capitolo 3

Assistenza vera allo sviluppo

D

obbiamo conoscere un po’ meglio il bambino, che è un po’ misterioso, un po’ nascosto. Il bambino segue costantemente una guida interiore. Quando inizia a muoversi e quando raggiunge un movimento perfetto, obbedisce a certe leggi interne di sviluppo.


Il bambino ha molti muscoli e ognuno di essi deve essere attivo e coordinato. Devono agire in accordo l’uno con l’altro e ci deve essere ordine nell’azione.

La coordinazione del movimento è un fenomeno molto complesso, governato dalla natura stessa. Per ottenere la coordinazione sono necessari esercizio e attività. In generale, è necessario uno scopo da raggiungere. Per arrivare alla realizzazione di uno scopo è necessaria anche una volontà che diriga le azioni dell’individuo. Quando l’adulto pensa al movimento del bambino, pensa sempre a un movimento disordinato. Non riesce a concepire un movimento coordinato nel bambino. Crede che, se non fosse per lui, il bambino non potrebbe muoversi in modo coordinato. Desidera dirigere le attività e le azioni del bambino con la propria volontà.


Il bambino ha direttive naturali, impulsi naturali che lo portano a raggiungere la coordinazione dei movimenti. La prova più evidente di ciò è l’imitazione dei movimenti che vede compiere intorno a sé. Se questi sono coordinati, allora il bambino ha una guida per raggiungere la coordinazione. Così, un bambino piccolo che osserva i movimenti degli adulti in casa cerca di fare lo stesso tipo di azione.


Una bambina di tre anni e mezzo riceveva lezioni di musica da un insegnante che la faceva camminare intorno a un grande tavolo rotondo. Una bambina di non ancora due anni, che viveva nella stessa casa, mostrò il desiderio di compiere la stessa azione. L’insegnante, nella dignità della sua professione, disse: “Non posso occuparmi di una bambina di soli due anni.” La famiglia non vedeva che male ci sarebbe stato se questa bambina si fosse limitata a camminare dietro l’altra, così l’insegnante dovette cedere. Quando arrivò la volta successiva, gettò il cappello e il cappotto sul divano e con rassegnazione disse: “Vediamo cosa possiamo fare con una bambina di due anni.” Quando alla bambina fu detto che poteva camminare intorno al tavolo a tempo di musica dietro la sorella, rifiutò con rabbia. Le fu chiesto perché non volesse più girare intorno al tavolo con la sorella, e lei spiegò di essersi arrabbiata nel vedere il cappotto e il cappello della maestra sul divano, perché non era il posto giusto. Voleva metterli dove venivano tenuti di solito. Una volta fatto questo, la bambina fu molto felice di camminare dietro alla sorella.


Fino all’età di due anni il bambino è molto sensibile a qualsiasi aspetto di disordine nel suo ambiente. Ha capito dove sono collocati gli oggetti, sa che hanno una disposizione precisa e imita questo ordine. Ha bisogno che le cose siano nello stesso posto prima di procedere a qualsiasi altra attività. A tre anni e mezzo, il bambino non si preoccupa più del disordine. Non gli importa se le cose sono fuori posto. Quindi i movimenti coordinati sono preceduti da un periodo in cui si stabilisce l’ordine.


È evidente che il bambino cerca di imitare ciò che vede compiersi intorno a sé. Questa imitazione non è meccanica, come quella di una scimmia che vede un movimento e cerca di ripeterlo. Potremmo dire, invece, che è uno studio di come realizzare questi movimenti. Cosa fanno gli adulti per lavare un piatto? Il bambino osserva, ma non meccanicamente senza alcun aiuto esterno come farebbe la scimmia. Vedendo lavare i piatti, una scimmia farebbe gli stessi movimenti senza avere un piatto in mano. Il bambino non si limiterà a ripetere i gesti, ma eseguirà i movimenti di lavaggio dei piatti. Non è detto che esegua l’azione subito dopo averla vista compiere, ma forse la assimilerà e la ripeterà in seguito. Impara a muoversi e, dopo aver acquisito questa capacità, esegue un movimento preciso.


Lo stesso accade con le parole. Un pappagallo, sentendo certi suoni, pigola più o meno per imitazione, cercando di produrli. Un bambino, invece, capisce il significato delle parole che impara, non si limita a ripetere meccanicamente i suoni. Il bambino impara a dire: “Voglio mangiare.” Ma userà queste parole solo quando avrà fame. Non si tratta quindi di semplice imitazione, è uno studio che egli compie attraverso l’esperienza.


È la ripetizione di queste esperienze che porta gradualmente alla coordinazione del movimento. Ecco perché il bambino piccolo ha bisogno di un ambiente semplice, in cui gli adulti intorno a lui compiano azioni semplici e naturali che egli possa osservare, studiare e poi eseguire.


Sebbene questo sembri abbastanza semplice, nella maggior parte degli ambienti il bambino incontra molte difficoltà nel cercare di portare avanti le azioni da solo. Innanzitutto, i bambini sono messi in disparte e non vedono nulla. Le madri, quando compiono delle azioni, le fanno velocemente e in modo molto complicato. Spesso se il bambino vuole fare qualcosa, non gli viene permesso. A volte non gli è nemmeno permesso di toccare qualcosa. L’adulto compie per il bambino tutte le azioni che egli dovrebbe fare da solo e non gli permette nemmeno di vederle compiersi. Queste condizioni non gli permettono di fare le sue esperienze e di studiare da solo. Dobbiamo mettere il bambino in un ambiente in cui possa compiere azioni, in modo da poter osservare come sviluppa la coordinazione dei movimenti in modo naturale.


Un fatto dimostratoci da un bambino ci sorprese molto. A nessun bambino piace essere aiutato, eppure tutti sentiamo che deve esserlo. Gli adulti pensano che la cosa migliore da fare per il bambino sia fare tutto per lui. Nel nostro Paese diciamo che il bambino è fortunato ad avere intorno a sé tante persone che lo aiutano e fanno tutto al posto suo. Lodiamo una madre quando fa tutto per il figlio: una buona madre lo lava, lo veste, lo porta a spasso, lo mette a letto e lo tira fuori dal letto. Tutti abbiamo notato che i bambini sono ingrati! Invece di mostrarci la loro gratitudine, si ribellano e dicono: “No, no! Non voglio essere lavato! Non voglio andare a letto!” Allora diciamo che il bambino è cattivo e che nell’infanzia c’è uno spirito di contraddizione o di opposizione. Diciamo anche che i bambini sono incivili per natura, perché non vogliono essere lavati e pettinati.


Se osservassimo il bambino, vedremmo che non è contrario a lavarsi e pettinarsi. È contrario al fatto che qualcuno lo umili, come se fosse un oggetto, e faccia queste cose per lui. Quando qualcuno cerca di fare le cose al posto suo, il bambino si ribella. Non si tratta solo di un desiderio di essere attivo, ma anche di quello che potremmo definire un profondo sentimento di indipendenza, di libertà, che è innato nell’infanzia: non essere toccato dagli adulti, avere la sensazione appagante di poter compiere un’azione da solo.


Una volta compreso questo, ci rendiamo conto di quanto sia naturale. È certo che se facciamo le cose al posto del bambino, egli non sarà mai in grado di fare la propria esperienza e di realizzare la coordinazione che deve compiere. Così, quando una madre lava, veste e pettina il figlio, avrà un bambino ben vestito e ben pettinato ma che non ha esperienza ed è incapace di compiere azioni, e quindi incapace di sviluppare ciò che è nobile e più elevato in sé stesso. Se un bambino ha fame e noi diciamo: “Oh povero bambino, quanto deve lavorare con quelle mascelle. Mangio io per lui”, il bambino potrà anche riposare, ma sarà denutrito. Se l’adulto compie tutte le azioni al posto suo, egli non potrà svilupparsi. Nel corso degli anni, abbiamo osservato questa situazione tra i bambini di tutto il mondo.


Pertanto, il primo e più importante principio alla base del nostro metodo è che ogni aiuto inutile dato al bambino diventa un ostacolo al suo sviluppo. Non si tratta di mera filosofia, ma di un dato di fatto a cui attribuiamo un’importanza fondamentale.


In genere, le persone sono pronte a prestare assistenza anche quando non ne abbiamo bisogno. Soprattutto nella società occidentale, tutti sono sempre pronti a versarci il caffè o a tenerci il posto. Se lo permettessimo, saremmo aiutati a tal punto che non saremmo in grado di nutrirci da soli, qualcuno ci metterebbe le cose in bocca! Ma quanto è difficile trovare qualcuno che ci assista, quando abbiamo davvero bisogno di aiuto! È evidente che solo attraverso l’attività personale il bambino può svilupparsi. Tuttavia, il bambino non è in grado di fare tutto da solo e noi adulti non possiamo abbandonarlo.

Questo ci porta a un vero e proprio studio del modo in cui il bambino può e deve essere aiutato, e dei limiti di tale aiuto. Non possiamo dire che ogni aiuto sia un ostacolo allo sviluppo, diciamo semplicemente che un aiuto inutile è un ostacolo al suo progresso. Il bambino, nel modo semplice e molto saggio dei bambini, dice: Aiutami a fare le cose da solo. Questo è la sua lezione preziosa per noi. Come ha espresso bene il suo bisogno!


Questo principio fondamentale rappresenta già una guida da seguire per gli adulti, ma non è così semplice aiutare il bambino a fare le cose da solo. Per noi, infatti, è più facile fare le cose per lui. Per esempio, se vogliamo aiutarlo a lavarsi e pettinarsi da solo, sorgono diversi problemi. Innanzitutto, per compiere queste azioni deve avere gli oggetti con cui compierle. Per pettinarsi deve avere un pettine di forma adatta alle dimensioni della sua mano. Se deve compiere esercizi come lucidare l’ottone o lavare una finestra, allora gli oggetti con cui deve compiere queste azioni devono essere adeguatamente piccoli. Insegnare al bambino come si compiono queste azioni richiede molto più tempo e pazienza da parte nostra di quanto ne occorrerebbe per svolgerle noi stessi.


Perciò quando diciamo che ogni aiuto inutile è un ostacolo per il bambino, non vogliamo dire che debba essere abbandonato senza alcun aiuto; al contrario, come educatori dobbiamo preparare con cura un ambiente che contenga materiali adatti alle sue forze e ai suoi bisogni intellettuali. Come educatori dobbiamo capire e conoscere i limiti del nostro intervento, se vogliamo essere di reale aiuto nello sviluppo del bambino, e dobbiamo sapere quando la nostra attività deve cessare. Come educatori dobbiamo trovare un orientamento per le nostre azioni, nei bisogni del bambino, ed essere felici di aiutarlo solo entro i limiti necessari. Solo allora inizierà a sorgere nelle nostre anime quel sentimento bello e necessario di umiltà che ci permetterà di chiederci come aiutare, invece di diventare ostacoli allo sviluppo di un’anima.

Lezioni dall'India 1939
Lezioni dall'India 1939
Maria Montessori
Lo sviluppo creativo del bambino. 75 lezioni in italiano tenute da Maria Montessori durante il primo Corso Montessori Internazionale nel 1939 a Madras, che spaziano dalla psicologia all’uso dei materiali.