capitolo 29

Verso la normalizzazione

Quando i bambini arrivano nelle nostre scuole presentano una serie di caratteristiche che sono considerate normali nell’infanzia, anche se spesso sono anormali. Dobbiamo esaminare a fondo questi fatti, proprio come abbiamo fatto con i sensi, analizzando i difetti nei loro elementi, chiarendo così le affermazioni vaghe che portano alla confusione.


Consideriamo l’immaginazione. Senza dubbio l’immaginazione è la parte più grandiosa e stupenda della mente umana. Possiamo dire che l’immaginazione è come un amplificatore, o un altoparlante. Per ogni impressione che colpisce la mente, l’immaginazione costruisce intorno a sé qualcosa di più grande. La chiamiamo immaginazione di astrazione, un luogo creativo dove nascono tutte le immagini simboliche. I simboli nascono come sintesi, perché l’immaginazione è così grande che ha bisogno di unire gruppi di immagini in simboli. Riconosciamo l’esistenza, la grandezza e l’importanza dell’immaginazione, quindi sarebbe assurdo andarle contro. L’altra caratteristica è la bontà. Il bambino buono che è sempre attaccato ai genitori e a tutti quelli che lo circondano, che è molto tranquillo, non dà problemi ed è molto obbediente, sta andando verso l’inerzia. L’adulto pensa che il bambino non faccia mai niente, e immagina sempre che sia molto bravo. Si fa un’idea sbagliata della vivacità del bambino attivo, che ama correre e saltare, perché questo è di per sé un segno di vita. 


L’adulto dice: “Sono orgoglioso che mio figlio sia così attivo.” Non neghiamo la bontà del bambino. Non neghiamo il potere dell’obbedienza, né il suo attaccamento ai genitori. Non neghiamo certo la sua natura attiva, né la sua intelligenza. Tuttavia, l’adulto spesso confonde queste grandi qualità di immaginazione, vivacità, bontà e amore con altre caratteristiche sbagliate e false. È molto importante per noi capire che quando parliamo di immaginazione o di bontà ci riferiamo a cose diverse da quelle intese dagli adulti che descrivono questi difetti. Perciò queste parole sono avvolte nella confusione. È quindi necessario fare un’analisi delle caratteristiche del bambino e comprendere la sua natura in modo chiaro.


In genere il bambino non è in grado di realizzare l’unità della sua personalità perché l’adulto interferisce rendendogli impossibile agire da solo. L’adulto non si ferma a pensare se le azioni del bambino siano buone e formative o cattive. Semplicemente gli impedisce di essere attivo. Così il bambino cresce circondato da una serie di comandi, da ordini di natura negativa. Quindi tutte queste caratteristiche dei bambini sono su un unico livello, negative, di azione negata. Due tipi di bambini sono il risultato di questo: uno è il tipo vivace, la cui mente si è sviluppata da sola separata dal movimento, il cui movimento si è sviluppato separato dalla mente. La mente di un bambino di questo tipo ha certamente tutte le caratteristiche della mente umana, e quindi è fantasiosa, ma manca della capacità di fissarsi su qualcosa nel mondo esterno. La capacità della mente di fissare l’attenzione su qualcosa è la base stessa dello sviluppo mentale. Una mente che non riesce a fissare l’attenzione su un oggetto esterno non può dirigere un’azione su di esso. L’incapacità di dirigere un’azione esterna causa anche l’incapacità di organizzare logicamente il normale movimento esterno.


Quando un bambino entra nella nostra scuola, ci aspettiamo che sia in grado di concentrarsi su un oggetto esterno e compiere con esso un’azione utile.


È come se avessimo una gabbia nella stanza e un uccellino scappasse. Lasciamo la gabbia aperta perché l’uccellino torni. Quando questo uccellino che era scappato dalla gabbia vi rientra, allora inizia il nostro lavoro e si comincia a raggiungere il nostro obiettivo. Potremmo dire: “Cosa? Dobbiamo mettere lo spirito del bambino in una gabbia?” La natura, o potremmo dire Dio, che dà all’uomo questa grande energia spirituale gli dà anche un corpo affinché possa agire. Lo scopo di questa grande energia è quello di muovere il meccanismo che le è stato dato. Ciò che viene messo in gabbia non è lo spirito: è la vita. Possiamo dire che questo è contrario all’idea di libertà. Possiamo anche chiedere: “Le stelle non sono libere? Devono muoversi nelle loro orbite. Forse gli alberi non sono liberi! Sono obbligati a tenere le loro radici nella terra! I pesci non sono liberi, non possono uscire dall’acqua.” C’è una definizione che la creazione stabilisce per le diverse forme di vita, un certo insieme di regole che non possiamo cambiare. Il bambino ha un corpo e questo corpo ha degli organi di movimento che devono obbedire allo spirito. Questo insieme, di spirito e corpo, è posto in relazione con l’ambiente. Su questo non si può discutere. Questa è la vita. Questa è la natura.


Così, quando nella nostra scuola arriva un bambino disordinato nei movimenti, che salta e rompe tutto, che è molto rumoroso e parla a voce molto alta, aspettiamo che l’attenzione si fissi su un oggetto esterno.


Quando l’altro tipo di bambino, quello che ha mille attaccamenti, che approfitta dell’accondiscendenza altrui, che sta sempre fermo e non si muove mai, viene nella nostra scuola, aspettiamo che una certa attività si risvegli nel bambino e che venga diretta su un oggetto esterno. Il modo migliore per chiarire questa confusione è parlare di fatti con la nostra esperienza, cioè parlare delle caratteristiche che i bambini presentano quando arrivano nelle nostre scuole e delle caratteristiche che assumono dopo essere stati nelle nostre scuole per un certo periodo.


Ci sono alcuni bambini che non fanno nulla, qualunque cosa si ponga loro davanti, perché sono immobilizzati, perché si sono rassegnati all’inattività. Da questo bambino passivo e inerte si passa al bambino estremamente timido che non ha il coraggio di fare nulla; ha sempre paura degli errori o di fare qualcosa di sbagliato, non può che imitare qualcuno della sua famiglia in tutto quello che fa. A questo bambino manca l’impulso personale a fare qualcosa, ed è come se davanti ci fosse una barriera che gli impedisce di essere attivo formata dalla suggestione, dall’estrema timidezza, dalla mancanza di fiducia in sé stesso e dalla paura di commettere errori. Per questo motivo il bambino ha un grande desiderio di avere la madre, o la balia, o almeno il fratello o la sorella maggiore presenti.


Dobbiamo stare molto, molto attenti a non fare ciò che è già stato fatto al bambino, a cui è sempre stato detto: “Non fare questo.” A scuola possiamo dirgli: “Non stare sempre vicino a tuo fratello!” Se lo facciamo, iniziamo a usare i negativi. Dobbiamo agire in modo che, a poco a poco, questo bambino acquisisca il coraggio della propria individualità e cominci ad essere attivo. Prima o poi, spinto da un impulso personale, inizia ad agire da solo, entrando così in contatto con un oggetto esterno.


C’era un bambino piccolo che seguiva in continuazione la sorella maggiore facendo completamente tutto ciò che lei faceva. Se la sorella maggiore attraversava la stanza, il bambino più piccolo naturalmente la seguiva, se lei usciva dalla stanza per andare in un’altra, lui la seguiva. La sorella ci si abituò. Qualsiasi cosa facesse, dava per scontato che anche il bambino più piccolo l’avrebbe fatta, per quanto l’esercizio fosse difficile per lui. Diceva: “Qualsiasi cosa io faccia, deve farla anche lui!” Un giorno il bambino si interessò a un esercizio e cominciò a lavorarci. La sorella maggiore cominciò a protestare: “Io sto lavorando qui, ma tu stai lavorando lì da solo con qualcos’altro!” Da quel momento il bambino cominciò a interessarsi ad altre cose e la sua personalità cominciò a svilupparsi.


Una madre doveva sempre stare a scuola con il bambino, perché lui non ne voleva saperne che se ne andasse, e subito protestava attaccandosi alle sue gonne per andare con lei. Un giorno questo bambino si interessò a un’azione. La madre vide che era interessato al suo lavoro e chiese alla maestra: “Pensi che possa lasciarlo ora?” L’insegnante rispose: “Be’, provaci”. La madre disse: “Oh, voglio salutarlo!” Si avvicinò a lui e disse: “Ciao Jimmy!” Jimmy alzò lo sguardo e disse: “Ciao!” Si staccò dalla madre e cominciò a lavorare.


Un altro bambino era assolutamente inerte. Si sedeva a un tavolo e non prendeva parte a nessun lavoro. Si limitava a guardarsi intorno, con grande timidezza, per vedere cosa facevano tutti. Si credeva che non sapesse parlare. Un giorno l’insegnante vide questo bambino alzarsi per andare a prendere un oggetto. Disse: “Oh, come sono contenta! Che bravo bambino!” Il bambino guardò la maestra e tornò a sedere. Per un mese intero non fece nient’altro. Era necessario che il coraggio represso che stava nascendo, emergendo dalla sua personalità, fosse lasciato in pace ad agire, senza che nessuno se ne accorgesse. Quando, dopo un mese, il bambino si alzò di nuovo e cominciò a fare qualcosa, nessuno gli prestò la minima attenzione. Lavorò e lavorò a lungo. Il bambino che prima non aveva mai parlato cominciò a parlare e a lavorare.


C’era una bambina, un caso quasi patologico, che aveva paura di prendere in mano un bicchiere pieno d’acqua. Perché aveva questo tipo di paura? Forse, quando era molto piccola, qualcuno le aveva detto: “Oh! Stai attenta, non prendere quel bicchiere d’acqua. Lo rovescerai e il bicchiere si romperà!” Forse la bambina ha ricevuto una sorta di shock mentale che è stato la causa di questa inazione. Di certo nessuno l’aveva costretta a toccare quei bicchieri a scuola. Al contrario, nessuno aveva notato che aveva questo tipo di paura. Dopo qualche tempo, la bambina si interessò agli altri che lavoravano o facevano esercizi con gli acquerelli e cominciò a portare loro dei bicchieri d’acqua. Sbocciò così una sorta di passione nel portare bicchieri d’acqua a chi lavorava con gli acquerelli.


Quindi il bambino ha letteralmente bisogno di essere curato da queste barriere mentali per tornare normale e attivo. Tutti questi difetti del bambino, tutte queste barriere che costituivano un ostacolo al suo sviluppo, non sono stati eliminati da un’azione diretta, né corretti da un incoraggiamento personale, ma sono scomparsi da soli quando i bambini sono diventati spontaneamente attivi. In questo modo, diventando spontaneamente attivo, ogni bambino supera le barriere del suo sviluppo e torna alla normalità.


Quando un bambino attivo, dotato di grande immaginazione e pieno di movimenti disordinati viene a scuola, usa i materiali per costruire carri e cavalli, e inoltre disturba in continuazione chi sta lavorando. Tuttavia, una volta che questo bambino inizia a lavorare e fissa la sua attenzione su un oggetto esterno o su un esercizio, si calma e tutti questi voli della fantasia sembrano scomparire, diventa ordinato e preciso nei movimenti e l’immaginazione errante sembra tornare. Potremmo dire che è avvenuta una correzione. L’uccello torna nella sua gabbia. È proprio a questo punto che inizia il lavoro della scuola. È a questo punto che inizia il vero sviluppo.

Quanto tempo richiede questa correzione20? Tutto dipende dal bambino. A volte ci vuole una settimana, a volte un mese, a volte addirittura un anno.

Nel campo della psicologia nella medicina moderna ci sono bambini che vengono definiti difficili. Una volta uno di questi bambini difficili fu chiuso in una stanza con un certo numero di oggetti mentre il medico lo osservava dall’esterno attraverso un vetro (il bambino non sapeva di essere osservato) in attesa che agisse. Quando i genitori tornarono, il medico non descrisse né spiegò l’accaduto, ma si limitò a dire: “Il bambino è guarito!” Il bambino era stato sottratto alle cure pressanti dei genitori ansiosi e messo in relazione con alcuni oggetti esterni, con i quali era divenuto attivo. La sua attività si era normalizzata. Questa è la cura. I sanatori medici di questo tipo sono molto numerosi nel nostro paese. Non so se queste istituzioni siano nate dopo il metodo Montessori. Non ha importanza. Tuttavia, le nostre scuole sono molto più perfette di questi istituti, perché rappresentano il luogo in cui il bambino mette tranquillamente le sue attività al posto giusto. 


Quando questo avviene e il bambino si normalizza, vediamo che i suoi difetti scompaiono. Potreste dirmi: “È tutto molto bello, ma in pratica, cosa dobbiamo fare? Sedersi e aspettare con tutti gli oggetti nella stanza?” Parlando del bambino prima deviato e poi normalizzato ho detto agli insegnanti cosa devono aspettarsi. Nel frattempo, è di grande aiuto che nella stessa classe ci siano più bambini insieme, più o meno della stessa età. Quando i bambini sono tanti e l’insegnante è uno solo non c’è un adulto per ogni bambino come accade nelle case. Questo non significa che sia sempre il figlio unico ad avere più difetti. Si è sempre pensato che il figlio unico abbia più difetti degli altri perché i genitori sono troppo buoni con lui. Questi difetti, tuttavia, sono spesso dovuti al fatto che tutti gli adulti della casa stanno addosso al bambino. La madre si prende cura di lui e gli impedisce di essere attivo, poi c’è il padre, lo zio, persino la nonna e il nonno, tutti addosso a un povero bambino. Se invece in famiglia ci sono molti bambini, questi sono più normali perché i genitori non hanno il tempo di occuparsi di ognuno di loro con tanta intensità.


In una classe in cui ci sono molti bambini e un solo adulto le condizioni sono favorevoli al bambino. La maggior parte dei bambini ha dei difetti, ma non sono molto sviluppati. Un certo numero di bambini è in grado di seguire l’insegnante e di fare qualche piccolo esercizio. Quelli che non seguono l’insegnante vengono lasciati soli.


Il materiale non viene dato al bambino all’inizio della scuola. L’insegnante deve studiare il gruppo di bambini e organizzare alcune azioni collettive per richiamare i bambini a poco a poco a ordinarsi intorno a lei. Non posso dare a ogni insegnante un consiglio particolare su cosa dovrebbe fare per raggiungere questo obiettivo. Posso solo descrivere ciò che è stato fatto con successo.


Per esempio, un’insegnante ha riempito d’acqua un piatto da minestra e ha detto: “Vediamo se qualcuno riesce a portare questo piatto senza rovesciare l’acqua.” Quasi sempre i bambini si sono interessati e hanno fatto molta attenzione a non rovesciare l’acqua. In questo modo iniziano a fissare la loro attenzione su un’azione che ha un certo scopo esterno.


Nel nostro paese abbiamo molte sedie in classe, così l’insegnante ha proposto: “Prendiamo tutte le sedie e facciamo una linea retta.” Ogni bambino inizia a fare queste linee e l’insegnante mostra ai bambini come tenere la sedia, come portarla, come posarla senza fare rumore o come correre da una parte all’altra della stanza senza fare rumore. Un’insegnante ha detto a ogni bambino di aggrapparsi al grembiule di un altro e formare una lunga fila per camminare insieme in giardino. Quando l’insegnante vede che è arrivato il momento di lavorare, si possono iniziare gli esercizi di vita pratica. La scuola inizia quindi con gli esercizi di vita pratica, con un’analisi del movimento. 


A volte, durante la fase collettiva della classe, l’insegnante può anche cantare canzoni, raccontare storie e dare ai bambini dei giocattoli. Tutte queste cose rappresentano un richiamo per il bambino. Quando gli esercizi di vita pratica iniziano a interessarlo, si è concentrato sulla relazione con l’oggetto e cercherà un lavoro simile. Quando l’insegnante presenta al bambino un oggetto per l’esercizio con tutti i suoi dettagli, in tutta la sua completezza, il bambino prende confidenza con queste azioni. Così, a poco a poco, il bambino inizia a lavorare. Quando la personalità si normalizza e si sviluppa fino al punto in cui il bambino comincia a fissare profondamente la sua attenzione su qualcosa, il materiale viene preso e presentato al bambino. A questo punto si inizia una nuova scuola. In caso il bambino vada in una scuola che già funziona, entra in un ambiente in cui il lavoro esiste già, in cui gli altri bambini sono già normalizzati. Quindi, quando i nuovi bambini si sono normalizzati, quando hanno iniziato a lavorare su un oggetto con l’attenzione fissa, la scuola inizia a funzionare.


Le nostre scuole non sono sanatori, anche se all’inizio il lavoro che svolgiamo è parallelo a quello che si svolge in un sanatorio. La parte importante del nostro lavoro è l’educazione del bambino. Lo scopo della scuola non è quello di aiutare il bambino a fissare la sua attenzione su un oggetto; questo è solo l’inizio. Non ci fermiamo lì. È da lì che inizia la vera educazione, il vero lavoro della scuola.

Lezioni dall'India 1939
Lezioni dall'India 1939
Maria Montessori
Lo sviluppo creativo del bambino. 75 lezioni in italiano tenute da Maria Montessori durante il primo Corso Montessori Internazionale nel 1939 a Madras, che spaziano dalla psicologia all’uso dei materiali.