato l’eliminazione dal curriculum. Questa non è una soluzione. Non possiamo abolire ogni tipo di studio perché continuiamo a insegnare ogni materia in modo noioso.


Ora, potremmo dire che la grammatica non serve a nulla! In fondo è solo un’analisi di un linguaggio che esiste già. È dalla lingua scritta, dallo studio di libri ben scritti che è nata la grammatica. Perciò, per scrivere bene, non è necessario conoscere la grammatica. I più grandi scrittori classici italiani non la conoscevano. Le loro opere sono state additate come grandi esempi, eppure la grammatica italiana non esisteva quando erano in vita! Dobbiamo quindi considerare la grammatica come un mezzo per aiutare lo sviluppo mentale del bambino.


Nelle scuole tradizionali la grammatica viene insegnata a un’età relativamente avanzata, sette anni. In base alla nostra esperienza, l’abbiamo riportata a bambini più piccoli. Nelle nostre scuole, infatti, lo studio della grammatica viene iniziato con lo studio della scrittura e lo studio dell’analisi viene iniziato prima che il bambino sappia leggere. Nel linguaggio è possibile fare un’astrazione, come quella del colore. È anche possibile isolare l’astrazione dalle altre qualità dell’oggetto. Così, lo studio della grammatica diventa facile.


Ogni oggetto del mondo ha un nome, rappresentato da una parola. Questo nome è comune a tutti gli oggetti. Tutti questi oggetti che hanno un nome sono concreti. Il bambino sa che questi oggetti hanno un nome. Gli oggetti sono lì, insieme ai cartoncini su cui sono scritti i loro nomi. Per estrarre l’idea astratta del sostantivo usiamo un simbolo. Si tratta di qualcosa che non è né scrittura, né pittografia, né geroglifico. Rappresentiamo un’idea astratta con un simbolo. Il bambino ha lavorato con le figure geometriche. Il triangolo equilatero, la figura più stabile di tutte, viene utilizzato per rappresentare il sostantivo: è nero, qualcosa che rimane solido, fisso e inamovibile.

Alcune parole rappresentano un’attività continua. Possiamo eseguire queste azioni: camminare, saltare, cantare127. Di queste azioni non rimane nulla quando l’azione è finita, rimangono solo i nomi scritti sulle carte, ma nessun oggetto. Qui c’è la differenza fondamentale tra il verbo e il sostantivo che i bambini colgono immediatamente. A volte sentiamo persino il bambino dire: “A casa mia ci sono molti sostantivi!” Un altro può dire: “Oh, mia madre fa sempre i verbi!” Il verbo è rappresentato da un cerchio rosso a forma di sole. Il cerchio rosso è rotondo e rotola sempre. Non è stabile. Denota per forma e colore attività, vigore e vita.

Le prime figure geometriche contrastanti che abbiamo presentato al bambino sono state il poligono con il minor numero di lati – il triangolo – e il poligono con il maggior numero di lati – il cerchio. Anche in questo caso utilizziamo lo stesso principio. I simboli contrastanti servono a fissare e a rendere stabile l’idea.

Esiste anche un’altra parte del discorso che è sempre unita al sostantivo: l’aggettivo. Può far parte del sostantivo a tal punto da modificarlo. Così un’idea che prima era data sia dal sostantivo che dall’aggettivo può essere data solo da questo nome modificato. Ad esempio, la parola booklet significa libro, come book. Invece dell’aggettivo little che si accompagna al sostantivo book, essi vengono combinati in un nuovo nome booklet. Quindi gli aggettivi, le parole che si aggiungono al sostantivo per completarne il significato, sono rappresentati da un simbolo leggermente diverso per dimensione e colore, ma con la stessa forma del simbolo del sostantivo. Se consideriamo la lingua, vediamo che il sostantivo è sempre accompagnato dall’articolo. Il simbolo che rappresenta l’articolo è molto piccolo. Quello che rappresenta l’aggettivo è leggermente più grande. Possiamo paragonarlo alla rappresentazione di una madre che tiene in braccio un bambino e ne conduce un altro per mano. Queste tre parti del discorso formano un gruppo. Formano una delle famiglie di parole. Le parti del gruppo sono strettamente correlate tra loro.

Possiamo chiedere a un bambino di camminare. Poi possiamo chiedergli di camminare velocemente. In entrambi i casi cammina e non rimane nulla dell’azione dopo che ha finito di camminare. Nel secondo caso l’azione è stata modificata. L’avverbio è come la luna accanto al verbo, un piccolo cerchio di colore arancione. Il piccolo triangolo nero128 che sembra saltare verso il cerchio rosso è il pronome. Sembra una piccola cometa, una strana parte della famiglia del sostantivo che è stata attratta dal verbo da cui non si può staccare. Questo gruppo forma un’altra famiglia di parole.

Il simbolo verde rappresenta una catena con tre anelli uniti tra loro129. Quando si dice “il vaso e la scatola” la parola e è l’anello che unisce la scatola al vaso. Questa è la congiunzione. Se diciamo “il vaso sulla scatola” la parola sulla indica la posizione relativa del vaso e della scatola. Il segno della freccia130 rappresenta la preposizione. C’è poi un terzo simbolo, una nuvoletta131, da cui possono uscire lampi e tuoni, per rappresentare parole senza alcuna idea: l’interiezione. Serve solo a sottolineare o accentuare il significato.

Quindi le parole che muovono e mettono insieme le cose, o le separano, o le mettono in una certa posizione rispetto a un’altra, sono chiamate parti secondarie del discorso. Vanno distinte dalle parti fondamentali del discorso. L’interiezione non ha alcuna importanza, ma si colloca tra queste parti secondarie del discorso. Qui abbiamo tutti i simboli della grammatica, due gruppi fondamentali, la famiglia dei triangoli e la famiglia dei cerchi, ciascuno diviso in tre parti, e anche tre parti secondarie del discorso132.

Possiamo individuare verbi e sostantivi, sia nel pensiero che nella scrittura. Da ciò deriva un gran numero di esercizi, anche per un bambino molto piccolo. Una volta conosciuti i simboli, il bambino comincerà a cercare le parole: i sostantivi, i verbi e tutte le altre parti del discorso. A poco a poco, nelle prime fasi della scrittura e della lettura, emerge un’analisi attraverso una rappresentazione simbolica delle parole.

Lezioni dall'India 1939
Lezioni dall'India 1939
Maria Montessori
Lo sviluppo creativo del bambino. 75 lezioni in italiano tenute da Maria Montessori durante il primo Corso Montessori Internazionale nel 1939 a Madras, che spaziano dalla psicologia all’uso dei materiali.