capitolo 2

Cosa ci manca

Nel momento in cui nasce un bambino, nasce anche la madre. Lei non è mai esistita prima. Esisteva la donna, ma la madre mai.
Una madre è qualcosa di assolutamente nuovo.

Osho

Avere cura della madre dopo il parto è un argomento dall’importanza universale. Delle buone cure durante le sei settimane dopo il parto sono cruciali per la salute e il benessere della madre, e possono portare benefici duraturi anche alla famiglia e alla comunità, non solo alla salute della madre e al suo legame con il neonato.

Jenny Allison

Una volta nel Regno Unito la prassi post parto era la medesima che ho descritto nel capitolo precedente: un periodo di almeno un mese dopo il parto in cui la famiglia/comunità si stringeva attorno alla madre e tutto ciò che dovevamo fare era riposarci. Eravamo tranquille sapendo che altre mani erano disponibili per prendere in braccio il bambino, assumevamo cibi nutrienti che ci sostenessero, potevamo imparare a conoscere il nostro bambino e accrescere la nostra sicurezza nel ruolo di madri, aiutate da altre madri con esperienza. Fino a cento anni fa c’era una usanza chiamata “lying in” (“restare a letto”), che durava dalle due settimane ai due mesi. Per esempio, nella seconda metà del XVIII secolo e la prima metà del XIX secolo in Scozia:

“Era consuetudine per la neomamma rimanere a letto per un mese dopo il parto. A causa della credenza popolare che il parto la rendesse “impura”, durante questo periodo non poteva condividere il letto matrimoniale o svolgere i lavori di casa, che quindi erano presi in carico dal marito, dalle amiche o in alcuni casi anche da un’infermiera pagata. In Inghilterra, come suggerisce Wilson, la neomamma era confinata a letto nella stanza del parto, che veniva riscaldata e tenuta al buio, da tre a quattordici giorni, durante i quali potevano farle visita solo donne. (…) Il suo mese di reclusione finiva con una cerimonia in chiesa detta “churching”, dopo la quale veniva reintegrata completamente nella società.”1

È interessante notare che il calore era considerato importante anche in Occidente. L’ostetrica Siobhan Taylor mi ha raccontato:

“Che la madre stesse al caldo era considerato importante anche nella California di 25 anni fa. Nel reparto maternità dove lavoravo c’era un forno riscaldante alto quasi due metri in cui venivano messe lenzuola di flanella usate per fasciare la madre dopo il parto. Era di aiuto nella fase dei brividi che molte donne attraversano e anche nell’espellere la placenta.”

In Europa e in America storicamente era presente una tradizione di sostegno reciproco nella comunità e nel vicinato durante la gravidanza e il post parto, ed è andata avanti fino a tutto il XIX secolo. L’aumento dell’urbanizzazione e la stratificazione sociale hanno avviato la tendenza ad assumere un aiuto, invece che contare sul sostegno della comunità. Entro il XX secolo il sostegno sociale era praticamente sparito. Nell’America coloniale il periodo dello “stare a letto” durava dalle sei alle otto settimane, durante le quali la donna riposava e altri membri della comunità si prendevano cura della casa e degli altri bambini2.


Nel Regno Unito ci sono ancora tracce del periodo di 40 giorni in cui restare a letto. Nel 1902 la legislazione britannica sulla pratica ostetrica definì di dieci giorni il periodo necessario in cui restare a letto dopo la nascita, durante il quale la madre doveva riposare ed era aiutata da un’ostetrica. Sembra che le donne apprezzassero molto questo periodo di tempo3, ma gli sviluppi nell’ambito della maternità e nelle routine ospedaliere hanno portato ad altri risultati, come le dimissioni dall’ospedale dopo 24 ore. Molte mamme nel Regno Unito riprendono i lavori di casa a una settimana dal parto e poche hanno la possibilità di ricevere aiuto da donne della parentela che abitano nelle vicinanze. In linea generale, a paragone con il sostegno pratico messo in atto per le neomamme cinesi, non ricevono le stesse cure nemmeno dalle loro stesse madri4.

Nel Regno Unito c’erano le “infermiere mensili” che venivano assunte per un mese dopo il parto per prendersi cura della neomamma.

Elizabeth Walne, genealogista e storica, spiega:

“Il concetto di “infermiera mensile” mi intrigava, perché in sole tre generazioni il termine è praticamente andato in disuso. Le persone con cui ho parlato non avevano idea di che compiti avessero queste donne, ed è sorprendente poiché fino a solo un secolo fa c’erano più di 5.000 infermiere solo a Londra. (…) Ho controllato i numeri del 1901 e ne sono rimasta sconcertata: 22.300 infermiere mensili registrate in attività (…). Solo un anno più tardi, i cambiamenti nell’ambito dell’ostetricia iniziarono il processo di trasformazione delle cure per madri e bambini, che portò infine al calo dell’occupazione e all’arrivo dei processi di cura moderni.”5

L’ostetrica Becky Reed ha intervistato sua mamma, che ha partorito vicino a Cambridge nel 1951. Sua madre le ha spiegato che “la grande differenza era che dovevi rimanere a letto per circa quindici giorni, e intendo seriamente confinata a letto, non dovevi fare assolutamente niente”. Sua madre aggiunse che avevano una signora messa a disposizione dal comune (che però era pagata da loro) chiamata “assistente domiciliare”, che veniva a prendersi cura di lei e della casa durante quel periodo.


La stessa Becky ha partorito nel 1976, quando la norma era di rimanere in ospedale dieci giorni dopo il parto. Poi sua madre andò a casa sua per prendersi cura di lei. Becky disse anche che negli anni ’80 nel Regno Unito le ostetriche facevano vista alle neomamme due volte al giorno per la prima settimana e poi una volta al giorno fino a dieci giorni.


Siobhan Taylor, ostetrica, racconta una storia simile. Quando sua nonna partorì, negli anni ’40, restò a letto per un periodo di due settimane e un’infermiera venne assunta per prendersi cura di lei. La durata del periodo in ospedale si è nettamente ridotta, ma non è stata sostituita da cure a domicilio. Alcuni sondaggi mostrano che le donne sono critiche nei confronti dell’assistenza postnatale che ricevono, rispetto all’assistenza durante il parto. L’impatto che ha avuto la riduzione del periodo di ricovero in ospedale non sembra che sia stato indagato in modo sufficiente6.


Oggi la nostra cultura non solo non offre nessun tipo di aiuto pratico alle neomamme, ma mette anche loro addosso una grande pressione, di “andare avanti come se nulla fosse”, che può portare a sentimenti di colpa, vergogna e inadeguatezza. Quello che è peggio, è che le persone che sono in difficoltà tendono a non ammetterlo, perché è visto come un segno di debolezza.


Se stai leggendo e sei una neomamma in difficoltà, voglio che tu sappia questo: non c’è niente di sbagliato in te, non è colpa tua. La nostra società nel suo complesso non fa nulla per sostenere come si deve le nuove famiglie. Non è una critica al sistema sanitario, perché so che le ostetriche e gli operatori sanitari fanno di tutto e di più per aiutare le donne nel miglior modo possibile in un sistema che non riceve abbastanza fondi ed è carente di personale. È la nostra società che deve svegliarsi e capire la necessità di un sostegno più olistico per le neomamme.


Come cultura, è il focus del nostro sostegno ad essere sbagliato. Mentre la pancia che cresce di una donna incinta è il centro dell’attenzione, una volta che il bambino è nato l’attenzione si sposta quasi interamente su di lui. Non viene riconosciuto che anche la madre è nuova e fragile e che ha bisogno delle stesse attenzioni del bambino.

Una volta, quando lavoravo nell’Home Based Childcare7 come insegnante a domicilio, ho chiesto a una neomamma quali fossero stati gli aspetti più positivi delle mie visite. La sua risposta mi spezzò il cuore. “Sapevo che venivi a vedere come se la stesse cavando la tata (questa famiglia aveva gemelli e un bambino di un anno quindi avevano diritto ad avere una tata gratuitamente per alcune ore), ma facevo finta che fossi una mia amica che veniva a trovarmi. Un giorno mi hai portato una rivista e ho pianto per la tua gentilezza. Quando sono scoppiata in lacrime perché mi hai chiesto come stavo è stato il giorno in cui ho capito di avere bisogno di aiuto. Nessun altro mi chiedeva come stessi.” Mamme di più figli spesso sono sopraffatte dalla solitudine, dalle aspettative e dalla stanchezza. Tutti guardano i bambini, ma pochi vedono le mamme.

Bronwyn Wills-Tiddy

Questo diventa molto chiaro quando si osservano i regali per le nuove famiglie: biglietti per il bambino, peluche, vestitini, mazzi di fiori. Nessuno di questi coccola la madre e lo stesso vale per le “baby shower” (feste per annunciare una prossima nascita) organizzate durante la gravidanza. Le persone che vengono a fare visita desiderano spupazzare il bambino ma pochi chiedono alla mamma come si sente e di cosa ha bisogno. Pochi controlleranno se ha bisogno di riposare o di farsi una doccia, o penseranno di portare del cibo, o offrirsi di fare una lavatrice, lavare i piatti o portare fuori la spazzatura. Molti si aspetteranno di essere intrattenuti e di vedersi offrire qualcosa da mangiare e da bere.

Mi ricordo ancora vividamente quando dopo la nascita del mio primo figlio mia sorella veniva a casa mia. Non una volta mi ha chiesto come stessi. Lo prendeva in braccio, si faceva un milione di foto per Instagram e gli portava un giocattolo. Per un anno intero non ho mai sentito le parole “e tu, come stai?”. Le ho anche preparato del tè a soli tre giorni dopo il parto.

Azeeta Nielsen

Mi ricordo quando mio figlio aveva un mese, un sacco di parenti che mi chiedevano quando sarei tornata al lavoro e facevano commenti sul mio peso, come se non fossi già insicura o preoccupata alla prospettiva di lasciare il bambino. Non avevo bisogno che me lo ricordassero! Nessuno mi chiedeva come stessi, era sempre “quanto pesa il bambino?”

Hayley Shing

Sembra quasi una cospirazione verso cui siamo tutti ciechi, e quindi non riusciamo a cambiare le cose perché non sappiamo neanche che sono sbagliate. Nel frattempo, le neomamme soffrono.

Ho partorito il mio bambino alle 7:09. Alle 14:30 ero a casa e alle 17:30 stavo preparando cena alla mia famiglia. Non ho nemmeno pensato che fosse sbagliato.

Michelle Bennett

Una settimana dopo il mio cesareo di emergenza mia suocera mi disse che sarei dovuta “uscire e fare una passeggiata all’aria aperta”, perché avrebbe fatto bene a me e al bambino. Peccato che fosse già difficile per me spostarmi dal letto al divano. Mi fece sentire come se stessi già fallendo perché non riuscivo a uscire e forse stavo privando il mio bambino dell’“aria fresca”.

Gemma Bridges

Quando ero a casa dopo la nascita di mia figlia (doveva essere circa una settimana dopo il parto) l’ostetrica venne per una visita mentre ero al piano di sopra e quando mi avvicinai alla cima delle scale la sentii dire a mio marito “Perché è di nuovo a letto? Era in camera ogni volta che ho chiamato, a quest’ora dovrebbe essere in piedi!” Avevo avuto un cesareo e mi ero rimessa in piedi, ma mi ricordo di essermi sentita rimproverata e combattuta in quanto pensavo che non ci sarebbe stato niente di male e fosse anche sensato ripartire con calma e riposarmi quando ne avevo bisogno.

Yvonne Hopkinson

Come società non riusciamo a capire che per ogni neonato c’è anche una neomamma, e che lei è delicata e sensibile tanto quanto il bambino.

Lavorando come doula ho riscontrato che la maggior parte delle neomamme non è consapevole che il sostegno che sta ricevendo è insufficiente. Sono grate per i regali al bambino o per i mazzi di fiori e non pensano di chiedere regali che potrebbero essere più utili, perché non sanno nemmeno quali siano i loro bisogni. Per sei anni ho lavorato come insegnante prenatale presso l’NCT8 e solo di recente mi sono resa conto che mentre gran parte del corso era focalizzato sugli aspetti pratici del prendersi cura di un bambino, non c’era nulla riguardo al prendersi cura della neomamma. Sì, facevo attività riguardo l’impatto dell’arrivo del bambino sulla relazione di coppia, parlavo della mancanza di sonno e di come gestirla, e di quali cambiamenti aspettarsi nel corpo dopo il parto, ma non avevo niente per indurre le neomamme a vedere il post parto come un’importante fase di transizione, a livello fisico, emotivo e spirituale, e a pensare a quello di cui avrebbero avuto bisogno in quel periodo. La nostra totale mancanza di consapevolezza culturale è sconcertante.

Molto prima di diventare genitore o di essere una doula, la mia amica Anne, dalla Norvegia, venne a stare a casa nostra quando suo figlio aveva pochi mesi. Nonostante la mia mancanza di esperienza con i bambini (non avevo mai cambiato un pannolino!) mi offrii di badare a lui la mattina così che lei potesse dormire un po’ di più. Scoppiò in lacrime e mi disse che ero la prima persona a offrirsi di fare una cosa del genere per lei, e che nemmeno sua madre l’aveva proposto.


La nostra cultura inoltre esalta la neomamma che “si riprende la sua vita” prima possibile, e c’è un’immensa pressione sull’uscire e “sembrare normale” e rientrare nei vestiti pregravidanza. Anche questo può portare a sentimenti di inadeguatezza e vergogna.


Claire era già mamma di una bambina di 13 mesi quando ha scoperto di aspettare due gemelli. La sua gravidanza è stata complicata da un punto di vista medico, il che ha significato che è dovuta andare in ospedale due volte a settimana dalla ventiquattresima in poi per ecografie e controlli. Le sue bambine sono nate con un cesareo di emergenza a 32 settimane e hanno passato cinque settimane in terapia intensiva neonatale. Quando l’ho conosciuta erano appena tornate a casa e veniva dato loro da mangiare con un mix di allattamento e sonde gastriche (ci volevano più di due ore, incluso allattare e tirare il latte, e a Claire rimaneva solo mezz’ora di riposo tra le poppate). Ho sostenuto Claire come doula postnatale e l’ho aiutata la prima volta a mettere le bambine insieme in una fascia elasticizzata. Le ho chiesto se potevo fare una foto da condividere con il suo permesso sui social (così che altre madri sapessero che è possibile portare due bambini insieme in una fascia). Claire mi chiese di rifare la foto, perché, mi disse, “sembro grassa”. Mi rattristò molto. Aveva dato alla luce due persone nuove di zecca e riusciva a dar loro da mangiare in condizioni molto impegnative, e invece di festeggiare l’incredibile traguardo raggiunto era preoccupata del suo aspetto fisico. Non sto giudicando Claire, perché ricordo che anch’io ero preoccupata di essere grassa dopo aver partorito. Ma possiamo immaginare quanto si sentirebbero diverse le donne se tutti quelli attorno ricordassero loro di essere serene con se stesse e con il loro recupero fisico e le inondassero di complimenti su come se la cavano bene?


Il mio primo figlio era un bambino dai bisogni molto intensi. Piangeva sempre se non veniva preso in braccio e cullato. Ricordo di essermi sentita completamente esausta, sola, e piena di sensi di colpa, perché pensavo che mi sarei dovuta sentire realizzata dalla maternità. Mentre camminavo nel parco spingendo la carrozzina che odiava e in cui piangeva sempre, a meno che non fosse costantemente in movimento, mi ricordo di aver visto gruppi di mamme riunite e di aver sentito un profondo desiderio di stare in compagnia di adulti e di amici.

La gente dice “goditi ogni momento”. Ebbene non ti godrai ogni momento perché comunque siamo esseri umani con alti e bassi, MA il puerperio è un periodo sacro per costruire un legame, riprendersi, e avere cura della mamma e del bambino ecc. L’unico effetto che ha questa terribile frase è quello di accumulare aspettative sulle neomamme in un momento molto vulnerabile in cui possono sentirsi in colpa, tristi, ecc., in cui non si godono ogni minuto, il che è assolutamente normale!

Sarah Stanhope


Oltre alla mancanza di un sostegno appropriato, le neomamme vengono anche sommerse di “suggerimenti” benintenzionati, che la maggior parte del tempo servono solo ad aumentare la loro sensazione di inadeguatezza.


Questo libro è un appello ad agire e incoraggiarti a rivendicare la pratica del rimanere a letto e richiedere aiuto per il tuo recupero. Una volta si rimaneva a letto per circa un mese, quindi mirare a questo può essere un ottimo obiettivo. Tuttavia, riconosco che nella nostra cultura può essere molto difficile, quindi mirare ad avere due settimane o anche una settimana può comunque fare la differenza per il tuo benessere e quello della tua famiglia.


Ricorda: proprio perché tu, come madre, sei vitale per la tua famiglia, assicurarsi che qualcuno si prenda cura di te non è egoista. Tutti traggono beneficio dall’avere una madre che sta bene: la madre stessa, il bambino, il compagno e gli altri bambini. Le ostetriche mi raccontano che alle donne veniva suggerito di stare una settimana a letto e una settimana attorno al letto. Ora, so che questo non va bene per molte donne, poiché semplicemente non hanno abbastanza sostegno o andrebbero fuori di testa, ma c’è molto da guadagnare nell’adattare questa saggezza al primo mese dopo il parto e riposarsi regolarmente. Alcune mamme dormono quando il bambino fa il sonnellino di mattina e di nuovo nel pomeriggio!


Ricordati che anche il bambino ne trarrà beneficio, perché potrai passare più tempo a conoscerlo, tenerlo a contatto pelle a pelle, imparare ad allattare al seno (se questo è il metodo che hai scelto) e in generale prenderla con calma.


Mentre in questo libro mi concentro sulla madre, perché è quella che si sta riprendendo dall’incredibile sforzo di aver messo al mondo un’altra persona, anche i padri nella nostra cultura vengono trascurati a causa della mancanza di sostegno. La maggior parte ha solo due settimane di congedo di paternità, che spesso risultano essere ancora meno se il travaglio dura qualche giorno o la madre deve rimanere in ospedale dopo il parto. Poi, specialmente per il primo figlio, la madre, a meno che non abbia qualche familiare vicino, si potrebbe ritrovare sola a casa tutto il giorno con il bambino, senza una rete sociale, perché le sue amiche hanno lavori a tempo pieno. Questo porta a far sì che una persona sola, che di solito è fuori tutto il giorno, senta una pressione immensa di dover offrire tutto il sostegno di cui la neomamma ha bisogno.

Se poche persone chiedono alla neomamma come stia andando, ancora meno lo chiedono al neopapà. C’è anche una pressione sociale sul neopapà di “essere forte” e non mostrare alcun sentimento “negativo”. Eppure la percentuale di padri che attraversano una depressione postnatale è stimata essere tra il 4 e il 25%9.


Nei primi anni in cui insegnavo nei corsi prenatali, quando avevo lezioni di due ore per otto sessioni serali avevo sempre una classe “solo donne” e una “solo uomini”. Invitavo l’altra metà della classe ad andare al pub. Ingenuamente mi aspettavo che le donne apprendessero di più dalla lezione “solo donne” rispetto ai loro compagni, e invece, a sorpresa, notai l’opposto. Durante la lezione “solo uomini” i padri si aprivano e parlavano delle loro paure, e comunicavano tutto ciò che non si sarebbero sognati di dire davanti alle loro compagne. Ho trovato che la lezione fosse per loro incredibilmente positiva e trasformativa.


Una volta ho sentito di un neopapà che, quando la doula gli ha chiesto come stava, è scoppiato in lacrime. Disse: “Nemmeno mia madre me l’ha chiesto”.

Ho notato che dopo entrambi i parti nessuno ha mai chiesto come stava il mio compagno. Neil, dopo il primo parto, faceva tutto tranne che allattare al seno. Si occupava della casa e cambiava ogni pannolino. Si dedicava a Henry, perché io non avevo legato con lui. Era una mamma, un papà, il mio “infermiere”, un cuoco e un uomo delle pulizie fatto e finito per tutto il primo e il secondo mese. Era sfiancato. Ma nessuno gli chiedeva come stesse.

Hannah Burns


Sostenere i padri, perché possano sostenere le madri, può avere un effetto positivo sulla famiglia intera.

Il post parto
Il post parto
Sophie Messager
Cosa serve a una neomamma Pensare in anticipo al periodo dopo la nascita, individuando i bisogni della neomamma e gli strumenti e le strategie per sostenerla. Prepararsi al momento del parto è sicuramente importante, ma altrettanto fondamentale è concentrarsi sul periodo del post parto.In questo libro, Sophie Messager attinge alla sua esperienza di biologa e doula per dimostrare che pensare in anticipo al periodo dopo la nascita, individuando i bisogni della neomamma e gli strumenti e le strategie per sostenerla, è il modo migliore per iniziare al meglio questa splendida avventura.Il post parto è il primo titolo di “Parliamone”, la collana dedicata ai genitori di oggi: guide monotematiche dalla grafica giovane e un formato più agile, con studi aggiornati, su gravidanza, accudimento, educazione.