Le idee, le prospettive, le capacità e competenze che non sono le mie, che vengono da fuori dunque sono diverse e nuove, possono rappresentare forme fondamentali di liberazione e salvezza. Ne Il muro in mezzo al libro95, l’autore americano Jon Agee gioca con il limite dato dalla rilegatura del libro, disegnandoci sopra un muro di mattoni alto più del libro stesso. Nella pagina a sinistra, un piccolo cavaliere in armatura crede di essere nel posto “giusto”: il muro protegge il suo lato, quello sicuro, dall’altro lato, quello pericoloso. Il lettore, dal canto suo, nelle illustrazioni vede qualcosa che l’ignaro cavaliere non coglie, traducendo una situazione totalmente opposta: la sua pagina si sta allagando pericolosamente, portandogli appresso pesci sempre più minacciosamente grossi. A destra del muro, invece, personaggi apparentemente temibili, capiscono la situazione e contro ogni aspettativa si adoperano per trarlo in salvo. Come a dire: trincerarsi nella sicurezza non è sinonimo di salvezza.
L’architettura degli spazi in cui abitiamo dice molto a proposito della nostra “architettura interna”, dei modi personali di stabilire o meno confini con il mondo esterno: muri, recinzioni, sistemi di allarme, porte, finestre, sono tutti elementi che, andando a definire strutturalmente l’abitazione, sanciscono una delimitazione tra il dentro e il fuori, tra noi e gli altri. E come tali elementi fisici rappresentano metafore dei nostri processi mentali, alla stessa stregua i muri, le porte e le finestre degli albi illustrati diventano simboli di questi stessi atteggiamenti di apertura o chiusura che i personaggi delle storie instaurano gli uni verso gli altri. Ne L’ospite inatteso96, dell’autrice Antje Damm, accediamo fin dai risguardi iniziali in una stanza grigia, perfettamente linda e ordinata, con finestre e porte sigillate: Elsa, la proprietaria, è una signora spaventata da tutto e tutti, che si barrica in casa per evitare qualsiasi imprevisto. Il quale però inevitabilmente entra, non appena uno spiraglio glielo permette, nella forma di un aeroplanino di carta lanciato da chissà chi. «Questo coso non può assolutamente restare qui!», dice Elsa, e lo incenerisce nel forno. Ma a nulla vale il suo tentativo di asserragliamento, perché il proprietario dell’aeroplano, un bambino piuttosto intraprendente, l’indomani bussa alla sua porta e, come niente fosse, chiede di entrare in casa per fare pipì. Che fare? Aprire o chiudere? Accogliere o lasciare fuori? Elsa cede, permettendo così a se stessa di trasformare l’intruso in un ospite inatteso, inaspettatamente portatore di colore, contatto e rinnovata vitalità.