capitolo 9

Circostanze particolari

Ci dilettiamo della bellezza della farfalla, ma raramente ammettiamo i cambiamenti a cui ha dovuto sottostare per raggiungere quella bellezza.

Maya Angelou

Che strano che la natura della vita sia il cambiamento, mentre quella degli esseri umani è di resistere al cambiamento. E quanto è ironico che i tempi duri che temiamo possano rovinarci siano proprio quelli che rompono il nostro guscio e ci permettono di fiorire in quello che dobbiamo essere.

Elizabeth Lesser

E se sei una madre sola?

Per come la vedo io meriti e potresti aver bisogno di ancora più sostegno rispetto a qualcuna che ha un compagno. Vale davvero la pena preparare un piano di recupero postnatale e chiedere aiuto e/o assumere un aiuto, se te lo puoi permettere. Se hai bisogno, la Gingerbread è un’associazione britannica di beneficenza che sostiene i genitori soli1.

Ecco alcune citazioni di madri sole:

Vivevo con mia mamma quando Ollie è nata perché il mio ex e io eravamo ancora in corso di vendere la casa. Stare con lei e con il mio patrigno è stato splendido perché voleva dire che ero aiutata con le sistemazioni pratiche che avevo bisogno di fare per passare dall’avere due figli ad averne tre. Ho combattuto contro l’idea di accettare il loro aiuto perché credevo testardamente che avrei dovuto essere capace di fare tutto da sola, ma a guardarmi indietro sono grata che loro fossero lì per darmi qualche settimana per imparare come gestire tre figli prima di trasferirmi nella mia nuova casa e farcela da sola.

Tara Bungard

Avevo programmato di passare le prime settimane/i primi mesi a letto se era quello che volevo fare e questo ha fatto tutta la differenza. Non avere altre responsabilità a cui adempiere ha reso fantastico l’essere una madre sola. Ho avuto un primo anno magnifico rispetto a molte mie amiche che avevano anche da considerare i bisogni dei loro compagni durante quel periodo, il che era più stressante sotto vari aspetti. Una doula mi ha aiutato. Avere mia mamma a disposizione che cucinava e lavava è stato fantastico.

Anonimo

Quando ho deciso di avere il mio secondo figlio sapevo che avrei dovuto fare tutto praticamente da sola. Ho avuto una persona in casa, dove ho partorito, per tre giorni. La settimana successiva c’è stato un andirivieni di diversi amici che mi portavano un po’ di sostegno. Come donna fieramente indipendente trovavo incredibilmente difficile accettare di appoggiarmi a qualcuno. I miei salvagente sono stati la fascia e l’accettazione che le mie priorità erano costruire un legame e riposare mentre cercavo di badare all’altro figlio di quattro anni. Sono passati cinque anni e sono stupita di come sono riuscita ad andare avanti mentre il mio corpo si riprendeva. Senz’altro sceglierei di fare le cose in maniera diversa se avessi un altro figlio: farei in modo di ricevere più sostegno concreto, più sostegno da parte di terapisti dell’allineamento posturale per me e per il mio bambino e cercherei di organizzare una doula per il post parto oppure avere mia mamma a casa per un mese o tre!

Lorette Michallon

Mi sarebbe piaciuto avere i mezzi per farlo. Ho avuto una doula per il parto e ho usato la tecnica dell’hypnobirthing, che ha davvero dato più forza al parto. Avevo problemi finanziari, oltre che a livello pratico (nessuno dei miei coetanei aveva avuto figli e non avevo idea da dove cominciare) e a livello emotivo. Ho perso i miei amici perché non capivano i bambini. Per il primo mese non ho avuto internet o la TV, la mia doula mi inviava dei link a degli articoli ma non avevo internet per leggerli. Alla fine mi sono trasferita in una camera indipendente a casa dei miei genitori per un anno. Quello che mi ha tenuto a galla è stato incontrare altre mamme ai gruppi per bambini e formarmi nel babywearing e nell’hypnobirthing, anche se è stato un grande impegno e sfida, vista la mancanza di servizi per l’infanzia quindi ha richiesto molto più tempo di quanto avrebbe se ci fosse stato un altro genitore coinvolto. Mi è anche costato tutti i miei risparmi, infatti per l’anno in cui badavo al mio bambino da sola non ho avuto guadagni. Il sostegno che mi avrebbe aiutato sarebbe stato: preparazione del cibo, contatti sociali, conoscere altri genitori soli, qualcuno che tenesse il bambino mentre mi lavavo/facevo le faccende, qualcuno che dicesse “È una buona cosa equilibrare i tuoi bisogni con quelli del bambino”. Cercavo di mostrarmi spavalda, del tipo“ce la posso fare”, acconsentendo a cose che sapevo sarebbero state difficili come ad esempio andare ai festival, fare molta strada per andare a trovare gli amici… Nella stessa situazione, non lo rifarei.

Anonimo

Non avevo (stupidamente) organizzato proprio nulla. Quando il mio piccoletto aveva una settimana ho avuto la mastite e ho chiamato mia madre in lacrime e lei è venuta a prendermi. Siamo rimasti da lei per le sei settimane successive. Vorrei aver organizzato più cose prima della nascita. In realtà vorrei aver avuto la possibilità di assumere una doula postatale!

Emma Crossley

E se il tuo bambino deve rimanere in terapia intensiva neonatale? E se tu devi rimanere in ospedale più a lungo di quanto ti aspettassi?

Quando ho aiutato genitori che sono dovuti rimanere in ospedale per un po’, o quando il loro bambino è dovuto rimanere nella TIN (Terapia Intensiva Neonatale), la maggior parte delle persone mi ha chiesto di ritardare il sostegno per il quale mi avevano assunto finché non fossero tornati a casa. Capisco perché hanno scelto di fare così: dopotutto, quando sei in ospedale c’è lo staff medico che si prende cura di te, quindi può essere facile credere che non hai bisogno di aiuto. Tuttavia, nella mia esperienza, degenze lunghe in ospedale di rado sono rilassanti. Se sei nel reparto neonatale è facile che ci siano una marea di altri letti, con altre donne e i loro bambini, oltre alle visite. È probabile che ci sia un protocollo medico da rispettare (come ad esempio antibiotici somministrati per via endovenosa a te o al bambino), che comporta visite regolari di ostetriche e/o dottori. Allo stesso modo, se il tuo bambino è nella TIN le procedure di cure mediche possono prenderti anche tutto il giorno. In una qualsiasi di queste situazioni è facile essere così impegnate dalle routine ospedaliere da dimenticarsi di prenderti cura di te stessa: non mangi bene e non ti riposi durante il giorno. L’associazione britannica Tommy’s, un’organizzazione benefica che si occupa di sostenere genitori che hanno subìto la perdita di un figlio, sostiene:

“Se il tuo bambino è nato prematuro o non in salute può essere uno shock enorme e potresti sentire che ti stiano chiedendo di prendere decisioni importanti mentre sei in uno stato di poca lucidità. Potresti trovare difficile legare con il bambino se sei spaventata dal pensiero “chissà se starà bene”. Potresti essere più preparata per quello che succede se un bambino ha bisogno di entrare nel reparto cure speciali se leggi qualcosa riguardo il parto prematuro.”

Ecco cosa hanno da dire alcune mamme:

Quando ho avuto il mio secondo bambino, lui è dovuto rimanere nella TIN. L’ospedale ha cercato di tenermi ricoverata con lui ma alla fine mi spostavo soltanto da un reparto all’altro. La mia metà stava a casa di un nostro amico con il nostro figlio più grande e quindi era difficile per noi passare del tempo insieme. Stavamo aspettando che si liberasse un posto nell’alloggio per famiglie ma a un certo punto sono stata spostata in un monolocale in un alto edificio a un buon 10 minuti a piedi di distanza attraverso tutto l’ospedale. Mi ricordo di essere scoppiata a piangere per quanto fossi terribilmente bloccata lontano da tutti. Non riuscivo a sedermi bene a causa dell’episiotomia quindi non potevo stare seduta quando andavo a fare visita a mio figlio. Mi ricordo il camminare, camminare dalla stanza alla TIN, alla stanza in cui tiravo il latte, alle macchinette. Era faticosissimo. Con il senno di poi forse sarebbe stato meglio se fossi rimasta dal nostro amico anch’io ma non ero assolutamente nello stato in cui potevo razionalizzare qualcosa.

Rosie Dhoopun

Decimo giorno. Ci siamo trasferiti dalla TIN al reparto cure speciali. Non ho dormito più di tre ore al giorno da quando ho avuto il mio cesareo di emergenza e ho perso 2,3 litri di sangue. Non appena sono lì lì per addormentarmi mi portano il bambino. Adesso me ne devo prendere cura. La stanchezza mi fa delirare. Credo fortemente che ci sia bisogno di doule nei reparti di terapia intensiva e di cure speciali. Mio marito era con l’altro nostro figlio, io ero stata “dimessa” ma vivevo lo stesso nel reparto, in una stanza a parte. Non c’era nessuno che si prendesse minimamente cura di me.

Zelle Baggaley

La prima settimana in terapia intensiva neonatale può essere piuttosto distruttiva per lo spirito. Guardi il tuo bambino legato ai cavi con i macchinari che suonano dappertutto e tutto è pieno di molte lacrime, paura e incertezza. Dall’inizio della seconda settimana praticamente vai avanti senza cibo, solo con l’adrenalina che ti viene dalla determinazione di voler portare il bambino a casa sano e salvo il prima possibile. Non mangi né bevi in modo corretto, non ti riposi, non ti prendi per niente cura di te stessa. Le infermiere sono uniche nel loro genere e ascolteranno tutte le tue paure e domande e cercheranno di fare del loro meglio per aiutarti, oltre a prendersi cura ininterrottamente del tuo piccolo. Tuttavia, a parte le conversazioni che si infilano tra un turno e un altro c’è veramente poco sostegno per entrambi i genitori durante questo periodo. Mi è capitato diverse volte di vedere mio marito sull’orlo di una crisi e quando ho chiesto aiuto al reparto ci è stato detto che una volta c’erano dei consulenti ma che erano stati eliminati per tagli alle spese. Una cosa che più di tutte avrei voluto avere era sostegno nel reparto. Qualcuno a cui poter fare delle domande, con cui sfogarsi e che ci aiutasse a prenderci cura di noi stessi. È difficile. Non ci sono alternative. Ma l’avere una buona rete di sostegno aiuterà più di quanto si immagini.

Katie Fountain

Sostegno da parte dei familiari e altre persone: una doula è vitale quando hai dei bambini nella TIN. La tensione e lo stress a cui sei sottoposta sono enormi e qualsiasi briciolo di aiuto è necessario. Il solo sapere che mia suocera mi portava e veniva a prendere ogni giorno ha tolto a me e al mio compagno una grande pressione, dato che lui stava ancora lavorando e portava e andava a prendere nostro figlio più grande dal nido. È stato magnifico solo l’avere la mia doula che mi faceva dei massaggi e con cui potevo parlare di tutto.

Claire Walker

È improbabile che avrai tempo di prepararti per una lunga degenza o una degenza nella TIN quindi ti consiglio di pensarci prima, per sicurezza. Si applicano i soliti princìpi di base: come assicurarti di riposare abbastanza (aiuto da persone di sostegno, ad esempio fare squadra con il tuo compagno o altri familiari può essere molto utile), ricevere cibo nutriente (il cibo dell’ospedale non è sempre il migliore, quindi se riesci a ricevere cibo fatto in casa che ti viene consegnato da amici e parenti potrebbe fare un mondo di differenza), fasciare il bacino/addome, soprattutto dopo un cesareo perché può aiutarti a muoverti più facilmente, e orecchie gentili, che ti ascoltino, per aiutarti a elaborare le emozioni.

“Quando una donna (…) vede il suo bambino in terapia intensiva potrebbe rimproverarsi per delle scelte che ha fatto. Il compagno e lo staff dell’ospedale possono aiutare offrendo un contesto e facendo sapere alle infermiere e ai medici la condizione emotiva della madre (…). Comprendendo che una degenza in terapia intensiva neonatale è incredibilmente difficile per i genitori, la famiglia può richiedere che l’ospedale fornisca un rappresentante dei pazienti, in modo che sentano di avere un sostegno in più in ospedale. Le ostetriche e le doule possono aiutare la famiglia a far valere il loro diritto di sapere quali criteri il bambino deve soddisfare perché venga dimesso.”2

E se il tuo bambino muore?

Se non elaboriamo il lutto fino alla fine, questo ci attenderà. Non si dissolverà per poi sparire. Al contrario, si inasprirà, e proveremo il dolore che porta con sé in seguito, nelle forme più strane.

Elizabeth Lesser

Il dolore non è un disturbo, una malattia o un segno di debolezza. È una necessità emotiva, fisica e spirituale, il prezzo da pagare per l’amore. L’unica cura per il dolore è soffrire.

Earl Grollman

Volevo scrivere qualcosa riguardo la perdita di un bambino perché è un argomento che mi sta molto a cuore. Sono la sorella maggiore di un bambino nato morto, e io stessa ho avuto quattro aborti. Ci sono ancora tanti tabù intorno alla perdita di un figlio e all’aborto. Quello che voglio dirti è: se dovrai affrontare una perdita, a prescindere dalla fase della gravidanza in cui sei, sarai in una condizione di post parto. Avrai bisogno di piangere la perdita, e meriti lo stesso sostegno di una madre che abbia partorito un figlio vivo. Anzi, probabilmente ne avrai bisogno di più. La parte difficile è che è probabile che non avrai tempo di prepararti. Spero che potrai comunque usare alcuni dei suggerimenti proposti in questo libro per aiutarti. Se sei un familiare o un amico di qualcuno che ha avuto un lutto usa questo libro per aiutarli.


Se il tuo bambino è venuto a mancare all’inizio della gravidanza potresti sentire che questa perdita non è valida, ma non si può misurare il lutto da come appare sulla carta. Il tuo dolore sarà comunque vero se il tuo bambino fosse morto appena hai scoperto di essere incinta o quando aveva alcuni mesi. Quindi voglio condividere la mia storia, e quella di altri, e spero che aiuti a dimostrare il bisogno di sostegno.


Quando avevo otto anni il mio fratellino, Julien, è nato morto. Eravamo verso la fine degli anni ’70 e a quel tempo la gente pensava che nascondere le cose sotto il tappeto fosse la cosa giusta da fare. A nessuno di noi è stato permesso di elaborare il lutto o elaborare i nostri sentimenti. Non c’è stato un funerale, non c’è stata una scatola dei ricordi, nessuna foto, nessuna impronta dei piedini. Né io né mia madre siamo mai riuscite a vedere mio fratello. Non ne parlavamo, non condividevamo la nostra tristezza, ma il dolore era lì, nonostante tutto. Sono stata lasciata lì con tutti questi sentimenti non affrontati, e la mia mente ha scelto di dimenticare per proteggermi. Ho un grande vuoto nella memoria: non ricordo mia madre incinta né qualcosa di dopo il parto. C’è una parte della mia infanzia che proprio non riesco a recuperare perché al tempo non ci è stato permesso di elaborare il lutto.


Quando, per il mio diploma di formazione prenatale, ho studiato come i bambini elaborano il lutto, ho ripercorso questa situazione e ho avuto delle bellissime conversazioni rigeneranti con mia madre a riguardo. Mi ha anche portato a chiudere il cerchio facendo a mia madre un massaggio “Closing the Bones”. Aveva paura che tutte le brutte sensazioni la inondassero di nuovo, ma è stato delicato, bellissimo e pieno di rispetto, e per entrambe è stato avvolgente e curativo.


Io ho anche avuto quattro aborti. Ho iniziato a cercare di rimanere incinta a 33 anni. Dopo un anno di tentativi senza risultati siamo rientrati in un piano preferenziale per dei test della fertilità, a causa della mia età e del mio ciclo irregolare. Era tutto normale ma il mio ciclo durava molto e volevano darmi dei farmaci per indurre l’ovulazione. Non ne ero entusiasta, quindi ho indagato altre opzioni e dopo tre mesi di agopunture sono rimasta incinta per la prima volta.


Riesco ancora a sentire la pura, incredibile gioia che ho provato quando il test è risultato positivo. Riesco ancora a rivedermi, sola in bagno. Mi sono guardata allo specchio e sono scoppiata in lacrime di gioia. Ho tenuto questo piccolo segreto tutto il giorno e poi la sera ho fatto una sorpresa a mio marito facendogli trovare il test positivo incartato. Per tre mesi sono andata in giro in uno stato di beatitudine costante. Sì, ero stanca e avevo le nausee a volte, ma per la maggior parte del tempo ero in una condizione di ebbrezza gioiosa.


A 12 settimane siamo andati alla prima ecografia. Eravamo molto emozionati. Poi l’ecografista ci ha detto che non c’era battito. Ha provato di nuovo. Io non volevo accettare la realtà, speravo ancora che in qualche modo ci fosse stato un errore e che il mio bambino fosse ancora vivo. Ma il mio bambino era morto. Le conseguenze sono state incredulità, insensibilità, shock, seguite dal dolore più profondo che avessi mai provato. Ho pianto come mai prima nella vita, singhiozzi grandi, pesanti, disperati. Mi facevano letteralmente male le braccia per il mio bambino.


Non ci fu alcun aiuto a causa della mancanza di comprensione dei miei stessi sentimenti, della mancanza di riconoscimento che la nostra cultura dà alle donne che hanno avuto un aborto, della mancanza di sostegno, o dai commenti inappropriati, seppur benintenzionati di amici e parenti che non sapevano come aiutare una madre in lutto.

  • “Non era un bambino vero” (per me lo era)

  • “Probabilmente aveva qualcosa che non andava” (forse, ma questo sottintende che io stessi sbagliando a soffrire)

  • “Ne puoi avere un altro” (io volevo questo)

  • “Almeno puoi rimanere incinta” (ulteriore diniego del dolore)


Grazie al cielo qualcuno mi ha messo in contatto con la Miscarriage Association. Ho telefonato ad una volontaria locale dolcissima, Janet Sackman. È stata la prima a esprimere parole rassicuranti e riconoscenti verso il mio dolore, e ricordo ancora quanto è stato importante per il processo di guarigione. Sono finita per andare agli incontri della Miscarriage Association per un po’ di tempo. Mi ha aiutato molto con l’elaborare i miei sentimenti e avere uno spazio sicuro in cui potevo parlarne senza sentirmi giudicata.


Ma niente è stato fatto per aiutare il mio corpo, il mio spirito, la mia anima, a guarire in modo olistico. Portavo con me il dolore e la paura, per i quali nessuno mi ha aiutato. Non ho mai sentito quella beatitudine in nessuna delle mie gravidanze seguenti (ho avuto altri tre aborti e due bambini vivi) perché avevo così paura di perdere di nuovo il mio bambino che non mi azzardavo a sentirmi felice, in uno sciocco tentativo di proteggermi dal dolore (da quel momento ho imparato che, sebbene sia comune, questa tecnica non funziona: cercare di proteggerti preoccupandoti nervosamente delle peggiori situazioni possibili non ti bloccherà dal provare dolore se succede, però ti deruba della gioia).


Quando ho imparato a offrire il massaggio “Closing the Bones”, per me aveva senso offrirlo anche alle donne dopo un lutto, e ho visto quanto è stato utile. Ecco cosa hanno detto alcune di queste donne:

Mi sono presentata alla formazione per il Closing the Bones circa un anno dopo che il mio bambino era venuto a mancare. Verso la fine della cerimonia, mentre venivo cullata, dei profondi brividi hanno iniziato a pervadere il mio corpo e mentre il rebozo veniva stretto intorno al mio bacino ho sentito un’enorme emozione che a tutt’oggi non so come chiamare. Ho sentito come se la bolla protettiva che avevo creato intorno a me si fosse allontanata, e con lei il mio bambino, come se lo stessi lasciando andare. I singhiozzi hanno scosso il mio corpo. Tutto il dolore, la rabbia, la stanchezza e l’incredulità per quello che era successo si sono riversati fuori. Non avevo compreso a quanto fossi rimasta attaccata. Ho sentito le donne creare un cerchio intorno a me e ho capito com’è avere uno spazio sicuro per me, permettermi di essere lì con il mio selvaggio tumulto di emozioni. Ho sentito qualcuno cantare una bellissima canzone e un’altra persona lisciarmi i capelli, mani che mi toccavano mandando amore e sostegno.

Rosie

Ho avuto tre diversi lutti. Tutti gli anni, fino a quando non ho avuto figli, quando ero triste capivo che avevo la “sindrome delle braccia vuote”. Era una tristezza profonda che, dato che ero così giovane, sentivo di non avere il lusso di riconoscere. Quando rimanevo incinta non legavo mai con il bambino, per sicurezza. Mi sentivo sempre condannata. Dopo aver avuto due figli in stretta successione ho imparato il massaggio Closing the Bones e ho avuto la fortuna di essere il soggetto della cerimonia di chiusura completa alla fine. Vedevo luci dorate tutt’intorno e mi sono sentita completamente rilassata, avere così tante donne che mi toccavano è stato un onore unico. Quando sono tornata a casa ho sentito una connessione molto più forte con i miei bambini di quanto avessi mai sentito prima.

Allison

Aver ricevuto il massaggio Closing the Bones mi ha aiutato ad accettare la perdita del mio bambino e iniziare ad andare avanti, e anche perdonare il mio corpo e lasciar andare tutti i sentimenti negativi.

Claire

E queste donne, che non hanno ricevuto un massaggio “Closing the Bones” ma ne sono poi venute a conoscenza, sentono che sarebbe potuto essere benefico:

Ho avuto un aborto a nove settimane. Penso che il massaggio Closing the Bones mi avrebbe aiutato in molti modi, ma soprattutto a livello emotivo, rendendomi capace di condividerlo con un’altra donna che capisce o almeno che può empatizzare o forse essere partecipe del mio dolore. Che potesse normalizzarlo (so che è comune, ma sarebbe stato carino sentirselo dire di nuovo, diverse volte!). Un momento curativo con un’altra donna. Ecco cosa mi sarebbe piaciuto.

Saveria

Non conoscevo il massaggio Closing the Bones fino a poco tempo fa e non l’avevo considerato in riferimento alla mia perdita, ma il tuo post mi ha fatto riflettere e in realtà mi ha fatto (e mi fa!) scoppiare in lacrime a ripensare a come, al tempo, una “cerimonia” mi avrebbe aiutato davvero tanto. Avrei trovato una cerimonia Closing the Bones bellissima in quella situazione, una celebrazione della mia bambina, di me come sua madre, un modo per celebrare la sua vita, per quanto breve. L’avrei trovato curativo e mi avrebbe concesso la concentrazione di cui avevo disperatamente bisogno per essere da sola con lei, e i miei pensieri, e il mio dolore!

Jo

Se subisci una perdita, vorrei invitarti a trattarti nello stesso modo in cui sarebbe trattata una neomamma se il suo bambino fosse vivo. Valgono gli stessi fondamenti del sostegno: riposo, cibo, cura del corpo e sostegno sociale. Cerca di staccare un po’ dal lavoro per riprenderti fisicamente, mangiare cibi caldi e nutrienti, avvolgere il tuo addome/bacino e forse ricevere un massaggio quando sei pronta, e assicurarti che ci siano persone di aiuto o anche dei terapisti con cui poter parlare3.

  • Questo articolo, in inglese, parla del recupero fisico e quello che potrebbe sfuggirti dopo la nascita di un bambino morto. stillstandingmag.com/2018/08/04/postpartum-recovery-baby-loss

  • Rivolgiti a una comunità di persone che capisce cosa stai passando e che possa offrirti sostegno, come la Miscarriage Association. (www.miscarriageassociation.org.uk)

  • Sands (www.sands.org.uk) e Tommy’s (www.tommys.org) sono organizzazioni benefiche inglesi che si occupano di genitori che subiscono la perdita di un figlio.

  • Maisie Hill è una doula e una professionista di medicina tradizionale cinese, e il suo articolo, in inglese, “How to recover from a miscarriage” (“come riprendersi da un aborto”) contiene molta saggezza da offrire:

Spesso crediamo che la guarigione sia un processo lineare, uno in cui gradualmente ci sentiamo meglio, fino a che, un giorno, stiamo bene. Ma è più complicato di così, puoi fare due passi avanti e cinque indietro. Puoi sentire che stai andando bene, e poi un insieme di emozioni completamente nuove entra nel tuo essere, e con loro la possibilità di dover trovare altri modi per capirle e affrontarle. I tuoi cari e i colleghi possono presumere che tu stia bene e rimanere spiazzati da improvvisi cambiamenti nel tuo umore e nel tuo benessere. Non è divertente ma è sano, e come dice una persona che conosco, sei esattamente dove dovresti essere.4

Il post parto
Il post parto
Sophie Messager
Cosa serve a una neomamma Pensare in anticipo al periodo dopo la nascita, individuando i bisogni della neomamma e gli strumenti e le strategie per sostenerla. Prepararsi al momento del parto è sicuramente importante, ma altrettanto fondamentale è concentrarsi sul periodo del post parto.In questo libro, Sophie Messager attinge alla sua esperienza di biologa e doula per dimostrare che pensare in anticipo al periodo dopo la nascita, individuando i bisogni della neomamma e gli strumenti e le strategie per sostenerla, è il modo migliore per iniziare al meglio questa splendida avventura.Il post parto è il primo titolo di “Parliamone”, la collana dedicata ai genitori di oggi: guide monotematiche dalla grafica giovane e un formato più agile, con studi aggiornati, su gravidanza, accudimento, educazione.