Capitolo 1

Le fasi dello sviluppo

Abilità, competenze, capacità

Ciao mamma, ciao papà! Se siete qui è perché è in arrivo una bellissima sorpresa… o forse è già arrivata! Scommetto che vi state facendo un sacco di domande (il piccolo dormirà la notte? come andrà con l’allattamento? quando arriverà il primo sorriso?); vi immagino a studiare, raccogliere informazioni e consigli da chi è più esperto per cercare di prevedere come sarà e per capire se state andando bene.

Ma penso che se siete qui ora è perché, tra le mille domande, sentite anche il bisogno di capire cos’è questa storia dell’acquaticità neonatale: in altre parole, volete farvi un’idea di come far “sguazzare” il vostro piccolo nell’acqua appena è possibile.


Forse posso darvi una mano in questo viaggio: ho diverse cose da raccontarvi. Partiamo subito, vi va?

Alcune informazioni tecniche, tanto per cominciare.

Consideriamo fasi della crescita precisi intervalli temporali in cui solitamente i bambini acquisiscono determinate capacità. Per semplificare, suddivideremo tali competenze in quattro macro aree: abilità cognitive, motorie, linguistiche e relazionali. Vediamole brevemente più in dettaglio.


  • Per abilità cognitive si intendono l’attenzione, la memoria e il pensiero. Sono quelle abilità che consentono al bambino di apprendere attraverso le informazioni che gli arrivano dai sensi, permettendogli ad esempio di riconoscere un colore o di rifiutare un cibo che ha già assaggiato e che non gradisce. Tali capacità si sviluppano piano piano e se allenate possono migliorare.
  • Le abilità motorie riguardano la nostra capacità di muoverci nello spazio e di agire su di esso. Usiamo le abilità motorie quando camminiamo, corriamo, ma anche quando rimaniamo in equilibrio su un piede e facciamo rimbalzare una palla.
  • Per abilità linguistiche si intende la capacità di acquisire il codice linguistico. Non si tratta però di capire semplicemente il senso delle parole. Nello specifico caso del bambino, ad esempio, la capacità di agganciare lo sguardo del genitore gli consente di comprendere e riconoscere le espressioni del viso e di osservare i movimenti della lingua e delle labbra. Il bambino impara a imitare e riprodurre i suoni che ha ascoltato. Sono capacità linguistiche il saper ascoltare, parlare, leggere, scrivere.
  • Le abilità relazionali infine, si riferiscono a quella serie di abilità che consentono al bambino di instaurare e mantenere relazioni sane. Esempi di competenze relazionali sono la capacità di rispondere a un sorriso, imitare smorfie, battimani, ma anche allungare un libro ai genitori quando vuole ascoltare una storia.

Le fasi della crescita

Vediamo ora brevemente i progressi che il bebè fa di giorno in giorno. Quali sono, cioè, i passaggi salienti durante i primi tre anni di vita.

Ovviamente non esiste un momento esatto uguale per tutti, in cui tutti i bambini devono sviluppare quella determinata competenza: tra un bimbo e l’altro possono esserci diverse settimane di differenza, e in certi casi possono addirittura verificarsi scarti di alcuni mesi.

I primi 4-5 mesi sono ancora profondamente improntati all’attaccamento alla mamma. Il bimbo è ancora un tutt’uno con lei e per lo più mangia e dorme. Gradualmente, però, inizia a controllare la testa e a tenerla a poco a poco sollevata. Verso i 3 mesi inizia anche ad affinare la capacità di portare le mani alla bocca e a 6 mesi è in grado di afferrare oggetti e scuoterli.

Dal punto di vista relazionale e del linguaggio inizia a fissare i volti familiari; iniziano anche le prime vocalizzazioni e quando piange è possibile consolarlo parlandogli, cullandolo o offrendogli qualcosa da succhiare (seno, biberon, ciuccio). Incomincia anche a sorridere, e se da principio lo fa soltanto in risposta a un sorriso, in seguito è in grado di farlo spontaneamente.

Cosa è fondamentale in questa fase: contenerlo, coccolarlo, guardarlo, mantenere il contatto con la madre.


Verso i 6 mesi il bambino è in grado di stare seduto. Riesce ad afferrare oggetti e portarli alla bocca, e aumenta la capacità di seguire con gli occhi oggetti in movimento. Dal punto di vista linguistico inzia la lallazione (ta-ta, ma-ma-ma), mentre, per quanto riguarda le abilità relazionali, comincia a essere curioso e a rispondere alle emozioni altrui.

Cosa è fondamentale in questa fase: contenerlo, coccolarlo, guardarlo, comunicare con lui, proporgli piccoli stimoli da esplorare.


Verso i 12 mesi lo sviluppo ha, per così dire, un’accelerazione. Infatti, grazie alla capacità di reggersi in piedi e di muovere i primi passi, il bambino comincia un’esplorazione ancora più intensa. Migliora la coordinazione fine (è capace di mettere e togliere oggetti da un contenitore) e comincia a utilizzare gli oggetti in modo appropriato.

Anche dal punto di vista relazionale ci sono grandi cambiamenti: è in grado di manifestare preferenze verso determinati giochi, per esempio, e può risultare intimidito dagli estranei.

Per quanto riguarda lo sviluppo del linguaggio ci troviamo a un punto di svolta: il bimbo, infatti, comincia finalmente a pronunciare le parole “mamma” e “papà”, e a comprendere il significato del “no.”

Questo momento segna una vera e propria apertura verso il mondo, che accelera la elaborazione di una coordinazione sempre più fine e un desiderio di scoperta e di gioco sempre più manifesto.

Cosa è fondamentale in questa fase: contenerlo, coccolarlo, guardarlo, comunicare e interagire intensamente con lui proponendo giochi colorati e attività che stimolino lo sviluppo dei sensi e la motilità fine delle mani.


Verso i 24 mesi, il bebè è in grado di arrampicarsi sui mobili, bere da un bicchiere, copiare semplici segni, indicare qualcosa che gli interessa e, più in generale, è in grado di farsi capire e comprendere frasi semplici. I progressi sono rapidissimi: le acquisizioni di nuove capacità spuntano così, da un giorno all’altro.

Cosa è fondamentale in questa fase: contenerlo, stimolarlo con giochi sonori nello sviluppo del linguaggio, consentirgli di muoversi in spazi ampi nei quali possa sperimentare tutte le capacità del proprio corpo.


E al compimento dei 36 mesi, sempre al netto della variabilità di ogni singolo individuo, il bambino ha sviluppato un assetto cognitivo e motorio eccellente, che gli consente di saltare, pedalare, costruire piccole torri e molto altro.

Anche dal punto di vista relazionale e linguistico ci sono importanti conquiste: è in grado di manifestare nuove emozioni come la vergogna e la possessività. Inoltre è in grado di socializzare con adulti e coetanei, parlare in modo comprensibile e persino raccontare semplici storie.

Cosa è fondamentale in questa fase: contenerlo, comunicare, seguire la sua esplorazione con stimoli adeguati.

Ecco. Dopo questa panoramica 0-36 mesi, siamo pronti per giocare con l’acqua!

Da fare, in realtà, non c’è granché. Stiamo parlando dei primi mesi di vita: il piccolo ha bisogno di dormire, mangiare, essere tenuto in braccio, coccolato, accarezzato. Siamo nella condizione in cui di fatto ancora non sa esattamente di essere qualcosa di staccato dalla mamma. Quindi il primo passo è immergersi insieme. O quantomeno con gli occhi della mamma sempre a vista. L’obiettivo è tranquillizzarlo e lasciare che senta come l’acqua lo sostiene.

L’importanza della routine

Quando si parla dello sviluppo dei bambini, un aspetto essenziale di cui tenere conto è la routine; numerosi studi, infatti, dimostrano l’importanza dei gesti ripetuti per lo sviluppo dell’identità. Il metodo Montessori stesso è strutturato su una serie di rituali rassicuranti e a misura di bambino. È bene quindi valorizzare questo aspetto anche nel rapporto con l’acqua.

Che si tratti di un bebè di pochi mesi o di un bambino più grandicello, la tranquillità di sapere cosa lo aspetta in quello spazio immenso e azzurro è un dettaglio importantissimo affinché l’apprendimento possa risultare gradevole e dunque efficace.

Il primo punto da cui partire, quindi, è la routine. A riprova di questo vedremo più avanti un caso di studio, nel quale l’utilizzo di una serie ripetuta di gesti è risultato efficace per aiutare una bambina e il suo nonno in difficoltà a uscire da una impasse.


Prendiamo ora in considerazione le diverse fasce di età. Per semplificare, divideremo il tema considerando due gruppi di età: la fascia compresa tra i 3 e 18 mesi e quella compresa tra i 18 e i 36 mesi. È una semplificazione utile, che tiene conto di due aspetti fondamentali che condizionano l’impostazione dell’esperienza acquatica: il linguaggio e la capacità di camminare. Capite bene che la possibilità per un bimbo di comunicare e muoversi incide nel tipo di esplorazione che si può fare nei diversi contesti, dalla vasca da bagno fino al mare. Non abbiamo considerato i primi tre mesi di vita perché spesso i pediatri consigliano di iniziare ad andare in piscina solo dopo le prime vaccinazioni, che sono appunto intorno ai tre mesi; tuttavia potrete trarre utili suggerimenti per i momenti del bagnetto, magari dopo aver sciolto nell’acqua una generosa manciata di amido di riso, che è un naturale emolliente per la pelle del vostro bimbo.


Abbiamo visto che lo sviluppo del bebè è per così dire “sfumato”, e avviene con gradualità, ma in maniera importante, nei primi 36 mesi di vita. In questa fase è bene concentrarsi esclusivamente sull’ambientamento e aiutare il bebè a sviluppare un amorevole rapporto con l’acqua.

Questo non significa che il bambino non sperimenterà il galleggiamento e lo scivolamento, anzi: come vedremo, molti momenti di gioco sono strutturati per esplorare proprio queste competenze. È bene però non pensare in termini di “stili”, “bracciate” o “gambate” e, se ci sono le condizioni, è preferibile inserire qualche minimo spunto tecnico sempre in una dimensione ludica di libera esplorazione.


Facciamo un esempio. Non è infrequente che un bimbo di 30 mesi abbia già una buona predisposizione per l’impostazione della “battuta di gambe”. Possiamo incoraggiarlo in questo, se notiamo che ricerca un movimento, seppur abbozzato; possiamo anche prendergli i piedi e fargli sentire la resistenza dell’acqua. Possiamo anche aiutarlo a distendere i piedi a punta, in modo che non si abitui a una posizione errata. Ma è sempre consigliabile farlo in un contesto di gioco, magari al mare, mentre scorrazza dentro la ciambella, o nella piscinetta. E non insistere, se il gesto torna abbozzato. Come vedremo, ancora una volta la proposta di brevi sessioni di esplorazione acquatica, ripetute ogni volta che si presenta l’opportunità, è più efficace che trasformare un momento di svago in una noiosa lezione improvvisata.

Sia con mamma sia con papà

Se nelle prime settimane di vita il neonato vive in una condizione di “simbiosi” con la madre, tale per cui non è in grado di percepire dove termina il suo corpo e dove comincia quello di lei, il ruolo paterno diventa invece importante in quella fase di ricerca dell’identità che consente al bambino di capire che lui non è “un pezzo della mamma”, ma è un individuo. Proprio per questa ragione, è importante che abbia una esperienza acquatica sia con l’uno che con l’altra. Ci sono papà giocherelloni e che hanno una naturale predisposizione all’acqua, così come altri che sono invece più impacciati o, al contrario, eccessivamente dinamici o performanti. Lo stesso è per le mamme: ci sono quelle più apprensive, quelle più intimidite, quelle che invece esplorano l’acqua in modo disinvolto e divertente.


Due sono gli aspetti da tenere presenti: il piccolo vivrà due differenti esperienze dell’acqua. E questo non può che essere un valore aggiunto, poiché aumenta lo spettro delle sue conoscenze. A patto che, e questo è il secondo aspetto da considerare, siamo disposti a imparare e migliorare, esplorando e cercando di arricchire le nostre caratteristiche di base.


Ricordiamoci che con noi c’è sempre un’insegnante formidabile, che è appunto l’acqua stessa. Consideriamo che si comporta come se fosse composta da tanti fogli impilati uno sull’altro e che questo suo comportamento così singolare richieda un po’ di tempo per essere esplorato e compreso. Teniamolo bene a mente in quelle giornate in cui ci sembra che nulla di particolare stia accadendo e che (uffa insomma!) non si riescono a togliere i braccioli e pare che si facciano sempre le stesse cose.

Ci vuole tempo ad affinare qualsiasi tecnica: è il corpo che studia, impara, mentre nuove connessioni neurali si costruiscono.

Primi tuffi e acquaticità neonatale
Primi tuffi e acquaticità neonatale
Maria Letizia Trento
Guida con esercizi e giochi per esplorare l’acqua. Una guida ricca di esercizi, di semplici ma preziose informazioni tecniche, nonché di aneddoti e racconti, pensata per accompagnare i neonati alla scoperta della loro corporeità e di questo magico elemento, di cui conservano ancora una vivida memoria.