capitolo 3 (in collaborazione con il dott. Giuseppe de Felice)

La sintonizzazione affettiva nella relazione madre-bambino

Un figlio è un essere che ci è stato dato in prestito per un corso intensivo su come amare qualcun altro più di noi stessi, come cambiare i nostri peggiori difetti per dare a lui i migliori esempi, come imparare a essere coraggiosi.
José Saramago

Genitore è

Genitore è chiunque intraprenda il compito importantissimo di crescere, sostenere e accudire amorevolmente un bambino. Essere genitori significa avere un’opportunità di apprendimento che dura tutta la vita. I bambini offrono la possibilità di creare una relazione che incoraggia i genitori ad approfondire il rapporto con sé stessi e con gli altri.

Bisognerebbe immaginare i figli come se fossero degli specchi. È lo specchio che ci mostra le macchie sul viso, del sugo sulla bocca, se siamo stanchi oppure riposati, se abbiamo un viso tirato o un viso pieno d’amore.

I figli ci mostrano aspetti di noi stessi che non riusciamo a vedere.


Se gliene diamo l’occasione, i nostri figli ci guariranno”. È una frase emblematica, scritta da Hilton, psicoterapeuta statunitense e possiede una elevata forza rivoluzionaria nell’apprendimento relazionale. Se vi state chiedendo perché, è presto detto. Provate a porvi le domande che una tale affermazione d’istinto suscita. Qualche spunto: …se gliene diamo l’occasione… ma se gli diamo l’occasione di fare cosa, esattamente? E ancora …i nostri figli ci guariranno… ma da cosa esattamente dovremmo guarire? E in che modo poi, loro che sono i piccoli dovrebbero saperlo fare?

Per comprendere la risposta a questo tipo di domande occorre partire dal presupposto che, se si vuole sviluppare una comunicazione sana, una disciplina o una negoziazione con i figli, non si può prescindere dal fatto che la comprensione profonda della propria storia personale permette all’adulto di modificare il rapporto con i figli.


E ancora: la narrazione coerente di questa storia porta alla luce una serie di aspetti fondamentali.

Tra questi, i sentimenti verso il nostro passato e il grado di consapevolezza di quanto esso abbia concretamente condizionato il nostro sviluppo fino all’età adulta. Oppure la comprensione delle ragioni che hanno portato le persone (es. i genitori, oggi diventati nonni) a comportarsi in un certo modo.

Certo, verrebbe da chiedersi perché è così importante passare al setaccio tutti questi aspetti. La ragione è presto detta: parecchi studi certificano che, se viene a mancare questa presa di coscienza, il genitore tenderà a riprodurre modelli negativi delle interazioni familiari e lo farà perché sono gli unici che ha sperimentato. Tali modelli quindi si perpetueranno di generazione in generazione.


Di conseguenza ciò che è davvero importante per lo sviluppo dei figli non è quanto è successo nel passato del genitore, ma come quest’ultimo sia riuscito a elaborare e comprendere tali avvenimenti.

Vediamo perché.

I Modelli Operativi Interni

Durante la prima infanzia le interazioni bambino-genitore occupano la quasi totalità del tempo. Le cure genitoriali contribuiscono a formare quelli che vengono definiti i “Modelli Operativi Interni” che generalmente restano attivi, con variazioni di lieve entità, per l’intera esistenza. Ma perché è così importante conoscerli e conoscerne il funzionamento? Perché essi di fatto costituiscono lo schema di come il bambino percepisce se stesso (sono buono? sono cattivo?), gli altri (il rapporto con le persone dà gratificazione? dà frustrazione?) e in generale il mondo (è un posto sicuro? è minaccioso?)


E questo schema si struttura sulle esperienze di cura ricevute dal genitore.

Ad esempio, in concreto, se durante i primi tre anni di vita un bambino ha sperimentato figure di accudimento insensibili o tendenti al rifiuto, egli costruirà un Modello Operativo Interno nel quale l’ambiente non può rispondere ai suoi bisogni. Sentendosi continuamente rifiutato e non amato, si percepirà come persona priva di valore e affronterà i problemi del quotidiano con modalità poco funzionali e che gli generano frustrazione.

Come pure, fortunatamente, è altrettanto vero il contrario.


Alcune recenti scoperte nel campo della neuroplasticità – ossia della capacità di cambiamento del cervello – avvalorano la tesi secondo cui i genitori possono influire direttamente sul processo di sviluppo cerebrale del figlio attraverso il tipo di esperienze che gli offrono. Ad esempio, le ore trascorse davanti a un video daranno origine a un determinato insieme di connessioni. Le attività sportive, la musica ne creeranno altre. Le interazioni “faccia a faccia” plasmeranno il cervello in modi ancora diversi.

Sono vari gli aspetti importanti da prendere in considerazione per lo sviluppo delle competenze genitoriali: il concetto di presenza genitoriale, di ambivalenza genitoriale, di mentalizzazione.

Qui ci occuperemo di un tema centrale per lo sviluppo affettivo di ogni bambino: la sintonizzazione affettiva.

La sintonizzazione affettiva: una palestra per le emozioni

Nell’opera del 1971 Gioco e Realtà, lo psicanalista britannico D. H. Winnicott sostiene che “il precursore dello specchio è il volto della madre”. Non solo. Winnicott afferma che la funzione del caregiver è quella di “restituire al bambino il suo proprio sé”1.

Pensateci un secondo: lo sguardo del genitore verso il figlio è uno sguardo pieno di potere. Come se si accendesse la luce su qualcosa di cui il piccolo non ha conoscenza né memoria: sé stesso.

Il bambino inizia a piangere e istantaneamente sul viso della madre si dipinge un’espressione. Questo fatto gli fornisce due informazioni importantissime. La prima è che la madre riconosce e sente cosa succede dentro di lui e lo dimostra l’espressione che le spunta sul volto.


La seconda è il fatto che questa espressione nasce in risposta allo stimolo del piccolo che è parte attiva generando stati d’animo ed emozioni dentro di lei.

È così che il bambino può sperimentare i primi istanti della propria esistenza, percependone gli effetti sul genitore. Raccontate così appaiono riflessioni contorte e controintuitive; in realtà in un celebre esperimento condotto da una équipe di psicologi2 si vede chiaramente la magia della sintonizzazione affettiva. Viene chiesto a una madre di mantenere una espressione neutra davanti alle sollecitazioni del piccolo: la madre non fa nessuna espressione quando il piccolo fa vocalizzi, o sorrisi, o altre manovre per cercare di avere una risposta da lei. È percepibile rapidamente lo stato di smarrimento profondo che manifesta il piccolo nel vedere che davanti alle sue manifestazioni sul viso della mamma non appare nessuna espressione. È palpabile un’angoscia crescente mentre si arrende e distoglie l’attenzione. Così come è evidente il suo sollievo nel momento in cui la madre decide di spezzare quell’assenza di risposta con un sorriso.


Questi momenti hanno un’importanza profonda nel consolidare nel piccolo competenze relazionali e aspettative rispetto agli altri: vanno quindi vissute con consapevolezza. Questi momenti di assenza di sintonizzazione e successiva riparazione influiscono sull’adattabilità e la flessibilità all’interno della diade che diventa a tutti gli effetti una palestra per le emozioni. Il bambino attraversa qui momenti nei quali le emozioni sono mescolate e scomposte e momenti nei quali sono per lui comprensibili e rassicuranti.


La diade madre-bambino crea un sistema di condivisione affettiva nel quale il bambino sviluppa la comprensione dei vissuti emotivi propri e del genitore. Nel caso ad esempio di un’immersione, nella quale per qualche istante la diade non può sintonizzarsi perché impedita dall’elemento acqua, il piccolo passa da un momento preparatorio nel quale la madre gli veicola una serie di stati d’animo suoi come lo stato di allerta, l’eccitazione, ad un momento nel quale lui sperimenta l’impossibilità di respirare, di vedere, finanche di comunicare con lei, per tornare al contatto e al momento dell’elaborazione di tutto questo.

Siamo fatti per sentire gli altri

Come sottolinea Tronick3, Singoli momenti di mancata sintonizzazione nella relazione diadica sono normali e non determinano di per sé effetti negativi sullo sviluppo, purché l’individuo possa vivere esperienze di riparazione e sintonizzazione. Tali esperienze favoriscono un senso di benessere e crescita verso la resilienza4.

Come a dire: “lo so, prima non c’ero, non riuscivo a sentire come ti sentivi. Ne sono consapevole. Ora sono tornata e ti vedo. Sei al sicuro.”


Ma cosa avviene a livello neurale?

Il nostro sistema nervoso sembra aver plasmato un canale affettivo diretto che ci consente di entrare in sintonia con l’altro: come sottolinea Stern “il nostro sistema nervoso è costruito per agganciarsi a quello degli altri esseri umani, in modo che possiamo fare esperienza degli altri come se ci trovassimo nella loro stessa pelle5.

La scoperta dei neuroni specchio ha fornito una serie di informazioni affascinanti su come comunichiamo tramite le onde cerebrali. Questo tipo particolare di cellule della corteccia cerebrale si attiva sia quando compiamo un movimento o un gesto come prendere un oggetto, ma anche quando qualcun altro lo fa.


In sostanza si attiva dentro di noi la stessa rete neurale sia che il gesto siamo noi a farlo, sia che vediamo qualcun altro farlo6.

Non solo. Numerosi studi parlano di “simulazione incarnata”7, vale a dire un processo di riproduzione automatica che ci consente di comprendere lo stato mentale dell’altro perché è condiviso a livello neurale.


Ma c’è di più. È provata scientificamente una specie di “telepatia” tra mamme e figli, papà e figli. In generale tra figure che hanno una relazione affettiva adulto-bambino: oltre alla connessione emozionale descritta brevemente qui sopra può instaurarsi anche una risonanza neuropsichica sbilanciata. Detto in parole semplici, le onde cerebrali di adulto e bambino si armonizzano diventando le medesime. Ma questo processo non avviene in maniera simmetrica: le onde cerebrali del bambino non influenzano in egual misura le onde cerebrali dell’adulto. Sono piuttosto queste ultime a “imporsi” e modificare l’andamento delle onde cerebrali del piccolo. Lo stato di coscienza è trasmesso dal genitore al figlio anche mediante campi elettromagnetici.

Si capiscono bene le ripercussioni di questo meccanismo. Se il bambino è tranquillo e noi siamo in una condizione di stress, condizioneremo inevitabilmente anche il suo stato psicofisico.

La sintonizzazione affettiva nell’acqua

L’utilità di “leggere” il momento acquatico secondo un paradigma psicologico è indubbia. Lo spazio acqua fornisce una condizione privilegiata per sperimentare e, perché no, imparare da zero la sintonizzazione affettiva, poiché l’adulto ha l’opportunità di “spogliarsi” di tutte quelle sovrastrutture del quotidiano che finiscono inevitabilmente per condizionare l’espressione dell’affettività. È bene quindi che i genitori sappiano cosa accade dentro di loro e dentro i figli durante un momento di acquaticità. E che oltre agli aspetti puramente “tecnici” da apprendere, c’è molto altro che va vissuto, consolidato e rafforzato in una condizione di benessere.


Nella collaborazione con Letizia ci confrontiamo sulle richieste che spesso arrivano dai genitori e ciclicamente qualche mamma o papà manifesta un senso di frustrazione nelle lezioni meno strutturate: si sentono come abbandonati e desidererebbero maggiori informazioni.


Tuttavia, è fondamentale che momenti liberi e assolutamente non organizzati siano presenti in un corso di acquaticità neonatale. Durante queste apparenti “pause” nelle quali non vengono dati suggerimenti e l’esplorazione dello spazio acqua è libera, la diade mamma-bimbo o papà-bimbo può concentrarsi sulle emozioni che i singoli oggetti nell’elemento acqua sortiscono. Stati d’animo come lo stupore davanti a una pallina che non affonda ma galleggia, o il frastuono dell’acqua schiaffeggiata hanno bisogno di tempo e calma per essere elaborati; una progressione didattica stringente non lo consentirebbe. Oltre al fatto che non è ciò di cui ha bisogno un bambino in età 0-3.


Occorre tener presente, inoltre, che la sintonizzazione affettiva è un meccanismo più complesso della semplice imitazione, che pure è un meccanismo caratteristico dei bambini già nelle prime settimane di vita8. L’imitazione permette al piccolo di coordinare il proprio comportamento con quello del caregiver: la mamma sorride, il piccolo sorride.


La sintonizzazione permette una connessione profonda degli stati affettivi e ha modalità diverse. Il piccolo sorride, la madre non solo coglie il suo sorriso, ma sintonizzandosi con lui è in grado di rispecchiare ciò che gli sta succedendo dentro. La risposta di lei potrà certamente essere a sua volta un sorriso. Ma potrebbe succedere che oltre quel sorriso la madre percepisca perplessità, paura o altro. Magari per qualcosa che stanno vivendo in quell’istante. Potrà accadere allora che invece di sorridergli, la madre senta il bisogno di abbracciarlo o di fargli una carezza.


Tornando all’esperienza acquatica, è questo il motivo per il quale è importante essere fortemente sintonizzati con il piccolo quando “riaffiora” in superficie dopo una piccola immersione.

Avrà sperimentato forse il fastidio dell’acqua nel naso, il distacco dalle braccia della madre. Non imponiamoci un sorriso forzato. Non censuriamo stati animo diversi che spingono per manifestarsi al pari di un sorriso. Probabilmente sono corretti e autentici. Lasciamoli fluire nella relazione con il piccolo e alla fine troviamo il modo per comunicargli: “Ti vedo. So perché ti senti così. Sono qui.” La sua mente raggiungerà così uno stato di maggiore coerenza e lui si sentirà al sicuro.


È bene ricordare sempre che un bambino ha necessità di avere almeno una persona che sia in grado di sintonizzarsi affettivamente con lui. E che questa modalità di crescere ed educarlo aumenta la probabilità che sia felice, sereno nel rapporto con gli altri e realizzato socialmente e professionalmente.

D. H. Winnicott, Gioco e realtà, Armando, 2020.

Tronick E., Regolazione emotiva. Nello sviluppo e nel processo terapeutico, Cortina, 2008.

Siegel , D., La mente relazionale. Neurobiologia dell’esperienza interpersonale, Cortina, 2013.

Stern D.N., Il momento presente. In psicoterapia e nella vita quotidiana, Cortina, 2005.

Gallese, V., The “Shared Manifold”: Hypothesis from mirror neurons to empathy, “Journal of Consciousness Studies”, 8, 33–50, 2001.

Ibidem.

Meltzoff, A.N., Moore, M.K., Imitation of facial and manual gesture by human neonates, “Science”, 198, 74-78, 1977.

Primi tuffi e acquaticità neonatale
Primi tuffi e acquaticità neonatale
Maria Letizia Trento
Guida con esercizi e giochi per esplorare l’acqua. Una guida ricca di esercizi, di semplici ma preziose informazioni tecniche, nonché di aneddoti e racconti, pensata per accompagnare i neonati alla scoperta della loro corporeità e di questo magico elemento, di cui conservano ancora una vivida memoria.