I diversi linguaggi dell’amore
Dopo quanto detto, a mo’ di preambolo, nel paragrafo precedente, vediamo ora di occuparci di come relazionarsi con i propri figli o i propri alunni nel modo migliore e più efficace possibile.
Ricordiamoci per prima cosa che ogni bimbo che nasce è un mondo a sé, un intero universo, e più si riesce a conoscerlo in profondità, più si potranno appagare le sue esigenze e coltivare le sue potenzialità e i suoi talenti.
I bambini ipersensibili per esempio, quelli tendenzialmente timidi, sognatori, con la testa nelle nuvole – tanto per intenderci – necessitano di un approccio molto “soft”: è come se vivessero ancora in prossimità del Cielo e per loro il mondo terreno fosse troppo duro e difficile da affrontare. Ecco perché vanno avvicinati con grande delicatezza e comprensione e aiutati ad “incarnarsi” ossia a radicarsi, attraverso massaggi o frizioni cutanee, camminate a piedi nudi su diversi tipi di terreno, attività di manipolazione dell’argilla, come consiglia, per esempio, la pedagogia curativa antroposofica. Ma anche riconoscendo, nella loro diversità, il talento nascosto, che è un dono di sensibilità, di dolcezza e di empatia di inestimabile valore.
I bambini paurosi vanno protetti e incoraggiati, rassicurandoli che non li abbandoneremo; i bambini tristi e melanconici, che si sentono come esclusi dal mondo, vanno consolati e coinvolti per esempio nelle attività di cucina, ma anche nell’inventare storie o giochi, spiegando sempre loro quello che sta succedendo.
D’altro canto i bambini collerici e agitati, quelli “troppo vivaci”, anziché essere etichettati con sigle patologizzanti, dovrebbero essere accettati e rispettati per quello che sono: visto che il loro trauma originario è il non sentirsi desiderati, hanno bisogno di percepire la nostra stima nonostante tutto.
L’antroposofo Kohler, a questo riguardo, ci offre indicazioni pratiche importanti che possono, a mio parere, integrarsi molto bene con la visione montessoriana.
Per comunicare al meglio con i figli e per aiutare l’apprendimento dei propri allievi, bisognerebbe poi capire quali sono i loro canali comunicativi preferenziali, giacché ci sono bambini visivi, uditivi e cinestetici.
I primi imparano soprattutto attraverso le immagini, quindi per loro anche lo sguardo dell’adulto è importante: sono bambini con una grande immaginazione che si inventano veri e propri film nella loro mente fantasiosa. Per i secondi, al contrario, sono più importanti la voce e le parole: magari non vi guardano in faccia ma ascoltano tutto quello che dite loro. Per questi bambini la musica è un ottimo strumento di apprendimento e comunicazione. I piccoli cinestetici hanno bisogno invece di contatto fisico: un tocco può fare meraviglie e rendere più accettabile anche un discorso serio. Sono bambini questi che imparano facendo, attraverso esperienze pratiche e concrete: per esempio adorano gli esperimenti!
È importante anche sapere, come rammenta Gary Chapmann, che l’affetto si esprime attraverso modalità diverse a seconda di ogni individuo.
In particolare, per questo autore, esistono cinque linguaggi dell’amore che lui ha identificato nei seguenti:
- Contatto fisico
- Parole di affermazione
- Gesti di servizio
- Regali
- Tempo di qualità
Ognuno di noi ha la sua o le sue modalità preferite di espressione dell’affetto: c’è chi ama offrire (e ricevere) coccole e abbracci, chi preferisce scrivere lettere o bigliettini, o regalare parole di apprezzamento e gratitudine, chi invece fa fatica a esprimere i sentimenti e mostra il suo amore attraverso gesti di servizio e gentilezza, chi adora fare (e ricevere) regali e chi infine sa offrire il suo tempo e la sua presenza, dimostrando in questo modo il suo interesse per la persona amata.
(Astrologicamente parlando, potremo riconoscere nel primo caso per esempio individui con energia Cancro o Toro; nel secondo soprattutto soggetti con energia Gemelli, nel terzo persone con energia Vergine e Capricorno; nel quarto caso con energia Leone…)
Non c’è un modo migliore di un altro per dimostrare amore, ma è importante capire quale modalità61
è quella preferita da noi e dalla persona che ci sta di fronte, perché così non rischieremo fraintendimenti nelle relazioni e sapremo anche andare incontro nel modo migliore alle esigenze altrui. Ciò è particolarmente utile con il partner: per esempio “io voglio parole d’amore, lui mi offre gesti di servizio = non mi ama” è un equivoco comune… Ma è altresì molto importante anche con i nostri figli: capire che lingua parlano ci può aiutare a comprenderli e amarli meglio.
Inutile dire che un bambino cinestetico, come accennato precedentemente, preferirà, tra tutte le forme di amore, il contatto fisico. Per lui sarà importante per esempio un abbraccio nel momento dei saluti o una carezza e una coccola in un attimo di tristezza. Se gli leggete un libro, quindi, fatelo tenendolo seduto sulle vostre ginocchia…
Mentre un bimbo uditivo amerà che gli si parli e gli si racconti. Per lui ciò che conterà di più saranno le vostre parole di apprezzamento, di incoraggiamento e di guida amorevole: a volte basterà un “grazie” o un “ti voglio bene” per farlo sentire felice.
Come disse alla zia il nipotino di Freud, che aveva paura del buio: “Se mi parli c’è la luce”. Ecco quanto può essere importante la parola per un bambino.
Quindi, se avete un bambino prettamente uditivo, parlategli, scrivetegli bigliettini, o chiamatelo al telefono se siete lontani e state certi che ve ne sarà grato.
Per un bambino visivo, uno sguardo d’amore sarà il regalo più bello che potrete offrirgli e che non dimenticherà nemmeno quando sarà grande.
Per un bambino che predilige gli atti di servizio invece, preparargli il suo piatto preferito, aiutarlo con i compiti o accompagnarlo a una festa, anziché mandarlo con la baby-sitter, sarà il modo migliore per dimostrargli il vostro affetto. Ma, direte voi, come si fa a capire qual è il linguaggio affettivo di ogni bambino? La lettura del tema natale, di cui parleremo più avanti, potrà aiutarci in questo senso, ma esiste un modo molto più semplice e alla portata di tutti: basta osservare e ascoltare il bambino che abbiamo di fronte! Prestate attenzione per esempio a come vostro figlio esprime amore a voi e agli altri: se vi dice spesso “Ti voglio bene, mamma!” o vi fa i complimenti per il buon pranzo è indice che preferisce parole di affermazione, come modo per esprimere affetto e riconoscenza.
Se invece vi abbraccia e vi riempie di baci, è segno che desidera contatto fisico.
Se il suo linguaggio è quello dei regali, adorerà, non solo ricevere, ma anche preparare piccoli doni fatti con le sue stesse mani e vi farà omaggio, quando meno ve lo aspettate, di gradite sorprese.
Notate poi di cosa si lamenta più spesso: “Non hai mai tempo per me!” “Lavori sempre!” indicano naturalmente che il suo bisogno è la vostra presenza. Ascoltate le sue richieste: se per esempio vi dice “Gioca con me!” o “Leggimi una storia!” o “Andiamo al parco insieme?” vuol dire che vi sta chiedendo tempo di qualità. Se invece vi domanda in continuazione un parere su come ha fatto i compiti o sul suo disegno o sul suo vestito vuol dire che necessita di parole di apprezzamento. (Attenzione però, perché a volte i bambini timidi desiderano parole d’amore ma non sanno chiederle).
Ma io credo che, al di là di questa interessante classificazione, la modalità preferita da tutti i bambini indistintamente per sentirsi amati sia quella della Presenza, cioè del tempo di qualità: lo “special time” di cui parlava Manitonquat nei suoi camp. Nelle parole di P. Ferrucci, “L’attenzione è calore e affetto. La disattenzione è gelo. Niente attenzione, niente gentilezza. E anche niente calore, niente cuore, niente relazione. Solo se siamo presenti possiamo apprezzare e amare un’altra persona”62
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Dedicare tempo ai figli penso sia il dono più prezioso che possiamo fare loro. Specialmente oggi, in una società dai ritmi frenetici e sempre più disumani, in cui gli adulti sono presi dal “fare” e si dimenticano di “essere”. È questo che i bambini ci chiedono: “Stai qui con me!”. E gli adulti rispondono che non hanno tempo…
Non è facile, lo so, per una mamma dividersi tra il lavoro, la casa e i figli, ma con un po’ di buona volontà e di organizzazione ci si può riuscire.
Coinvolgere i bambini nelle attività domestiche, per esempio, è un’ottima strategia, perché permette di soddisfare le esigenze quotidiane relative alla pulizia degli ambienti e alla cucina con quelle di presenza richieste dai bambini. Ecco che condividere con i bambini la spesa, la preparazione dei pasti o il riordino delle camere diventa un’occasione per passare molto più tempo insieme…
Nel fine settimana poi, anziché piazzarsi davanti a uno schermo, può essere divertente programmare una gita fuori porta: fosse anche solo in un parco nelle vicinanze, dove osservare la natura che cambia a ogni stagione.
Per chi possiede un piccolo giardino o un grande balcone, le possibilità aumentano: oggi sappiamo che coltivare e prendersi cura delle piante è terapeutico! Il giardinaggio, è ormai dimostrato, migliora l’umore e l’autostima, allevia l’ansia e la depressione, che sono divenuti oggigiorno appannaggio anche dei più giovani.
Oppure, nelle uggiose giornate di pioggia, si può dedicare qualche ora a un’attività creativa come dipingere, costruire, o semplicemente giocare a ciò che il bambino desidera, anche se magari non è ciò che piace a mamma e papà…
Oggi assistiamo a un vero paradosso: da un lato c’è un’attenzione nei confronti dei bambini non paragonabile a quella della generazione precedente, eppure ancora “troppi bambini ricevono tutto quello che vogliono, ma nulla di quello di cui hanno veramente bisogno”63
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Allora, se veramente li amiamo come diciamo di fare, osserviamoli da vicino, guardiamoli negli occhi: quando sono felici e appagati il loro sguardo è luminoso. E se non lo è chiediamoci “Come mi sto comportando se i loro occhi non brillano?”64
Sì, perché il nostro successo, come genitori o educatori, dipende da quanti occhi che brillano abbiamo attorno: vegliamo dunque affinché la luce che risplende negli occhi dei bambini non abbia a spegnersi mai.