capitolo 32

Comprendere i suoni

Non è facile classificare i rumori21. All’inizio, quando l’orecchio non è allenato, il primo passo è sentire la differenza tra i contrasti e trovarne due che si assomigliano. Qui entra in gioco anche un fattore psicologico con l’identità e i contrasti. Questo materiale è difficile da preparare. Sentiamo il rumore finissimo prodotto dalla scatola con i grani piccoli, e quello più pesante prodotto dai sassolini e anche i rumori prodotti dai medi. Per essere davvero simili è necessario che il materiale sia preparato con cura, perché se mettessimo un granello in più in una scatola rispetto all’altra, o un sassolino in meno, i rumori prodotti dal materiale non sarebbero simili.


Dopo averle messe a coppie, si posiziona una serie di queste scatole in modo graduale a seconda dell’intensità del rumore. L’orecchio deve essere ben sviluppato per riconoscere questi diversi rumori. È evidente che se all’inizio non riconosciamo la differenza tra i rumori, ma la riconosciamo in seguito, c’è stato uno sviluppo del potere uditivo dell’orecchio. Anche in questo caso c’è una tecnica da seguire. Se la scatola tenuta nella mano sinistra produce un suono più forte di quella tenuta nella mano destra22 c’è una differenza tra le due. Le appoggiamo entrambe, quella più forte a sinistra. Se il seguente sembra essere ancora più forte di quello precedente, lo mettiamo a sinistra del precedente. Troviamo il contrasto, poi qualcosa di intermedio tra il contrasto, poi qualcosa tra il primo e il secondo, e poi tra il secondo e il terzo. Procediamo quindi scuotendo ogni scatola e trovando il suo posto esatto, verificando infine se c’è una gradazione scuotendo ogni scatola e ascoltando.

È certo che la tecnica e il materiale aiutano l’individuo a trovare queste differenze. Se non si offre la tecnica al bambino, l’insegnante deve sempre interferire. Se invece si offre il materiale e il metodo di utilizzo di questo materiale, si va avanti nello sviluppo e nell’educazione. L’offerta di un metodo insieme al materiale fornisce al bambino i mezzi per raggiungere l’indipendenza, perché il metodo lo aiuta a imparare da solo. Non deve dipendere dall’amministrazione spirituale o intellettuale di altre persone. Esiste un’indipendenza interiore che può essere acquisita solo gradualmente attraverso l’esercizio.

In fondo, con l’ausilio di un materiale corretto e di un metodo preciso, il bambino impara a discriminare, giudicando da solo piccole differenze che prima non era in grado di fare. Se continuiamo con questa educazione, che dà al bambino una graduale indipendenza, la sua personalità acquisirà la capacità di giudicare con chiarezza. Nella società questo è molto importante. Quando siamo in grado di giudicare da soli in modo indipendente non possiamo essere vittime delle parole entusiastiche o dei ragionamenti fanatici di un’altra persona. Questa capacità di autovalutazione può essere raggiunta solo attraverso una formazione metodica e graduale della mente a partire dalla prima infanzia. Se diamo al bambino del materiale ben preparato e un metodo che gli permetta di svilupparsi da solo, arriverà al punto di essere in grado di giudicare tra le sottilissime sfumature delle differenze che sono state analizzate e classificate scientificamente. Questo vale in ogni senso, in ogni campo, in ogni esercizio.


Quando i materiali sono formati in gruppi indipendenti e separati, il bambino analizza le qualità astratte delle cose: dimensione, forma e colore. Ci sono tre dimensioni, tre forme e anche tre colori da considerare. Esiste quindi una distinzione tra le qualità, un’ulteriore suddivisione. In ognuna di queste suddivisioni ci sono delle gradazioni. Tra le gradazioni ci sono le combinazioni, come vediamo nelle figure geometriche. Questo lavoro mentale svolto gradualmente è sempre accompagnato dal movimento, dal giudizio e dal ragionamento. È per questo che il bambino è lasciato libero di lavorare senza spiegazioni orali. I fatti vengono afferrati dalla sua mente senza bisogno di spiegazioni. Seppure sarebbe eccessivo dire che vengono afferrati chiaramente, vengono comunque assorbiti in modo vivo, come parte della personalità del bambino, della sua vita mentale.


Siamo abituati a dire che la capacità di distinguere queste differenze è innata nell’uomo. Fa talmente parte della natura dell’uomo che crediamo si tramandi di generazione in generazione. Quindi questo recepimento di idee non è un apprendimento come lo conosciamo noi. È qualcosa di vitale, un’incarnazione. Il bambino assorbe le idee nella propria personalità come per eredità. Sembra capace di distinguere le cose come se fosse nato con questo dono. La mente, con questa capacità di distinguere tutte le qualità, ne astrae una da tutte le altre. In questo modo si crea ordine e avviene una costruzione nella mente dell’individuo sul piano astratto. Così la mente e l’individuo si costituiscono. Se lasciata al caso o abbandonata alla natura, nella mente possono rimanere molti spazi vuoti e può verificarsi un grande disordine.


Nelle nostre scuole la costruzione è diretta e ogni parte è curata in modo da favorire e abbreviare il processo di formazione mentale. Per questo si dà molta importanza al materiale e al suo utilizzo. Quando si raccoglie un mazzo di fiori non c’è bisogno di essere precisi. Nelle nostre scuole il metodo è la chiave dell’ambiente, è un mezzo di sviluppo. Dobbiamo quindi praticare questa precisione, questa esattezza. Se non lo facciamo, il risultato è una mancanza di indipendenza o una confusione mentale. Quando il bambino si interessa molto a questi esercizi, li ripete più volte. Alla fine incarna queste distinzioni. È una parte vitale dello sviluppo.

È psicologicamente necessario dare al bambino i nomi degli oggetti. La parola in sé è un’astrazione, ma serve a fissare l’idea. Se gli uomini non avessero il linguaggio non avrebbero un corpo mentale organizzato. Quindi, dopo che si è verificata questa costruzione, diamo al bambino una parola per ogni qualità. Dando i nomi, è come se prendessimo un martello e un chiodo e fissassimo questi nomi alle gradazioni. Questo dare i nomi lo chiamiamo “lezione”. Al bambino viene data una parola chiara corrispondente alla qualità, in modo che rimanga fissata psicologicamente. Questo metodo di dare una parola è stato usato molto tempo fa per i bambini ipodotati23. Il vecchio metodo viene ancora seguito perché la lezione, che è formativa, si basa sulla psicologia umana che non cambia.


Possiamo vedere come questi oggetti24 differiscono tra loro. Sono tutti uguali in altezza, ma hanno sezioni diverse. C’è una parola che serve a dimostrare questo fatto come un fatto generale? Certo che sì. Nel linguaggio dell’uomo c’è una parola per esprimere tutto. Tra l’immenso numero di parole della lingua è necessario dare la parola giusta al bambino.

Quando due oggetti hanno la stessa altezza, ma hanno sezioni trasversali diverse, diciamo che uno è spesso e l’altro è sottile. Ci possono essere molte varianti, ma queste sono le parole di base per esprimere l’idea. L’insegnante, quindi, prende questi oggetti che rappresentano due estremi e dice al bambino con voce molto chiara e udibile: “Questo è spesso, questo è sottile.” Le parole sono ben enfatizzate. Dal punto di vista psicologico, diamo la giusta parola per questa differenza di qualità. Questa è la prima parte della lezione.

Poi si passa alla seconda parte, in cui si vede se il bambino riconosce queste differenze quando gli si dà la parola che esprime la differenza. A questo scopo invitiamo il bambino a svolgere delle attività. In quale altro modo possiamo valutare se ha capito o meno? Allora l’insegnante gli dice: “Dammi quello spesso!” Il bambino lo dà. Oppure l’insegnante dice: “Dammi quello sottile!” Il bambino lo dà. Lo ripetiamo più volte, e grazie a questa ripetizione la parola si imprime nella mente del bambino. Questa è la parte importante della lezione per quanto riguarda la memorizzazione della parola. La lezione è divertente e poiché il bambino deve dare il pezzo spesso o sottile l’interesse dura per un po’.

Una volta che sappiamo che queste parole sono state impresse nella mente del bambino dobbiamo vedere se è in grado di pronunciare la parola. A questo punto, l’insegnante deve essere attiva e chiedere al bambino: “Qual è questo?” Il bambino risponde: “Spesso!” L’insegnante finge di essere un po’ sorda e chiede al bambino di ripetere la parola più volte. Se non la pronuncia bene, l’insegnante insiste finché non viene pronunciata perfettamente.

Se prendiamo un’altra serie25, vediamo oggetti che sono diversi in tutte le dimensioni, come la madre in relazione al bambino. Per prima cosa, diamo al bambino la parola. Non diamo alcuna spiegazione, perché se ne dessimo una lunga usando molte altre parole, creeremmo confusione. Ci limitiamo a pronunciare la parola in modo che gli rimanga impressa nella mente. Quindi, l’insegnante dice: “Grande, piccolo!” Vediamo se capisce la parola. La seconda parte è la vera lezione. Dobbiamo renderla il più divertente possibile perché le parole devono rimanere impresse nella mente del bambino.

Una parola può essere facile e un’altra molto difficile. Nelle parole c’è un’astrazione, quindi la parola non solo dà il termine giusto per la qualità, ma anche la relazione tra gli oggetti. Questo è un metodo eccellente per l’insegnamento di una lingua straniera, perché di solito quando pronunciamo le parole straniere non le diciamo nel modo in cui dovrebbero essere pronunciate. Ripetendo le parole in modo chiaro e frequente, gradualmente saremo in grado di pronunciarle in modo corretto26.

Lezioni dall'India 1939
Lezioni dall'India 1939
Maria Montessori
Lo sviluppo creativo del bambino. 75 lezioni in italiano tenute da Maria Montessori durante il primo Corso Montessori Internazionale nel 1939 a Madras, che spaziano dalla psicologia all’uso dei materiali.