capitolo 44

L’obbedienza: un potere organizzativo

U

na delle domande che gli educatori si pongono è: “Come possiamo far nascere sentimenti sociali nel cuore dei bambini?” Un’altra domanda che si pongono è: “Come insegnare ai bambini a essere obbedienti?” Nelle nostre scuole offriamo al bambino alcune condizioni speciali e poi vediamo come si sviluppano in lui i sentimenti sociali, se si sviluppano.


L’adulto è molto ansioso di risvegliare l’obbedienza nel bambino perché gli preme che il bambino lo riconosca come padrone. La sua preoccupazione non è certo quella di sviluppare nel bambino l’obbedienza che fa parte delle regole sociali a cui dovrà sottostare in seguito nella società. L’obbedienza non è un sentimento da sviluppare nella vita sociale. Anzi, visto che nel mondo ce n’è già troppa, non dovrebbe essere la nostra preoccupazione di educatori.


Siamo noi ad imparare attraverso l’osservazione. Da quanto abbiamo osservato, l’obbedienza si manifesta naturalmente quando c’è una preparazione. Ci sono sfumature così delicate nell’obbedienza che dobbiamo stare attenti a non approfittarne. L’obbedienza nasce da una forza che è la chiave dell’unione tra gli esseri, una forza che tiene unita l’umanità. Questa obbedienza finisce per unire l’allievo all’insegnante. A questo livello, l’obbedienza nel bambino nasce dal suo interesse, poiché può aspettarsi dall’insegnante più di quanto sarebbe in grado di recepire da solo. Questo interesse spinge il bambino a prendere dall’insegnante cose più alte e superiori, stabilendo così un attaccamento. Questo attaccamento è simile a quello che gli adulti hanno nei confronti di un leader. L’obbedienza viene quindi naturale al bambino quando il desiderio di apprendere è suscitato da un’attività ordinata in un ambiente ordinato.


C’è un altro tipo di obbedienza che è una sorta di adattamento. Abbiamo visto come i bambini si siano adattati a fungere da strumento d’esame per molti studenti che dovevano insegnare loro per superare l’esame. Questo adattamento a un’altra persona, un consenso all’ambiente, è la chiave dell’unione sociale. Questa obbedienza è offerta con piacere. Nasce da un istinto profondo dell’uomo di obbedire a qualcuno e di attaccarsi tramite questa obbedienza.


Quello che vediamo nei bambini è un fenomeno naturale che porta alla disciplina. Il tipo di obbedienza generalmente richiesta al bambino è una sottomissione alla natura, e come tale è passiva. Tuttavia, l’obbedienza che nasce e si sviluppa da un’attività è diversa. Porta disciplina e ordine naturale nell’ambiente attraverso il legame tra insegnante e allievo.


Non è sufficiente abbandonarsi a questo sviluppo naturale perché è necessario che ci siano delle regole fisse oltre a quelle che l’insegnante può dare di volta in volta. Quindi, ci sono alcune azioni stabilite nell’ambiente che non dipendono dalle azioni passeggere di un’insegnante, alcune regole che fissano alcune cose fondamentali nell’ambiente. Per esempio, diciamo che tutti gli oggetti devono avere un posto nell’ambiente e che ognuno di essi deve essere rimesso lì dopo l’uso. Quindi qualcosa che appartiene all’ambiente e che è indipendente dai comandi dell’insegnante stabilisce una certa regola e insiste sul mantenimento dell’ordine. Mantenere in ordine gli oggetti materiali nell’ambiente è di grande aiuto in seguito, quando rende il bambino in grado di organizzare determinati gruppi di azioni entro un certo tempo. La disposizione ordinata degli oggetti nell’ambiente e la pianificazione delle azioni entro un certo lasso di tempo sono entrambe regole.


Quando obbediamo a queste regole esterne con grande esattezza non seguiamo un orario imposto da un agente esterno; pensiamo a un piano delle nostre attività durante la giornata. L’idea di ordine è alla base della nostra capacità di mettere un oggetto al suo posto. Sarebbe ideale se il bambino arrivasse a ricordare che in un certo momento può fare certe azioni e che non può farne altre in altri momenti. Per perfezionare questo aspetto non possiamo né dare un comando al bambino, né suonare un campanello. È tuttavia necessario sviluppare nel bambino un certo sentimento nei confronti del tempo.


È un dato di fatto che il sole sorge ogni mattina. Non si prende mai una vacanza. Con la stessa regolarità con cui sorge, tramonta. Nel farlo attraversa una certa quantità di spazio; il periodo impiegato per coprire questo spazio è ciò che chiamiamo tempo. Mettiamo a portata di mano del bambino qualcosa che misuri il tempo: un orologio. Possiamo costruire un orologio di cartone con tutti i segni e le lancette, per aiutare i bambini a leggere l’ora anche se non conoscono ancora i numeri. Un altro modo è quello di avere una meridiana che permette di leggere l’ora grazie al movimento dell’ombra di un bastone. Anche questo modo naturale di misurare il tempo interessa molto al bambino.


La scuola inizia a una certa ora e finisce a una certa ora, e questo viene rispettato come regola. Prendiamo quindi questi due limiti per mostrare il significato del tempo. Il bambino è una sorta di orologio della famiglia, perché è lui a dire per primo: “È ora di andare a scuola!” Quando la scuola finisce, il bambino capisce che è ora di andare a casa. Possiamo stabilire una regola sull’orario di chiusura della scuola senza interrompere alcuna attività formativa. Se a una certa ora i bambini corrono via lasciando tutto come l’hanno usato, sicuramente si crea disordine. Quindi, dobbiamo avvisarli cinque minuti prima dell’orario di chiusura, in modo che si preparino ad uscire e a rimettere le cose al loro posto in ordine, affinché la scuola sia pulita e ordinata come è stata trovata. Potremmo poi chiedere ai bambini di fare qualcosa prima di andare a casa (come ad esempio di sedersi per un momento insieme, di dire una preghiera) e poi di lasciare la scuola in modo ordinato, in silenzio. Si tratterebbe di imporre un ordine esterno legato al tempo. È più difficile realizzare tutto questo al mattino. Quando i bambini arrivano a scuola entrano con un certo impulso verso il lavoro. L’ordine esterno interromperebbe questo impulso. Se la mattinata è molto lunga può essere interrotta da una piccola pausa o da una passeggiata in giardino. Questa pausa deve essere presa in considerazione per sapere quanto tempo c’è a disposizione del bambino.


A poco a poco nella mente del bambino si sviluppa la capacità di prendere in considerazione in anticipo l’ora in cui arriva l’interruzione e l’ora in cui si può lavorare. Queste due cose – rimettere ogni cosa al proprio posto e questa padronanza dell’orario scolastico e quindi la necessità di pianificare le proprie azioni in base ad esso – aiutano il bambino a mantenere l’ordine. Queste due regole sono assolute, del tutto indipendenti dal comando dell’insegnante. Esiste quindi un ordine interno, l’obbedienza immediata a una persona, e un ordine esterno, l’obbedienza alla legge.


Le leggi assolute sono poche. Si potrebbero paragonare ai sapori, che sono solo quattro, ma che numero infinito di sensazioni presentano! Ci sono altre leggi che non sono assolute e che si moltiplicano: queste possono essere chiamate regole. Una regola aiuta il bambino a perfezionare la sua condotta nell’ambiente. Quanta gioia trae il bambino nel fare qualcosa che dipende dalla sua volontà, che impara per fare bene le cose!


Un giorno stavo visitando una scuola. Ero seduta su una sedia e due o tre bambini passavano continuamente davanti a me e mi dicevano: “Come sta, signora Montessori?” Ogni volta che mi passavano davanti, ripetevano le stesse parole: “Mi scusi!” Era stato insegnato loro a dire queste parole quando passavano davanti a una persona. Gli piaceva così tanto dirlo che passavano continuamente davanti a me. L’insegnante aveva dimenticato di dire ai bambini che non dovevano passare davanti a una persona se non era assolutamente necessario, si era limitata a dare la regola. Poi è stato detto ai bambini che non dovevano passare davanti a una persona se non era assolutamente necessario. Così, i bambini non sono più passati davanti a me, ma hanno spostato lentamente indietro l’armadio alle mie spalle per poter passare.


Ai bambini piacciono le regole, amano obbedire. Possiamo dare a un bambino questa regola: “Se qualcosa cade a terra, dobbiamo raccoglierlo!” Lo vedremo subito gettare a terra un numero enorme di cose per raccoglierle. Quindi dobbiamo essere molto attenti e dire: “È giusto raccogliere le cose che cadono, ma dobbiamo cercare di non farle cadere per terra!” Allo stesso modo, bisogna dire al bambino che la carta straccia non va gettata per terra, ma nel cestino, perché quello è il posto giusto per la carta straccia. Potremmo anche dare un’ulteriore regola: “Quando il tavolo è sporco, va lavato!” Al bambino piace così tanto lavare il tavolo che, invece di disegnare su un foglio, inizia a disegnare con le matite sul tavolo e poi si mette a lavarlo religiosamente. Quindi, dobbiamo dire che non dobbiamo sporcare il tavolo.


Poiché queste regole sono collegate ad azioni casuali, il bambino risolverà tutti i problemi da solo una volta conosciute le regole. Man mano che la scuola si sviluppa, queste regole diventano sempre più numerose. Le chiamiamo buone maniere, o educazione sociale, per essere in grado di comportarsi nella società come questa si aspetta. Quindi ci sono due leggi che sono indipendenti dalle azioni casuali dell’individuo e ci sono regole che sono legate a queste azioni casuali.


Alcune regole distribuiscono le azioni dell’individuo in un arco di tempo. Quando a scuola viene servito il pranzo c’è chi lascia le cose come stanno dopo aver finito di pranzare, chi pulisce tutto, e chi si limita a lavarsi le mani e a mangiare. Quando i bambini sono un po’ più grandi e sanno leggere queste regole, amano averle scritte. Le regole piacciono così tanto che, appena arrivati a scuola, vanno alla bacheca dove sono affisse per vedere qual è il loro ruolo. Il bambino che deve apparecchiare non dimentica mai di guardare l’orologio, in modo da poter andare prima degli altri ad apparecchiare così che quando arrivano gli altri sia tutto pronto. È molto contento di servire a tavola con un grembiule pulito. In effetti, limitarsi a mangiare con gli altri è la delusione più grande per il bambino che si aspetta di servire a tavola! Così, non solo il bambino obbedisce all’insegnante, ma anche alle leggi.


Tutta la vita sociale è organizzata su questa base di obbedienza. Se non ci fosse obbedienza sarebbe necessario ordinare ai bambini di fare questo o quello. Pertanto, la vita sociale si sviluppa prima attraverso lo sviluppo interiore e poi attraverso l’obbedienza alle regole dell’ambiente. Il bambino è contento di obbedire a queste regole perché ha la capacità di eseguire ciò che le regole indicano. Tale organizzazione porta lentamente alla divisione del lavoro e alla definizione delle proprie azioni in un determinato arco di tempo. Così, i bambini fanno esperienze sociali che portano all’organizzazione sociale. Nelle nostre scuole vediamo che ci sono due gruppi di azioni: nel primo gruppo, il bambino impara a leggere e impara anche a fare i movimenti necessari per scrivere. Quando impara l’aritmetica, impara tutto ciò a cui è collegata. L’altro gruppo rappresenta ciò che chiamiamo esperienza sociale: il collocarsi volontariamente in un ordine noto.


Queste regole per i bambini tra i tre e i sei anni sono da loro accettate con entusiasmo. Sono le leggi interne che regolano una casa. Vediamo che in questa piccola società, in questo piccolo gruppo di persone in un ambiente chiuso, c’è un essere superiore, l’insegnante, che può dare al gruppo molte cose nuove. In questo ambiente ci sono anche molti oggetti con usi diversi. Il bambino è attivo ed entra in relazione con altri come lui, anch’essi attivi. Ci sono alcune regole interessanti, non regole che riguardano gli oggetti materiali, ma regole che il bambino segue volontariamente. Seguendole, il mondo diventa un luogo più facile da vivere, più armonioso.


In tutte le idee di vita che seguiranno, l’esperienza sociale e l’organizzazione sociale esisteranno sempre. Cresceranno con il bambino e diventeranno sempre più complicate. La società in cui il bambino si muove non sarà sempre un ambiente chiuso, ci saranno altre forme di vita sociale più complesse che dovranno essere organizzate quando crescerà. Al bambino tra i sette e i dodici anni non basterà più sapere che se passa davanti a una persona deve chiedere scusa, né lo soddisferà più il suo turno di apparecchiare la tavola. Un’organizzazione del genere non manterrebbe più il suo interesse. L’entusiasmo e l’interesse nel seguire piccole regole devono però essere mantenuti vivi nel bambino più grande. Dobbiamo quindi pensare a una forma sociale più complessa, che susciti e soddisfi il suo interesse e il suo entusiasmo. Queste esperienze sociali sono strettamente legate all’orgoglio personale. Il bambino più grande non prova orgoglio nel dire: “So che prima di andare a cena devo lavarmi le mani!” Per il bambino tra i tre e i sei anni, invece, sarà un’enorme conquista saperlo.


È un compito immensamente importante dell’educazione preparare per il bambino un’esperienza sociale che contribuisca ai periodi di vita successivi. Ci si aspetta che un uomo adulto prenda posto con orgoglio in una società molto, molto complicata. Sarà ben preparato a farlo se nei diversi periodi della vita avrà potuto fare esperienze sociali via via più complesse e importanti.


Nulla è più pericoloso del disordine e della mancanza di coscienza nell’obbedienza. Guardate tutti i gruppi di uomini che obbediscono quando viene loro ordinato di compiere una qualsiasi azione! Che si tratti di uccidere o di costruire, obbediscono con la stessa passività e mancanza di coscienza. L’uomo ha l’istinto di obbedire, ma non sa come obbedire o a cosa obbedire.


È quindi estremamente importante conoscere il significato di obbedienza, altrimenti gli adulti intenderanno sempre l’obbedienza come il fare tutto ciò che il capriccio di una persona più potente comanda. L’obbedienza non è un fattore passivo, ma ha un potere organizzativo che deve essere mantenuto vivo. L’uomo deve essere il detentore della propria obbedienza e deve essere in grado di disporne. Deve sapere come obbedire. Deve capire che è necessario obbedire, per la propria difesa e per la difesa della società.

Lezioni dall'India 1939
Lezioni dall'India 1939
Maria Montessori
Lo sviluppo creativo del bambino. 75 lezioni in italiano tenute da Maria Montessori durante il primo Corso Montessori Internazionale nel 1939 a Madras, che spaziano dalla psicologia all’uso dei materiali.