capitolo 7

I giochi

Le funzioni del gioco

Dobbiamo considerare il gioco molto seriamente.

Per i bambini, il gioco non è soltanto svago, distrazione, divertimento. È piuttosto un’attività impegnativa e costruttiva, pari al lavoro, e porta con sé moltissimi significati. Vediamoli.

  • È certamente divertimento.
  • È occasione di apprendimento in senso ampio: il bimbo, giocando, può infatti esercitare nuove competenze cognitive, così come anche affettive e relazionali.
  • Gli consente di manifestare, e di conseguenza abbandonare, paure, aggressività, ansie.
  • Ha il magico potere di distaccare per un po’ il piccolo dalla realtà. Questo aspetto è fondamentale per aiutarlo ad allenarsi a diventare grande, perché riesce a vedersi nei mondi che ha attorno e prova a viverli immaginando come potrebbe comportarsi.

Facciamo un esempio: la bambina che finge di andare al supermercato, di fatto è staccata dalla realtà. Non è più una bimba. È una mamma, con delle responsabilità. E quindi va a comprare la pappa, compra la frutta perché sa che fa bene ai suoi bimbi. Poi compra anche un po’ di cioccolata, ma poca, perché la cioccolata fa venire la carie e il mal di pancia se ne mangi troppa.


Che ne pensate? In fondo, “far finta di” allena il bambino al mondo esterno, un po’ come se facesse ogni giorno tante piccole prove generali in attesa del giorno in cui sarà pronto per andare realmente al supermercato. Naturalmente i vari modi in cui gioca sono legati al suo sviluppo e cambiano con la crescita.

Diciamo che, in generale, si possono individuare cinque tappe nel corso dei primi dieci anni di età, ma a noi, per il momento, interessano più che altro le prime due: 3-18 mesi e 18-36 mesi.


Durante i primi 24 mesi circa, i giochi sono legati alle sensazioni.

È il corpo, infatti, la prima fonte di gratificazione e arricchimento. Per questo motivo, mamma, i primi giochi riguardano il suo corpo e il tuo, anche se comunque ciò che avete intorno (oggetti e persone) esercita su di lui una certa attrazione.

Le parole d’ordine in questa prima fase di gioco sono due: esplorare e ripetere. Esplorare in tutti i modi possibili, primo fra tutti mettendo ogni cosa in bocca: in questo modo, riesce a capire che cosa è parte di lui e cosa no. Poi ci sono le ripetizioni: ancora e ancora, per affinare un gesto e farlo diventare efficace.


A piccoli passi, a forza di sperimentare, il bimbo inizia a prendere consapevolezza che quella mano immersa nell’acqua che si presenta davanti ai suoi occhi è collegata alla sensazione di fresco e umido che percepisce: quindi è parte di lui. Per questo, come dicevamo in precedenza, più che di giochi di apprendimento dobbiamo parlare di esercizio: perché il piccolo non sta apprendendo, quanto piuttosto ripetendo schemi motori e vocalizzi dell’adulto, e li ripeterà finché non riesce a controllarli e a ottenere ciò che gli serve per esplorare.


Abbiamo detto che l’espressione massima dell’esplorazione passa dall’assaggio degli oggetti. Per potere effettuarla, però, il bambino deve essere in grado di afferrare un oggetto, riuscire a tenerlo stretto, e (badate bene, perché non è mica semplice) riuscire a portarlo verso il viso e centrare l’obiettivo “bocca”. Il tutto, senza guardare!


Pensateci un attimo: lui non lo sa dov’è la sua bocca e non ha uno specchio. L’unico “specchio” che ha, in qualche modo, è il volto dell’adulto. Se osservate il piccolo in questa prima fase, tenendo presente queste considerazioni, sorriderete un sacco perché ce ne vuole prima che quella minuscola mano sia in grado di beccare la bocca. Aperta per di più. Sì, perché tra le tante cose che deve ricordarsi di fare, c’è anche che deve aprire la bocca!


A due anni le cose cambiano: si apre il mondo dei giochi simbolici. Il bambino può contare su un nuovissimo kit di gesti che esegue con grande competenza (che di fatto ha allenato fino ad ora) e di schemi motori efficacissimi. Quindi può giocare a essere già grande e a saper fare cose più complesse, come tagliare un pomodoro: se fino a ieri si è allenato a “prendere”, “muovere”, “stringere”, ora può mettere insieme queste abilità e afferrare un coltello e muoverlo, mentre con l’altra mano tiene fermo il pomodoro! Come dicevamo, si avanza per “approssimazioni successive”.


Quindi, i giochi simbolici sono molto importanti perché lo aiutano a pensare. Di più: sono essi stessi forma di pensiero. Lo aiutano a consolidare la memoria, quella famosa memoria di cui parlavamo qualche capitolo fa e che è preziosa nell’apprendimento. Apprendere, quindi, il colpo di gambe a rana, la bracciata, la respirazione forzata. Non solo: se non gioca, non pensa o pensa male. Se non gioca, non sviluppa le strutture cognitive di base (attenzione, linguaggio, concentrazione, memoria). Quindi, se non gioca non può imparare quel che gli si insegna.


Può essere molto utile, ogni volta che vogliamo proporre un oggetto nuovo o un giocattolo, farglielo esplorare: risulta essere già quello un momento di apprendimento. Possiamo raccontarglielo, descriverlo, mostrargli se ha aspetti particolari, incoraggiarlo a stringerlo per capire se produce un suono, a batterlo, anche a morderlo se non l’ha già fatto in autonomia. Possiamo incoraggiarlo dandogli ogni tanto semplici suggerimenti. Ma soprattutto lasciamogli il tempo di studiarlo in ogni suo aspetto.


Di seguito vi riporto una serie di giochi divisi in cinque categorie, che potete facilmente riproporre e provare a fare in autonomia. Per comodità li ho divisi per funzione, rispetto alla fascia di età più adatta per ognuno di essi; con le indicazioni che vi ho fornito fin qui dovreste potervi orientare con una certa facilità nella scelta giusta.

  • Giochi che richiamano il quotidiano
  • Giochi non strettamente legati all’acqua
  • Giochi per sperimentare l’acqua sul viso.
  • Giochi per imparare a galleggiare e scivolare sull’acqua.
  • Giochi propedeutici alle immersioni.

Vediamoli più in dettaglio.

Giochi che richiamano il quotidiano

Sono molto utili per “dimenticarsi” che siamo nell’acqua. Quindi se il bimbo ha molta paura, trasformare lo spazio acquatico in uno spazio che frequenta abitualmente, lo aiuterà a spostare l’attenzione da ciò che teme a ciò che è in grado di fare.


Mamma, papà, in questo senso puoi provare un infinito numero di situazioni nelle quali vi trovate abitualmente. Non hai bisogno di andare troppo lontano per essere creativo. E vedrai che tuo figlio dimenticherà all’istante la sua paura. Di seguito alcuni esempi molto facili.


Al supermercato. Siete tra i banchi del supermercato e dovete fare la spesa. Procuratevi degli oggetti che galleggino ma anche che affondino. Poi prendete un contenitore e andate a fare la spesa gironzolando per prendere i pomodori, la cioccolata e tutti gli alimenti che di solito il piccolo conosce e ama.


Variante senza oggetti. Potete anche proporre il gioco senza alcun oggetto. Usate la fantasia. Mimate il gesto del prendere, saltellate da una parte all’altra tra le corsie, andate alla cassa. Ogni rappresentazione comporta una gestualità dentro l’acqua che diventa allenamento.

In cucina. Potete preparare un piatto. Prendete gli ingredienti, mescolate, sminuzzate, tagliate, frullate, sbriciolate. Sono tutte attività che si fanno con le mani e che consentiranno al bimbo di sperimentare la resistenza e la sua “reattività”.


La batteria. Suonate la batteria. Schiacciamo e percuotiamo l’acqua a ritmo. Con una, due mani. Sentiamo quanto è densa, battiamo il tempo e scopriamo tutte le note dell’acqua e la sua musicalità. Questa variante mette sempre molta allegria, anche perché la puoi accompagnare improvvisando una canzoncina.


In bagno. È mattina, vi siete svegliati e vi dovete preparare per andare all’asilo. Lavate il viso, le mani, i denti (usiamo il dito). Dopo aver lavato i denti fate “sciacqua e sputa”: prendete un po’ d’acqua in bocca e sputatela come dopo aver passato lo spazzolino.


Variante propedeutica alle immersioni. Se vogliamo concentrarci sul viso, possiamo spezzettarlo in ogni suo componente. Abbiamo infatti già visto che ha tanti punti di fastidio. Ed esplorarli con calma e cautela uno alla volta aiuta enormemente quando poi è il momento di immergerlo interamente.

Esercizio

Trova tu ora un luogo di tutti i giorni con cui animare l’acqua

Giochi non strettamente legati all’acqua

Ci sono molti giochi che si fanno all’aperto che ben si prestano per essere riproposti nell’acqua. Essendo per definizione praticabili in spazi ampi, potremo proporli in piscina o al mare, e consentiranno di esplorare ancora una volta Archimede e la spinta idrodinamica.

Pensate ad “acchiapparella”: rincorrersi nell’acqua è una sfida forte! Il rischio di sbilanciarsi e cadere è altissimo, l’equilibrio è messo alla prova. Non solo: i cambi rapidi di direzione diventano difficilissimi, perché correndo creiamo delle turbolenze e dei controcorrente che tendono a frenarci o rincorrerci quando proviamo a fare uno scatto laterale. Tutte prove molto utili per allenare il nostro pesciolino!


Ma c’è anche 1,2,3 stella. Voi contate e il bimbo deve fare rapidi passetti verso di voi e immobilizzarsi mentre tutta l’acqua intorno muovendosi disturba il suo equilibrio.


E ancora a “nascondino”. Voi chiederete: “e dove ci si nasconde in una piscina?” Semplice: sott’acqua. Questa rivisitazione del gioco che facciamo all’aperto lo rende perfetto per allenare il piccolo ad immergersi. Ovviamente, mentre lo cercate, lui dovrà venire fuori diverse volte a respirare. Ma guarda un po’, sono certa che il quel momento voi sarete girati a guardare da tutt’altra parte.


Come abbiamo visto, poi, si possono anche proporre giochi nei quali l’acqua funge da ingrediente, o solo da elemento in cui stare. Nessuno ci impedisce infatti di giocare con i soldatini, o con gli animali dello zoo oppure con le costruzioni. E va da sé che per giocare con questi basta un lavandino, persino un bidet.

Innumerevoli poi, sono i giochi con oggetti da “mettere in fila”, o mettere in ordine, riporre nella loro cassetta, o “contare”. Chi l’ha detto che si usano solo sul tappeto o nella cameretta?


Insomma, potete animare lo spazio acqua con ciò che più piace al bimbo e lasciare decidere a lui se servirsi in qualche modo dell’acqua o stare semplicemente a mollo dimenticandosene.

Il lancio. Facciamo una breve riflessione sul lancio degli oggetti. Lanciare è una competenza fondamentale che il bambino allena e mette presto a punto. È una competenza complessa e composita, di cui l’aspetto controintuitivo è quello in cui il piccolo, quando ha dato all’oggetto una bella spinta, deve aprire la manina e lasciare che l’oggetto voli. Qui la cosa si complica: perché lui sa muovere velocemente il braccio. Sa aprire una mano per lasciare andare un oggetto. Ma è cosa diversa farli l’uno dopo l’altro!


Disgraziatamente poi, come avrete avuto modo di verificare o state per farlo, non è conciliabile con la socialità tra i pari. All’asilo il vostro bimbo si mette a lanciare oggetti contro gli altri. Non va. Le tate comprensibilmente sono costrette a rimproverarlo: se un giocattolo arriva in faccia il divertimento termina immediatamente.


Nell’acqua invece il lancio funziona. Direi che viene quasi naturale e risulta molto più gratificante che fatto sulla terra. Certo, avremo cura, quando gli proponiamo di lanciare oggetti in una vasca con altri bimbi, di non usare i soldatini o giocattoli duri o con spigoli, quanto piuttosto cose gommose che galleggiano o le immancabili palline di plastica leggere e colorate. Il lancio di un oggetto nell’acqua, consente di osservare il “rimbalzo” sulla sua superficie, esperienza questa non replicabile nell’aria.


Ancora una volta il bambino sperimenterà in libertà una sua competenza, il lancio, e una proprietà dell’acqua: la densità.

L’aeroplanino. Mamma, papà, ecco un gioco che richiede la presenza di voi due insieme. Mamma, puoi tenere il piccolo a pancia in basso sotto le braccia. Il suo viso è rivolto all’avanti. Papà, tu puoi posizionarti di fronte e tendere le braccia verso di lui. Ora mamma, prendi una bella spinta e fallo planare verso il papà come un aeroplanino. Ora papà, ripeti, lanciando alla mamma l’aeroplanino.


Il ponte. Puoi fare una piccola caverna o un ponticello sotto cui il bimbo deve passare. Puoi usare quel che vuoi. Se non hai nulla a portata di mano puoi usare anche il tuo braccio e farlo passare sotto. Di volta in volta puoi abbassare un po’ di più il braccio finché non ti rendi conto che tuo figlio sta sperimentando il suo livello ottimale di immersione del viso. Nella prossima sessione d’acqua, dopo una breve fase di riscaldamento potrai riprendere da dove avevate lasciato. Puoi abbassare fin quando la bocca non sfiora l’acqua. È un modo graduale per farlo abituare a immergersi.

Giochi per sperimentare l’acqua sul viso

Come abbiamo già detto più e più volte, prendiamoci il tempo che ci serve e procediamo per gradi. L’acqua sul viso è una questione seria. Come primo approccio per familiarizzare può essere utile “vaporizzare” o far arrivare comunque poca acqua sul visino. Potete usare animaletti di gomma che si possono riempire d’acqua ed essere spremuti così da fare “la pipì”, o gli spruzzini.


O l’immancabile innaffiatoio che crea una specie di pioggerellina. Inizialmente potete passare il suo getto solo su parti del viso, magari partendo dal capo, dalla fronte o da un orecchio. Potete anche versare sulla guancia facendo cadere qualche gocciolina sulle labbra. Bagnatelo delicatamente, e intanto osservatelo avendo cura di smettere se vedete che è in difficoltà. Parlategli dolcemente. Potete anche intonare una canzoncina.


Gli oggetti che potete usare sono tantissimi, usate la fantasia e magari adattate dall’uso quotidiano qualche oggetto che il piccolo predilige.

Se già ne avete, perché magari ci sono dei fratellini più grandi, potete fare una sorpresa al bimbo tirando fuori giocattoli che di solito usate in spiaggia. Sono perfetti anche per il bagnetto o l’acqua in generale. Paletta, setaccio, secchiello, formine, mulino.


Oppure potete adattare all’acqua anche i piccoli utensili che sono certamente presenti nella cameretta. Di solito ci sono kit di verdura e pentole, padelline, scolapasta, piattini, tazzine che ben si prestano ad essere riempite, svuotate, travasate.

Giochi per imparare a galleggiare e scivolare sull’acqua

Imparare a muoversi nell’acqua è abbastanza complicato per via, come abbiamo visto, del moto laminare dell’acqua. Sono tanti i modi nei quali occorre allenarsi a muoversi nell’acqua. Si può camminare, ma anche saltellare, ci si può fare largo con le braccia. Ci si può muovere accucciati ma anche in punta di piedi. Si può far tutto quello che si fa fuori dall’acqua e più ancora.


Proviamo ad accostare ogni possibile “andatura” ad un animale e improvvisiamo un piccolo zoo. Proponiamo quindi di muoverci come un animaletto. Possiamo usare la fantasia: di seguito alcune semplici proposte.

Il canguro salta a piedi uniti

Il pulcino si muove accucciato

Il coniglietto zompetta

Il delfino guizza

Ora continua tu!

N.B. questi giochi si possono fare anche indossando i braccioli o la ciambella. Anzi, questi “impedimenti” renderanno la sfida ancora più interessante.

Giochi propedeutici alle immersioni

Una volta che abbiamo familiarizzato con le prime goccioline sul viso, e tutto sommato abbiamo visto che non ci disturbano particolarmente, cominciamo a considerare la possibilità di immergerlo del tutto. Anche rispetto a questo nuovo obiettivo può essere utile scomporre il viso e fare giochi tematizzati.

Possiamo ad esempio fare la campanella: tieni tuo fglio sotto le braccia e fallo dondolare a destra e a sinistra facendolo planare delicatamente nell’acqua. Puoi anche accompagnare il gioco dicendo Din da una parte, e Don quando lo accompagni dall’altra. Lo fai prima immergendo una spalla, poi l’altra, poi il collo, poi una guancia, poi l’altra. Infine un orecchio e poi l’altro.


ATTENZIONE: OGNI GIOCO NON SI ESAURISCE IN UN’UNICA VOLTA.

Anzi. Stiamo assecondando e agevolando il processo di allenamento naturale. Quindi facciamolo e rifacciamolo più e più volte. Riproponiamolo a distanza di alcuni giorni. Poniamo dei correttivi o degli aggiustamenti ogni volta che notiamo un miglioramento nella competenza che stiamo allenando. Un esempio: il bebè sperimenta l’acqua in un orecchio. Si irrigidisce e ha una certa reattività. Ripropongo più volte l’esercizio e dopo alcuni giorni, settimane o semplicemente sessioni ravvicinate alla stessa situazione, il bimbo resta tranquillo e rilassato. Magari posso provare a distenderlo supino e a fargli sperimentare in contemporanea l’acqua in entrambe le orecchie. Posso, per un certo tempo, alternare i due giochi e così via.


Possiamo sicuramente dire che oltre alla gradualità può essere utile anche sperimentare una certa varietà insieme a lui. Ci preme moltissimo che cresca in maniera armoniosa, che tutti i distretti corporei, così come gli aspetti della sua identità, crescano correttamente.

Quindi ogni volta che sperimenti un nuovo gioco non abbandonare quelli precedenti. Casomai aggiungi. Mescola. Alterna. Crea delle armonie nei vostri momenti insieme. Fa’ che siano più ricche e fantasiose possibili.

Esercizi per abituare il viso all’immersione

La campanella può anche coinvolgere gli occhi. Una volta che nel dondolio l’acqua ha raggiunto l’orecchio posso sdraiare un po’ di più il piccolo sul fianco in modo tale da bagnargli leggermente anche gli occhi dalla stessa parte. Idem sull’altro lato.

Questi esercizi di “scomposizione”, nei quali esploro porzioni separate del viso, posso proporli anche con il bebè supino. Anzi, vedrete che, nel tentativo di raggiungere qualcosa vicino a lui, si protenderà per afferrarlo bagnando una porzione del viso. Potete comunque tenerlo sdraiato, inclinandolo ogni tanto un poco.


Per quanto riguarda la bocca, essendo, come abbiamo detto, la parte esplorativa per definizione, c’è davvero un mondo di possibilità per sperimentare l’acqua.

Ovviamente sono giochi che proporremo quando il bebè sarà in grado di reggere il capo e di imitare grossolanamente interagendo con l’adulto.

Tutti i giochi che richiamano l’igiene orale vanno bene.


Laviamo i denti, spazzoliamoli, poi sciacquamo e sputiamo. Per espellere l’acqua fuori dalla bocca possiamo proporre di fare una fontanella come lo zampillo delle balene. Questo esercizio è molto utile per aiutarci a chiudere la glottide e a non mandare giù l’acqua.

Naso. Anche esplorare col naso è importante e complesso, non fosse altro per la posizione in cui si trova. È infatti molto complesso tentare di mettere solo il naso dentro l’acqua senza che una qualsiasi altra parte non si bagni. Il che rende la sfida ancora più interessante. Si può proporre al piccolo di toccare l’acqua solo con la punta del naso. Questo creerà una distrazione: il bimbo sarà focalizzato solo sul suo naso e non si accorgerà (almeno non subito) che nel tentativo di riuscirci sta immergendo completamente la bocca.

Oltre ad acquisire la capacità di tenere l’acqua in bocca senza inghiottirla, una competenza fondamentale è la respirazione forzata che è propria degli stili. Come abbiamo visto infatti, la respirazione “forzata”, come dice la parola stessa, è per definizione controintuitiva. Tranquilla mamma, la imparerà perfettamente al corso di nuoto, ma intanto puoi preparare un buon terreno di lavoro alle istruttrici così il piccolo non consolida abitudini scorrette che poi è molto complicato correggere.


La teoria è semplice: il bambino si deve abituare a soffiare perché l’acqua è dura. E quindi per buttare fuori l’aria quando il viso è immerso occorre “spingere”. Spingere, quindi soffiare. Ci sono moltissime varianti che puoi proporre: soffia le candeline della torta di compleanno. Oppure soffia sull’acqua fino a fare un buchino. Fai tante bollicine nell’acqua. Glielo puoi proporre immaginando quello che più ti piace.

Esercizio

Inventa tu ora un gioco nel quale il piccolo immerge la bocca nell’acqua e semplicemente soffia.

Ci vuole molto tempo per automatizzare questa competenza. Proponigli quindi le bolle ogni volta che si presenta l’occasione: quindi certamente al mare e in piscina, ma anche nella vasca da bagno o nel lavandino pieno d’acqua.


Importante: mostraglielo sempre oltre a proporglielo. Metti il tuo viso di fronte al suo e fatelo insieme.

Se vuoi un oggetto concreto, puoi anche prendere un giocattolo che galleggia e farlo navigare con il tuo soffio nell’acqua. Questo può essere un passaggio precedente: il bambino deve poter sperimentare l’efficacia del suo soffio nell’aria. Quindi facciamogli soffiare su un oggetto in modo da farlo muovere. Prima senza immergere la bocca. Quando sarà consapevole della propria efficacia, glielo proporremo con la bocca dentro l’acqua.

Naso. La lettera M

Facciamo un esperimento. Provate a dire la parola mamma. Mmammma. MMMMMMaMMMMMMMa. Cosa notate? Due cose sostanzialmente ci interessano. Non tanto la parola quanto piuttosto la lettera M.

1) Che è muta, cioè la pronuncio a labbra serrate.

2) Che mentre la dico, oltre al suono, dal mio naso esce dell’aria. Provate un po’. Mmmmm. Ci avete fatto caso? Questo è forse il modo migliore e più efficace che ho messo a punto in 20 anni di carriera per insegnare a soffiare dal naso. Non servono grandi parole. Ma un suono semplice da replicare, e una parola cara ai piccoli.

Primi tuffi e acquaticità neonatale
Primi tuffi e acquaticità neonatale
Maria Letizia Trento
Guida con esercizi e giochi per esplorare l’acqua. Una guida ricca di esercizi, di semplici ma preziose informazioni tecniche, nonché di aneddoti e racconti, pensata per accompagnare i neonati alla scoperta della loro corporeità e di questo magico elemento, di cui conservano ancora una vivida memoria.