capitolo 39

Costruire l’intelligenza

C

erte cose possono sembrarci contraddittorie quando le ascoltiamo senza alcuna spiegazione. Le impressioni ricevute dal cervello provenienti da fonti diverse sono in realtà conferme dello stesso fatto. Poiché tutte le impressioni ricevute dal cervello sono isolate, dobbiamo analizzare quelle che sembrano contraddizioni.


Se uno straniero venisse in India e gli venisse detto qualcosa in tamil, non capirebbe una parola. Se poi qualcun altro gli dicesse la stessa cosa in urdu e in gujarati, non capirebbe nulla. Se un giorno cominciasse a sapere un po’ di tamil, di urdu e di gujarati e le tre persone gli dicessero di nuovo la stessa cosa nelle loro diverse lingue, comincerebbe a seguire. Capirebbe quanto basta per cercare di cogliere il significato e seguirlo. Nel terzo stadio comprenderebbe le lingue così perfettamente che, se sentisse qualcuno parlare in una qualsiasi lingua, capirebbe cosa sta per dire non appena sentite le prime due parole. Se sentiamo una notizia da una persona e una seconda persona viene a dirci la stessa notizia, quando una terza persona ci dice la stessa cosa sappiamo benissimo ciò che sta per dire.


Lo stesso accade con le sensazioni che l’intelligenza riceve. L’intelligenza non è organizzata coscientemente. La sua organizzazione è direttamente collegata all’esperienza. La nostra intelligenza non spreca nulla. Quando facciamo qualcosa, facciamo un’esperienza. Questa esperienza è legata ad altre esperienze. Siamo consapevoli solo di alcune cose che si trovano sulla superficie della nostra mente, solo di una parte di essa. L’intelligenza è un archivio di esperienze, immagini e impressioni. Per esempio, potremmo avere un nonno che ha vissuto a Bombay molto tempo fa. Eppure la nostra memoria, sentendo il nome Bombay, tocca qualcosa in fondo alla nostra mente. La menzione di un nome, la vista o il suono di qualcosa possono far emergere un’esperienza che abbiamo vissuto, trasferendola dal subconscio al conscio. In questo modo le impressioni che riceviamo vengono immagazzinate in quella che chiamiamo mente subconscia e la nostra intelligenza si organizza ricordando e formulando idee acute basate su queste esperienze.


L’intelligenza del bambino lavora in tutte le direzioni. È sempre entusiasta e attivo in tutte le cose. Questo entusiasmo è la vita dell’intelletto. Senza entusiasmo non c’è intelletto.


Gli adulti sono intelligenti solo nell’ambito della loro esperienza e delle cose che suscitano il loro entusiasmo nella vita quotidiana. Per esempio, per un’insegnante sarà molto più interessante parlare di educazione che di ingegneria. Anche se la conversazione verte sulla cosa più semplice dell’ingegneria, l’insegnante non capirà. Poiché la sua intelligenza non è stata organizzata in quella direzione, l’insegnante sembrerà stupida. Per diventare intelligenti in matematica o in ingegneria dobbiamo avere esperienze in quelle materie, altrimenti chi ha avuto esperienze matematiche o ingegneristiche si chiederà come si possa essere così stupidi. L’intelligenza umana è molto lenta ad arrivare all’abitudine. È la cosa più difficile da raggiungere in un nuovo campo. I problemi di matematica sono molto, molto difficili per chi non ha avuto esperienze adeguate da bambino. Una volta che l’individuo è arrivato al punto in cui può fare astrazioni non sembra più stupido. Quando le astrazioni diventano più facili la persona diventa più intelligente.


Quando si trova nel periodo che precede l’età sensoriale, il bambino riceve alcune impressioni. Sono tutte confuse. Affinché la sua intelligenza si organizzi dobbiamo analizzare tutte le diverse impressioni e dar loro una forma, in modo che egli possa assorbirle e che sia perfettamente consapevole delle cose che gli vengono presentate. Questa analisi è necessaria solo finché l’intelligenza non è organizzata. Dopo che l’intelligenza ha organizzato le impressioni sensoriali non c’è più bisogno di isolare questo o quello, perché la costruzione dell’intelligenza necessaria all’educazione è già stata raggiunta dal bambino.


Il segreto della vita è mantenersi in vita. Può sembrare buffo, ma non lo è affatto. Se non siamo vivi, siamo morti. Lo stesso vale per l’intelligenza. Il segreto per mantenere la vita dello spirito sta nel mantenere l’entusiasmo e l’interesse del bambino. Il suo interesse può essere distrutto in due modi: trovare le cose troppo difficili o troppo facili. Entrambi sono letali per la vita dell’anima, per la vita dell’intelletto. Se l’intelletto del bambino non viene mantenuto al massimo livello di interesse troverà un mezzo per tenersi occupato. L’intelletto non può mai stare fermo. Nessun individuo umano può rimanere paralizzato. Se il bambino non è interessato il suo corpo è presente ma il suo spirito è assente e la sua mente fugge verso qualcosa di più interessante. Se non riusciamo a mantenere vivo il suo interesse, il bambino si immerge nel mondo dell’immaginazione. Penserà a cavalli, re, regine, barche, aerei e ad altre cose che in quel momento sono più interessanti e piacevoli per il suo spirito.


Il grande segreto della vita è mantenersi in vita. Non è così facile come sembra. Se vogliamo mantenere viva la vita del bambino con la realtà che appartiene alla fase della vita in cui si trova dobbiamo conoscere la sua psicologia. Dobbiamo conoscere i minimi dettagli di ciò che è necessario per aiutare il bambino a crescere non solo in una direzione, ma completamente. Forse solo coloro che hanno mantenuto vivo l’amore di Dio nella loro anima possono sentire i desideri e le emozioni degli altri nei minimi dettagli. Quando abbiamo un grande affetto per qualcuno sentiamo di poter soddisfare i desideri della persona amata prima che vengano espressi, poiché abbiamo la sensibilità sensoriale che altri non hanno ancora formulato. Sentiamo ogni piccola vibrazione di quell’altra vita, anche prima che il nostro amore esca e senta quella vibrazione consapevolmente. L’amore ci dà una conoscenza profonda delle persone che amiamo e una stretta relazione spirituale con loro. Solo l’amore di Dio può darci questa sensibilità. Una madre capisce e nutre il suo bambino soprattutto quando è piccolo. Anche se il bambino non può esprimere il suo desiderio, la madre lo capisce perfettamente. Come è possibile? Se diamo un bambino di tre mesi a un uomo grande e forte, questi lo guarderà come se fosse un leone. Non saprebbe cosa fare con lui. Com’è possibile che la madre capisca così bene il figlio? Il legame d’amore le conferisce la capacità di comprendere il significato del linguaggio del suo bambino, non solo il senso delle parole, ma anche l’empatia con i bisogni del suo amato figlio. Il sentimento di gioia che prova nel soddisfare questi bisogni è molto più grande persino della gioia di una persona che vede esaudito un suo desiderio.


Per mantenere in vita una persona dobbiamo capirla attraverso questo grande amore. Intellettualmente gli adulti pensano che se noi capiamo una cosa in un certo modo, anche il bambino la capisce nello stesso modo, perché il bambino è un essere umano proprio come noi. In questa logica non c’è amore, è congelata, perché nell’amore non ci deve essere logica. Possiamo pensare che qualcuno sia stupido, che sia indifferente, eppure possiamo amarlo. Se la persona amata sente il nostro amore per lei, diventa viva. La logica ci fa giudicare gli altri in base ai nostri standard. Ci poniamo come standard. Questa è logica e non amore, e con la logica uccidiamo.


Si scoprì che un gran numero di morti nei neonati era dovuto alla colpa delle madri che nutrivano i loro figli in modo irregolare. Alcune madri non lavavano i loro bambini perché non lo ritenevano necessario, ma non sapevano che potevano sviluppare malattie se non venivano lavati adeguatamente. È logico pensare: “Sono stata trattata così, eppure sono forte! Perché mio figlio no?” Anche il padre pensa: “Se noi siamo vivi, anche i bambini dovrebbero esserlo. Se i figli non sono vivi, è perché Dio li ha portati via.” Una madre anziana può dire a una madre giovane: “Fai quello che ti dico, io ho nove figli, so tutto!” Sette dei suoi figli potrebbero essere morti! La giovane madre deve stare attenta a non uccidere il proprio figlio. È a causa della fredda logica che queste usanze di un tempo si sono insinuate in quelle di oggi. La logica non va d’accordo con la realtà. La logica per una persona può essere la morte per un’altra. Questo vale anche in senso spirituale.


Il bambino esplora il mondo attraverso i suoi sensi. Attraverso le attività sensoriali e gli esercizi di vita pratica che hanno uno scopo utile diventa padrone dei propri movimenti, del proprio intelletto e dei propri sensi. La sua intelligenza è così ben allenata che la minima differenza di ombra o di suono in ogni minimo dettaglio viene registrata immediatamente nella sua mente. Il bambino può persino camminare su un filo tenendo in mano un bicchiere pieno d’acqua fino all’orlo, in modo così stabile da non versare nemmeno una goccia. Un bambino portato a questo punto di perfezione è ottimamente organizzato, ma se lo lasciamo a questo punto la sua vita spirituale e intellettuale moriranno.


Dobbiamo aiutare il bambino a realizzare le sue conquiste. Dobbiamo aiutarlo a organizzare il suo intelletto sempre più verso l’astrazione. Un bambino di dodici anni è entrato in un altro campo di esplorazione. Ora dobbiamo fornirgli del materiale che gli permetta di visualizzare e che dia lavoro alla sua mente.


Gli indiani credono che la vita spirituale sia una vita astratta. Del resto, cosa c’è di più astratto della religione? Apparentemente, nulla. La religione è la comunicazione tra la nostra anima, che è la parte astratta della nostra vita, e Dio, la parte più astratta della creazione. Tuttavia, per mantenere viva la nostra religione e per realizzare la comunicazione con il nostro Dio usiamo dei materiali. Così gli indù hanno un tempio, che è la parte principale della loro religione. È decorato con intagli e piccole opere di scultura. Gli indù ascoltano le storie della loro religione per tutta la vita. Ogni giorno prendono posto nel tempio per osservare le figure religiose e gli altari. Cantano le stesse canzoncine che cantavano i loro antenati, ripetendo le preghiere con le stesse parole e la stessa precisione. Se si cambia qualcosa, protestano. In alcune cerimonie indù si offrono certi fiori e si porta in giro un’acqua speciale. Se la religione è un’astrazione, che bisogno c’è di statue nei templi? Sebbene la mente umana sia capace delle più alte astrazioni, ha bisogno di qualcosa di materiale per mantenersi in vita, proprio come la nostra anima ha bisogno di un corpo per vivere nel mondo.


Ogni astrazione ha bisogno di materiale per iniziare attorno al quale concentrarsi. L’intelligenza diventa acuta solo in quel campo in cui ha accesso al materiale. Il materiale è quindi necessario per la vita dell’intelligenza, per il suo sviluppo. Una volta che l’intelligenza ha acquisito una certa maturità non ha più bisogno di quel materiale, ma di uno diverso per andare avanti.


Dobbiamo offrire al bambino un altro campo di esplorazione, qualcosa di ancora più astratto che non vediamo nemmeno in natura. Questo nuovo campo è costituito dai pensieri astratti dell’uomo. Dobbiamo offrire al bambino la possibilità di esplorare il pensiero materializzandolo. Come il bambino ha organizzato e visualizzato forme e colori, come ha isolato le impressioni dei sensi, così ora deve isolare e materializzare i suoni che gli permetteranno di esplorare il mondo dei pensieri astratti dell’uomo, pensieri e parole creati nel cervello di uomini morti forse da più di mille anni. Nessuno sa più che aspetto avessero, eppure si parla dei loro pensieri come se fossero pronunciati oggi.


Uno dei più grandi doni che possiamo fare al bambino, se sappiamo dargli l’importanza e la semplicità che merita, sono le lettere dell’alfabeto. Non c’è nulla di più semplice dell’alfabeto, eppure nessun’altra invenzione è stata più miracolosa. Queste lettere non solo ci permettono di creare tutte le parole che ci vengono in mente, ma anche di capire qualsiasi parola scritta nella nostra lingua da centinaia di anni. Quando queste lettere vengono offerte a un bambino piccolo, egli deve rendersi conto dell’importanza di questa scienza. Un trattamento errato creerà nell’anima del bambino una barriera che gli farà odiare ciò che dovrebbe dargli la gioia più grande. In effetti, non c’è gioia più grande che poter comprendere il pensiero dei grandi uomini. Le persone possono guardarsi e capirsi senza parlare. Tuttavia quando prendiamo in mano un libro sentiamo una voce lontana, di una persona forse morta da tempo. Non c’è nessuno tra noi e i suoi pensieri, pensieri che ci arrivano senza nemmeno un sussurro di suono. Oggi possiamo ascoltare una persona che parla in America via radio. Non ha bisogno di alzare la voce per farsi sentire. Leggendo, tuttavia, possiamo sentire la voce di un uomo vissuto mille anni fa e capire cosa dice. È proprio l’invenzione dell’alfabeto a rendere possibile questo miracolo. La grandezza dell’uomo può essere offerta al bambino attraverso l’alfabeto.


Possiamo aiutare il bambino ad apprezzarlo e a riconoscerlo se gli proponiamo le lettere nella semplicità della loro formazione e della loro funzione. Il bambino capisce meglio la funzione che il meccanismo e acquisirà il meccanismo con la ripetizione dell’esercizio. L’alfabeto non deve essere offerto come strumento di scrittura, ma come mezzo per esplorare le proprie parole.


Dobbiamo innanzitutto renderci conto che quando il bambino va a scuola conosce già la sua lingua. Non dobbiamo insegnargliela. La parla, la usa da molto tempo. Il bambino piccolo non confonde mai il singolare con il plurale. Non commette errori grammaticali. Parla correttamente e parla molto. L’errore più grande che un insegnante commette è quello di trattare il bambino come se non conoscesse la lingua. Davanti ai suoi occhi ha la prova che il bambino sa parlare la sua lingua; il suo cervello ne è pieno, capisce anche le sfumature di significato delle parole, eppure iniziamo a insegnargli come se non capisse nulla, come se fosse un vuoto totale. Questo uccide l’interesse del bambino. Ciò che è troppo facile per lui uccide il suo interesse proprio come ciò che è troppo difficile. Deve essere padrone di ciò che già possiede. È già padrone della pratica dei sensi e dei movimenti e ha bisogno di studiare il linguaggio allo stesso modo, accompagnato da tutta la vitalità di un’esperienza sensoriale.

Possiamo dare al bambino una lettera (che è il simbolo usato per rappresentare un certo suono nella sua lingua) in modo tale che la sua mano segua la lettera nel modo di scrivere del paese in cui vive. Un bambino tra i tre anni e mezzo e i quattro anni ha ancora una sensibilità muscolare molto attiva. Pertanto, toccare una lettera38 e seguirne la forma è ancora molto attraente per lui. Dobbiamo anche capire l’importanza di tutti gli esercizi precedenti, come toccare i contorni delle figure geometriche. Quando diamo al bambino la lettera da toccare gli diamo anche il suono, ma non il nome. Non possiamo aiutare il bambino a esplorare il suo linguaggio con il nome. Se diamo il suono esatto e fonetico della lettera, il suono che usiamo per comporre le parole, lasciamo al bambino un margine di esplorazione. Se gli proponiamo una parola in cui il suono è presente, offriamo alla sua mente una nuova chiave di lettura. Egli cerca il suono in tutte le parole possibili che conosce. Spesso si vede il bambino che borbotta una parola per isolare un suono dagli altri che formano questa parola.


All’inizio diamo sempre le vocali, indicandone il suono, e una o due parole in cui questi suoni sono utilizzati. Non insegniamo le lettere come strumento di scrittura, ma offriamo i simboli come mezzo per aiutare il bambino a esplorare e analizzare il proprio linguaggio. Per poter scrivere, il bambino deve saper compitare. Come possiamo aspettarci che il bambino sappia compitare solo perché conosce l’alfabeto? La memoria non è la vita dell’intelletto, ma un magazzino.


Così, una volta conosciute alcune lettere, il bambino inizia ad analizzare la sua lingua. Possiamo vedere un bambino tutto solo con un’espressione di concentrazione sul volto. Se ci avviciniamo a lui, sentiamo dei suoni. Potrebbe chiederci: “Qual è il suono che corrisponde a questa lettera dell’alfabeto?” Le lettere servono quindi a suscitare il suo interesse. Possiamo presentare le altre lettere nello stesso modo.


Questa esplorazione e analisi delle parole deve durare almeno sei mesi. Il bambino impiega circa questo tempo per perfezionarsi se gli vengono proposte le lettere all’età giusta, cioè tra i tre anni e mezzo e i quattro. Dopo sei mesi di analisi accade una cosa strana. Il bambino inizia ad appassionarsi all’attività. Vuole esprimere le parole nei simboli che ha imparato attraverso i suoni.

Quando il bambino arriva a questo stadio, la sua intelligenza è pronta a comprendere la rappresentazione dei suoni attraverso alcuni simboli, però scopre che la sua mano non è pronta a obbedire alla sua mente. Questa difficoltà è interessante. In questo caso dobbiamo capire che la scrittura a mano sarebbe un’interruzione dell’espressione dell’intelligenza del bambino. Il bambino dovrebbe aspettare che la sua mano si muova con la stessa velocità della sua intelligenza. Non sarebbe in grado di esprimersi perché la sua mano non sarebbe pronta a scrivere. Se la mano è costretta a formare faticosamente le lettere, la sua scarsa intelligenza dovrà fare i conti con la mano. Non è quindi saggio dare al bambino un mezzo per esprimere la sua intelligenza che sarà frenata da un meccanismo che richiederà altri tre o quattro mesi per essere acquisito. Per aiutare il bambino a superare questo problema gli proponiamo quello che chiamiamo l’Alfabeto Mobile, che consiste in tutte le lettere dell’alfabeto: le vocali in blu e le consonanti in rosso39. Se il bambino riesce ad analizzare una parola attraversi i suoni che la compongono nel suo cervello e conosce la forma del simbolo e il suo suono, possiamo notare che borbotta le parole che conosce molto bene e le scandisce. Può anche compitare i nomi degli oggetti che lo circondano in base ai suoni della parola. Per esempio, se davanti a lui c’è un vaso, il bambino analizza la parola e fa lo spelling del nome, prendendo in successione tutte le lettere che rappresentano i suoni della parola.


Le peculiarità della costruzione di questa parola durante la scrittura sono una questione a parte. Alcuni gruppi di parole sono scritti in un certo modo ma pronunciati in un modo particolare. L’insegnante rischia di uccidere l’interesse del bambino se inizia a correggere l’ortografia. Non si può interessare un uomo che non sa camminare a fare un salto in alto. Perché dovremmo volere che si rompa l’osso del collo facendo un salto quando non sa affatto camminare? Come può un bambino di quattro anni interessarsi a una parola che si scrive t-r-o-u-g-h e si pronuncia truf. Questo diventa una barriera e l’interesse del bambino per l’analisi delle parole scompare. Quando la sua intelligenza sarà pronta e in grado di affrontarla, il bambino si interesserà a queste particolarità. Tuttavia, in questa fase non stiamo offrendo al bambino l’ortografia delle parole, ma gli stiamo dando i mezzi per esplorare un’attività intellettuale.


Le lettere che proponiamo al bambino sono ritagliate da carta vetrata e incollate su uno sfondo di carta liscia. Vengono presentate prima le vocali, che sono la parte principale della parola, e poi le consonanti. Letteralmente la parola consonante significa suonata con una vocale, quindi le consonanti vengono proposte successivamente. Al bambino viene mostrato come toccare la lettera nella stessa direzione della scrittura. Viene dato anche il suono. L’intelligenza sensoriale riceve tre impressioni: il tatto, la vista e l’udito. Il bambino riceve l’impressione del tatto perché la lettera è fatta di carta vetrata. Riceve l’impressione della vista quando vede la forma della lettera. Riceve l’impressione dell’udito quando emettiamo il suono della lettera. Ogni impressione serve a rafforzare l’altra.


Le lettere vengono presentate al bambino in tre tempi: nel primo vengono presentate, mentre il secondo periodo è quello del riconoscimento. L’insegnante chiede al bambino di mostrare un particolare simbolo e il bambino deve riconoscere la lettera dal suono pronunciato dall’insegnante. Il secondo periodo dura più a lungo degli altri perché il suono deve rimanere impresso nella mente del bambino insieme alla forma visiva. Nel terzo periodo, dopo la presentazione del simbolo, il bambino pronuncia il suono.


Il bambino deve toccare le lettere presentate correttamente seguendo la forma della lettera nel modo esatto in cui è scritta. Il bambino che non riesce a seguire correttamente la lettera deve insistere fino a quando non riesce a farlo. Questo è molto importante. In molte scuole ho visto bambini che, dopo aver recepito l’impressione visiva delle lettere, cercavano comunque di riprodurre i simboli, perché non sapevano come toccare le lettere nel modo giusto.


Possiamo aiutare il bambino raccogliendo un certo numero di oggetti o immagini di oggetti e collocarli nell’ambiente in cui si trova, in modo che possa formare ciascuna di queste parole con l’Alfabeto Mobile senza andare a caccia di parole. Le parole suggerite dagli oggetti o dalle immagini devono essere quelle che si possono scrivere come si pronunciano, quindi con una grafia fonetica. Anche gli oggetti devono essere quelli che il bambino già conosce, per esempio gli oggetti che si trovano in cucina, le foglie, le piante, gli animali, tutti i tipi di oggetti familiari a un bambino di tre anni.


Non dobbiamo mai chiedere al bambino di leggere ciò che ha scritto con l’Alfabeto Mobile. Non è la calligrafia che non sa leggere, ma il senso delle parole. Il bambino forma le parole in base ai loro suoni, non in base al loro significato. Quando il bambino forma le parole da solo e quando le forma dettate da altri, le parole rappresentano due diversi atteggiamenti mentali. Nel primo caso parte dalla parola che già possiede, sintetizzando tutti i suoni isolati che butta fuori per esprimere una parola che il suo cervello comprende. Quando chiediamo al bambino di scrivere egli non parte dall’ortografia ma traduce la parola in simboli. Scrive la parola in base ai suoi suoni. L’astrazione che è la parola non gli viene affatto in mente. Se chiedessimo al bambino di trasformare questi diversi simboli in suoni, per lui non sarebbero parole, ma solo suoni isolati. Passeranno sei mesi prima che inizi a scrivere e altri sei prima che si interessi alla lettura. La mente del bambino deve acquisire una maggiore maturità prima di iniziare a leggere. Chi immaginerebbe che il bambino che sa scrivere non sa leggere? Eppure l’esperienza ha dimostrato che è vero.


Dopo aver presentato solo alcune lettere di carta vetrata, possiamo offrire al bambino l’Alfabeto Mobile. Non dobbiamo aspettare di avere presentato tutte le lettere, ma proporre alcune parole ben scelte e l’Alfabeto Mobile. Non dobbiamo mai permettere al bambino di formare delle parole con le lettere di carta vetrata, perché questo porta confusione e caos nella sua mente. Un’altra cosa che dobbiamo ricordare quando prepariamo le lettere di carta vetrata è di usare colori contrastanti per imprimere la forma delle lettere nel senso visivo del bambino. La lettera deve quindi essere di un colore brillante e deve risaltare chiaramente.


Le lettere devono sempre essere presentate in coppia. Si inizia con due, ma non si mettono via le prime due quando si passa alla terza. Aggiungendo continuamente alle lettere che il bambino già conosce, ne confermiamo la conoscenza. Gradualmente presentiamo tutte le lettere dell’alfabeto e chiediamo al bambino di sceglierne una in particolare. Solo quando il bambino inizia a leggere bene gli diamo il nome della lettera. Conoscere prima il nome gli causerà solo dispiacere e non susciterà il suo entusiasmo. Può imparare i nomi delle lettere in qualsiasi momento perché impararli è facile. Il meccanismo mentale e le abitudini che derivano da questo metodo gli durano per tutta la vita.

Lezioni dall'India 1939
Lezioni dall'India 1939
Maria Montessori
Lo sviluppo creativo del bambino. 75 lezioni in italiano tenute da Maria Montessori durante il primo Corso Montessori Internazionale nel 1939 a Madras, che spaziano dalla psicologia all’uso dei materiali.