capitolo 1

Il latte della mamma

Noi non veniamo dalle stelle o dai fiori, ma dal latte materno. Siamo sopravvissuti per l’umana compassione e per le cure di nostra madre. Questa è la nostra principale natura.

William Shakespeare, Re Lear

Il latte della mamma è un alimento speciale

Il latte della mamma è un alimento speciale e perfetto nella sua composizione, tanto da poter costituire l’unico cibo di cui i bimbi si nutrono nei primi sei mesi di vita. Crescendo, iniziano poi ad aver bisogno anche di altri alimenti e così – dal sesto mese compiuto in avanti – provano ad assaggiare anche altri cibi di consistenza diversa. Ma il latte di mamma resta l’alimento più importante per tutto il primo anno del bambino e continua a essere un ottimo nutrimento anche per gli anni seguenti. A volte si sente dire che il latte con il tempo diventa acqua e che quindi non fornisce più energie, ma non è così. Sebbene sia certamente costituito da una gran parte di acqua e possa avere un aspetto acquoso, contiene anche tante sostanze nutritive e anticorpi che tra l’altro – con il passare del tempo e la crescita del bambino – aumentano. La sola presenza degli anticorpi sarebbe un motivo valido per allattare: la mamma, frequentando gli stessi ambienti del piccolo (come l’ingresso dell’asilo o della scuola materna) entra in contatto con gli stessi microrganismi con i quali viene in contatto il figlio, produce degli anticorpi specifici e glieli regala attraverso il latte. Esempi come questi ci dimostrano che la natura ha davvero pensato a tutto.


C’è ancora qualcuno convinto che un bambino, sopra l’anno di età, che succhia il latte della mamma sia viziato, tuttavia ci sarebbe da chiedere a queste persone se per abitudine, nel corso della giornata, capita loro di bere un bicchiere di latte, intendendo con questa parola qualsiasi bevanda lattiginosa, che sia di origine animale o vegetale. In tal caso, considerato che forse lo bevono perché pensano che faccia bene, si potrebbe provare a capire come mai allora spesso si mette in dubbio il valore nutrizionale del latte di mamma assunto da un bambino ormai grande. Forse il problema non deriva tanto dal latte in sé, quanto dalla modalità con cui viene assunto e cioè succhiandolo al seno, modalità spesso ritenuta poco appropriata a un bimbo sulla strada per diventare autonomo.


Alimentarsi correttamente e in modo naturale è il primo passo per mantenerci in salute e superare alcune malattie che nella vita è difficile evitare del tutto. Al giorno d’oggi però riceviamo tante indicazioni relative al nostro stile di vita e sono molti i farmaci che ci sono prescritti, ma troppo di rado ci viene ricordata l’importanza dell’alimentazione per la nostra salute. A questo proposito si può citare il contributo di un pediatra piuttosto conosciuto, il dottor Luciano Proietti, autore del libro Mangia (bene) che ti passa. Un titolo semplice, ma che racchiude in sé tutta l’importanza di una dieta sana ed equilibrata.


Tornando al latte di mamma, possiamo quindi capire meglio come questo alimento sia la massima espressione della perfezione e della naturalità e sia – nelle parole di un altro noto pediatra, Carlos Gonzáles – “un dono per tutta la vita” fatto a ogni bambino.


Ormai sappiamo anche che il latte materno resta un alimento ricco di nutrienti per tutta la durata dell’allattamento, sia essa di pochi mesi che di alcuni anni. In particolare, è stato dimostrato che dopo il primo anno addirittura aumenta la quantità di alcune componenti presenti, tra cui quella del ferro, dei grassi, delle proteine e di alcune sostanze che contribuiscono al sistema immunitario (lattoferrina, lisozima, IgA).


Non è quindi difficile dedurre che i vantaggi che il latte materno offre, a breve e lungo termine, al bambino e all’adulto che diventerà, rappresentano un motivo prezioso per scegliere di allattare a seno.

Fa bene ai bimbi di tutte le età

I vantaggi che il latte materno dà alla salute del bambino sono garantiti dopo il suo primo anno di vita. Inoltre l’allattamento segue un rapporto dose/effetto, per cui allattandolo più a lungo il piccolo gode di una salute ancora migliore, e lo stesso vale anche per la madre.


Se una mamma ha un bimbo “grande”, cioè di un anno, due o ancora di più, può certamente scegliere di continuare ad allattarlo, se entrambi ne hanno piacere. Qualcuno pensa che allattare un figlio grande comporti futuri problemi a livello psicologico – supponendo che resterà attaccato alla sua mamma fino a 18 anni – o che svilupperà problemi di salute alla bocca o ai denti. Si tratta però di paure del tutto infondate: lo stesso Ministero della Salute ha mostrato il proprio appoggio all’allattamento prolungato pubblicando un documento che conferma come l’allattamento oltre il primo anno di vita non solo non costituisca un pericolo per la salute del bambino, ma anzi apporti dei benefici. Si sottolinea comunque che ogni madre è libera di scegliere il proprio percorso e non deve essere intralciata da pregiudizi o informazioni errate.


E tuttavia la nostra società fa fatica ad accettare che un bimbo sopra l’anno succhi ancora al seno: si pensa spesso che si tratti di un vizio, di qualcosa di inutile o addirittura dannoso per la salute emotiva del bambino. Però, anche lasciando da parte i vantaggi per la salute fisica – che pure sono molto importanti e non andrebbero sottovalutati – provate a pensare a quanto sia rilassante allattare il proprio bambino: pensate a quanto è bello, una volta tornate a casa dal lavoro, godere dei momenti di affetto in cui potete stare vicine al vostro bimbo e allattarlo. Dopo aver trascorso una giornata separati, può essere una necessità e un piacere per entrambi. L’allattamento non crea alcun danno psicologico, ma al contrario dona ai bambini un senso di sicurezza, legato alla consapevolezza che quando hanno bisogno di qualcosa voi ci siete.


Inoltre, il contatto fisico è uno dei principali bisogni dell’essere umano e per il bambino si materializza nell’esperienza dell’allattamento al seno, che gli trasmette un senso d’amore e fiducia. E questo non cambia con il passare del tempo, perché a prescindere dall’età del bimbo, gli effetti psicologici sono gli stessi. In quanto mammiferi, è perfettamente naturale che i nostri piccoli sentano il desiderio e il bisogno di essere allattati.


Camminando per strada, capita di vedere madri sedute sulle panchine che allattano o bambini che, fra un giro e l’altro sullo scivolo, fanno un breve intervallo ristoratore al seno della mamma: si tratta di comportamenti del tutto normali e naturali, che non dovrebbero creare difficoltà o imbarazzo. Se teniamo conto che il latte di mamma aiuta a mantenere la salute a breve e a lungo termine del bambino e che aiuta a farlo crescere sano e felice, ha perfettamente senso che rientri nella normale quotidianità delle famiglie. Inoltre, anche se è certo impossibile evitare in toto tutte le malattie, è provato che i bambini allattati al seno guariscano più in fretta e più facilmente.


Preservare la salute è essenziale, soprattutto in questo periodo di emergenza come quello che stiamo vivendo, perché – come recita il detto – prevenire è meglio che curare. Forse, se tutti fossimo stati allattati al seno per i primi anni di vita, il decorso della pandemia sarebbe stato differente. Si tratta di interrogativi sui cui possiamo riflettere e a cui potremo provare a dare una risposta.


Se ci consentissimo una maggiore elasticità nei nostri pensieri e abbandonassimo il pregiudizio, potremmo davvero arrivare a capire che vale la pena di allattare un bambino nei primi suoi anni di vita. È un investimento importante non solo per il benessere dei piccoli, ma anche per quello delle loro famiglie e di tutta la comunità.


In conclusione, si può affermare che il latte materno è sempre la scelta migliore e se ne deve tener presente quando ci si domanda se terminare l’allattamento o proseguire.

Non può mancare

Molte mamme temono di non avere latte a sufficienza, o che questo possa prima o poi terminare. A volte riferiscono di voler proseguire ad allattare fino a quando non finirà il latte e resteranno sorprese di notare che, fino a quando il loro bambino avrà il desiderio di succhiare, il latte continuerà a fluire.


La produzione di latte funziona allo stesso modo durante tutto il periodo dell’allattamento: all’inizio c’è il colostro, che era già prodotto durante la seconda metà della gravidanza, mentre, dopo il secondamento – ovvero, come diciamo spesso noi ostetriche, dopo “la nascita della placenta” – un cambiamento ormonale favorisce l’avvio della produzione di latte. All’inizio quindi, entro i primi giorni di vita del bambino, il neonato inizia a succhiare il colostro, che giorno per giorno aumenta. È poi il momento della montata lattea: da questa fase in avanti, il latte viene prodotto grazie alla stimolazione del seno e cioè la suzione (la stessa cosa avviene nei casi in cui sia necessario tirare il latte con il tiralatte o spremerlo manualmente). Nei primi trenta-quaranta giorni ci troviamo nel periodo della calibrazione della produzione di latte, cioè nella fase in cui il corpo cerca di capire quanto latte produrre per le necessità del piccolo: se in questo periodo di tempo non ci sono interferenze – ovvero non si offrono al piccolo aggiunte di soluzione glucosata, latte artificiale o altro – la mamma sarà in grado di assicurarsi tutto il latte necessario per tutta la durata dell’allattamento. La produzione di latte si stabilizzerà su una certa quantità, che può subire qualche variazione da mamma a mamma e potrà aumentare o diminuire lievemente in base alla suzione del bambino. Quindi se un bambino di tre anni continua a cercare il seno e succhiare, il latte non potrà mancare; certo a quest’età – salvo periodi limitati e particolari di tempo – mangerà anche altri alimenti, per cui la quantità di latte assunta sarà presumibilmente inferiore al primo anno di vita, ma sarà sufficiente perché il seno della madre continui a produrne.


Se questo discorso vi pare strano, pensate alle mucche da allevamento che, sebbene non partoriscano frequentemente, mantengono inalterata la loro produzione di latte grazie alla mungitura.


Quindi, care mamme, non preoccupatevi. Se il vostro bambino, anche da grandicello, continuerà a poppare, avrete latte a sufficienza per le sue necessità.

I bambini dicono…

“Cara mamma,

ti ringrazio perché ti prendi cura ogni giorno di me. Mi accogli quando sono felice, quando voglio scherzare un po’ con te e quando divento un po’ dispettoso, ma anche quando sono triste. È bello essere coccolato da te quando mi abbracci forte o mi dai tanti baci e giochi insieme a me. Trascorrere tanto tempo insieme ci ha permesso di conoscerci bene e proprio per questo tu sai sempre di cosa ho bisogno. E se qualche volta capita che mi lamento senza darti la possibilità di trovare una soluzione, so che tu mi verrai ad abbracciare: il tuo calore e il tuo affetto mi faranno sentire al sicuro e allora starò subito meglio. Grazie per tutto il latte che mi dai. Succhiare al seno è bello perché tu mi tieni vicino e posso stare con te. Mi rassicura quando ne ho bisogno e mi consola quando cado e mi faccio un po’ male, o anche quando sono malato. Mi aiuta ad addormentarmi la sera. E poi è davvero buono, mi nutre al meglio e mi disseta tanto. Mi aiuta a stare bene, ma se mi ammalo mi aiuta a guarire presto. So, cara mamma, che a volte per te è faticoso, me ne rendo conto, ma – se puoi – allattami il più possibile, fino a quando mi sentirò abbastanza pronto per andare avanti nella mia vita senza più la necessità di succhiare il tuo seno. So che quel giorno arriverà, non preoccuparti, non ti chiederò di succhiare per sempre. Ma finché succhierò, ti prego di non curarti di chi ti dice che non è più necessario allattarmi, perché ormai sono grande e il tuo latte è diventato acqua. Non curarti neppure di chi pensa che il mio sia soltanto un vizio, non lo è, te l’assicuro. È un modo per aiutarmi a crescere bene e a diventare un adulto sano e sicuro di me.

Grazie, cara mamma.”

Le mamme dicono…

Il racconto di Sabina

Ho allattato il mio bambino per 18 mesi e poi mi sono sentita in dovere di smettere. Ero tornata al lavoro da 7 mesi e il mio datore di lavoro continuava a propormi delle trasferte, ma io le rifiutavo, perché non volevo allontanarmi da Mattia, che succhiava ancora molto, sia di giorno che di notte. Così un giorno ho deciso di smettere e, tra un pianto e l’altro mio e suo, ci sono riuscita in due settimane. Non è stato facile e non ho chiesto aiuto a chi si occupa di allattamento, solo a mio marito. Se non ci fosse stato lui non so se sarei riuscita. Sono state due settimane di fuoco, perché Mattia non aveva la minima intenzione di lasciare il seno. Ho fatto così. La mattina mi alzavo prima che Mattia si svegliasse e mi preparavo per andare al lavoro. Uscivo di casa e Mattia non era ancora sveglio. Mio marito si occupava di svegliarlo, prepararlo e portarlo all’asilo nido. Mattia non vedendomi piangeva fin dal risveglio e mio marito aveva il suo bel da fare per tranquillizzarlo, ma per fortuna ci riusciva. A metà pomeriggio andavo io a prenderlo all’asilo nido e Mattia mi accoglieva con grandi sorrisi. Saliti in auto mi chiedeva il seno, ma io partivo subito e cercavo di tranquillizzarlo cantandogli una canzone o raccontandogli una favola. Poi a volte andavamo a fare una passeggiata. Finché eravamo fuori casa andava tutto abbastanza bene, ma al rientro iniziavano i problemi. Mio marito rientrava più tardi, non prima delle 19. Per noi due a casa da soli era un dramma. Lui mi chiedeva continuamente di succhiare e io rifiutavo sempre. Ho iniziato a rifiutare da un giorno all’altro e mi sono giustificata dicendo a Mattia che “la tetta si era ammalata e il latte non c’era più”. Lui cominciava a chiedermi la tetta, insisteva e tentava anche di spogliarmi, ma non ci riusciva, perché io in quel periodo indossavo vestiti interi e completamente chiusi, per evitare che lui trovasse il seno. Quando mi facevo la doccia mi chiudevo in bagno a chiave e dormivo con la maglia del pigiama dentro i pantaloni. A dire il vero dormivo nella camera degli ospiti in un letto singolo, mentre Mattia dormiva con mio marito. La notte sentivo che Mattia si svegliava e mi chiamava, ma facevo finta di niente e cercavo di riaddormentarmi. Mattia piangeva la sera, dopo cena, prima di addormentarsi e nei suoi risvegli notturni. È stato molto faticoso sia per me che per mio marito. Da quando tornava dal lavoro lasciavo che fosse mio marito a gestire Mattia tutte le volte che chiedeva la tetta. I pianti hanno iniziato a diminuire la notte dopo una settimana e di giorno dopo dieci giorni. Dopo due settimane, si è rassegnato e non ha più chiesto la tetta. Così abbiamo ripreso a coccolarci e a dormire insieme. Mio marito era stravolto e gli concedevo del tempo per sé e per riposarsi. So di aver usato un metodo drastico per smettere di allattare Mattia, ma non sapevo come fare diversamente. Durante tutto il periodo dell’allattamento non ho avuto difficoltà particolari; perciò, non ho avuto bisogno di aiuto. Non ho mai chiesto nulla alla pediatra e neppure in consultorio al corso di massaggio infantile. Se tornassi indietro mi farei aiutare e cercherei di smettere gradualmente e se avrò un altro figlio penso che farò così. So di non essere un esempio da seguire, ma ho fatto ciò che ho potuto.

Quando sono iniziate le mie trasferte il lavoro era impegnativo, ma poter restare qualche giorno lontana da casa, poter dormire tutta la notte indisturbata e potermi fare una lunga doccia senza essere interrotta, mi faceva sentire come in una rilassante e meritata vacanza.


Ringrazio Sabina per aver condiviso con noi la sua esperienza. Vorrei fare una riflessione.


Se leggete questo libro, care mamme, immagino che non abbiate ancora terminato l’allattamento. Più avanti troverete un capitolo dedicato ai suggerimenti per smettere di allattare senza pianti. Leggetelo con attenzione, scegliete ciò che corrisponde al vostro sentire, sperimentate e siate pronte a cambiare rotta se il vostro bambino ve lo richiede. Infine, lasciate aperta anche la possibilità di farvi sostenere e indirizzare dalle professioniste esperte di allattamento e dalle mamme che curano i gruppi di auto aiuto condividendo la loro esperienza, per essere accompagnate passo passo in questo importante percorso.

Smettere di allattare?
Smettere di allattare?
Maria Cristina Baratto
Come, quando e perché. Preziosi consigli, strumenti pratici e spunti di riflessione per vivere al meglio questo distacco, senza stress e sensi di colpa. Può succedere che l’esigenza di concludere l’allattamento al seno si presenti prima per la mamma che per il bambino.In questi casi, è bene ponderare le motivazioni, informarsi e procedere senza fretta, evitando trucchi e bugie e senza l’utilizzo di farmaci.Smettere di allattare? è un libro ricco di preziosi consigli, strumenti pratici e spunti di riflessione che l’ostetrica Maria Cristina Baratto propone per vivere al meglio questo distacco, senza stress e sensi di colpa.