“Un individuo può essere sano, può non avere nulla a che fare con i dottori ma se non si sente scoppiare di felicità non è sano, forse non ha malattie ma di certo non conosce la salute”
Osho
Nella mia pratica pediatrica, nel corso degli anni, ho avuto modo di vedere e visitare tanti bambini e mi sono resa conto che un bambino sano non è un bambino senza alcun “difetto di fabbrica” o che non si ammala mai, ma è un bambino felice, che sprizza gioia di vivere da tutti i pori della sua pelle: è un bambino creativo, allegro, spontaneo, ma che sa anche concentrarsi, che ha tanti interessi, che va incontro agli altri con fiducia e in uno spirito di apertura, che ha il senso della meraviglia e sa godere della bellezza della natura che lo circonda.
In genere questo tipo di bambino difficilmente si ammala e, se lo fa, guarisce molto in fretta perché gode di ottime difese immunitarie: sa come difendersi in men che non si dica da qualunque aggressione esterna.
Maria Montessori, quel medico geniale che divenne la più grande educatrice di tutti i tempi, l’aveva già compreso un secolo fa e infatti scriveva: “La gioia è il ricostituente più sicuro ed energico della vita vegetativa”, “La gioia è l’indice della crescenza interiore”1 . Altro che sciroppi ricostituenti o pappa reale!
Alla stessa conclusione era arrivato il suo contemporaneo Edward Bach, padre della floriterapia: “La vera salute – egli diceva – ha origine nella felicità e la felicità è facilmente raggiungibile perché deriva da piccole cose: fare quello che ci piace veramente, stare con le persone che amiamo davvero”2 . Questo è il vero segreto della salute!
Ma lo dicevano ancora prima di lui i saggi cabalisti, secondo i quali tutte le malattie vengono dalla degradazione della gioia e del proprio canto personale (e quindi dalla tristezza, intesa come esilio dalla presenza divina): ecco quindi che ritrovare dentro di sé la gioia di vivere diventa la migliore di tutte le terapie e medicine!
“Si tratta di trovare in sé un solo punto positivo che ci renda felici e di attaccarcisi”3 scrive Rabbi Nahman di Braslav.
Che cos’è che mi dà gioia? – dovremmo quindi chiederci e poi metterci subito a farlo…
La dottoressa Montessori ci ha dato la più chiara dimostrazione della veridicità di questi assunti attraverso l’esperienza della sua prima Casa dei Bambini, con quello che fu definito “il miracolo di San Lorenzo”: una cinquantina di bimbi, figli di operai romani, poverissimi, timidi, tristi, paurosi e denutriti, rifiorirono e rinacquero a nuova vita unicamente grazie a un approccio educativo rivoluzionario, basato su un ambiente a loro misura, dove le loro menti venivano appagate attraverso l’utilizzo di materiali sensoriali in un clima di libertà.
La gioia del lavoro svolto con interesse (e non vitamine o soggiorni in montagna) era stata la migliore medicina per questi bambini e ne aveva nutrito il corpo e l’anima insieme.
Oggi le ricerche di Candace Pert hanno confermato le grandi intuizioni di Bach e di Maria Montessori, offrendo loro una base scientifica: la neuroscienziata americana ha scoperto infatti che i recettori per la norepinefrina – neurotrasmettitore dell’emozione della gioia – sono gli stessi di quelli del reovirus, responsabile del comune raffreddore: ciò significa che quando si è in uno stato di felicità il recettore è occupato dalla norepinefrina e non c’è posto per il virus, come a dire che in un cuore gioioso non c’è letteralmente spazio per la malattia!
“Se cause psichiche deprimenti possono avere un’influenza sul metabolismo abbassandone la vitalità, può anche avvenire il contrario: cioè le cause psichiche esaltanti possono influire riattivando il metabolismo e tutte le funzioni psichiche”4 ; ecco ciò di cui si era resa conto, con il suo esperimento, la Montessori, giungendo quindi ad affermare che “La soddisfazione della vita interiore, la possibilità di esprimere le proprie potenzialità, è senza dubbio il segreto della salute, anche di quella fisica”5 .
Perché, oggi noi lo sappiamo, in queste situazioni l’organismo produce una sorta di cocktail ormonale i cui componenti biochimici sono in grado di determinare nell’organismo umano una sensazione di felicità.
Le sostanze con questa funzione che sono state finora identificate sono:
- Dopamina: il neurotrasmettitore dell’interesse, della motivazione e dell’entusiasmo, che ci rende vigili, concentrati e tenaci, capaci di affrontare le avversità (una sua carenza provoca passività, depressione e scoraggiamento).
- Serotonina: il neurotrasmettitore del buon umore e del senso di benessere. I suoi livelli salgono quando ci sentiamo visti, riconosciuti e apprezzati.
- Ossitocina: l’ormone della maternità. La sua produzione aumenta nei momenti di contatto fisico, quando veniamo abbracciati, accarezzati, massaggiati e coccolati. Ci fa sentire protetti e amati.
- Endorfine: hanno un’azione antidolorifica e insieme alla serotonina hanno una funzione inibitrice (servono cioè a bloccare i messaggi di sofferenza che provengono dal sistema limbico e impedire che arrivino alla corteccia frontale, cioè alla coscienza). Vengono secrete per esempio durante il travaglio e il parto.
Insomma, tutte insieme queste sostanze rappresentano un vero e proprio elisir di gioia e felicità! E ci danno indicazioni preziose sui bisogni dei bambini che, come vedremo meglio nel capitolo sull’educazione, per crescere bene hanno bisogno di essere visti, apprezzati, toccati con dolcezza e di potersi dedicare ad attività interessanti, che li appassionino e stimolino il loro interesse.
Oggi però non è facile essere bambini: viviamo in un’epoca in cui molti piccoli cittadini – secondo dati recenti – passano meno tempo all’aria aperta di quanto facciano i carcerati6 . Tant’è che si potrebbe parlare, come fa Richard Louv, di una vera e propria “sindrome da deficit di natura”.