Questo spazio di comunicazione può essere dato proprio dalla letteratura. Nell’albo Un po’ più lontano73, della scrittrice e illustratrice parigina Anaïs Vaugelade, viene rappresentato il graduale, naturale e avventuroso allontanamento del coniglietto protagonista da casa e dalla propria mamma, simboli di protezione e sicurezza. Ogni fase di questo processo viene segnata da un passo che il piccolo compie sempre un po’ più in là rispetto ai limiti imposti dalla mamma. Basta osservare le espressioni del suo viso per riconoscere come queste transizioni vengano vissute dal protagonista tanto con desiderio, quanto con un pizzico di timore e senso di colpa (la rappresentazione iconica di quel “permesso di crescere” di cui parlava Alba Marcoli). (Fig. 16)
Mamma coniglietto è, ancora una volta, un personaggio onesto, nelle cui espressioni emotive noi adulti potremo leggere e ritrovare la nostra stessa vulnerabilità, la fatica e il coraggio, ovvero le emozioni più strettamente correlate al nostro ruolo di “allenatori” consapevoli di indipendenza e autonomia.
Lasciare andare un figlio che cresce è impresa epica per molti genitori. La tentazione di trattenerli un altro po’, ancora un momento, è ben rappresentata da Cristiana Valentini nell’albo Chissadove74, illustrato da Philip Giordano. «In mezzo alla collina c’era un albero ricco di piccoli semi che crescevano silenziosi e impazienti di diventare alberi per poter un giorno parlare». Con l’arrivo della primavera il vento disperde i semi, che iniziano il loro viaggio nel mondo, alla volta di chissadove. L’albero si accorge di un piccolo seme che resta attaccato alla sua chioma e, se dapprincipio cerca di incoraggiarlo ad andare e di mostrargli la via, ben presto riconosce che tutto sommato un po’ di compagnia non gli dispiacerebbe. (Fig. 17)
Ecco che il gesto del prendersi cura, anziché guidare verso l’indipendenza, si trasforma nel tentativo vano di proteggere trattenendo. Si tratta di una misera illusione, però, perché il mondo è fatto di imprevisti anche per un piccolo semino, come l’arrivo di una gazza, che lo rapisce e lo fa cadere… chissadove. Nella stagione successiva l’albero, che ha il cuore da tenero ciliegio e la memoria corta, di nuovo e ancora saluta i nuovi semini dispersi dal vento, ma in lontananza vede un giovane arbusto che riconosce immediatamente: eccolo, il suo piccolo seme impaurito, diventato ora una giovane pianta «con un tronco diritto, slanciato, color cenere, con una piccola chioma fitta fitta e un cuore di tenero ciliegio».
Educare i figli è un viaggio impervio, che richiede di imparare a camminare sul filo sottile della paura e del coraggio, della protezione e della fiducia, del controllo e della libertà, senza mai perdere di vista l’obiettivo più importante: la padronanza di sé nelle incertezze della vita.