l linguaggio scritto è la rappresentazione delle idee che il bambino ha. Il bambino analizza le parole che possiede nella sua mente, noi gli offriamo l’alfabeto come chiave per esplorare il mondo di idee che possiede. Bisogna fare molta attenzione che questo alfabeto non diventi un mezzo di oppressione, un mezzo per uccidere il suo interesse.
La lettura è il dono più grande fatto all’umanità, perché permette a chiunque di entrare in comunicazione silenziosa con l’anima di chi scrive, di ascoltare i pensieri delle persone del passato, di sentire le loro emozioni. In fondo, sono solo le cose più belle del passato che vale la pena conservare, che sono state registrate. Al bambino si apre tutto il nuovo mondo del passato. L’entusiasmo e l’interesse che ha per la lettura non devono essere uccisi dall’offerta di stupidi dettagli. L’interesse per i dettagli esploderà da solo in seguito, noi dobbiamo lasciare che il bambino si prenda il suo tempo e che un giorno scopra di saper leggere, proprio come ha fatto con la scrittura. Non dobbiamo cercare di insegnare al bambino a leggere le parole solo perché è in grado di scrivere, dobbiamo invece lasciare che analizzi e produca le sue idee attraverso le lettere, prima che arrivi a cogliere il significato di ciò che non conosce e che è espresso dalle lettere.
Sappiamo che la lettura meccanica è l’interpretazione dei suoni rappresentati dalle lettere. Arriverà un giorno in cui il bambino, invece di comporre parole, cercherà di interpretare i diversi suoni delle lettere che compongono le parole. A volte possiamo persino sentirlo borbottare i suoni. Quando questo accade, sappiamo che è arrivato il momento di un’altra lezione. Possono passare sei mesi tra l’ultima lezione sul linguaggio e quella da tenere ora. Quando si tratta di una lezione psicologica dobbiamo iniziare con una parola che sia molto familiare al bambino, assicurandoci che sia semplice e scritta foneticamente.
In Olanda, alcune insegnanti cercarono di proporre prima le parole fonetiche. Non ci riuscirono, perché la loro lingua, l’olandese, aveva pochissime parole fonetiche. Si lamentavano che i bambini non erano interessati alle lezioni di lingua. Mi recriminavano il fatto che non potevo capire la difficoltà di insegnare la lingua olandese perché non la conoscevo e che questo metodo non era adatto all’olandese. Andai a scuola e proposi che se fossimo riuscite a trovare una sola parola fonetica, anche se ce n’era una sola nella lingua, l’avremmo data per prima. L’insegnante acconsentì. La parola che scegliemmo fu mama, che di solito è fonetica in tutte le lingue. L’insegnante chiese al bambino di leggerla. Il bambino aveva capito che la lettura consisteva nel rappresentare i suoni delle lettere. All’inizio il bambino lesse i suoni lentamente, uno per uno. L’insegnante chiese al bambino di leggere sempre più velocemente, finché alla fine questo proruppe in una lettura della parola! Una volta fatto, il bambino scoprì tutta la gioia della lettura e continuò a leggere tutte le parole, indipendentemente da come erano scritte, che fossero fonetiche o meno. In seguito non c’era più modo di trattenere il bambino dalla lettura. Il desiderio di leggere cresceva come una fiamma che divorava ogni tipo di parola, scritta o stampata. L’unica difficoltà consisteva nel fornirgli un numero sufficiente di parole man mano che procedeva nella lettura.
sto della frase.