CAPITOLO V

L’educazione dei bambini: il migliore investimento per il futuro dell’umanità

“L’educazione dei bambini è il problema più importante dell’umanità. Si diventa adulti equilibrati solo se si è stati pienamente bambini”

M. Montessori

Essere genitori, l’abbiamo detto, è un mestiere difficile, il più difficile di tutti i mestieri. Anche perché nessuno ce lo insegna: non ci sono ricette precostituite, bisogna procedere, un passo alla volta, da autodidatti, per prove ed errori. È un lungo tirocinio, in cui i bambini sono i nostri maestri, da cui possiamo imparare, se siamo in grado di osservarli e ascoltarli, il senso dello stupore e della meraviglia, la spontaneità, la semplicità, la capacità di stare nel qui e ora, di godere dell’istante presente in tutta la sua pienezza. Nessuno dei cosiddetti corsi di crescita personale può essere tanto istruttivo quanto quello che ci vede impegnati con un bambino ventiquattr’ore al giorno…


L’educazione è un addestramento spirituale, che, più di ogni altro, ci insegna la pazienza, la perseveranza, e ci porta all’apertura del cuore.


Lo diceva anche Maria Montessori che si tratta di un’opera di autoesame, in cui passare al vaglio tutti i nostri difetti e i nostri limiti, con un atteggiamento di grande umiltà.


Io credo che l’obiettivo principale di ogni genitore o educatore sia quello di riconoscere l’autentico essere che si cela in ogni bambino.


Dovremmo sempre ricordarci che ogni essere umano arriva con uno scopo, con una missione da compiere: ognuno ha la sua personale.


Nella visione taoista si dice che l’anima individuale, che è un frammento dello Spirito infinito, porta con sé un progetto celeste, che è radicato nel cuore.


In astrologia questo programma di vita è visibile nel tema natale ed è rappresentato in modo particolare dal Sole, di cui noi appunto siamo un raggio o una scintilla (non per nulla questo luminare è correlato al cuore).


Ognuno di noi arriva con il suo compito, la sua mission personale, inedita, originale.


Noi non veniamo per colmare i vuoti emotivi dei nostri genitori, per rispondere alle loro aspettative, per fare il medico come il papà o l’avvocato come il nonno o il contabile come il bisnonno e neanche i nostri figli vengono al mondo per seguire le nostre orme, ma per tracciarne di nuove.


Ogni neonato ha la missione di cambiare il mondo, a cominciare da sua madre” scrive, con bellissime parole, Jodorowsky.


Dobbiamo diventare chi siamo e non ciò che gli altri vorrebbero che noi fossimo. Dobbiamo liberarci il più possibile dalle identificazioni con le etichette se vogliamo esprimere la nostra essenza più pura.


Ho trovato molto pertinente l’immagine che Jodorowsky dà dell’individuo come il prodotto di due forze: la forza imitatrice – governata dal gruppo familiare e proveniente dal passato – e la forza creatrice, guidata dalla Coscienza universale. In altre parole in ognuno di noi c’è un Essere essenziale – la scintilla che si è staccata dalla Fonte, la parte che sa, il Divino in noi – e un essere culturale che è il prodotto di tutti i condizionamenti dell’ambiente. Pensate al bambino come a un nastro magnetico su cui si vanno a registrare miliardi di impulsi che lasciano milioni di tracce: sono tutti i divieti, gli imperativi, le credenze, le identificazioni che gli vengono trasmesse fin da quando è in fasce o ancora prima nel ventre di sua madre.


È tutto suo padre (o suo nonno)!” viene da dire quando si osserva in lui un’espressione che ci ricorda quella del nostro compagno o del nostro progenitore… Ma chi è realmente quel bambino che ci sta di fronte e ci guarda con i suoi occhioni che sanno di Cielo? Qual è il suo vero volto?


Come i grandi Maestri e i mistici di tutti i tempi e di tutti i luoghi ci insegnano, l’obiettivo di ogni individuo è proprio tornare a quel volto originario, puro e luminoso, che è la nostra essenza primigenia, ma per farlo occorrerà eliminare il più possibile i condizionamenti che ci sono stati incollati addosso e le memorie del passato.

Come aiutare i bambini a crescere felici

L’educazione dei bambini è un tema talmente vasto che richiederebbe da solo un intero volume57 . Qui mi limiterò a riassumere i punti più importanti, cercando di rispondere a una domanda che dovrebbero porsi, io credo, tutti i genitori, gli educatori e i pediatri: come posso aiutare questo bambino, che la vita mi ha fatto incontrare, a crescere felice? È la domanda che mi sono posta quando ho deciso di intraprendere la mia professione e mi sono ripetuta ogni volta che durante il mio lavoro ho avuto a che fare con un bambino: di che cosa ha bisogno questo essere, piccolo nel corpo ma grande nella mente e nell’anima58 , per crescere bene?


Di cibo sano e nutriente, di sole e aria pulita, di luce e di verde, di contatto quotidiano con la natura (che è la nostra vera grande guaritrice), di movimento ed esplorazione e al contempo di quiete e tranquillità, di un ambiente domestico sicuro e a sua misura, che gli dia la possibilità di fare da sé; di un ambiente scuola sereno e accogliente, che gli permetta di esprimere e far sbocciare tutte le sue immense potenzialità.


Ma, ancora più di tutto ciò, un bambino ha bisogno di essere visto, così com’è e non come i genitori avrebbero voluto che fosse. Ha bisogno che la mamma e il papà riconoscano la sua unicità, i suoi talenti, il suo essere speciale, diverso da tutti gli altri, altrimenti si sente vuoto e privo di valore.


Un bambino ha bisogno di sentirsi desiderato, ha bisogno di sapere che i genitori hanno voluto che lui esistesse. Altrimenti non trova il suo posto nel mondo e la voglia di vivere si spegne.


Un bambino ha bisogno di essere amato, senza se e senza ma, in modo incondizionato e non perché è bravo e buono o risponde alle aspettative di chi gli sta intorno. Altrimenti pensa di non meritare l’amore altrui, di non esserne degno, e si assicura così una vita di sabotaggi e autopunizioni, in cui si impone traguardi irraggiungibili per dimostrare agli altri il suo valore.


Un bambino ha bisogno di sentirsi compreso e ascoltato, ha bisogno di adulti presenti vicino a lui, che lo proteggano, che lo tocchino con dolcezza, che gli parlino con gentilezza ed empatia, altrimenti perde il gusto per la vita.


Un bambino, per crescere bene, ha bisogno di fiducia, di sapere che i suoi genitori credono in lui, che nel germoglio vedono già la rosa, che sono certi che ce la farà, nonostante tutto e tutti. Altrimenti non osa più, si arrende, perde il gusto per l’avventura.


“Se tratti un individuo per quello che è, egli rimarrà uguale, ma se lo tratti come se fosse quello che potrebbe essere, diventerà quello che potrebbe essere”, diceva Goethe e questo è particolarmente vero per un bambino: avere fiducia nelle sue capacità gli dà la forza per tirare fuori tutti i suoi talenti e le sue risorse sommerse.


Un bambino poi ha bisogno di libertà, libertà di esplorare, di sperimentare, di cadere e di rialzarsi, di scegliere ciò che più si addice ai suoi interessi e ai suoi talenti. Libertà anche di sbagliare e commettere errori.


Sulla libertà però purtroppo oggi c’è un grande fraintendimento: la si confonde troppo spesso con l’anarchia! Molti genitori attuali non sanno dare più limiti ai bambini, non sanno dir di no, non sanno bloccare i gesti aggressivi e dannosi per l’incolumità altrui, non sanno insegnare il rispetto per le persone e per le cose. Figli di una generazione autoritaria, per reazione sono caduti sulla sponda opposta, quella del permissivismo più sfrenato: hanno giurato a se stessi che mai avrebbero cresciuto i loro figli come essi stessi sono stati cresciuti! Pieni di sensi di colpa per la loro assenza, per i loro ritmi frenetici e disumani, concedono ciò che non va concesso. Come dice Aïvanhov, “hanno confuso l’amore con la debolezza” e creano famiglie in cui predominano la confusione e il disorientamento.


Perché i bambini, per crescere bene, hanno bisogno anche di regole, poche ma ferme e necessarie. Hanno bisogno di confini, che offrono senso di sicurezza e contenimento. Troppo grande è il carico che si affida loro quando li si tratta come adulti, scaricando sulle loro piccole spalle responsabilità che non competono a così giovani età.


E infine i bambini hanno bisogno di modelli, di esempi a cui ispirarsi: ecco cosa dovrebbero rappresentare per loro i genitori e gli adulti in generale.

“Un vero educatore deve emanare le qualità che vuole insegnare, bisogna che esca da lui qualcosa di contagioso, di stimolante, di irresistibile!” perché “per scaldare gli altri, bisogna essere caldi, per illuminare gli altri bisogna essere luminosi, per vivificare gli altri bisogna essere vivi”59 , parole queste su cui bisognerebbe riflettere a lungo.


Se non si può essere, come abbiamo già detto, madri e padri perfetti, si può cercare di essere però genitori ed educatori consapevoli.


In che modo? Attraverso un profondo lavoro di autoanalisi interiore, come abbiamo già detto in precedenza, cioè andando a esplorare le profondità della propria anima, affrontando i mostri del passato, sciogliendo nodi e sanando antiche ferite, sistemando le questioni irrisolte che altrimenti passano dai genitori ai figli per generazioni e generazioni. E allora ecco che, con un po’ di allenamento, ci si accorge subito, per esempio, se scatta il pilota automatico e la frase che si sta pronunciando in un momento di stanchezza è esattamente la stessa che usciva in quella situazione dalla bocca della propria madre.


Ci vuole coraggio per fare questo tipo di lavoro: come ci ricorda Jodorowsky “sviluppare un elevato livello di coscienza richiede uno sforzo tenace, continuo, intenso, implacabile60 . Ma ne vale decisamente la pena. Ecco perché insisto tanto su questo punto: io credo che l’eredità più grande e preziosa che possiamo lasciare ai nostri figli sia liberarli da un po’ di zavorra affinché possano procedere più veloci e leggeri. Quando si lasciano andare i vecchi fardelli, dalle ferite emergono i doni e si libera una grande quantità di energia che diventa disponibile per creare cose nuove e belle.


Così i bambini possono avere al loro fianco genitori felici, appassionati, che vivono secondo i valori in cui credono, facendo ciò che dà loro più gioia.

I diversi linguaggi dell’amore

Dopo quanto detto, a mo’ di preambolo, nel paragrafo precedente, vediamo ora di occuparci di come relazionarsi con i propri figli o i propri alunni nel modo migliore e più efficace possibile.


Ricordiamoci per prima cosa che ogni bimbo che nasce è un mondo a sé, un intero universo, e più si riesce a conoscerlo in profondità, più si potranno appagare le sue esigenze e coltivare le sue potenzialità e i suoi talenti.


I bambini ipersensibili per esempio, quelli tendenzialmente timidi, sognatori, con la testa nelle nuvole – tanto per intenderci – necessitano di un approccio molto “soft”: è come se vivessero ancora in prossimità del Cielo e per loro il mondo terreno fosse troppo duro e difficile da affrontare. Ecco perché vanno avvicinati con grande delicatezza e comprensione e aiutati ad “incarnarsi” ossia a radicarsi, attraverso massaggi o frizioni cutanee, camminate a piedi nudi su diversi tipi di terreno, attività di manipolazione dell’argilla, come consiglia, per esempio, la pedagogia curativa antroposofica. Ma anche riconoscendo, nella loro diversità, il talento nascosto, che è un dono di sensibilità, di dolcezza e di empatia di inestimabile valore.


I bambini paurosi vanno protetti e incoraggiati, rassicurandoli che non li abbandoneremo; i bambini tristi e melanconici, che si sentono come esclusi dal mondo, vanno consolati e coinvolti per esempio nelle attività di cucina, ma anche nell’inventare storie o giochi, spiegando sempre loro quello che sta succedendo.


D’altro canto i bambini collerici e agitati, quelli “troppo vivaci”, anziché essere etichettati con sigle patologizzanti, dovrebbero essere accettati e rispettati per quello che sono: visto che il loro trauma originario è il non sentirsi desiderati, hanno bisogno di percepire la nostra stima nonostante tutto.


L’antroposofo Kohler, a questo riguardo, ci offre indicazioni pratiche importanti che possono, a mio parere, integrarsi molto bene con la visione montessoriana.


Per comunicare al meglio con i figli e per aiutare l’apprendimento dei propri allievi, bisognerebbe poi capire quali sono i loro canali comunicativi preferenziali, giacché ci sono bambini visivi, uditivi e cinestetici.


I primi imparano soprattutto attraverso le immagini, quindi per loro anche lo sguardo dell’adulto è importante: sono bambini con una grande immaginazione che si inventano veri e propri film nella loro mente fantasiosa. Per i secondi, al contrario, sono più importanti la voce e le parole: magari non vi guardano in faccia ma ascoltano tutto quello che dite loro. Per questi bambini la musica è un ottimo strumento di apprendimento e comunicazione. I piccoli cinestetici hanno bisogno invece di contatto fisico: un tocco può fare meraviglie e rendere più accettabile anche un discorso serio. Sono bambini questi che imparano facendo, attraverso esperienze pratiche e concrete: per esempio adorano gli esperimenti!


È importante anche sapere, come rammenta Gary Chapmann, che l’affetto si esprime attraverso modalità diverse a seconda di ogni individuo.


In particolare, per questo autore, esistono cinque linguaggi dell’amore che lui ha identificato nei seguenti:

  1. Contatto fisico
  2. Parole di affermazione
  3. Gesti di servizio
  4. Regali
  5. Tempo di qualità

Ognuno di noi ha la sua o le sue modalità preferite di espressione dell’affetto: c’è chi ama offrire (e ricevere) coccole e abbracci, chi preferisce scrivere lettere o bigliettini, o regalare parole di apprezzamento e gratitudine, chi invece fa fatica a esprimere i sentimenti e mostra il suo amore attraverso gesti di servizio e gentilezza, chi adora fare (e ricevere) regali e chi infine sa offrire il suo tempo e la sua presenza, dimostrando in questo modo il suo interesse per la persona amata.


(Astrologicamente parlando, potremo riconoscere nel primo caso per esempio individui con energia Cancro o Toro; nel secondo soprattutto soggetti con energia Gemelli, nel terzo persone con energia Vergine e Capricorno; nel quarto caso con energia Leone…)


Non c’è un modo migliore di un altro per dimostrare amore, ma è importante capire quale modalità61 è quella preferita da noi e dalla persona che ci sta di fronte, perché così non rischieremo fraintendimenti nelle relazioni e sapremo anche andare incontro nel modo migliore alle esigenze altrui. Ciò è particolarmente utile con il partner: per esempio “io voglio parole d’amore, lui mi offre gesti di servizio = non mi ama” è un equivoco comune… Ma è altresì molto importante anche con i nostri figli: capire che lingua parlano ci può aiutare a comprenderli e amarli meglio.


Inutile dire che un bambino cinestetico, come accennato precedentemente, preferirà, tra tutte le forme di amore, il contatto fisico. Per lui sarà importante per esempio un abbraccio nel momento dei saluti o una carezza e una coccola in un attimo di tristezza. Se gli leggete un libro, quindi, fatelo tenendolo seduto sulle vostre ginocchia…


Mentre un bimbo uditivo amerà che gli si parli e gli si racconti. Per lui ciò che conterà di più saranno le vostre parole di apprezzamento, di incoraggiamento e di guida amorevole: a volte basterà un “grazie” o un “ti voglio bene” per farlo sentire felice.


Come disse alla zia il nipotino di Freud, che aveva paura del buio: “Se mi parli c’è la luce”. Ecco quanto può essere importante la parola per un bambino.


Quindi, se avete un bambino prettamente uditivo, parlategli, scrivetegli bigliettini, o chiamatelo al telefono se siete lontani e state certi che ve ne sarà grato.


Per un bambino visivo, uno sguardo d’amore sarà il regalo più bello che potrete offrirgli e che non dimenticherà nemmeno quando sarà grande.


Per un bambino che predilige gli atti di servizio invece, preparargli il suo piatto preferito, aiutarlo con i compiti o accompagnarlo a una festa, anziché mandarlo con la baby-sitter, sarà il modo migliore per dimostrargli il vostro affetto. Ma, direte voi, come si fa a capire qual è il linguaggio affettivo di ogni bambino? La lettura del tema natale, di cui parleremo più avanti, potrà aiutarci in questo senso, ma esiste un modo molto più semplice e alla portata di tutti: basta osservare e ascoltare il bambino che abbiamo di fronte! Prestate attenzione per esempio a come vostro figlio esprime amore a voi e agli altri: se vi dice spesso “Ti voglio bene, mamma!” o vi fa i complimenti per il buon pranzo è indice che preferisce parole di affermazione, come modo per esprimere affetto e riconoscenza.


Se invece vi abbraccia e vi riempie di baci, è segno che desidera contatto fisico.


Se il suo linguaggio è quello dei regali, adorerà, non solo ricevere, ma anche preparare piccoli doni fatti con le sue stesse mani e vi farà omaggio, quando meno ve lo aspettate, di gradite sorprese.


Notate poi di cosa si lamenta più spesso: “Non hai mai tempo per me!” “Lavori sempre!” indicano naturalmente che il suo bisogno è la vostra presenza. Ascoltate le sue richieste: se per esempio vi dice “Gioca con me!” o “Leggimi una storia!” o “Andiamo al parco insieme?” vuol dire che vi sta chiedendo tempo di qualità. Se invece vi domanda in continuazione un parere su come ha fatto i compiti o sul suo disegno o sul suo vestito vuol dire che necessita di parole di apprezzamento. (Attenzione però, perché a volte i bambini timidi desiderano parole d’amore ma non sanno chiederle).


Ma io credo che, al di là di questa interessante classificazione, la modalità preferita da tutti i bambini indistintamente per sentirsi amati sia quella della Presenza, cioè del tempo di qualità: lo “special time” di cui parlava Manitonquat nei suoi camp. Nelle parole di P. Ferrucci, “L’attenzione è calore e affetto. La disattenzione è gelo. Niente attenzione, niente gentilezza. E anche niente calore, niente cuore, niente relazione. Solo se siamo presenti possiamo apprezzare e amare un’altra persona”62 .


Dedicare tempo ai figli penso sia il dono più prezioso che possiamo fare loro. Specialmente oggi, in una società dai ritmi frenetici e sempre più disumani, in cui gli adulti sono presi dal “fare” e si dimenticano di “essere”. È questo che i bambini ci chiedono: “Stai qui con me!”. E gli adulti rispondono che non hanno tempo…


Non è facile, lo so, per una mamma dividersi tra il lavoro, la casa e i figli, ma con un po’ di buona volontà e di organizzazione ci si può riuscire.


Coinvolgere i bambini nelle attività domestiche, per esempio, è un’ottima strategia, perché permette di soddisfare le esigenze quotidiane relative alla pulizia degli ambienti e alla cucina con quelle di presenza richieste dai bambini. Ecco che condividere con i bambini la spesa, la preparazione dei pasti o il riordino delle camere diventa un’occasione per passare molto più tempo insieme…


Nel fine settimana poi, anziché piazzarsi davanti a uno schermo, può essere divertente programmare una gita fuori porta: fosse anche solo in un parco nelle vicinanze, dove osservare la natura che cambia a ogni stagione.


Per chi possiede un piccolo giardino o un grande balcone, le possibilità aumentano: oggi sappiamo che coltivare e prendersi cura delle piante è terapeutico! Il giardinaggio, è ormai dimostrato, migliora l’umore e l’autostima, allevia l’ansia e la depressione, che sono divenuti oggigiorno appannaggio anche dei più giovani.


Oppure, nelle uggiose giornate di pioggia, si può dedicare qualche ora a un’attività creativa come dipingere, costruire, o semplicemente giocare a ciò che il bambino desidera, anche se magari non è ciò che piace a mamma e papà…


Oggi assistiamo a un vero paradosso: da un lato c’è un’attenzione nei confronti dei bambini non paragonabile a quella della generazione precedente, eppure ancora “troppi bambini ricevono tutto quello che vogliono, ma nulla di quello di cui hanno veramente bisogno63 .


Allora, se veramente li amiamo come diciamo di fare, osserviamoli da vicino, guardiamoli negli occhi: quando sono felici e appagati il loro sguardo è luminoso. E se non lo è chiediamoci “Come mi sto comportando se i loro occhi non brillano?”64


Sì, perché il nostro successo, come genitori o educatori, dipende da quanti occhi che brillano abbiamo attorno: vegliamo dunque affinché la luce che risplende negli occhi dei bambini non abbia a spegnersi mai.

Di cosa ha bisogno un bambino per crescere bene

  • Di cibo sano e nutriente
  • di sole e di aria pulita, di luce e di verde, quindi di quotidiano contatto con la natura (che è la nostra vera grande guaritrice)
  • di movimento ed esplorazione ma anche di quiete e tranquillità
  • di un ambiente domestico sicuro e a sua misura, che gli dia la possibilità di fare da sé
  • di un ambiente scuola che rispetti la sua unicità e coltivi i suoi talenti
  • di essere visto, apprezzato, compreso e ascoltato
  • di essere desiderato
  • di essere amato in modo incondizionato
  • di fiducia
  • di libertà (che però non è anarchia)
  • di regole (poche ma ferme) e di limiti (perché gli offrono senso di contenimento)
  • di una comunicazione non violenta, fatta di gentilezza ed empatia
  • di esempi a cui ispirarsi, quindi di genitori realizzati e felici.

La salute dei bambini
La salute dei bambini
Elena Balsamo
Come aiutarli a crescere felici Le questioni fondamentali riguardanti la salute dei bambini, affrontate in un’ottica olistica per offrire ai genitori le competenze necessarie a svolgere il grande compito che li attende. Elena Balsamo riassume in questo libro i temi più importanti riguardanti la salute dei bambini in un’ottica olistica e offre ai genitori il suo bagaglio di esperienza di tanti anni di pratica pediatrica con i più piccoli. Soprattutto, però, cerca di trasmettere il messaggio che più le sta a cuore: nel periodo perinatale è racchiuso il segreto della salute!Questo suo lavoro, intitolato La salute dei bambini, si pone quindi anche un fine educativo, per rendere i genitori sempre più consapevoli del grande compito che li attende per il quale occorre una rigorosa preparazione. Ecco perché prima di educare i bambini bisognerebbe educare gli adulti che se ne fanno custodi.Una lettura semplice e agevole che può, attraverso la sensibilizzazione dei grandi, aiutare i piccoli a crescere felici.